Meglio essere terribilmente fuori forma, che un po’ fuori forma!

Di Pierluigi De Pascalis

Può sembrare un paradosso, per l’esattezza il paradosso della regione beta, invece nasconde la leva per il cambiamento, e non solo quello fisico.

Può sembrare un paradosso ma talvolta è assai meglio essere molto fuori forma, che essere solo poco fuori forma. Questa riflessione prende spunto dal concetto di “paradosso della regione beta”, postulato dallo psicologo Dan Gilbert e descritto in uno dei suoi articoli dal titolo: “la strana longevità dei piccoli contrattempi”.

Spiega molto bene il concetto partendo da un esempio: ipotizzando di dover percorrere la distanza di 1Km per raggiungere un luogo, probabilmente ci recheremmo a piedi. Ma se la distanza fosse superiore anche di poco, probabilmente utilizzeremmo l’auto o una bicicletta. Il risultato sarà che per coprire una distanza più breve, probabilmente impiegheremo una quantità di tempo maggiore che non per percorrerne il doppio o il triplo.

Questo concetto può aiutare a comprendere come mai molte persone permangono “volentieri”, o in ogni caso senza troppe preoccupazioni, in una condizione di sostanziale immobilismo per quanto riguarda l’avvio di una attività fisica, pur essendo solo poco fuori forma, e potendo quindi in modo relativamente agevole raggiungere una forma perfetta (o quasi).

Guardandosi in giro ci sono davvero tanti che si limitano a scherzare su un “po’ di pancetta”, qualche kg di troppo, o per l’affanno dopo una piccola corsa, senza prendere sul serio la questione, sia perché non ritenuta preoccupante sotto il profilo estetico, sia perché ancor meno valutata come un rischio potenziale per la propria salute.

Molto più probabilmente invece, superata una certa soglia che fa raggiungere un grado evidente di pessima forma fisica, magari accompagnato da qualche campanello d’allarme per la propria salute, qualche dolore alle ginocchia, qualche asterisco di troppo sugli esami del sangue, scatta finalmente la leva giusta che spinge al cambiamento.

Cambiamento che non sempre, ma molto di frequente, non solo avviene, ma non ci si esime dal volerlo mostrare, comunicare, e rimarcare verso l’esterno.

Ebbene, sin tanto non si verifica una condizione ritenuta oggettivamente o soggettivamente grave e insostenibile, si permane in una sorta di limbo, incapaci di agire proattivamente verso il cambiamento, pur ritrovandosi in una circostanza né ottimale né favorevole. In altri termini si rimane bloccati nella regione beta descritta dall’autore, non positiva, consapevolmente non adeguata, ma non sufficientemente “scomoda” da generare una leva motivazionale idonea e che spinga al cambiamento.

Il paradosso della regione beta chiarisce molti aspetti del comportamento umano e della percezione degli eventi, comprenderne le dinamiche dovrebbe aiutare a riconoscere quando ci si trova al suo interno, e attivarsi prima possibile verso il cambiamento.

Il problema fondamentale quindi è che, mentre sotto il profilo emotivo l’aggravarsi di una condizione può diventare un’opportunità che spinge al cambiamento, in ambito fisico e fisiologico la risposta organica pur significativa in termini relativi, non sempre può garantire un recupero pieno e completo, se l’intervento giunge in maniera tardiva.

Se è vero, come è vero, che non è mai troppo tardi per cambiare stili di vita, ridurre il rischio cardiocircolatorio, migliorare il trofismo muscolare, recuperare la forza, o anche semplicemente sfoggiare un corpo più armonico, è altrettanto vero che attendere di sviluppare una sindrome metabolica per trovare l’input al cambiamento, non solo non è esattamente l’approccio migliore, ma non è detto che faccia regredire del tutto le compromissioni arrecate.