Protocollo di rieducazione funzionale post-trapianto di rene

Di Claudia Campitelli

Fondamentale è la rieducazione motoria post-trapianto di rene, poichè educa il soggetto trapiantato a cosa deve fare dopo l’intervento chirurgico per tornare a camminare e per tornare a compiere le azioni di vita quotidiana. Parole chiave: rieducazione funzionale, trapianto di rene

Quando viene eseguito un trapianto di rene, il ricevente deve attenersi a una serie di norme e di comportamenti “per la preservazione del nuovo organo”. Ora, giacché “la malattia è severa, la riabilitazione è ancora più severa e con severità bisogna affrontarla”: ecco dunque il vademecum post-trapianto per il ricevente. “Lavarsi bene a pezzi ogni giorno, lavarsi bene i denti dopo ogni pasto, avere sempre una razione doppia di farmaci di ogni tipo utilizzato, pesarsi ogni giorno, raccolta urine dalle 7 alle 7 per esame settimanale, pochissime visite, meglio non uscire nei primi giorni post-trapianto (nel caso in cui si esce, usare mascherina), fare attenzione all’alimentazione che deve essere il più salutare possibile.”1

Possono essere presenti gravi limitazioni funzionali, diverse per ogni tipologia di necessità di trapianto, elementi comuni sono:

  • L’estrema affaticabilità del soggetto, con scarsissima resistenza allo sforzo,
  • Il decondizionamento muscolare, di grado importante,
  • Sono possibili edemi declivi per insufficienza del circolo periferico.

Occorre una richiesta di visita per trattamento riabilitativo da parte del reparto di degenza, valutazione del Medico Fisiatra, presa in carico da parte del fisioterapista, progetto e programma riabilitativo, compilazione della scheda riabilitativa a disposizione dell’equipe, inserita nella cartella infermieristica del paziente. Si fa una tabella in cui vengono illustrati tutti i risultati che il paziente riesce a raggiungere durante il trattamento riabilitativo, in particolare riguardanti: mobilizzazione arti, facilitazione sensomotoria, reclutamento muscolare, posture alternate, passaggi di decubito, passaggi posturali e trasferimenti, ortostatismo, deambulazione (anche con ausilio), autonomia, esercizi respiratori, informazioni al personale di reparto, informazioni ai familiari, risoluzione aderenze. < br /> Il trattamento è mirato alla correzione degli elementi negativi di tipo posturale o funzionale connessi con l’intervento chirurgico. < br /> Lo scopo è:

  • Migliorare la meccanica respiratoria, attraverso la rimozione delle secrezioni, l’espettorazione efficace ed il miglioramento della ventilazione polmonare
  • Prevenzione della trombosi profonda post-operatoria
  • Aumento dell’attività motoria degli arti superiori ed inferiori
  • Acquisizione da parte del paziente di una certa sicurezza nelle proprie capacità ed una maggiore scioltezza movimento

Valgono le indicazioni di tipo generale con particolare attenzione alle possibili complicanze:

  • Trombosi arteriosa e/o venosa (3% circa),
  • Linfocele, raccolta di linfa nella sede dell’organo, che necessita di drenaggio esterno per evitare la compressione dei vasi del rene o l’uretere.

Durante il primo mese dal trapianto è consigliabile richiedere al paziente l’attivazione di un arto superiore per volta, evitando movimenti di apertura delle braccia contemporanee contro gravità, richiedendo al paziente di segnalare ogni problema e riferirlo prontamente. È altresì necessario che il paziente comprenda l’importanza del potenziamento del cingolo superiore per il suo recupero, secondo i tempi ed i modi indicati dal fisioterapista.

Dopo 8 settimane dal trapianto sarà possibile inserire esercizi di rinforzo muscolare con sovraccarico di 0.5, 1 Kg per arto superiore. Fino a 6 mesi dal trapianto è sconsigliabile portare pesi (confezioni d’acqua minerale, borse della spesa, ecc.).

La ginnastica vertebrale è molto utile per il corretto ri-allineamento del tronco. Favorisce il potenziamento della muscolatura dorsale ed addominale, permette una ri-acquisizione del corretto schema corporeo. In fase di ricovero è utile per controllare le contratture muscolari provocate dalla postura mantenuta sul lettino operatorio e durante il ricovero in Terapia Intensiva.

Gli esercizi in posizione prona e in posizione quadrupedica sono consigliati quando non esistano rischi di consolidamento della sutura sternale, mediamente dopo 6/8 settimane, sono raccomandati per il potenziamento della muscolatura del tronco posteriore.

