Allenarsi per la maratona

Di Sofia Barbetta

La principale forma di allenamento per la maratona è costituito dai diversi tipi di corsa (lungo e lunghissimo, lento, medio)

Per riuscire a completare la maratona e arrivare al traguardo senza grande fatica è necessario un allenamento ben preparato, della durata di alcuni mesi, e in certi casi anche più di un anno.
Questo programma dovrà essere seguito sia da atleti principianti, che non hanno mai corso una maratona, sia da atleti più esperti che ne hanno corse magari più di una.
Nel primo caso si partirà naturalmente da lavori più blandi, quindi di durata e intensità inferiore, per poi aumentare progressivamente e riuscire a portare a termine la maratona senza arrivare al traguardo troppo provati; se un atleta invece è già abituato a correre su lunghe distanze, potrà iniziare il programma di allenamento con lavori più impegnativi e potrà cosi migliorare il tempo di esecuzione della maratona.
I mezzi più importanti sono quelli costituiti dai diversi tipi di corsa; ci sono poi altri mezzi di allenamento non costituiti da corsa, che possono essere utili per completare l’allenamento.

Mezzi di allenamento costituiti da corsa

Il lungo e il lunghissimo

Questo mezzo di allenamento è fondamentale se si vuole portare a termine la maratona, anche se non deve essere utilizzato necessariamente tutto l’anno: nei periodi lontano dalla gara è possibile rimanere per diverse settimane senza eseguire questo tipo di corsa, anche se non dovrebbe essere del tutto dimenticata.
Comprende distanze che vanno dai 18 ai 32-35 chilometri e anche più: il principiante ha come obiettivo quello di eseguire 18-20 chilometri, per poi arrivare gradualmente a eseguire anche 32 chilometri. Gli atleti esperti invece potranno già partire da 24-25 chilometri.
Nelle due settimane che precedono la maratona possono essere superati anche i 35 chilometri.
La frequenza cardiaca durante la corsa deve essere compresa tra il 66 e l’83% di quella massima e la respirazione è facile, cioè quella che ci permette di chiacchierare mentre si corre.

Questa tipologia di allenamento ha l’obiettivo di abituare il principiante a sopportare la fatica durante corse particolarmente lunghe, e di migliorare nell’agonista il consumo di grassi da parte dei muscoli, la regolazione termica e idrica e determinare adattamenti all’apparato locomotore.
Per quanto riguarda l’andatura da mantenere, i principianti possono anche non badare alla velocità in quanto, correndo per così tanti chilometri, avvengono degli adattamenti anche a basse velocità e spesso corrono a quella che terranno in gara.
L’agonista invece dovrebbe far riferimento alla velocità della "massima potenza lipidica", che permette il massimo consumo di grassi per minuto. Più precisamente, dovrebbe correre a un’andatura di circa 15-30 secondi al chilometro inferiore rispetto a quella di una maratona corsa pochi mesi prima o di 45-60 secondi al chilometro inferiore rispetto alla soglia anaerobica.
Questo mezzo di allenamento può essere utilizzato ogni due settimane, correndo una distanza più ridotta nella settimana di mezzo; se invece prima della gara non si ha molto tempo a disposizione, i lavori più lunghi possono essere distanziati di una sola settimana.
Ogni volta che si effettua un lavoro di questo tipo, si possono aggiungere 2-3 chilometri rispetto alla seduta precedente, o anche fino a 5 se si sono già svolte diverse sedute di lavoro lungo.
Se si vuole portare a termine una maratona senza fare troppa fatica è necessario correre almeno 6-8 volte sopra i 26-28 chilometri nei 4-6 mesi che precedono la gara, di queste almeno tre sopra i 30 chilometri e due sopra i 32-34.
L’ultima seduta di lunghissimo prima della maratona dovrebbe essere compiuta 14-21 giorni prima della stessa; la distanza più lunga della preparazione dovrebbe essere svolta al massimo 21 giorni prima, mentre la distanza da compiere 14 giorni prima non dovrebbe superare i 28-30 chilometri.
Come varianti di questo tipo di allenamento, possono essere inseriti tratti di 5-10 km a ritmo maratona, questo per l’atleta che possiede già una buona esperienza.

