Allergie e intolleranze alimentari: tra moda (marketing) e realtà

Di Pierluigi De Pascalis

Quasi ogni persona crede di avere una intolleranza alimentare, e la moda dei cibi senza glutine, senza lattosio, senza tutto, alimentano un business milionario in assenza di una reale necessità

Premessa

Il business dei cibi senza glutine, senza lattosio, “senza tutto” non ha mai conosciuto un momento roseo come quello degli ultimi anni. Le intolleranze alimentari si sono trasformate da un problema che caratterizza una piccolissima parte della popolazione, ad una moda collettiva.
Le ragioni alla base di questa tendenza sono molteplici, spesso la ricerca di un alibi per il proprio sovrappeso “non mangio troppo, sono intollerante”, altre volte una forma più o meno acuta di ortoressia col bisogno di classificare i cibi come i compagni delle elementari alla lavagna “questi sono i buoni, questi i cattivi”, altre ancora nel tentativo di seguire mode e modelli "radical-chic", molto più spesso una radicata ignoranza per effetto della quale si segue ogni cosa faccia tendenza.
Mentre la scienza è ancora alle prese con le modalità di classificazione di allergie e intolleranze alimentari, sedicenti esperti (talvolta anche titolati) vendono test per le intolleranze come novelli cartomanti, peraltro con lo stesso grado di affidabilità.
Iniziamo col fare un po’ di chiarezza, distinguendo cosa è e come si manifesta una intolleranza alimentare o una allergia, e quali sono le differenze che le caratterizzano.

L’apparato digerente: il più grande organo immunitario del corpo

L’apparato digerente è un complesso sistema fondamentalmente deputato al processo di assunzione, riduzione e assimilazione delle sostanze nutritive oltre che incaricato della eliminazione delle scorie. Proprio questa sua caratteristica lo mette costantemente in rapporto con una serie infinita di alimenti e della naturale popolazione batterica che li accompagna, ma anche dei contaminanti che possono essere in essi contenuti in misura variabile.

Man mano che il cibo procede nel suo percorso occorre costantemente monitorare se ogni singolo elemento introdotto ha caratteristiche positive per l’organismo o se invece rischia di esporre ad una serie di rischi anche particolarmente gravi, in modo diretto (per via della sua composizione) o in modo indiretto per via di contaminanti, inclusi i batteri.

A questo punto occorre fare un piccolo passo indietro utile a comprendere meglio il ruolo del tratto gastrointestinale sotto il profilo immunitario. Questa area del corpo rappresenta uno dei sistemi immunitari regionali del corpo. Si tratta di aree anatomiche con funzioni specializzate tipiche dei principali siti di ingresso corporei (altri analoghi sistemi immunitari regionali sono quello broncopolmonare e genitouinario).

I sistemi immunitari regionali hanno una grande analogia anatomica, sono infatti rappresentati da una prima barriera epiteliale esterna, da uno strato sottostante ricco di cellule necessarie alla risposta immunitaria, e linfonodi che possono attivare e amplificare tale risposta.
Il tratto gastrointestinale di questo sistema, e il tessuto linfoide associato, prende il nome di GALT e contiene tipi cellulari differenti per tipo e concentrazione rispetto a quelli di altri siti immunitari regionali del corpo (genericamente definiti MALT con riferimento al tessuto linfoide).

Proprio al GALT spetta il compito di determinare quali elementi rappresentano un pericolo per l'organismo attivando la risposta immunitaria, e quali invece sono da considerare innocui e quindi da tollerare. Questo meccanismo propriamente definito di tolleranza evita l'innesco della risposta, ed è evidente che in nessuna altra parte del corpo tale meccanismo necessiti di elevatissimi livelli di precisione ed efficienza. Occorre infatti evitare costantemente che vi siano reazioni agli alimenti e ai batteri commensali, viceversa si innescherebbe (tra l'altro) un processo infiammatorio capace di compromettere la barriera della mucosa intestinale consentendo l'ingresso in circolo anche di batteri che, all'interno del lume intestinale sono utili, ma posso risultare estremamente dannosi entrando in circolo.

Una ipersensibilità del sistema di esclusione dei prodotti innocui, ovvero un deficit nella tolleranza, determina una allergia alimentare meccanismo ben diverso nelle cause, nelle reazioni e nei tempi di risposta rispetto alle intolleranze alimentari.
In entrambi i casi, allergia e intolleranza, si tratta di reazioni avverse al cibo ma non causate da agenti tossici, come ad esempio la presenza di virus o batteri, agenti chimici migrati nel corso della lavorazione o dell'imballaggio dell'alimento stesso, ecc. ma indotte da componenti proprie dell'alimento introdotto.

