Riguardo l'allenamento della forza, ma soprattutto in relazione alla sua espressione, vi è un parametro probabilmente poco noto sotto il profilo tecnico sebbene intuibile sotto l'aspetto pratico, che riguarda la differenza esistente tra la capacità massima assoluta di espressione della forza e quella realmente erogata all'interno di un lavoro volontario sebbene di tipo massimale.
Siamo sempre stati abituati a sentir parlare di serie, ripetizioni, peso e tempi di recupero, dimenticando che l'espressione della forza è significativamente sottoposto al controllo muscolare da parte del sistema nervoso, pertanto il parametro motivazionale può determinare una significativa differenza. Il livello di attivazione è infatti fortemente connesso con il grado di motivazione che spinge l'atleta a compiere un lavoro e che già per attivazioni in grado di sfiorare il 65% della capacità assoluta di prestazione, richiede una enorme forza di volontà. Giungere ad espressioni di forza maggiori è spesso prerogativa di condizioni connesse con circostanze in cui si avverte un grave pericolo o in cui le condizioni emotive del soggetto sono fortemente modificate1.
Purtroppo gli studi in merito alla connessione tra motivazione e forza espressa sono pochi e non certo recenti e, lo stesso Weineck cita nella sua opera quanto emerso dagli studi di Stoboy2 nel 1973. Esiste dunque una vera e propria inibizione nei confronti della massima espressione della forza che, sebbene possa essere fortemente ridimensionata grazie all'allenamento, permane in misura più modesta e può essere ulteriormente eliminata solo con enormi elementi motivazionali.
Questa considerazione può essere interpretata in vario modo, e in molteplici modalità utilizzata a proprio vantaggio. In questa sede ci limitiamo ad analizzare quanto importante sia il grado di motivazione del soggetto ai fini della prestazione e, inutile chiarirlo, anche ai fini dell'allenamento sia in termini generali che in modo specifico connessi alla singola sessione. Per questo motivo allenamenti che non tengano adeguatamente conto del periodo di recupero potrebbero risultare maggiormente deleteri rispetto ad un risultato finale, che non l'inserimento di pause di lavoro più ampie che consentano di ristabilire quell'equilibrio emotivo perfetto capace di non offuscare la motivazione.
Malgrado questo aspetto appaia e sia fondamentale, ancora ci si ostina a ricercare una prestazione di alto livello atletico puntando sull'intensità e frequenza dello stimolo anche in momenti in cui non si è atleticamente predisposti, riducendo (se non vanificando) l'efficacia dell'allenamento.
Esiste una soglia, definita soglia di mobilitazione che individua il limite superiore dei normali livelli di attivazione muscolare in direzione della forza e che si attesta, come anticipato, intorno al 65% della capacità assoluta di prestazione. Al di sotto di tale soglia (e quanto più ci si sposto da un livello base prossimo al 35%-40% verso il 65%) è in ogni caso richiesta una forte motivazione da parte dell'individuo. L'accesso a livelli superiori diviene drasticamente complesso, ma non per questo non è possibile allenarsi e innalzare tale soglia, riuscendo ad attivare un maggior numero di unità motorie e, al contempo, limitando l'intervento dei riflessi inibitori.
Il livello di concentrazione dell'atleta è in tal senso un parametro determinante ai fini della performance e capita talvolta che possa venir meno nel corso della sessione, potrebbe essere un primo campanello d'allarme connesso con il sovrallenamento. Se dal controllo di parametri tecnici non emerge alcun significativo problema fra quelli elencati, la mancanza di motivazione può essere semplicemente il frutto di una ambizione sovradimensionata rispetto al reale desiderio di perseguirla3.
Sebbene il grado di motivazione sia correlato con le caratteristiche (anche caratteriali) del soggetto, è altrettanto vero che il raggiungimento di obiettivi, quindi quella che è riferibile come una sorta di "ricompensa", diviene uno strumento per alimentarla. Il miglioramento della performance alimenta la motivazione verso ulteriori incrementi, viceversa lunghi periodi di plateau la inibiscono drasticamente portando ad un circolo vizioso che causa un decadimento, nello specifico nei parametri di forza.
Quando ci si sposta da livelli base di performance verso il desiderio di incremento prestazionale maggiore, ovvero quando si è vicini a livelli di soglia come quelli indicati in precedenza, ogni ulteriore incremento è decisivo e, al contempo, richiede di sfruttare ogni elemento, anche apparentemente banale, che possa indurre in un incremento della propria motivazione. Tra questi rientra senza dubbio la scelta del tipo di allenamento e perfino, per quanto banale possa apparire, poter utilizzare (a parità di coinvolgimento muscolare) quegli attrezzi che più di altri rientrano nella soggettiva sfera di apprezzamento4.
Ritornando ad aspetti maggiormente aderenti all'analisi fisiologica, è necessario precisare che la denominazione fin qui utilizzata di "soglia di mobilitazione" fa riferimento allo schema di prestazione teorizzato da Hettinger5 in rapporto alla percentuale assoluta di prestazione in termini di forza massimale, individuando la soglia come il confine fra quelle che definiamo le "normali riserve di utilizzazione" (lavoro con intenso affaticamento muscolare) e le "riserve protette autonomamente" (lavoro estremamente intenso e di difficile realizzazione).
Discorso differente, perlomeno in termini percentuali, è quello relativo al reclutamento volontario delle unità motorie (anch'esso definibile come soglia di mobilitazione), per il quale in ogni caso si assiste a divari enormi tra soggetti allenati e soggetti sedentari, come pure con riferimento all'ulteriore parametro connesso con la frequenza di scarica che nei sedentari è di circa 40/50 impulsi al secondo6 contro livelli potenzialmente superiori ai 100 impulsi al secondo7 nella forza esplosiva, conservando in ogni caso un’abbondante riserva di forza (differenza fra forza potenziale e forza espressa).
Sempre sotto il profilo fisiologico, l'accesso alle riserve autonomamente protette (escludendo quindi un innalzamento della soglia di mobilizzazione) prevede un reclutamento delle fibre muscolari reso possibile mediante il rilascio da parte della midollare del surrene di una maggiore quantità di adrenalina o, ma è un discorso differente, mediate l'impiego del doping.
In conclusione, fermo restando l'importanza prioritaria delle modalità di allenamento della forza, e nello specifico della forza massimale, per quanto attiene la % di carico utilizzata, il numero di serie e ripetizioni, il tempo di recupero e la selezione degli esercizi, permane come elemento accessorio e per nulla marginale lo stimolo motivazionale. Il suo ruolo diviene anzi tanto più importante quanto maggiore è il livello atletico raggiunto dal soggetto e quanto più si aspiri a ulteriori progressi.
Per approfondimenti bibliografici vedi P. De Pascalis, A scuola di fitness, 4a edizione, Calzetti Mariucci Ed. e l'articolo La forza e il suo allenamento