Il lento

In questo tipo di lavoro l’andatura è simile a quella del lungo-lunghissimo, ma la durata è più limitata.
Il lento può essere utilizzato come riscaldamento o defaticamento prima di un allenamento o una gara, oppure può essere praticato il giorno precedente o successivo a un allenamento impegnativo o a una gara.
Serve anche per favorire la perdita di peso; o può costituire la seduta meno faticosa per chi fa doppio allenamento quotidiano. Questi sono i casi che riguardano il corridore più evoluto.
Nel principiante invece il medio serve ad allenare:

  • Cuore
  • Circolo
  • Respirazione
  • Sistema endocrino
  • Termoregolazione
  • Muscoli
  • Tendini
  • Articolazioni

dunque in sostanza per aumentare la capacità di lavoro.
La durata non assume grande importanza, infatti può variare da alcune decine di minuti a più di un’ora. Il principiante inizierà da pochi minuti per poi aumentare progressivamente con il crescere del grado di preparazione. L’andatura mantenuta è sempre piuttosto bassa, sia dal principiante, sia dall’atleta più esperto.
Il dosaggio settimanale di questo tipo di allenamento è molto variabile, ma è possibile aumentare le sedute settimanali costituite da corsa lenta se non si rischia di andare incontro a infortuni da sovraccarico a tendini e legamenti.
Come nel lungo-lunghissimo, la respirazione da mantenere è facile.
La frequenza cardiaca invece dovrebbe essere compresa tra il 55 e il 70% di quella massima.

Il medio

Il medio è una corsa effettuata a un’andatura superiore a quella del lento e del lungo. È una via di mezzo tra il corto-veloce (più intensa e più breve) e il lungo lunghissimo (più prolungato e più blando).
I principianti scelgono il ritmo in base alla respirazione, che deve essere leggermente impegnata (cioè che permette di parlare con un po’ di difficoltà), mentre l’andatura degli agonisti deve essere intorno all’85-90% di quella della soglia anaerobica. Progressivamente, il ritmo da tenere dovrà essere sempre più vicino al "ritmo gara".
La durata di questo tipo di allenamento è superiore ai 45 minuti, e negli atleti più allenati supera anche i 90 minuti.
La respirazione è al limite massimo di quella facile, ma può anche essere leggermente impegnata.
La frequenza cardiaca corrisponde al 75-84% di quella massima.
Questo mezzo di allenamento serve soprattutto a migliorare la capacità dei muscoli di utilizzare grassi a un’andatura simile a quella della maratona: le fibre lente quindi diventeranno capaci di consumare una maggior quantità di grassi che arrivano attraverso il sangue, mentre le fibre veloci aumenteranno i depositi di grassi.
La frequenza con cui si esegue il medio è legata agli altri lavori di corsa continua che vengono compiuti durante la settimana; poi in vicinanza della maratona, viene sostituito dal ritmo-gara.

Il ritmo gara

Questo tipo di corsa è molto utile a partire da 8-12 settimane prima della gara. Deve essere eseguita su una strada il più possibile pianeggiante e ben misurata. Serve soprattutto a correre con molta uniformità mantenendo una velocità costante, a memorizzare l’andatura di gara e migliorare la tecnica di corsa, che deve diventare più economica possibile (spalle basse, braccia sciolte, piedi ben attaccati al terreno).
La distanza compiuta dai principianti inizialmente è di pochi chilometri, ad esempio 5, dopo una fase di riscaldamento; progressivamente, aumenteranno la distanza di 2-3 chilometri ogni volta, fino ad arrivare anche a 32 chilometri. Gli agonisti invece compiono anche 25-28 chilometri, o di seguito, o su distanze di 7-8 chilometri ripetute e intervallate da tratti di almeno 500 metri di andatura più lenta.
La velocità viene determinata in base a quello che può essere il tempo più probabile che si otterrà nella maratona: ci si può basare sulla velocità di soglia anaerobica o sulla velocità che si riesce a mantenere per un’ora.
La frequenza cardiaca da mantenere è intorno al 75-80% di quella massima. Spesso può capitare che se manca ancora molto tempo alla gara, la frequenza cardiaca tende ad aumentare: questo indica che non si è ancora pronti per mantenere questo ritmo per tutta la gara. È il fenomeno della “deriva”.
Il ritmo gara di solito viene praticato non più di una volta alla settimana, soprattutto nei 2-3 mesi che precedono la gara.