Le allergie alimentari

Le allergie alimentari sono riconducibili sempre ad una risposta da parte del sistema immunitario che classifica come elementi dannosi prodotti che evidentemente non lo sono affatto, e risponde alla loro introduzione in modo più o meno marcato e grave. La caratteristica delle allergie alimentari è una risposta anche estremamente grave, che può portare allo shock anafilattico e quindi a rischio di morte, una grande rapidità nella comparsa dei sintomi, e una manifestazione anche per piccolissime quantità di alimento ingerito.
La maggior parte degli allergeni alimentari (sostanze normalmente innocue ma che provocano reazioni avverse nei soggetti allergici) sono rappresentati da glicoproteine solubili in acqua e che dimostrano una certa stabilità sia al calore che agli ambienti acidi. Pur con le dovute eccezioni, un altro elemento comune è una grande presenza in termini percentuali dell'allergene rispetto alla composizione totale dell'alimento.

Le cause principali di questo tipo di reazioni, sono da ricondurre a elementi genetici e ambientali del singolo soggetto che ne è affetto.

È possibile individuare molteplici tipi di allergie alimentari la cui diffusione, come anticipato, è connessa anche con gli stili alimentari della popolazione in esame. Sono certamente note e diffuse le allergie al latte vaccino, alle uova, a pesce e crostacei, alle arachidi, alla frutta a guscio, passando per numerose spezie.

La celiachia

la celiachia

Una delle allergie più conosciute, non sotto il profilo fisiopatologico caratterizzante, ma certamente marketing-modaiolo è la celiachia o malattia celiaca. Anzi sarebbe più opportuno dire che ad essere nota non è la celiachia, ma i cibi gluten-free (ovvero senza glutine) appositamente studiati per chi ne è affetto ma che sulla cresta di una pura tendenza di costume, hanno avuto un significativo incremento nelle vendite in assenza di un reciproco e proporzionale aumento dei casi di celiachia che è mediamente pari all'1% della popolazione.

La celiachia è una malattia cronica infiammatoria, si tratta di una malattia allergica autoimmune provocata da una risposta di ipersensibilità al glutine (che contiene gliadina), proteina di cui sono ricchi i cereali e in particolare il frumento, l'orzo, l'avena e la segale (ne sono privi il riso, il mais, la quinoa, il grano saraceno), ed essendo utilizzato come addensante è presente anche in numerosi altri alimenti di derivazione industriale e in prodotti derivati dai cereali in questione, compresa ad esempio la birra.

La celiachia provoca atrofia dei villi intestinali e iperplasia delle cripte nell'area prossimale del piccolo intestino, è una malattia i cui sintomi di norma regrediscono eliminando il glutine dalla propria alimentazione.
Il fattore genetico è l'elemento prioritario nella comparsa della celiachia e può essere talvolta associato ad altre malattie di tipo autoimmune. Può presentarsi in

  • Forma sintomatica, con la presenza di ripercussioni gastrointestinali (diarrea, sindrome da malassorbimento ecc.)
  • Forma asintomatica
  • Forma resistente, in cui malgrado la rimozione del glutine dalla dieta i sintomi gastrointestinali e l'atrofia dei villi permane
  • Forma silente, in cui l'individuo è apparentemente non affetto dal problema

L'introduzione di cibi privi di glutine in soggetti non celiaci è priva di fondamento, ed è proprio l'Association of European Coeliac Societies a segnalarlo, diversi studi del resto confermano come in molti cibi gluten free si riscontra una concentrazione anche doppia di grassi rispetto agli analoghi prodotti "normali" associando contestualmente una drastica riduzione del contenuto proteico, con l'evidente rischio di un incremento di peso e di tutti i fattori ad esso correlati.
In linea generale i prodotti da forno risultano essere carenti in termini di micronutrienti e con una maggiore quota di zuccheri semplici.

L'introduzione di cibi privi di glutine in soggetti non celiaci è priva di fondamento, ed è proprio l'Association of European Coeliac Societies a segnalarlo

Altri studi, in questo caso pubblicati sul British Medical Journal1 hanno riscontrato una maggiore incidenza di rischi cardiovascolari derivanti da una alimentazione con cibi senza glutine proprio come conseguenza di un impoverimento nutrizionale dell'alimento, accettabile e inevitabile per chi è affetto da celiachia ma certamente non necessario in chi non manifesta tale problema.

A questo punto occorre fare delle doverose precisazioni, il fatto che l'accesso prettamente modaiolo ai cibi gluten free non produca alcun vantaggio ai non celiaci, non è da intendersi con l'idea che massive introduzioni di alimenti che contengono glutine siano prive di problemi e quindi vadano incoraggiate in modo incondizionato.
Lunghe e considerevoli esposizioni infatti possono dar luogo a situazioni altrettanto avverse, incluso lo sviluppo di patologie anche gravi connesse ad una sensibilizzazione immunitaria rispetto a peptidi diversi dalla gliadina ma ad essa simili (epitope spreading), da cui può originare artrite reumatoide, diabete di tipo I e perfino una condizione predisponente la sclerosi multipla.
Pertanto un discorso è ridurre in senso generale il glutine introdotto riconsiderando integralmente la propria alimentazione, discorso ben diverso è farlo attraverso cibi gluten free convinti che possiedano specifiche e non meglio note virtù delle quali beneficiare. In altri termini, per dirla con le parole del dott. Piretta (medico nutrizionista della SISA, specialista in gastroenterologia ed endoscopia):

Sulla base delle attuali conoscenze scientifiche non è assolutamente consigliabile una dieta senza glutine nei soggetti che non siano celiaci o che non abbiano una condizione di ipersensibilità al glutine2

Allo stesso modo ridurre ed eliminare non sono sinonimi e quindi non producono i medesimi effetti, l'eliminazione totale gestita in autonomia secondo il più classico dei fai da te, senza supporto medico e senza una reale ragion d'essere può potenzialmente esporre a una serie di ripercussioni anche gravi.

