In questo capitolo dedichiamo la nostra attenzione a un problema sanitario che soprattutto negli ultimi anni sta assumendo sempre più importanza. Parliamo di obesità, in particolar modo dell’obesità infantile. Attraverso i dati raccolti si cercherà di spiegare il perché questo fenomeno sia così largamente diffuso, soprattutto in Italia. Parleremo di quale dovrebbe essere la corretta alimentazione, cos’è il metabolismo energetico, il ruolo dell’attività fisica nella prevenzione del fenomeno e quali sono gli interventi mirati da adottare a livello casalingo e scolastico.
L’obesità giovanile rappresenta un importante problema sanitario che interferisce precocemente sulla salute e può disturbare in modo serio lo sviluppo e l’accrescimento del bambino e dell’adolescente, non soltanto dal punto di vista fisico ma anche di quello sociale ed emozionale. Mediamente il peso del corpo di un uomo adulto è costituito per l’80-85% da massa magra (liquidi corporei, muscoli, scheletro, visceri, ecc.) e per il 15-20% da massa grassa (tessuto adiposo). Nella donna adulta la percentuale di massa grassa è del 20-30%. I bambini, rispetto all’adulto, hanno una maggiore percentuale di acqua e una minore percentuale di grasso (in sede prevalentemente sottocutanea). In linea generale si può definire l’obesità come quella condizione in cui nel soggetto vi è un eccesso ponderale da accumulo di adipe o massa grassa superiore a valori considerati fisiologici. Un soggetto è obeso se il suo eccesso ponderale supera del 20-25% il peso ideale o la cui percentuale di grasso corporeo supera il 25% per l’uomo e il 35% per la donna. L’obesità può essere classificata come lieve se l’eccesso ponderale è del 20-40%, media se è del 41-99% e grave quando l’eccedenza ponderale è superiore al 100% del peso ideale. Il metodo più utilizzato per valutare il proprio stato ponderale è l’indice di massa corporea IMC (in inglese BMI = Body Mass Index), che si calcola come rapporto tra il peso espresso in chilogrammi e il quadrato dell’altezza espresso in metri. L’indice di massa corporea consigliato dipende da età e sesso, nonché da fattori genetici, alimentazione, condizioni di vita, condizioni sanitarie e altre.
Delle tabelle di riferimento permettono di inquadrarsi all’interno di specifiche categorie di peso. Le prime due proposte sono utilizzate per bambini e adolescenti, rispettivamente maschi e femmine a seconda dell’età presa in considerazione. La terza invece è quella per adulti.
L’obesità predispone il soggetto al manifestarsi di patologie come il diabete, disfunzioni cardiocircolatorie, ipertensione, ictus e porta con sé una serie di conseguenze che influiscono in maniera negativa e determinante sulla struttura corporea, in particolare ad esempio sulle articolazioni con relativi sovraccarichi ( colonna vertebrale, ginocchia, anche, ecc.). Normalmente l’obesità si inquadra nelle cosiddette “società del benessere” , sebbene questa condizione viene ad essere determinata non solo da un eccessivo apporto calorico derivante dal mangiare ma anche e soprattutto dalla sedentarietà e mancanza di attività fisica. Il quadro viene aggravato se vi è una condizione genetica che predispone il soggetto, turbe endocrine o metaboliche. Si noti nella tabella seguente come ad un IMC più alto corrisponda un rischio più elevato per la salute.
Grado di sovrappeso | IMC (kg/m2) | Livello di rischio |
---|---|---|
Normopeso | 18,5 - 24,9 | Non incrementato |
Sovrappeso | 25,0 - 29,9 | Incrementato |
Obesità I | 30,0 - 34,9 | Alto |
Obesità II | 35,0 - 39,9 | Molto alto |
Obesità severa III | > 40 | Estremamente alto |
L’obesità produce i suoi effetti negativi anche a livello di autostima e sull’immagine che i bambini hanno di loro stessi, inducendoli spesso a quei comportamenti che sono tipici di questa patologia: passare molte ore davanti alla tv, non voler partecipare ad attività con i coetanei, scarso impegno scolastico, modificazione del carattere con conseguente chiusura in se stessi ed emarginazione perché ci si considera “diversi”. Noi tutti siamo stati bambini e siamo perciò consapevoli di quali tipi di prese in giro sono costretti a sopportare i bambini obesi. Anche in questo caso quindi, nell’affrontare il problema bisogna guardare alla complessità e alla globalità della persona. Impartire semplicemente una dieta alimentare si è dimostrata nel tempo una scelta poco efficace e semplicistica.
