La mobilità articolare, o flessibilità, rappresenta la capacità di utilizzare la massima escursione articolare possibile, nei limiti fisiologici imposti dalle strutture articolari, muscolari e tendinee. Viene classificata come capacità intermedia fra quelle condizionali e le coordinative. Si suddivide in una mobilità articolare generale, che riguarda la capacità di escursione delle principali articolazioni di tutto il corpo (spalle, anca, colonna vertebrale) e mobilità articolare speciale che riguarda invece la capacità di escursione di una singola articolazione.
E’ una capacità che si ritrova già sviluppata fisiologicamente nei bambini ma che tende a regredire rapidamente se non è correttamente sollecitata, fino ad arrivare all’età senile dove vi è un ampio decadimento per la minore elasticità dei tessuti. A livello muscolare la flessibilità dipende dalla capacità di “collaborazione” fra i cosiddetti muscoli agonisti, quelli che contraendosi compiono il movimento, e i muscoli antagonisti, che per favorire la fluidità del movimento debbono possedere buone capacità di rilassamento e allungamento.
La mobilità articolare è una capacità praticamente richiesta in tutte le discipline sportive, in alcune in maniera più accentuata (ginnastica, danza, pattinaggio, ecc.), un suo corretto allenamento permette di ottenere notevoli vantaggi. Una muscolatura eccessivamente contratta e difficilmente allungabile non permetterà l’esecuzione di un gesto tecnico in maniera fluida e precisa. L’eleganza e la precisione dei movimenti di ginnaste, ballerine, pattinatrici, è data proprio dall’elevato sviluppo della mobilità articolare che è direttamente coinvolta quindi nell’espressione tecnica del movimento anche in altre discipline come il calcio, la pallavolo, ecc. Uno sviluppo inadeguato della flessibilità corporea può rappresentare un ostacolo per l’ulteriore miglioramento tecnico-coordinativo e determinare un blocco nella prestazione. Uno sviluppo ottimale permette invece un apprendimento motorio più rapido ed efficace.
Una buona mobilità articolare consente l’ottimale sviluppo delle principali forme di sollecitazione organico-muscolari. Una muscolatura accorciata e con minore capacità di allungamento determina l’espressione di una forza inferiore. Un muscolo allungato permette invece di eseguire movimenti più rapidi e potenti sfruttando le sue capacità elastiche.
Anche nella velocità di corsa una buona mobilità articolare favorisce un maggiore impulso di forza nella spinta a terra e un miglior rilasciamento nella fase di avanzamento. Gli atleti impegnati negli sport di resistenza trovano giovamento da un allenamento mirato alla flessibilità, migliorando così l’economia di corsa e determinando un minore dispendio energetico. Uno sviluppo ottimale della mobilità produce maggiore elasticità, capacità di allungamento e di rilassamento di muscoli, tendini e legamenti, fornendo così un contributo fondamentale per la tollerabilità del carico ma anche e soprattutto per la prevenzione degli infortuni.
Allo stesso modo lo stretching, o altre tecniche di allungamento, contribuisce anche ad evitare gli accorciamenti muscolari dovuti all’assunzione di posture statiche prolungate nel tempo, migliora la capacità di ripristino e di omeostasi dell’organismo dopo una prestazione o un allenamento intenso. Una muscolatura contratta è generalmente accompagnata anche da uno stato di tensione psichico, l’allungamento favorisce invece, oltre alla distensione muscolare, anche uno stato di rilassamento psicologico.
Esistono varie metodiche utilizzate per lo sviluppo della mobilità articolare, distinguiamo metodi di allungamento attivi, passivi, dinamici e statici. I metodi di allungamento attivi prevedono molleggi e slanci nella forma dinamica con i quali si cerca di ampliare i limiti normali di movimento delle articolazioni. In quella statica gli agonisti si contraggono portando il muscolo che deve essere allungato nella posizione finale di allungamento che poi viene mantenuta per qualche secondo. Le forme che prevedono oscillazioni e molleggi, detto anche stretching balistico, sono potenzialmente fonte di traumi e quindi andrebbe ben valutato il loro eventuale utilizzo.
I metodi passivi di allungamento prevedono esercizi nei quali la posizione è mantenuta grazie alla presenza di forze esterne (peso corporeo, compagno, attrezzi, ecc.). Nella forma dinamica si produce un’alternanza ritmica tra aumento e riduzione dell’ampiezza del movimento, in quella statica si mantiene invece la posizione di allungamento per qualche secondo (anche 20-30) senza mai arrivare alla soglia del dolore. Vista la concreta importanza che ha assunto la mobilità articolare all’interno della pratica sportiva, esistono oggi molteplici varianti e metodi utilizzati per l’allungamento muscolare, così come diverse sono le finalità. L’indicazione comune è di eseguire l’allungamento sempre dopo un adeguato riscaldamento (a temperatura più alta il muscolo si allunga più facilmente) e mai in condizione di stanchezza muscolare.