Chi ha subìto un trapianto può andare incontro a debolezza muscolare dopo l’intervento a causa della prolungata permanenza a letto e alla perdita di tono muscolare. L’esperienza ha dimostrato che l’esercizio e un adeguata alimentazione risultano più efficaci che non il riposo per il ritorno alle condizioni normali di tutti i pazienti. La terapia fisica dopo l’intervento aiuta i trapiantati a recuperare energia attraverso un progressivo incremento delle attività. Il trapianto renale costituisce la cura migliore per l’insufficienza renale, ma se il paziente soffre di un affaticamento derivante da altre cause mediche (esempio un problema cardiologico), non avrà verosimilmente giovamento dalla sensazione di astenia muscolare o stanchezza.

Inizialmente il miglior esercizio è camminare. Sarà possibile anche svolgere lavori domestici non gravosi, ma per almeno due mesi dopo il trapianto dovranno essere evitate con cura tutte le attività che comportino il sollevamento di carichi pesanti.

Ogni regolare programma di esercizi offre molti benefici compreso la prevenzione dell’aumento del peso corporeo, il miglioramento delle funzioni cardiocircolatorie e la riduzione dello stress. Per i primi sei mesi successivi al trapianto è bene evitare attività che comportino un notevole sforzo fisico, come pure i programmi di esercizi muscolari particolarmente intensi.

L’opportunità di dare inizio a uno di questi programmi andrà discussa individualmente con il medico del centro.
Le attività sportive consigliate sono: passeggiata, corsa leggera, ciclismo, nuoto. Non sono inoltre sconsigliate: pallavolo, tennis, attività subacquea e alpinismo su media quota senza eccessivo sforzo fisico.

In caso di ipertensione arteriosa meglio evitare sport che aumentano notevolmente i livelli pressori come sollevamento pesi o alpinismo d’alta quota.
Sconsigliati gli sport di contatto come: calcio, pugilato, arti marziali, motociclismo e tuffi che potrebbero causare danni al rene trapiantato.
L’attività sportiva comporta una perdita di acqua e sali attraverso la respirazione. È necessario pertanto reintegrare le perdite idriche fin dall’inizio dell’attività.

Esercizio fisico come prevenzione delle malattie dismetaboliche

I pazienti sottoposti a trapianto di organo solido costituiscono una popolazione ad alto rischio di dismetabolismo (eccesso di peso, diabete, dislipidemia) e malattie cardiache. I tassi di mortalità per malattie cardiovascolari sono significativamente più alti nei pazienti sottoposti a trapianto che non tra la popolazione generale.2 Uno dei principali meccanismi fisiopatologici alla base di queste alterazioni è la riduzione della sensibilità periferica all’insulina con successivo sviluppo di iperinsulinismo. Nella popolazione generale questo quadro clinico corrisponde a stili di vita sedentari o a malattie croniche che riducono la mobilità fisica. Nei pazienti con malattie croniche così come in coloro che necessitano di trapianto, l’atrofia muscolare si presenta come una costante caratteristica. Tra l’altro, l’atrofia muscolare costituisce un riconosciuto fattore predittivo di mortalità nei pazienti in dialisi. Questa popolazione mostra una progressiva riduzione della massa magra con una degradazione delle proteine nel metabolismo cellulare del muscolo scheletrico.

Tale quadro può peggiorare durante la fase post-trapianto, per via della necessaria terapia immunosoppressiva (steroidi, inibitori della calcineurina, mTORs) che contribuisce a un’ulteriore riduzione dell’anabolismo muscolare, con ripercussioni negative sul metabolismo. Dunque, cosa fare? Indubbiamente l’esercizio fisico aiuta a regolare la funzione endoteliale tramite stimoli meccanici (allungamento muscolo scheletrici, variazioni di resistenza meccanica, modifiche della pressione arteriosa transmurale). Ma il ruolo dell’esercizio fisico è stato finora ampiamente sottovalutato, sia per la scarsa attenzione al tema da parte delle diverse figure professionali che gestiscono i pazienti trapiantati, sia per i timori infondati dei pazienti e dei loro familiari.

L’attenzione data a questo tema da parte dei clinici è stata, finora, marginale. Anche se le principali linee guida sottolineano l’importanza degli stili di vita nei pazienti sottoposti a trapianto di organo solido, la maggior parte della letteratura scientifica sull’esercizio fisico in questa popolazione di pazienti è caratterizzata dalla mancanza di trial che coinvolgano casistiche di grandi dimensioni. Fortunatamente, negli ultimi anni si è assistito a uno sviluppo di studi clinici, supportati da prove fisiopatologiche, che confermano come il regolare esercizio fisico costituisca un importante dispositivo di prevenzione anche nel paziente trapiantato, procurando un benessere soggettivo e una riduzione nell’incidenza di alterazioni metaboliche.