Gli effetti negativi indotti dall’obesità non si ripercuotono solo sulla salute del singolo ma rappresentano importanti problematiche anche dal punto di vista economico e della salute pubblica. L’Organizzazione Mondiale della Sanità prevede che presto il sovrappeso e l’obesità potrebbero sostituire i più tradizionali problemi di salute pubblica come la denutrizione e le malattie infettive. Da ricerche effettuate oltremanica si calcola che la spesa per prodotti dietetici negli Stati Uniti va da 40 a 100 miliardi di dollari. Nel 1998, i costi sanitari attribuibili all’obesità negli USA sono stati di 78,5 miliardi dollari, pari al 9,1% di tutte le spese mediche, mentre il costo dell’obesità in Canada è stato stimato in 2 miliardi di dollari canadesi nel 1997 (2,4% dei costi sanitari totali).
Anche in Italia la situazione non è delle più rosee. I dati ricavati dal progetto Okkio alla Salute, promosso dal Ministero della Salute e dal CCM (Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie), coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e realizzato in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, con le Regioni e le Aziende Sanitarie, permettono di delineare un quadro completo del problema nel nostro Paese. Il progetto, avviato nel 2008, effettua rilevazioni a carattere biennale e nel 2012 ha coinvolto 46.492 bambini appartenenti a 2.623 classi terze della scuola primaria, permettendo di ricavare importanti dati circa la mappa dell’obesità infantile in Italia, le abitudini alimentari dei bambini, i livelli di attività fisica ma anche la percezione del fenomeno obesità da parte dei genitori.
Dai dati raccolti nel’indagine 2012 risulta che il 22,1% dei bambini di 8-9 anni è in sovrappeso e il 10,2% in condizioni di obesità. Complessivamente, dunque, nel 2012 l’eccesso ponderale riguarda il 32,3% dei bambini della terza elementare. Tali dati inseriscono l’Italia fra i primi posti in Europa proprio per l’eccesso ponderale infantile. Si riscontra comunque un calo percentuale dei valori rispetto alle indagini precedenti. Le percentuali più elevate di sovrappeso e obesità si riscontrano nelle regioni del Centro-Sud: in Abruzzo, Molise, Campania, Puglia e Basilicata l’eccesso ponderale riguarda più del 40% del campione, mentre Sardegna, Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige sono sotto il 25%.
L’educazione alimentare resta cruciale: risultano ancora troppo frequenti tra i bambini le abitudini che possono favorire l’aumento di peso, specie se concomitanti. In particolare il 9% dei bambini salta la prima colazione e il 31% fa una colazione non adeguata (ossia sbilanciata in termini di carboidrati e proteine); il 67% fa una merenda di metà mattina troppo abbondante; il 21% dei genitori dichiara che i propri figli non consumano quotidianamente frutta e/o verdura; il 43% consuma abitualmente bevande zuccherate e/o gassate.
Per quanto riguarda i livelli di attività fisica si riscontra che: il 16% dei bambini pratica sport soltanto per un’ora a settimana o anche meno, rispetto al 25% del 2008-9; il 17% non ha fatto attività fisica il giorno precedente l’indagine (quattro anni prima erano il 26%); il 42% ha la TV in camera (-6%), il 36% guarda la TV e/o gioca con i videogiochi per più di 2 ore al giorno (-11%) e solo un bambino su 4 si reca a scuola a piedi o in bicicletta.
Ad aggravare il quadro generale già delineato vi è un ulteriore dato, ossia la non percezione del problema da parte dei genitori: tra le madri di bambini in sovrappeso o obesi, il 38% non ritiene che il proprio figlio sia in eccesso ponderale4. Tali dati individuano la necessità di intervenire in maniera marcata e soprattutto preventiva sul problema. Cercheremo di fornire di seguito quelle informazioni che riteniamo necessarie per la piena comprensione del fenomeno obesità.
