Infiammazione acuta e infiammazione cronica

Di Matteo Marinelli

L'infiammazione acuta e l'infiammazione cronica differiscono sia dal punto di vista sintomatologico che istopatologico. Analisi delle fasi dell'infiammazione: innesco, evoluzione, risoluzione o cronicizzazione

L'infiammazione può essere suddivisa schematicamente in due forme: acuta e cronica.

L'infiammazione acuta è caratterizzata da un inizio brusco, a cui fa seguito una rapida (da qualche minuto a qualche ora o talora qualche giorno) successione di eventi, in modo particolare di fenomeni vascolo-ematici (da qui la definizione di angioflogosi) responsabili della comparsa dei sintomi cardinali, che possono culminare o nella risoluzione o nella trasformazione in forma cronica.

L'infiammazione cronica sia che si manifesti come tale sin dall'inizio, sia che subentri alla forma acuta, ha costantemente una durata maggiore (mesi o anche anni), andando incontro, durante la sua evoluzione, ad oscillazioni della sua gravità ed a fenomeni di acutizzazione. Essa è anche definita istoflogosi per la prevalenza di fenomeni tissutali, causati dall'infiltrazione di cellule mononucleate del sangue (monociti e linfociti), rispetto a quelli vascolo-ematici, che sono generalmente molto contenuti o anche del tutto assenti.

L'infiammazione acuta

L'infiammazione acuta si svolge attraverso tre fasi sequenziali:

  1. Fase dell'innesco
  2. Fase dell'evoluzione
  3. Fase della risoluzione o della cronicizzazione

Fase dell'innesco

La prima fase, indispensabile per lo svolgimento degli ulteriori eventi dell'infiammazione, è rappresentata dal riconoscimento molecolare degli agenti flogogeni, cioè di costituenti esogeni o endogeni alterati. Al riconoscimento presiedono le cellule dell'immunità innata (polimorfonucleati, monociti/macrofagi, cellule natural killer, NK) tramite diversi recettori espressi sulla loro membrana (recettori per i peptidi formilati, per il mannosio, recettori della famiglia Toll) ognuno dei quali riconosce contemporaneamente diversi costituenti microbici e dei tessuti autologhi.

L'interazione tra cellule e ligandi trasduce un segnale, che attraverso una cascata trasduzionale (in cui è coinvolto il fattore di trascrizione Nf-kB) raggiunge il nucleo, modulando, nel DNA, la trascrizione di diversi geni. Vengono stimolati principalmente quei geni che codificano per molecole coinvolte nel processo di fagocitosi e quelli che codificano per citochine.

Diverse molecole plasmatiche (proteine del complemento, MBL) fungono da recettori solubili perché in grado di riconoscere strutture molecolari esibite dagli agenti infiammatori e dai tessuti danneggiati e di interagire con essi.

I monociti/macrofagi, in seguito al riconoscimento molecolare degli agenti flogogeni, sintetizzano e rilasciano citochine definite primarie. Queste sono rappresentate da IL-1, TNF-α, IL-6, IL-10 di cui le prime tre coinvolte sia nella risposta infiammatoria locale che in quella sistemica. La sintesi e il rilascio di citochine sono sottoposte a meccanismi di amplificazione e di blocco.

La produzione di citochine non dura a lungo a meno che non si abbia la persistenza degli agenti flogogeni, grazie a diversi meccanismi regolatori che bloccano la sintesi e il rilascio di esse. Uno di questi è innescato dalla IL-10, che è cosi classificata come citochina antiinfiammatoria.

Una particolare categoria di citochine è rappresentato dalle chemochine che trovano recettori specifici sulle cellule ematiche, favorendo non solo la loro adesione all'endotelio, ma anche il loro richiamo chemiotattico nel focolaio flogistico.

Fase dell'evoluzione

La fase dell'evoluzione è caratterizzata dalle risposte delle cellule che esprimono recettori per le citochine primarie, rilasciate nel sito in cui sono presenti gli agenti flogogeni o nelle immediate vicinanze di esso, le quali agiscono sia localmente sia su cellule di organi distanti, che raggiungono per via ematica. Gli eventi indotti dalle citochine infiammatorie coinvolgono il microcircolo, in parte direttamente e in parte tramite l'azione dei mediatori chimici della flogosi che vengono rilasciati da altre cellule coinvolte nel processo infiammatorio. Questi eventi sono:

Vasodilatazione
dovuta al rilassamento delle fibrocellule muscolari lisce presenti sulla parete delle arteriole terminali, provocata da una serie di molecole ad azione miorilassante. Spesso è preceduta da una vasocostrizione di brevissima durata (10-20 secondi)
Iperemia attiva
cioè aumentato afflusso di sangue nel microcircolo dovuto alla dilatazione della parete delle arteriole, al rilassamento delle venule ed al cedimento degli sfinteri pre-capillari, che immette sangue in capillari fisiologicamente chiusi. Dura da alcuni minuti a qualche ora, in rapporto all'entità dello stimolo infiammatorio
Iperemia passiva
che subentra a quella attiva e consiste nel rallentamento della velocità del sangue nel microcircolo, che può culminare nella stasi. Tutto ciò avviene come conseguenza dell'aumento della superficie del letto circolatorio, della viscosità del sangue, causato in parte dall'aggregazione dei globuli rossi e in parte dalla essudazione, cioè dalla fuoriuscita della parte liquida del sangue e delle molecole in esse disciolte, che comporta una concentrazione ematica nel distretto interessato, della pressione nello spazio interstiziale, causato dalla presenza in esso dell'essudato, che comprime la parete dei capillari e delle venule, ostacolando il deflusso del sangue

Fisiologicamente nel sangue circolante gli eritrociti occupano una posizione centrale, mentre i leucociti sono in gran parte distribuiti marginalmente in vicinanza della parete, alla quale solo una piccola parte di essa aderisce. Non appena si instaura l'iperemia passiva, questa distribuzione delle cellule ematiche si modifica; gli eritrociti tendono a impilarsi l'uno nell'altro formando agglomerati, che possono anche determinare l'occlusione del lume. I leucociti, invece, tendono a scorrere sempre più in prossimità della parete (fenomeno della "marginazione" dei leucociti) e ad aderire all'endotelio (adesione leucocitaria).

Questi ultimi due fenomeni preludono al passaggio dei leucociti dal compartimento vascolare a quello extravascolare. Essi sono dovuti ad una serie di stimoli che colpiscono l'endotelio, tra i quali, i più significativi, sono rappresentati dall'interazione dell'istamina e delle citochine infiammatorie IL-1 e TNF-α con i relativi recettori espressi dalle cellule endoteliali. Gli endoteliociti rispondono incrementando la sintesi e l'espressione sulla loro superficie non solo delle molecole di adesione costitutivamente espresse (ICAM-1 e ICAM-2) ma anche quella delle selettine. Questa presenza di molecole di adesione contribuisce enormemente al fenomeno della emarginazione dei polimorfo nucleati, monociti e linfociti, ognuno dei quali esprime selettivamente recettori per alcuni di esse.

I leucociti marginati migrano dal compartimento ematico in quello extravascolare attraverso le giunzioni interendoteliali dei capillari che si sono dilatati. Il richiamo è effettuato dai fattori chemio tattici che sono sia di origine microbica che tissutale.

L'essudato è quindi costituito dalla parte liquida del sangue e da alcune delle cellule in esso presenti. La parte liquida fuoriesce dai capillari e si accumula nello spazio interstiziale per i seguenti motivi:

  • Aumento della pressione idrostatica del sangue in corrispondenza del microcircolo, dovuta all'iperemia, alla stasi ed all'ostacolato drenaggio dei linfatici
  • Riduzione della pressione colloidosmotica del sangue, causata dalla ridotta concentrazione delle proteine plasmatiche, che gradualmente si accumulano all'esterno dei vasi, contribuendo al'ulteriore richiamo di acqua in questa sede
  • Alterazione della parete dei capillari e dei piccoli vasi; la presenza dell'essudato nei tessuti determina la formazione dell'edema infiammatorio ed è responsabile del sintomo gonfiore (tumor) e parzialmente anche del dolor per la compressione che esercita sulle terminazioni nervose. L'essudato, che ha un pH acido per la presenza di acido lattico, è formato da una parte liquida, derivata dal plasma, e da una parte cellulare che varia a seconda della natura degli agenti flogogeni e dei fattori chemio tattici. Oltre che nell'interstizio l'essudato si raccoglie in altri siti quando questi sono sede di una reazione infiammatoria (cavità articolari, cavità pleurica, polmonare, pericardica, etc.). Si possono distinguere vari tipi di trasudato (sieroso, sero-fibrinoso, fibrinoso mucoso, mucopurolento, purulento,emorragico,allergico) ognuno caratteristico di una determinata forma di infiammazione acuta

L'infiammazione cronica

L'infiammazione cronica è così definita per la sua lunga durata (mesi e anche anni). Quando un processo infiammatorio acuto non si risolve nell'arco massimo di alcune settimane, si considera solitamente cronicizzato. La trasformazione del processo infiammatorio da acuto a cronico è causata da una mancata eliminazione dell'agente eziologico, dovuto alla sua resistenza alla fagocitosi, o da una esposizione perseverante allo stesso agente flogogeno, che ha provocato la risposta acuta, o anche ad agenti flogogeni diversi.

I due tipi di infiammazione differiscono sia sotto l'aspetto sintomatologico che sotto quello istopatologico. Mancano, infatti, alcuni o tutti i sintomi principali: vasodilatazione, fenomeni essudativi e reclutamento preferenziale dei neutrofili. Si riscontra invece la presenza di un infiltrato infiammatorio costituito da cellule mononucleate, cellule NK e plasmacellule.

Voci glossario
Eritrociti Infiammazione PH Sangue