In età prescolare, nei primi 5-6 anni di vita, la mobilità articolare del bambino è ottima, tanto che non saranno ancora necessari esercizi specifici per il suo sviluppo. Un lavoro indirizzato allo sviluppo di questa capacità può essere inserito a partire dagli 8-9 anni. Se da un lato si riscontra in questo periodo la massima mobilità delle principali articolazioni (spalle, anche, colonna vertebrale), dall’altro si assiste da questo momento ad una lenta regressione. Gli esercizi dovranno prevedere una sollecitazione globale del corpo. In questa età saranno quindi indicati i metodi attivi e dinamici piuttosto che quelli passivi e statici. Da evitare saranno soprattutto gli esercizi di mobilizzazione passiva a coppie, in quanto i bambini per divertimento o dispetto potrebbero indurre un allungamento forzato eccessivo con possibile insorgenza di lesioni.
A partire dai 12 anni e con l’inizio della pubertà si può assistere ad un peggioramento della mobilità articolare, ciò può essere dovuto al fatto che l’ allungamento dei muscoli e dei legamenti non tiene il passo con quello in altezza. Essendo le articolazioni particolarmente sensibili in questo periodo per via dell’accrescimento (soprattutto a livello della colonna e delle anche) è bene evitare esercizi di allungamento passivi che potrebbero sollecitare eccessivamente tali apparati.
Nell’adolescenza, a partire dai 15-16 anni, si assiste ad un riequilibrio delle dimensioni corporee che diventano nuovamente armoniose. Nelle femmine, in maniera particolare, si completano quasi del tutto i processi di ossificazione con maggiore possibilità di sollecitazione dell’apparato motorio passivo e quindi migliore mobilità articolare rispetto ai coetanei maschi. Si cominceranno ad utilizzare anche i metodi di stretching passivo e i contenuti previsti per gli adulti. Particolarmente importante sarà andare ad utilizzare le diverse metodiche di allungamento su quei muscoli particolarmente coinvolti nella pratica sportiva che, se non allungati, rischiano di creare scompensi posturali.
Definiamo le capacità coordinative come quelle capacità determinate primariamente da processi di controllo e regolazione del movimento, che mettono il soggetto in grado di controllare le sue azioni sia in situazioni di prevedibilità (stereotipate) che in situazioni imprevedibili come in diversi ambiti sportivi. Uno sviluppo elevato di queste capacità consente:
Le capacità coordinative si dividono in generali e speciali, in breve le descriveremo singolarmente.
Capacità coordinative generali:
Capacità coordinative speciali:
Si può affermare che l’allenamento delle capacità coordinative andrebbe cominciato già a partire dall’età prescolare, assecondando il desiderio di movimento del bambino, per proseguire fino alla pubertà. Per lo sviluppo di queste capacità non esiste il “troppo presto” quanto semmai il “troppo tardi” o il “troppo poco”.
Nel corso della prima età scolare prevalgono a livello nervoso i processi di eccitazione piuttosto che quelli inibitori, in conseguenza di questo la precisione dei movimenti è ancora scarsa così come la capacità di memorizzazione delle abilità apprese. Sarà preferibile concentrarsi sull’ apprendimento di abilità motorie semplici piuttosto che complesse, allo stesso tempo sviluppare le capacità di reazione, di equilibrio, di destrezza fine, sempre attraverso piccoli giochi e attività ludiche.
Nel corso della seconda età scolare si assiste ad una maturazione nervosa che consente al bambino di apprendere nuove abilità con straordinaria rapidità. Si riscontra una migliore capacità di differenziazione muscolare, del senso del ritmo e dell’orientamento spazio-temporale. L’allenamento si concentrerà sullo sviluppo di queste capacità, ampliando il repertorio di movimenti e abilità già posseduti dal bambino con proposte sempre nuove e di complessità crescente, avendo cura che le abilità più semplici siano state apprese correttamente.
Nella prima fase della pubertà il cambiamento delle proporzioni corporee può determinare un peggioramento delle prestazioni di precisione e controllo fine, soprattutto in soggetti non allenati. L’organismo ed il sistema nervoso devono riadattarsi alle nuove condizioni corporee. Dopo questa fase e soprattutto con l’adolescenza si ritrova un miglioramento nelle capacità di controllo, adattamento, trasformazione e combinazione dei movimenti. Nel complesso l’adolescenza rappresenta quindi un periodo favorevole per l’apprendimento motorio, più nei maschi che nelle femmine, tale da permette una maggiore riuscita anche nelle prestazioni sportive.
I metodi per l’allenamento delle capacità coordinative devono prevedere continue variazioni delle posizioni di partenza, dell’esecuzione, della dinamica del movimento, delle strutture spaziali del movimento (ad esempio riducendo o ampliando il campo da gioco), richiedendo comunque un continuo adattamento a situazioni diverse di gioco.
L’allenamento a circuito può prevedere diverse tappe in cui sviluppare alternativamente le diverse capacità coordinative (equilibrio, ritmo, coordinazione globale, ecc.). Particolarmente indicati saranno i piccoli giochi e i giochi sportivi che rappresentano la sintesi per l’allenamento di queste capacità, richiedendo un continuo adattamento alle condizioni mutevoli di gioco. Gli sport di combattimento sono altrettanto indicati per l’addestramento generale delle capacità coordinative, implicando il coinvolgimento degli analizzatori visivi, cinestesici e tattili durante la prestazione. Per ultimi citiamo gli sport come la ginnastica artistica, il pattinaggio su ghiaccio ed i tuffi in cui sono richieste grandissime capacità di controllo globale e segmentario del proprio corpo.