Con il termine metabolismo si indicano l’insieme dei processi biochimici di distruzione e costruzione di molecole del nostro organismo che producono e consumano energia. Tutti noi con l’alimentazione forniamo energia al nostro organismo, necessaria a svolgere le sue funzioni vitali e le attività quotidiane in cui siamo impegnati. Si parla appunto di fabbisogno calorico per indicare la quantità di energia che deve essere introdotta attraverso la dieta. Tale fabbisogno, ovviamente, non è uguale per tutti. Nel metabolismo la variabilità individuale è tale che l’utilizzazione dell’energia cambia notevolmente fra una persona e l’altra. Cioè, pur introducendo la stessa quantità di energia con la dieta e avendo uno stile di vita simile, una persona può tendere ad ingrassare di più rispetto a un’altra. Questo è dovuto a molti fattori, ormonali e non, ma comunque l’aumento di peso (grasso) è solo il risultato di un eccesso di energia introdotto rispetto alle reali necessità. Chi sa di appartenere a questa categoria di persone deve quindi prestare molta più attenzione all’alimentazione e svolgere più attività fisica. In linea generale il fabbisogno calorico quotidiano dipende da tre elementi: il metabolismo basale, la termogenesi indotta dagli alimenti (TID) e l’attività fisica.
Il metabolismo basale è per definizione l’energia necessaria a mantenere le funzioni vitali. Anche quando ci stiamo riposando sul divano o più semplicemente stiamo dormendo continuiamo a respirare, ad avere un cuore che batte, a digerire gli alimenti, a svolgere insomma tutte quelle funzioni che sono alla base della nostra sopravvivenza. Anche se non ce ne rendiamo conto, tali funzioni vitali determinano un notevole dispendio energetico che deve essere reintegrato appunto con gli alimenti. Variazioni tra gli individui dipendono dalla costituzione muscolare, la cosiddetta massa magra, dalla superficie corporea nonché da fattori ormonali e genetici. Le donne hanno un metabolismo basale inferiore rispetto agli uomini (circa il 5-10 % in meno) proprio perché per costituzione hanno minore massa muscolare e più tessuto adiposo. Il muscolo, infatti, è un tessuto vivo, in continuo rinnovamento e con richieste metaboliche nettamente superiori rispetto al tessuto adiposo (quasi dieci volte). Altri fattori come ad esempio particolari stress fisici, psichici e condizioni climatiche possono influire su questo metabolismo: alte temperature lo rallentano mentre temperature più basse lo accelerano. Anche per questo nelle stagioni più fredde tendiamo ad avere più fame. Il metabolismo basale rappresenta il 60-75% del metabolismo totale.
Il metabolismo termogenico fa riferimento alla capacità delle cellule di produrre e disperdere calore. Come sappiamo, essendo l’uomo un organismo omeoterme mantiene la sua temperatura corporea più o meno costante a 37 gradi. Per fare ciò parte dell’energia introdotta con gli alimenti viene dissipata sotto forma di calore. Questa tipologia di metabolismo si compone di due varianti, quella obbligatoria dovuta alla quantità di energia spesa per la digestione, l’assorbimento e l’utilizzazione degli alimenti, e quella facoltativa, determinata dall’ingestione di un pasto, la cui funzione è molto importante per mantenere costante il peso corporeo nel tempo, poiché l’introduzione eccessiva di cibo oltre il fabbisogno energetico del soggetto può essere compensato dalla produzione di calore. Le ricerche indicano che i soggetti obesi o le persone che tendono ad ingrassare hanno una risposta termogenica all’assunzione alimentare molto inferiore rispetto a soggetti normopeso, inducendo l’organismo ad assorbire facilmente grasso. Per compensare questa tendenza può essere utile una camminata dopo il pasto.
