HIIT: breve storia dell'allenamento intervallato ad alta intensità

Di Michele Calabrese

Quando e dove nasce l'High Intensity Interval Training? Una storia che parte dalla Scandinavia, con il cosiddetto "metodo finlandese" di Pihkala e l'exploit olimpico di Hannes Kolehmainen, passando per la creazione del fartlek fino ad arrivare agli studi e ai protocolli di Izumi Tabata e James Timmons

Perchè scegliere di allenarsi? Per competizione, per sport, per raggiungere e mantenere un buono stato di salute e forma fisica o per incrementare una performance sport specifica. Al di là di quale sia l’obiettivo personale, l’attuale letteratura scientifica è unanime nel definire l’allenamento intervallato utile e trasferibile in qualunque attività di destinazione.

L’HIIT è una metodica che si basa, come palesato ed analizzato nei capitoli a seguire, su allenamenti che prevedono fasi ad alta intensità intervallate a periodi di riposo passivo o attivo a bassa intensità.
Vari protocolli di allenamento intervallati ad alta intensità (HIIT) sono frequentemente utilizzati nei moderni programmi di allenamento e specialmente negli sport intermittenti, come gli sport di squadra, per migliorare la forma fisica degli atleti (Iaia et al., 2009), dove gli stessi devono scattare per correre in funzione di un pallone o per deviare la traiettoria di un oggetto o ancora, per fermare l’avversario in un’azione di gioco. Eppure, questa attività composta da sprint e periodi di riposo più o meno lunghi, traccia un percorso di ristrutturazione con il passato.

I nostri antenati, lontani dalla vita moderna connessa alle comodità ed ai confort, avevano la necessità di sopravvivere. Sopravvivere portava loro a percorrere chilometri al giorno per correre dietroad una preda o fuggire a loro volta da un predatore.
Correre per poi fermarsi, attaccare, compiere uno scatto per poi rifiatare, permettono a noi di capire come in realtà cambiano gli obiettivi, cambiano le calzature super leggere attuali, cambia la maglia tecnica e traspirante, ma non cambia la tipologia di attività che risulta insita sin da principio nel movimento umano.

L’allenamento intervallato possiede una radice profonda, lontana, e appurati ad oggi gli obiettivi differenti, traccia un legame saldo con il passato.

La storia

La storia dell’allenamento intervallato è considerevolmente lunga.
La dimostrazione di come la sperimentazione sul campo abbia fornito un input essenziale alla ricerca scientifica in un secondo momento. Pratica e teoria mescolate in maniera diretta e strettamente dipendenti l’una dall’altra. Il lavoro degli atleti prima, l’interesse e lo studio scientifico poi, hanno tracciato un legame trasversale che si è evoluto di pari passo nel corso degli anni.

Si parte così dal primo ventennio del ‘900, dove si diffonde una metodologia di allenamento orientata su metodi a ripetizione (Thompson, 2005).
Parliamo del “metodo finlandese” di Lauri Pihkala che prevedeva di correre distanze comprese tra i 100 e i 200 metri intervallando recupero principalmente passivo. Hannes Kolehmainen fu il suo atleta di punta, vincitore di quattro medaglie d'oro e una d'argento ai giochi Olimpici fra il 1912 ed il 1920.

Negli anni ’30, in Svezia e per merito del coach Gösta Holmer, viene sviluppata una tipologia di allenamento denominata fartlek, che unisce la fase aerobica ad una fase intensa e lattacida, tipicamente anaerobica.

Il termine fartlek deve il suo nome all'unione dei due termini svedesi per velocità (fart) e gioco (lek): gioco-velocità.

Il termine specifico “interval training” è attribuito al tecnico tedesco Waldemer Gerschler. Influenzato dal fisiologo del lavoro Hans Reindell alla fine degli anni '30, era convinto che alternare periodi di lavoro intenso a fasi di recupero, fosse un efficace stimolo adattativo per il cuore.
Probabilmente scelsero questa denominazione in quanto entrambi credevano fosse fondamentale l'intervallo di recupero per l’efficacia dell'allenamento. Da allora, i termini “intermittent exercise”, “repetition training” e “interval training” sono stati tutti usati per descrivere una vasta gamma di prescrizioni di allenamento che prevedono periodi di lavoro alternati e fasi di riposo (S. Seiler & E. Tønnessen, 2009).