Il corto-veloce

Il corto veloce è il tipo di corsa più veloce tra quelle fin qui trattate, che sono tutte a ritmo uniforme. Può essere effettuata su strada, in ambiente naturale o anche in pista.
Viene effettuata dopo un adeguato riscaldamento, e il ritmo viene mantenuto per almeno 20 minuti; negli atleti più esperti la durata può essere anche di 30-35 minuti, fino ad arrivare a 40.
Il principiante può iniziare con tratti di 10 minuti, la prima volta mantenendo una “respirazione leggermente impegnata” e già dalla seconda in parte una “respirazione impegnata”.
Invece chi non è abituato a correre a ritmi veloci può iniziare correndo a una velocità di 5-10 secondi in meno al chilometro rispetto a quella che si dovrebbe mantenere; continuando questo tipo di allenamenti però, la velocità dovrebbe aumentare, fino ad arrivare a un ritmo che corrisponde al 97% della soglia anaerobica mantenendolo per più tempo.
Con questo lavoro la frequenza cardiaca dovrebbe essere compresa tra l’84% e il 94% rispetto a quella massima, mentre la respirazione viene mantenuta al limite dell’impegno leggero oppure è già impegnata.
Il corto-veloce è molto utile per incrementare la capacità dei muscoli di utilizzare maggior quantità di ossigeno per ogni minuto. Le sedute settimanali di corto-veloce possono essere due o anche tre, in base al periodo.

Il fartlek

Con il termine fartlek si intende una corsa continua, eseguita su strada, o su un sentiero nei boschi o nei prati in cui l’intensità dello sforzo varia continuamente

L’atleta decide le variazioni da eseguire prima dell’allenamento, secondo uno schema prestabilito.

Ci sono diversi tipi di fartlek
  • Il fartlek con lunghe variazioni di ritmo, in cui in una corsa eseguita a un ritmo simile a quello del lungo-lunghissimo, si inseriscono tratti più veloci per varie centinaia di metri o pochi chilometri
  • Il fartlek con brevi variazioni di ritmo, in cui si mantiene una distanza più breve della precedente, un ritmo base più veloce e variazioni su una distanza inferiore ma di intensità più elevata
  • Il fartlek con brevi e lunghe variazioni di ritmo, in cui si eseguono alcune variazioni di breve distanza e dopo un recupero, una o due variazioni di lunga distanza
  • Il “day after”: una sorta si fartlek utile da eseguire il giorno dopo un lunghissimo per favorire il recupero
Fartlek con lunghe variazioni di ritmo

Questo tipo di lavoro dura da poche ad alcune decine di minuti, in cui nei tratti più veloci si mantiene una velocità vicina a quella della soglia anaerobica. La frequenza cardiaca viene mantenuta a valori superiori all’85% di quella massima, fino ad arrivare al 95%, a seconda delle distanze su cui si effettuano le variazioni di velocità; al termine del tratto di maggiore intensità scenderà rapidamente sotto il 75% di quella massima.
La respirazione può essere leggermente impegnata o impegnata.
È utile in quanto migliora l’utilizzazione dell’ossigeno da parte delle fibre muscolari: questo perché la piccola produzione di lattato determina un aumento di mitocondri nelle fibre stesse. Il recupero poi abitua i muscoli a smaltire il lattato. Si può compiere questo tipo di lavoro fino a 6-8 settimane prima della maratona, poi è preferibile passare alle ripetute; può essere eseguito una o due volte la settimana.

Fartlek con brevi variazioni di ritmo

Lo scopo di questo tipo di fartlek è quello di migliorare la velocità aerobica massima.
La durata va da poche ad alcune decine di minuti, mentre la velocità è quella aerobica massima; se i tratti sono eseguiti in salita la velocità sarà vicina a quella aerobica massima.
La frequenza cardiaca oscilla tra l’85% e il 100% di quella massima, e spesso continua a salire anche dopo i tratti più veloci.
La respirazione è impegnata.
I tratti più veloci determinano un rapido innalzamento della frequenza cardiaca, il cuore quindi aumenta la capacità di pompare sangue per ogni minuto e così migliora l’apporto di ossigeno ai muscoli. Anche questo tipo di fartlek può essere eseguito una o due volte la settimana.