L’ultimo meccanismo metabolico è legato al dispendio energetico che si ha nel corso delle attività fisiche. Tale metabolismo, ovviamente, non è solo coinvolto in quel genere di attività che si definiscono “programmate” come le attività sportive, ma anche nelle attività più semplici che riempiono la nostra quotidianità come camminare, salire le scale, lavare i piatti, ecc., definite come N.E.A.T. (nonexercise activity thermogenesis). Proprio il calare evidente di queste attività e la comparsa invece predominante della sedentarietà nelle nostre giornate sarebbero la causa del progressivo dilagare del fenomeno del sovrappeso e dell’obesità. Di questi argomenti ci occupiamo specificatamente nel prossimo paragrafo dedicato proprio al ruolo dell’attività fisica nella prevenzione dei fenomeni citati. Ciò che deve risultare chiaro è che, in base a quello che si è detto, per mantenere costante il proprio peso corporeo le calorie introdotte con il cibo devono essere uguali a quelle spese durante la giornata. Un’introduzione superiore al proprio fabbisogno determinerà un aumento di peso, così come un introduzione inferiore determinerà il dimagrimento.
L’importanza dell’attività fisica come mezzo di prevenzione da patologie croniche è ormai riconosciuto a livello globale. A tal proposito L’Organizzazione Mondiale della Sanità si è premurata di disporre delle linee guida secondo differenti fasce d’età proprio per incentivare le persone a muoversi di più e a farlo nella maniera corretta. Riportiamo tali raccomandazioni suddivise in tre fasce d’età:
Chi fosse impossibilitato a seguire in pieno le raccomandazioni deve fare attività fisica almeno 3 volte alla settimana e adottare uno stile di vita attivo adeguato alle proprie condizioni. È chiaro che quando si parla di attività fisica non per forza deve esserci un connubio con attività sportiva. Come detto in precedenza un’attività fisica leggera può prevedere semplicemente anche salire o scendere le scale, attività che fra l’altro anziani e adulti dovrebbero regolarmente fare insieme a lunghe passeggiate. In breve elenchiamo i principali benefici che una regolare attività fisica può produrre sul nostro organismo.
Abbiamo precedentemente sottolineato come l’obesità non dipenda solo da un eccessivo apporto calorico introdotto con il cibo, almeno non esclusivamente. È chiaro però che un’educazione alimentare corretta potrebbe portare a ridurre significativamente il fenomeno. Il bambino, ovviamente, “impara” a mangiare all’interno dell’ambito familiare di provenienza e da lì si instaurano progressivamente le sue abitudini alimentari, corrette o scorrette che siano. In particolare la madre sembra avere un ruolo fondamentale nell’impartire ai figli le indicazioni alimentari. A 3-5 anni c’è una stretta relazione tra introito calorico di madre e figlio, più che tra padre e figlio. Le abitudini dei genitori giocano comunque un ruolo importante sul modo di alimentarsi dei figli in età prescolare. Se si vuole effettivamente fare prevenzione bisognerebbe dunque educare ancor prima i genitori dei bambini.
Invitiamo il lettore a servirsi di testi specialistici o a consultare professionisti del settore per avere informazioni circa l’alimentazione corretta da adottare o la dieta da seguire. Qui ci limiteremo a riportare alcuni consigli seguendo quanto detto dalle Linee guida elaborate dall’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione.
Per soggetti al di sotto dei 12 anni una giusta alimentazione in questa fase della vita è essenziale per garantire una crescita ottimale, per lo sviluppo e lo svolgimento delle varie attività. Obesità precoci in età giovanile si correlano frequentemente con obesità anche in età adulta. Ma quali sono gli errori più comuni che questi soggetti commettono nella loro alimentazione? Le risposte si trovano nella tabella seguente.