Dopo il secondo conflitto mondiale, la metodologia intervallata si diffuse anche nel resto d’Europa. Nel 1952, in occasione dei giochi olimpici di Helsinki, il cecoslovacco Emil Zátopek si rese protagonista di una storica tripletta olimpica (5000 m, 10000 m e maratona) introducendo nei suoi programmi di allenamento l’interval training: resta famosa la sua classica seduta di 100×400 m con 200 m di recupero.

Gli anni ’60 furono caratterizzati dai primi studi sull’allenamento intervallato, ad opera di Olof Åstrand e Christensen. Studi controllati che hanno confrontato l'impatto fisiologico e prestazionale dell'allenamento continuo al di sotto della soglia del lattato (in genere il 60-75% di VO2 max per 30 minuti o più) e HIIT sono iniziati ad emergere negli anni '70 (S. Seiler E. Tønnessen, 2009).

Gli anni a seguire furono caratterizzati da numerosi studi, review e metanalisi sull’argomento, ma fu il 1996, l’anno della svolta.
Il professor Izumi Tabata (vedi anche Risposte fisiologiche nel tabata training: confronto tra versione originale e variante fitness della dottoressa Giulia Pagliaccia), con l’obiettivo di ricercare nuovi e performanti allenamenti per la squadra giapponese di pattinaggio su ghiaccio, sviluppò il suo noto protocollo utilizzato da molti al giorno d’oggi nell’ambito del fitness e della preparazione atletica, e che si basa sull’eseguire 4 minuti e 8 cicli di lavoro alternando 20 secondi sovramassimali (170% circa del VO2 max) a 10 secondi di recupero passivo.

Nell’ultimo ventennio gli studi ed i progressi scientifici sull’argomento sono incrementati in maniera significativa. L’interesse marcato verso questa metodica ha permesso di codificarne i parametri, valutandoli ed oggettivandoli sugli atleti di discipline differenti e con scopi multifattoriali, permettendo agli addetti ai lavori di applicarla con tranfert ineccepibili.

Tra il 2009 e il 2011 anche il prof Martin Gibala e il suo team, sviluppano due diversi protocolli basati su studi durati diversi anni.

Il primo protocollo prevede 3 minuti di riscaldamento, 60 secondi di attività fisica intensa (al 95% del VO2max) seguiti da un recupero di 75 secondi. Il tutto ripetuto per 8-12 volte.
Nel 2011 Gibala ha successivamente pubblicato su Medicine & Science in Sport and Exercise una modalità più “soft” del suo regime, intesa per soggetti sedentari o inattivi da oltre un anno, costituita da un riscaldamento di 3 minuti, picchi di 60 secondi con 60 secondi di recupero ripetuti per 10 volte, e 5 minuti di defaticamento.

Nell’atletica leggera, si distingue certamente il coach della squadra statunitense Alberto Salazar, il quale con allenamenti in stile dichiaratamente intervallato, ha portato il mezzofondo a stelle e strisce a raccogliere tre medaglie tra 5000 m e 10000 m ai giochi Olimpici di Londra 2012.

Nel 2012 James Timmons, professore di Biologia dei Sistemi presso l’ Università di Loughborough, ha proposto un protocollo basato su 3 picchi di 20 secondi di pedalata sostenuta al massimo sforzo possibile, alternati da 2 minuti di pedalata blanda.
Nel corso degli anni 2000 dunque, gli studi sull’HIIT si sono moltiplicati, sviluppati su campioni più grandi, su atleti di discipline differenti, su soggetti decondizionati e in diverse fasi della preparazione atletica restituendo alla letteratura scientifica dati e casistiche importanti.

HIIT al giorno d'oggi

Sul sito ufficiale dell’American Sport of college medicine (ACSM - acsm.org) è possibile leggere che "HIIT was #1 in the survey for 2014 and 2018 and has been in the top five every year since 2014", ovvero “HIIT è stato primo nel sondaggio tra il 2014 e il 2018 ed è stato tra i primi cinque ogni anno dal 2014”. Si fa riferimento al trend topic per eccellenza nell’ambito del fitness.

L’HIIT occupa attualmente il terzo posto in classifica e, come appena visto, ha occupato il primo posto tra il 2014 ed il 2018.

Negli ultimi anni, l'interesse sull’HIIT è aumentato. Una semplice ricerca su PubMed per “hight intensity interval training” rivela un aumento di oltre 20 volte il numero di risultati tra il 2005-09 e il 2015-2019.
L'aumento è dovuto alla possibilità, piuttosto probabile, che l’HIIT offra benefici per la salute oltre a benefici per la forma fisica (Powell K.- ACSM, 2019).