Fartlek con medie variazioni di ritmo

Questa tipologia di fartlek dura da poche ad alcune decine di secondi; nei tratti di variazioni su brevi distanze, la velocità è vicina a quella aerobica massima, mentre nei tratti di variazioni più lunghe la velocità deve essere vicina a quella della soglia anaerobica.
Le prime servono ad aumentare la capacità del cuore di pompare sangue, mente le seconde ad abituare i muscoli a sopportare il lattato correndo a velocità relativamente elevate.
Si può eseguire questo lavoro al massimo una volta la settimana.

Il “day after”

Questo allenamento è utile da eseguire il giorno dopo il lunghissimo, in quanto il riposo non favorisce il recupero. La durata va da 50 a 75 minuti, mentre le singole variazioni da 30 a 40 secondi, e vanno da 6 a 12. Durante queste variazioni la velocità è poco superiore a quella di soglia anaerobica mentre nelle fasi di recupero, che vanno da 2 a 4 minuti, è simile a quella del lento.

La corsa in progressione

Con “corsa in progressione” (o “corsa in crescendo”, o “progressivo”), si intende una corsa continua in cui l’andatura non è uniforme ma aumenta gradualmente.
Questo tipo di allenamento dura alcune decine di minuti: può essere costituito ad esempio da 20-40 minuti di lento, più 20 minuti di medio, più 10-20 minuti di corto-veloce. Ci sono poi delle varianti, ad esempio dopo la prima fase di lento ed eventualmente quella di medio, si possono inserire ad esempio variazioni in piano di 500-1000 metri a velocità un po’ sopra a quella di soglia; variazioni in salita su tratti di poche centinaia di metri; corsa in salita in un unico tratto di alcuni chilometri.
La frequenza cardiaca da mantenere è quella che caratterizza le andature mantenute:

  1. 55-70% di quella massima nel lento
  2. 75-82% nel medio
  3. 84-94% nel corto-veloce

La respirazione passa da facile a leggermente impegnata, a impegnata.
Principale obiettivo del progressivo è quello di migliorare la sensibilità ai diversi ritmi; permette poi di allenare al meglio le fibre veloci, che intervengono soprattutto nella seconda parte della maratona sostituendo quelle lente, poiché queste hanno esaurito il loro contenuto di glicogeno e perché l’aumento di velocità determina l’intervento di un maggior numero di fibre veloci.
Queste quindi vengono fatte lavorare di più grazie a un’accelerazione del ricambio delle fibre: così l’atleta nel tratto finale della maratona potrà utilizzare fibre veloci che sono in grado di consumare più ossigeno.
Questo tipo di lavoro viene eseguito al massimo una volta la settimana.

Le ripetizioni

Con questo tipo di allenamento si compie una distanza sempre uguale per varie volte di seguito, con una fase di recupero tra una ripetizione e l’altra.

Ripetute per la potenza aerobica

In questo caso le ripetizioni sono eseguite a una velocità vicina a quella della soglia anaerobica. Sono molto utili in quanto consentono un maggior consumo di ossigeno ai muscoli e aumentano la capacità del cuore di pompare sangue.
Se i muscoli ricevono maggior quantità di ossigeno, è possibile mantenere un’andatura più elevata su tratti prolungati,con pari costo della corsa. Quindi in pratica con queste ripetute si migliora la velocità della soglia anaerobica.
Altri vantaggi sono un miglioramento della tecnica di corsa e una riduzione della produzione di acido lattico alle velocità più basse, con incremento del suo smaltimento. È bene non fermarsi tra una ripetuta e l’altra, ma correre lentamente, per favorire lo smaltimento di lattato della ripetuta precedente da parte dei muscoli.

Per stabilire la durata delle ripetute i principianti fanno riferimento al tempo, cominciando da 2 minuti e aumentando poi gradualmente; inoltre iniziano mantenendo una Respirazione Leggermente Impegnata (RLI), per poi passare a quella impegnata(RI) dopo alcune sedute.
Gli atleti più esperti invece fanno riferimento alle distanze: generalmente si utilizzano i 1000, 2000 e i 3000 metri, ma possono iniziare con i 500 o gli 800 metri. I più esperti possono compiere anche 5000 metri. I chilometri totali possono arrivare a 12-15.