Quali errori commettono comunemente i ragazzi nell’alimentazione? |
---|
Riducono a poca cosa oppure saltano la colazione |
Evitano gli spuntini intermedi di metà mattina o pomeriggio, oppure utilizzano prodotti attraenti ma dallo scarso valore nutritivo |
Evitano o riducono al minimo il consumo di frutta e verdura nel corso dei due pasti principali |
Eccedono nel consumo di alimenti dolci e/o ipercalorici come salumi, cioccolata, patatine fritte, bevande gassate (ricche di zucchero e spesso di caffeina) |
Fruiscono troppo spesso dei “fast-food” all’americana, con alimenti ricchi di calorie, grassi saturi, sale e zuccheri semplici e poveri invece di fibra e vitamine |
Molto spesso bambini e ragazzi, ma anche gli adulti in realtà, limitano la loro alimentazione giornaliera ai soli tre pasti principali (colazione, pranzo, cena), con la conseguenza di essere eccessivamente affamati quando ci si siede a tavola e trangugiare quindi ogni tipo di alimento possibile. È opportuno invece inserire nella pause fra i pasti principali delle merende che concorrano a far fronte alle particolari esigenze nutritive di questa età, senza tuttavia andare a compromettere l’appetito per il pasto successivo. L’alimentazione dovrebbe essere sempre quanto più varia possibile, senza mai trascurare cereali, legumi, ortaggi e frutta. Questi alimenti sono importanti perché apportano carboidrati (soprattutto amido e fibre) ma anche vitamine, minerali ed altre sostanze di grande interesse per la salute. Inoltre i cereali, soprattutto i legumi, sono anche una buona fonte di proteine. Il consumo di adeguate quantità di questi alimenti aiuta a ridurre complessivamente l’apporto calorico con la dieta perché hanno alto potere saziante.
I grassi ci forniscono energia. A parità di peso, ne forniscono più del doppio rispetto ai carboidrati (o zuccheri) e alle proteine, e per questo sono utili per immagazzinarla (nel tessuto adiposo) e renderla disponibile quando ce n’è bisogno. Inoltre, aiutano l’assorbimento di alcune vitamine e di alcuni antiossidanti, hanno un ruolo importante nella vita delle cellule, e nella “costruzione” di molecole vitali, come ad esempio gli ormoni. L’effetto dei grassi sulla salute, però, può essere molto diverso a seconda della loro composizione.
I grassi “saturi” sono tipici dei prodotti di origine animale, pesce escluso (burro, panna, formaggi, latticini, carni grasse, insaccati), e causano l’aumento del colesterolo nel sangue (collegato al rischio di malattie cardiovascolari). Meglio, quindi, limitarne il consumo, soprattutto se si ha la tendenza ad avere per qualsiasi motivo valori di colesterolo elevati nel sangue.
I grassi “insaturi” si trovano invece negli oli vegetali (sia di semi che di oliva), nei cereali, in noci e nocciole, nelle olive e nel pesce. Nelle giuste dosi, oltre ad effetti positivi sul cuore e sulla circolazione, potrebbero avere un ruolo nella prevenzione di alcuni tumori.
La giusta quantità dei grassi è una quota energetica vicina al 30% dell’energia giornaliera. In pratica, si tratta di non superare le 3 porzioni al giorno per i grassi da condimento (1 cucchiaio se olio, 10 g se burro o margarina per ogni porzione). Anche senza volerlo, infatti, mangiamo ogni giorno grassi contenuti in altri alimenti. Alcuni visibili come quelli della carne o del prosciutto, altri invisibili, come quelli del latte o del formaggio.
Gli zuccheri sono una fonte di energia molto importante, ma, come i dolcificanti, dovrebbero essere usati il meno possibile. Prendiamo infatti dalla frutta, dal latte e da altri alimenti lo zucchero di cui abbiamo bisogno e a volte anche di più, soprattutto se consumiamo spesso bibite dolci e succhi. Quando vogliamo qualcosa di dolce, meglio scegliere prodotti da forno senza creme (biscotti, fette biscottate, ciambelloni), che hanno meno zucchero e più amido e fibra. Anche le marmellate (e le creme, e il miele) contengono molto zucchero, e bisogna consumarne piccole quantità, proprio come le caramelle e tutti i dolcetti.