Un più recente studio prospettico che coinvolge 540 pazienti trapiantati di rene con un follow-up medio di 5,3 anni mette in evidenza come bassi livelli di attività fisica siano collegati a un aumentato rischio di mortalità in generale e di morte per malattie cardiache in particolare. Quindi, la prevenzione delle malattie cardiovascolari rimane un caposaldo del processo di cura che si può fronteggiare con successo ottimizzando lo stile di vita.

La corrispondenza diretta tra capacità aerobica e speranza di vita, sia nella popolazione generale sia nei pazienti con comorbilità cardiovascolari, è nota da tempo. Oggi sappiamo anche che ci sono interrelazioni interessanti tra massa muscolare e tessuto adiposo, con importanti ripercussioni sul metabolismo lipidico e glucidico. Pertanto, anche se l’esercizio fisico non deve essere visto come una panacea per ogni malattia cronica nei pazienti in attesa di uno o più trapianti, questo approccio allo sport si pone come una vera e propria opzione terapeutica che ha positive ripercussioni anche sui risultati post-trapianto. Le più recenti raccomandazioni della letteratura scientifica chiedono infatti ai medici del settore trapiantologico di essere maggiormente consapevoli sulla necessità di ridurre il fattore di rischio della “sedentarietà” .

È dunque necessario sviluppare programmi di ricerca in grado di superare le “perplessità” di pazienti e medici sugli atteggiamenti di eccessiva protezione per quanto riguarda l’esercizio fisico e la pratica dello sport. Uno stile di vita sano, contraddistinto da attività fisica moderata (almeno mezz'ora al giorno di cammino), adeguate quantità di liquidi e una dieta equilibrata è importante per il buon funzionamento del rene trapiantato quanto la terapia farmacologica stessa. È bene evitare misure drastiche, che risulterebbero anzi dannose per il rene e l'organismo nella sua globalità, rivolgendosi in caso di dubbi o difficoltà al medico, per personalizzare dieta e attività fisica tenendo in considerazione necessità e caratteristiche individuali.

Indispensabile è l’aderenza alla terapia prescritta, da assumere agli orari stabiliti e nelle modalità indicate dal nefrologo, che dovrà essere informato di sospetti effetti collaterali per poter intervenire efficacemente nel modulare la terapia in atto.

Il paziente deve evitare di assumere farmaci o integratori non prescritti dal medico in considerazione delle numerose interazioni e dei potenziali effetti collaterali di ogni farmaco. Un aspetto fondamentale del trapianto è la terapia immunosoppressiva.

Un lavoro italiano, attraverso lo studio della funzione renale in un gruppo di pazienti trapiantati (di rene e di fegato) coinvolti in una lunga gara di ciclismo su strada, dimostra che questi pazienti possono partecipare a gare ciclistiche di resistenza con prestazioni paragonabili a quelle di ciclisti amatoriali non trapiantati e senza alcuna conseguenza per il trapianto. I pazienti in questione sono stati valutati durante e dopo la “Nove Colli” , una gara di ciclismo su strada a lunga percorrenza che si svolge in Romagna, con griglia di partenza e traguardo posti a livello del mare (Cesenatico).

È uno degli eventi più prestigiosi di questo tipo e probabilmente uno dei più noti non solo in Italia. La gara è aperta anche a ciclisti dilettanti purché muniti di certificato medico di idoneità alle competizioni di ciclismo su strada. Il numero massimo di partecipanti è di 12.000 divisi in 7 griglie di partenza ad intervalli di 3 minuti l’una dall’altra. Prima di iniziare, i partecipanti possono scegliere tra un percorso breve (130 km) e un percorso lungo (200 km). I pazienti trapiantati hanno scelto il percorso breve, come il 63% del resto dei partecipanti. Tale percorso si snoda su 130 km, con 4 colli da scalare e un continuo sali-scendi per complessivi 50 km in salita, 46 in discesa e 34 in pianura da percorrere in un tempo massimo di circa 7 ore e mezzo. I ciclisti portatori di trapianto sono stati 18 (10 trapiantati di rene e 8 di fegato) e tutti hanno completato il percorso senza eventi avversi. Ovviamente, nessuno di questi pazienti aveva controindicazioni cliniche alla partecipazione a gare ciclistiche su strada. Lo studio, naturalmente, riporta informazioni dettagliate sulle caratteristiche dei partecipanti e sui parametri valutati, in ogni caso dopo la gara, i pazienti trapiantati hanno mostrato modifiche transitorie della funzione renale simili a quelle dei ciclisti amatoriali sani nonostante alcune differenze legate alle loro condizioni cliniche di base e alle terapie farmacologiche. Allo stato attuale i risultati di questo studio, i cui limiti sono rappresentati solo dal piccolo campione di partecipanti e dunque non può essere considerato rappresentativo dell’intera popolazione sottoposta a trapianto, indicano che i pazienti trapiantati possono essere coinvolti in attività sportive e persino in gare di resistenza, senza effetti negativi, ovviamente con adeguati monitoraggio e formazione clinica. Con questi accorgimenti è possibile che gli effetti positivi a lungo termine superino i potenziali rischi di modifiche temporali di alcuni parametri di funzionamento dell’organo: l’esercizio fisico può costituire una forma di terapia capace di restituire a questi pazienti una percezione di notevole benessere fisico e psicologico e di bisogni emotivi, permettendo loro di raggiungere un livello di qualità della vita simile a quello della popolazione generale.