Il recupero viene effettuato di corsa: inizialmente può durare anche più della ripetuta, poi dovrebbe avere una durata pari a metà della ripetuta più 2 minuti, per scendere poi a metà della ripetuta più 1 minuto.
Non deve essere troppo breve perché ciò comporterebbe una fuoriuscita troppo ridotta di lattato, ma nemmeno troppo lungo perché ciò determinerebbe un calo eccessivo della concentrazione di lattato nel sangue.
L’andatura da mantenere nel corso di questo recupero è simile a quella della corsa lenta, poi aumenterà fino a diventare simile a quella della maratona. Invece durante la ripetizione l’andatura, nel caso dei principianti, fa riferimento alla respirazione, che deve essere impegnata. I più esperti devono mantenere una velocità vicina a quella della soglia anaerobica, oppure possono far riferimento alla velocità mantenuta in prove podistiche della durata di 50-70 minuti.
La frequenza cardiaca durante le ripetute è superiore all’85% di quella massima, arrivando anche al 95%; mentre durante il recupero scende al di sotto del 75% di quella massima. La respirazione è impegnata.
Queste ripetizioni sono utili in quanto aumentano la concentrazione di enzimi mitocondriali, quindi migliora la capacità del muscolo di utilizzare l’ossigeno, inoltre aumenta la capacità del cuore di pompare molto sangue per ogni minuto. Questo allenamento viene effettuato una volta la settimana, al massimo due negli atleti più esperti.
Obiettivo principale è quello di incrementare la quantità totale di minuti o chilometri compiuti durante le ripetute; altri obiettivi sono: rendere più veloce l’andatura durante gli intervalli tra le ripetizioni e ridurre la durata del recupero.

L’interval training

Allenarsi con l’interval training vuol dire compiere tratti di 200 o 400 metri, separati da intervalli di durata tra i 45 e i 90 secondi, durante i quali si corre lentamente. Le ripetizioni possono essere da 6 a 20 e anche più. Fondamentale per questo tipo di lavoro è l’utilizzo del cardiofrequenzimetro: la frequenza cardiaca infatti presenta ampie oscillazioni, anche di 50 battiti al minuto.
Nel tratto più impegnato si dovrebbe arrivare anche sopra il 90% della frequenza cardiaca massima, nella fase di recupero si scende al 60-65%. Questo è molto allenante per il cuore, che diventa capace di pompare maggior quantità di sangue per ogni minuto, favorendo così l’apporto di ossigeno ai muscoli.
È un allenamento sconsigliato ai principianti, che viene svolto da atleti esperti che vogliono aumentare la velocità aerobica massima.
Prima di effettuare il lavoro vero e proprio è necessario effettuare un riscaldamento costituito nella parte finale da 4-5 allunghi.
La velocità da mantenere viene calcolata in base alla frequenza cardiaca: il passaggio dalla frequenza che caratterizza i tratti più impegnati (superiore al 90% di quella massima) a quella che caratterizza la fase di recupero(60-65%) deve avvenire entro 90 secondi. Se il tempo in cui avviene questo passaggio è inferiore ai 45 secondi, vuol dire che si è andati troppo lenti, mentre se supera i 90 secondi vuol dire che si è mantenuta una velocità troppo elevata.
La seduta di interval training viene compiuta non più di una volta la settimana e in periodi lontani dalla gara, perché determina la produzione di discrete quantità di acido lattico, che possono influire sulla prestazione.

Quando si esegue per la prima volta questo lavoro, si inizia con il compiere 6 volte i 200 metri, si può inoltre non superare il 90% della frequenza cardiaca massima e si possono superare i 90 secondi di intervallo; ad ogni seduta poi si possono aumentare di 1-2 le ripetizioni fino ad arrivare anche a 14-16 ripetizioni. Dopodiché si può passare alle ripetute sui 400 metri, fino a un massimo di 8 volte.