Per stare bene è importante bere molto - almeno 6-8 bicchieri d’acqua al giorno - e anche di più se fa caldo, abbiamo fatto o stiamo facendo sport, o abbiamo la febbre. A volte capita che quando ci accorgiamo di avere sete le perdite di acqua (col sudore e le urine, ad esempio) sono già state abbondanti. È utile, allora, ricordarci di bere spesso, senza aspettare che ci venga il senso di sete: questo vale per tutti, ma soprattutto per gli anziani e i bambini. L’acqua, del rubinetto o imbottigliata, non è sostituibile con altre bevande (che spesso contengono zuccheri, dolcificanti, e sostanze come la caffeina) e si può bere in qualsiasi momento della giornata, ai pasti e lontano dai pasti, senza timore di ingrassare (l’acqua non contiene calorie, neanche quando è gasata) o di bloccare la digestione. Anche fredda va bene, purché a piccoli sorsi, per evitare congestioni. E se abbiamo fatto sport, per reintegrare le perdite di acqua e minerali non è necessario ricorrere a integratori o bevande energetiche e saline, perché la semplice acqua e un’alimentazione ricca di frutta e verdura ci restituiranno tutto quello che abbiamo perso.
Per quanto riguarda il consumo di sale, molti alimenti sono già ricchi di sale in natura. Quantità eccessive di sodio introdotte con l’alimentazione possono portare a ipertensione, malattie del cuore, dei vasi e dei reni. È bene quindi evitare di eccedere nell’utilizzo del sale nelle pietanze. L’alimentazione quotidiana serve a rifornire il nostro corpo di carboidrati, proteine e grassi, ma anche di acqua, vitamine e minerali, oltre ad altre sostanze presenti in piccola quantità ma preziose per proteggere la nostra salute. Dal momento che non esiste un alimento che contenga tutte queste cose, e nelle giuste quantità, il modo più sicuro per garantirci quello che ci serve è quello di variare le nostre scelte alimentari.
La piramide alimentare aiuta le nostre scelte giornaliere. Sosteniamo anche qui la necessità di investire in prevenzione da parte delle autorità competenti. Le famiglie dovrebbero essere informate dei rischi connessi allo sviluppo dell’obesità nei bambini, delle scelte alimentari, del ruolo fondamentale dell’attività fisica in questa fascia d’età. Seppur meritevoli, progetti sporadici di promozione dell’attività fisica o di educazione alimentare hanno mostrato nel tempo la loro inefficacia. C’è bisogno di un continuum che renda maggiormente responsabili dapprima genitori e insegnanti e poi gli stessi bambini nel perseguire scelte salutari, sia per quanto riguarda l’alimentazione che l’attività fisica. All’interno delle mura domestiche i genitori dovrebbero evitare di rintanare il proprio figlio fra compiti e televisione ed incoraggiarlo piuttosto ad uscire più spesso, andare a giocare fuori e impegnarlo in attività sportive varie, curandone ovviamente l’alimentazione. Molte scuole si sono munite nel tempo delle mense, sarebbe utile che nelle stesse si provveda ad alimentare i bambini nella maniera corretta. Molto spesso invece si forniscono cibi che possono risultare ovviamente più “attraenti” per bambini e adolescenti, classici i pasti all’americana con wurstel, hamburger e patatine fritte. Servono anche maggiori controlli sulla qualità di questi cibi, spesso scadente. Infine sosteniamo come l’educazione motoria all’interno delle scuole non debba più essere vista come una materia marginale o spesso assente ma come percorso di crescita fondamentale per la salute del soggetto. Proprio per la sua importanza tale materia va affidata solo e necessariamente a professionisti competenti.
Questo articolo è tratto dal libro A scuola di salute.
L'obesità infantile è una condizione in cui i bambini hanno un eccesso di peso corporeo, causata da un'alimentazione scorretta, mancanza di attività fisica e fattori genetici.
L'obesità infantile aumenta il rischio di diabete, malattie cardiache, ictus e problemi articolari, oltre a influire negativamente sull'autostima e l'immagine corporea.
L'obesità infantile si misura utilizzando l'indice di massa corporea (IMC), che si calcola come rapporto tra il peso in chilogrammi e il quadrato dell'altezza in metri.
La prevenzione e il trattamento dell'obesità infantile richiedono un approccio multifattoriale che include una corretta alimentazione, un'attività fisica regolare e il supporto di genitori, scuole e operatori sanitari.
L'attività fisica regolare aiuta a mantenere un peso sano, rafforza muscoli e ossa, migliora la salute cardiovascolare e il benessere psicologico, riducendo il rischio di obesità infantile.