La sedentarietà nei pazienti con trapianto di rene

Nei pazienti con trapianto del rene, l’elevata incidenza di una patologia cardiovascolare (38% delle cause di morte) risulta multifattoriale; ai classici fattori di rischio si aggiungono quelli legati alla storia nefrologica e dialitica (insufficienza renale, durata del periodo di dialisi) e gli effetti collaterali della terapia immunosoppressiva (alterazioni metaboliche) (Tab. I).

L’obesità, la dislipidemia e il diabete costituiscono fattori di rischio sia per patologie cardiovascolari che per la disfunzione cronica del trapianto. L’incremento ponderale post-trapianto, favorito dalla ridotta attività fisica, si associa a un’aumentata resistenza insulinica a livello periferico ed epatico. L’incidenza del diabete nel primo anno post-trapianto si situa intorno al 15%. La sindrome metabolica costituisce un “comune evento epidemiologico” con un’incidenza che arriva fino al 63% dopo 6 anni dal trapianto. Nel paziente con un trapianto renale è presente uno stato infiammatorio, che si protrae dal periodo del trattamento dialitico e a cui contribuisce la sedentarietà.

Le alterazioni muscolari (decremento del volume miofibrillare e aumento del contenuto lipidico e della densità dei mitocondri subsarcolemmali), tendono a permanere dopo il trapianto, se non adeguatamente controbilanciate da programmi di riabilitazione. Dati della letteratura evidenziano uno shift da fibre ossidative aerobiche a fibre glicolitiche anaerobiche con un incremento relativo delle fibre di tipo II, analogamente a quanto osservato in condizioni di inattività nella popolazione generale. La terapia steroidea presenta un’azione inibitoria sugli enzimi glicolitici (riduzione della disponibilità di glucosio per il metabolismo anaerobico) e facilita alterazioni funzionali dei citocromi mitocondriali (riduzione della capacità ossidativa muscolare, precoce attivazione del metabolismo anaerobico). Le alterazioni delle cellule muscolari possono essere correlate anche con altre terapie immunosoppressive (inibitori delle calcineurine, mTOR) attraverso diversi meccanismi a livello delle cellule muscolari; alterazioni di tipo neuropatico possono contribuire alla persistenza della miopatia.

Nella popolazione generale, molte delle alterazioni metaboliche possono essere corrette da programmi di esercizio fisico; non risulta metodologicamente corretta l’automatica trasferibilità degli effetti positivi dell’attività fisica ai pazienti con un trapianto, che costituiscono una coorte con caratteristiche peculiari (calcificazioni vascolari, metabolismo calcio/fosforo, anni di dialisi, terapia immunosoppressiva), come recentemente sottolineato da Sharif.3

Nella pratica clinica, indipendentemente dagli aspetti fisiopatologici, resta indispensabile, fin dalle prime fasi dell’insufficienza renale, la gestione ottimale di tutti quei fattori di rischio potenzialmente modificabili (fumo, sedentarietà, sovrappeso, ipertensione arteriosa, alterazioni metaboliche); in analogia con altre categorie di pazienti con comorbidità cardiovascolare, sono possibili delle correzioni dei fattori di rischio mediante dei cambiamenti dello stile di vita. Le difficoltà per una diffusione dell’attività fisica sono molteplici (timore di danneggiare l’organo trapiantato, atteggiamento di iperprotezione da parte della famiglia); da parte del personale sanitario si registrano remore a proporre lo svolgimento di un’attività fisica in base alla radicata convinzione che questa costituisca un aspetto marginale e rischioso nel follow-up del paziente trapiantato. Al momento, i pazienti impegnati in attività fisiche o sportive lo fanno per motivazioni personali e, per la maggior parte, rientrano in una categoria con una migliore gestione complessiva del proprio stato di salute.

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