L’intermittente

L’intermittente è un tipo di corsa caratterizzata dall’alternanza di tratti a elevato impegno e tratti a ritmo più blando, entrambi molto brevi. Le fasi di lavoro infatti non superano i 50 secondi, mentre le fasi di recupero, che sono compiute in corsa lenta, durano tra i 10 e i 30 secondi.
Tra i tipi di sedute possibili, le più comuni sono: 15 secondi di lavoro alternati a 10 di recupero, 30 secondi di lavoro e 30 di recupero, 45 di lavoro e 15 di recupero, o 50 di lavoro e 30 di recupero.
Si può iniziare con il compiere 2 serie da 5 ripetizioni l’una, aumentando poi le ripetizioni di ogni serie fino a 8; si può passare così a 3 serie da 6 ripetizioni e poi 3 serie da 8 ripetizioni. Tra una serie e l’altra possono passare 5 minuti, meglio se effettuando una corsa lenta. Per quanto riguarda la velocità, i tratti a ritmo più elevato vengono compiuti a una velocità superiore del 9-10% a quella della soglia anaerobica.
La scarsa produzione di acido lattico permette di mantenere un ritmo veloce anche per parecchi minuti.
La frequenza cardiaca rimane elevata per tutta la durata della serie, fino a raggiungere il 90% della frequenza cardiaca massima, infatti la differenza tra la frequenza raggiunta alla fine di ogni fase di lavoro e quella raggiunta alla fine di ogni recupero è inferiore ai 20 battiti al minuto. La respirazione è impegnata.
L’intermittente presenta il vantaggio di migliorare la gettata cardiaca, dunque la capacità di trasportare ossigeno ai muscoli. Deve essere compiuto non più di una volta la settimana, tranne per i corridori che vogliono migliorare la velocità aerobica massima; in questo caso le sedute possono essere due.
Questo tipo di lavoro viene sconsigliato ai principianti, a chi non è in perfetto stato di salute e agli amatori sopra i 45 anni.

Le salite

Le salite brevi

Le salite brevi, caratterizzate da alcune decine di metri, con una pendenza piuttosto accentuata, anche del 15-20%, compiute con l’impegno massimo, sono un mezzo di allenamento utile per migliorare la gettata cardiaca, che si innalza come conseguenza del subitaneo incremento della richiesta energetica.
Questo perché in salita, oltre ad accelerare il corpo verso l’alto, bisogna anche sollevarlo e questo permette di innalzare rapidamente la richiesta energetica (e quindi anche la frequenza cardiaca) anche a una frequenza del passo non elevatissima. Questo comporta un maggior apporto di ossigeno ai muscoli.
La durata di ciascuna salita dovrebbe essere inferiore ai 15 secondi, ma superiore agli 8-10 secondi, per evitare un eccessivo accumulo di acido lattico; mentre la velocità vicina a quella massima possibile. L’intervallo tra le salite è bene che sia tale da permettere al cuore di tornare a valori vicini o inferiori ai 130 battiti al minuto; sarebbe meglio trovare un percorso in cui il ritorno alla fase di partenza della salita sia caratterizzato da una discesa in lieve pendenza di alcune centinaia di metri, in modo da recuperare prima della salita successiva.
Nella ripetizione si dovrebbe arrivare anche sopra il 90% della frequenza cardiaca massima, mentre nella fase di recupero si scende al 60-65%.

Questo lavoro può essere inserito all’interno di una seduta che inizia e termina con corsa lenta (riscaldamento e defaticamento).
La prima seduta può essere costituita da 2 serie da 5 ripetizioni di 50 metri; poi si può passare a 2 serie da 6 ripetizioni da 60 metri; dalla terza seduta la distanza può essere portata a 70 metri, sempre con 2 serie da 6 ripetizioni, che diventeranno nelle successive sedute 2 serie da 7-8 ripetizioni; nelle settimane successive il lavoro sarà di 3 serie da 4-5 ripetizioni; e gradualmente si aumenteranno le ripetizioni di 2-4 ogni volta, fino ad arrivare anche a 25-30 salite.
Meglio iniziare questo tipo di lavoro almeno 5-6 mesi prima della gara,che deve essere compiuto una o al massimo due volte la settimana.

Le salite medie

Questo mezzo di allenamento, può essere utilizzato da quei corridori che hanno già lavorato sulle ripetute in piano per la potenza anaerobica. La pendenza è compresa tra il 5 e l’8%.
La durata delle salite medie va da 2 a 6 minuti, mentre la velocità deve essere tale da portare alla produzione di piccole quantità di acido lattico; questo determina nelle fibre l’aumento del numero e del volume dei mitocondri, e quindi della capacità di usare ossigeno. In genere la frequenza cardiaca è superiore all’85% di quella massima, talvolta supera anche il 95% e la respirazione è impegnata.
Per quanto riguarda l’intervallo, si fa riferimento alle ripetute in piano di uguale durata, si può considerare il tempo necessario per tornare alla partenza, compiendo a ritroso il tratto da poco percorso in salita.
Le salite medie sono utili a chi vuole migliorare la velocità di soglia anaerobica e dovrebbero essere compiute al massimo una volta la settimana, in periodi lontani dalle competizioni importanti.