L’HIIT è oramai utilizzato nella preparazione atletica di qualunque sport dove gli atleti di riferimento e di maggiore spicco, lo adottano plasmandolo in funzione delle proprie esigenze.

Anche quando l’allenamento è rivolto ad obiettivi di resistenza pura, sessioni di allenamento intervallato sono risultate utili al fine di incrementare la performance.
Gli studi disponibili suggeriscono che combinare grandi volumi di allenamento a bassa intensità (LISS) con un uso attento dell'allenamento ad intervalli ad alta intensità (HIIT) durante l'intero ciclo di allenamento annuale è il modello migliore per lo sviluppo delle prestazioni di resistenza (S. Seiler and E. Tønnessen, 2009).

Tuttavia, uscendo al di fuori dell’ambito sportivo-agonistico ed orientandosi in ambito fitness all’interno delle palestre e dei centri sportivi è possibile osservare che, spesso, l’HIIT sia utilizzato senza criterio, per usare un eufemismo.

La commercializzazione della metodica venduta come adatta a tutti ed utile per qualsiasi obiettivo, in ogni momento della stagione sportiva ed in ogni stato di forma fisica, ne ha favorito un uso smodato senza valutare ed applicare i criteri da cui è composta.

Il concetto di una società che ha sempre meno tempo da dedicare all’attività fisica, che vive una vita frenetica e con ritmi stressanti ben si concilia con la sponsorizzazione di un allenamento che promette risultati in un tempo breve. Un concetto, quello del tempo in funzione dei potenziali benefici anche teoricamente corretto, ma ampiamente strumentalizzato ed utilizzato in maniera spropositata.

È stato accennato e sarà analizzato successivamente, come realmente si abbia a disposizione nell’ultimo ventennio una quantità e qualità di studi scientifici importanti e che hanno ampiamente sdoganato i vantaggi e gli innumerevoli benefici in termini di performance e forma fisica in generale dell’HIIT.
Tuttavia, la scienza offre anche l’occasione di capire come per beneficiare dei reali vantaggi di una metodica, è doveroso applicarla rispettando i canoni da cui essa è composta.

L’HIIT, nello specifico, ha come essenza fondamentale l’essere breve e intenso.
Come spesso accade si corre il rischio però di percepire questi due aggettivi in maniera del tutto personale.

BreveQuanto breve? 5 minuti o 10 minuti? La definizione di breve è nettamente differente se rapportata ad un powerlifter per esempio, oppure ad un fondista. Due categorie profondamente distinte e con una percezione completamente diversa.

Intenso… quanto intenso? Ciò che appare intenso per un soggetto non allenato sarà solo il riscaldamento di un soggetto allenato. Se si definisce in maniera soggettiva, per esempio, intensa una corsa a 12 km/h per un dato tempo, per chi può esserlo? E per chi può invece non esserlo?
Breve e intenso hanno per cui bisogno di una codifica e un metro di valutazione che possa rapportarli ad un soggetto o atleta specifico.

Si assiste invece costantemente alla creazione di classi miste dove il soggetto non allenato, quello mediamente in forma e lo stacanovista della palestra coesistono nello stesso gruppo.
Il primo passo sarà quello di imparare a definire i concetti di tempo ed intensità, saperli valutare, e sfruttare le conoscenze acquisite al fine di saper coerentemente sviluppare un programma intervallato che risponda alle esigenze del destinatario.

HIIT

HIIT è l’acronimo di Hight Intensity Interval Training, ovvero allenamento intervallato ad alta intensità.

Partendo dall’analisi del termine "intervallato" si evince come in questa metodica si alternano periodi di esercizio intenso a periodi di recupero più o meno lungo.
La definizione di “alta intensità” invece, definisce questa tipologia di allenamento in funzione di percentuali di lavoro comprese tra l’80 ed il 100% della massima intensità in rapporto al VO2max oppure oltre il 90% della frequenza cardiaca massimale. Un’intensità minima che deve essere mantenuta in prossimità del massimo, dunque.

Si configura per cui come un lavoro a basso volume, proprio in virtù dell’alta intensità.
L'HIIT di gruppo, può essere considerato un buon metodo per gli individui che si allenano in palestra e desiderano ardentemente acquisire significativi benefici in termini di fitness in un periodo di tempo relativamente breve (Giannaki C.D. et al. 2015).

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Articolo tratto da: HIIT, Allenamento High Interval Intensity Training

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Allenamento Frequenza cardiaca Lattato VO2max