Le intolleranze alimentari

Al pari delle allergie, le intolleranze alimentari sono sempre reazioni avverse ad un alimento, ma non chiamano in causa il sistema immunitario. A scatenare la reazione, che in genere causa disturbi meno gravi, con tempi di latenza maggiori tra l'introduzione e la risposta (sino a 72 ore dopo), e la cui entità è normalmente dipendente dalla quota di alimento introdotto possono essere cause differenti:

  1. Deficit enzimatico, generalmente di natura congenita (es.: intolleranza al lattosio - maggiori dettagli a questo link
  2. Attività farmacologica (elementi contenuti nel cibo con azione farmacologica, es.: istamina nei formaggi o nel pesce, metilxantine nel caffè, ecc.)
  3. Indefinita, generalmente causata da additivi alimentari (che possono comunque sfociare in situazioni specifiche verso una allergia)
A dispetto della frequenza con la quale le persone asseriscono di essere intolleranti ad un alimento, la quota percentuale di individui con una reale intolleranza ha una prevalenza inferiore al 2,5%, quota che include anche tutti i soggetti allergici e che pertanto può essere stimata come significativamente inferiore al 2,5%.

Le intolleranze enzimatiche sopra citate sono caratterizzate da una incapacità per il soggetto che ne è affetto di metabolizzare alcune sostanze a causa di un difetto enzimatico.
L'intolleranza al lattosio ad esempio è una delle più diffuse e scaturisce dall'incapacità di scindere (idrolizzare) lo zucchero del latte nei 2 monosaccaridi ci cui è composto: galattosio e glucosio, a causa di un deficit della lattasi. Questo provoca un ingresso imprevisto del disaccaride a livello del colon, la conseguente stimolazione della flora batterica e quindi di fenomeni di fermentazione da cui originano gli effetti avversi che coinvolgono proprio l'ambiente gastrico (gonfiore, diarrea ecc.).
Le intolleranze alimentari da deficit enzimatico possono avere anche effetti ben più gravi, come nel caso della iperfenilalaninemia che impedisce il fisiologico processo di conversione della fenilalanina in tirosina da parte dell'enzima fenilalanina-idrossilasi con danni gravissimi e irreversibili al sistema nervoso.

Le intolleranze farmacologiche coinvolgono individui che hanno una elevata sensibilità a sostanze che possono trovarsi naturalmente o accidentalmente nei cibi e che hanno azioni e meccanismi di tipo farmacologico. Ad esempio alcuni pesci hanno una marcata presenza di istidina, altri alimenti come i formaggi possono presentare significative concentrazioni di istamina o di tiramina, si tratta di amine vasoattive che possono scatenare fenomeni di ipertensione, ipotensione e altri disturbi. Ma anche altre molecole che hanno effetti sostenuti da meccanismi di tipo farmacologico.

In altri casi ancora quello che può verificarsi è una sindrome pseudo-allergica, che quindi mostra sintomi affini a quelli scatenati da una allergia ma che è sostenuta da elementi di natura differente. Ad esempio l'istamina o le altre amine vasoattive sono normalmente inattivate dalle DAO e dalle MAO (diaminoossidasi e monoaminoossidasi) anche quando presenti in quantità considerevoli negli alimenti, senza arrecare alcun sintomo. Tuttavia se questi alimenti vengono assunti in concomitanza con farmaci che inibiscono il ruolo delle DAO e delle MAO (es.: antidepressivi, alcuni antibiotici ecc.) o anche in concomitanza con elevati quantitativi di alcol, il meccanismo di smaltimento è compromesso e si palesano i sintomi già descritti e scatenati da istamina o altri mediatori.

Conclusioni

In conclusione allergie e intolleranze hanno quadri sintomatologici, cause scatenanti e modalità diagnostiche ben precise e talvolta complesse. Associare il proprio sovrappeso ad una intolleranza, magari diagnosticata con metodi da alchimista (boccette tenute in mano, dita martellate, ecc.), e ritenerla una diagnosi corretta perché l'eliminazione massiva di alimenti determina una temporanea perdita di peso, è una semplificazione perlomeno ingenua, certamente costosa e potenzialmente pericolosa. Utilizzare cibi speciali per persone affette da reali intolleranze aspettandosi ipotetici vantaggi è invece perlomeno sciocco.

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