Le salite lunghe

Le salite lunghe sono particolarmente adatte ai maratoneti ben allenati. La distanza è compresa tra i 6 e i 10 km, con pendenza del 3-6%.
L’intensità è simile a quella del corto veloce, cioè con frequenza cardiaca fra l’82 e il 95% di quella massima. La respirazione è impegnata.
Le salite lunghe permettono un aumento del numero e del volume dei mitocondri in molte fibre veloci, che riusciranno così a utilizzare una maggior quantità di ossigeno al minuto.
Questo allenamento viene utilizzato una volta la settimana, fino a circa due mesi prima della maratona.
Le prime volte che vengono eseguite, provocano dolori muscolari; dunque è meglio dapprima inserire tratti di alcune centinaia di metri all’interno di una seduta di corsa continua, aumentando via via la lunghezza di essa nelle successive sedute.

Gli allunghi

Gli allunghi costituiscono un mezzo per migliorare il recupero muscolare dopo allenamenti quali il lungo-lunghissimo e il medio; possono inoltre aiutare a migliorare la tecnica di corsa.
Sono poi necessari per migliorare il riscaldamento che precede le prove ripetute, il medio, le salite, l’intermittente e l’interval-training.
Si eseguono correndo tratti di circa 100m in estrema scioltezza e decontrazione.
La velocità deve essere di poco superiore a quella di soglia anaerobica; in genere due secondi più veloce. Dopo ogni allungo, il recupero viene eseguito correndo lentamente per circa un minuto; mentre al termine dell’allenamento previsto o della prima parte di riscaldamento, si cammina per circa un minuto prima di iniziare gli allunghi. Il numero degli allunghi va da 3 a 10 e durano alcuni secondi.

Il riscaldamento

Il riscaldamento compiuto prima delle gare e di alcuni allenamenti ha molte funzioni e in particolare aiuta a prevenire gli infortuni, preparando l’organismo all’impegno successivo. Aumenta infatti la temperatura corporea e questo, da alcuni punti di vista è vantaggioso in quanto:

  • Fa diminuire gli attriti a livello delle articolazioni e la viscosità all’interno dei muscoli, e questo favorisce una maggior fluidità dei gesti e diminuzione del costo della corsa
  • Fa variare l’affinità tra emoglobina e ossigeno, e ciò permette un maggior rifornimento di ossigeno ai muscoli
  • Fa si che avvengano con maggior facilità alcune reazioni biochimiche che sono alla base della produzione e utilizzazione di energia da parte dei muscoli

Il riscaldamento può servire anche per migliorare la maniera di correre: i muscoli più caldi sono più facilmente estensibili e le articolazioni più mobili, rendendo la corsa più redditizia.
Quando l’allenamento è costituito da corsa non veloce o che diventa veloce dopo alcuni chilometri, non può essere fatto un vero e proprio riscaldamento, oppure può essere costituito da 10-15 minuti di corsa lenta che precede, senza interruzioni, il resto del lavoro.
Se invece l’allenamento in programma è più intenso, il riscaldamento può essere costituito da: 10-15 min di corsa lenta o anche di più se necessario; 15 min di stretching e almeno 4 allunghi di 100 metri.

Un tipo di riscaldamento pre-gara invece può essere fatto in questo modo: circa 10-15 min di corsa lenta, o anche di più se necessario; 8-15 min di ginnastica che, oltre allo stretching dei muscoli dei polpacci e della coscia, comprende anche qualche esercizio per la colonna e la mobilità delle spalle; qualche minuto ancora di corsa; alcuni allunghi(da 2 a 4) su tratti di 100-200 metri, cercando di tenere esattamente il ritmo della gara, intervallati da tratti in cui si cammina; infine ancora un po’ di corsa.

Voci glossario

Allenamento Emoglobina Fibre Frequenza cardiaca Glicogeno Lattato Mitocondri Ossigeno Sangue Soglia anaerobica Temperatura corporea Tendini