L'importanza della stabilità del tronco per la prevenzione delle lesioni, come miglioramento della prestazione, è stata divulgata nel corso dell'ultimo decennio con una minima prova a sostegno. Anche se esistono elementi di prova limitati, l'integrazione degli esercizi di stabilità del tronco nei programmi di prevenzione delle lesioni, in particolare per gli arti inferiori, sta dimostrando una riduzione degli infortuni1. Nonostante ciò, esiste una mancanza di uniformità sugli esercizi più efficaci per ottimizzare la stabilità del tronco.
Non vi è una definizione universalmente conosciuta di core stability (vedi anche Il ruolo del CORE Training e la funzionalità del CORE Stability. In generale, la stabilità del tronco comprende il complesso lombo-pelvico-anche ed è la
capacità di mantenere l'equilibrio della colonna vertebrale all'interno dei suoi limiti fisiologici, per preservarla dalle perturbazioni2Tale definizione manca di una concreta prospettiva funzionale, che traduca in applicazione pratica la valutazione della stabilità del tronco e l'allenamento delle popolazioni atletiche.
Diversi autori hanno proposto molte varianti funzionali per descrivere il tronco come il fondamento della catena cinetica responsabile per il trasferimento facilitato delle forze di torsione e velocità tra gli arti inferiori e superiori per le attività motorie di vita quotidiana, esercizi e sport3. La stabilità del tronco richiede adattamenti istantanei da parte del sistema nervoso centrale, stimolando opportunamente il reclutamento muscolare2.
Il "tronco", indicato anche come complesso lombo-pelvico-anca, è uno spazio tri-dimensionale così strutturato:
La natura di questi confini muscolari produce un corsetto come effetto di stabilizzazione del tronco e della colonna5.
Alcuni autori15 hanno dimostrato il ruolo fondamentale dei muscoli per la stabilità dinamica del tronco, comprovando una deformazione spinale di 88n (circa 20 libbre/ 9 kg ) in assenza del contributo muscolare, ben al di sotto di carichi tipicamente associati con l'attività quotidiana e lo sport.
Il modello di Panjabi spiega i meccanismi della stabilizzazione del tronco, i quali includono tre sottosistemi interdipendenti6:
Il sottosistema Passivo comprende i tessuti statici includendo:
La principale funzione di questi tessuti statici è di stabilizzare nell'arco di movimento, sia l'aumento della forza di trazione e di resistenza meccanica, sia la trasmissione di informazioni sulla posizione e carico al sottosistema di controllo Neurale attraverso i meccanocettori7.
Il sottosistema Attivo, formato dalla muscolatura del tronco6, provvede sia alla stabilizzazione dinamica della colonna e dello scheletro appendicolare prossimale, e sia a fornire l'informazione di movimento del sottosistema di controllo Neurale.
Il sottosistema di controllo Neurale è il centro di segnali in entrata ed uscita che in definitiva producono e mantengono la stabilità del tronco6. È di fondamentale importanza, per mantenere la stabilità, la continua integrazione di questi tre sottosistemi7.
La crescente popolarità del Core stability ha anche portato allo sviluppo di diversi sistemi di classificazione per descrivere le funzioni dei muscoli del Core8. La muscolatura circostante è essenziale per la stabilità del tronco ed è l'obbiettivo primario per la riabilitazione ed i programmi di prevenzione delle lesioni. La funzione dei muscoli è determinata dalla loro unica morfologia, compresi gli aspetti architettonici del peso e composizione della fibra5.
I sistemi di classificazione iniziale identificano i muscoli come9:
Questa classificazione è la base per molti programmi di esercizi per la stabilizzazione del tronco.
Tuttavia, Gibbons e Comerfort10 e Behm11 credono che la funzione rilevante dei muscoli del "Core" sia molto più complessa, e che nessuna singola categoria è molto più importante di un'altra12.
Gibbons e Comerford10 hanno proposto un modello funzionale che mantiene gli stabilizzatori locali e separa i muscoli globali in:
Il gruppo dei mobilizzatori di carico è formato da muscoli con attaccature assiali-appendicolari (grande gluteo, medio gluteo, adduttori, retto del femore, ileo psoas, trapezio, gran dorsale, deltoide, grande pettorale) che trasferiscono forza e velocità tra gli arti e il tronco lungo la catena cinetica13.
I muscoli mobilizzatori di carico sono separati ma anche parte integrante della stabilità del tronco, poichè hanno attaccamenti fasciali che consolidano il tronco e trasferiscono la forza attraverso la catena cinetica14.
Nonostante questa apparente diversità nei sistemi di classificazione, in realtà quella di Behm e colleghi contiene molti più dettagli e differenziazioni nella funzione del muscolo12, invece quella di Gibbons e colleghi è una semplificazione della funzione del muscolo10.