La rivoluzione posturale

Di Fabio Marino

Molto spesso i professionisti del campo medico-sanitario tendono a curare il sintomo del paziente, senza andare alla ricerca delle cause. L'approccio posturale si concentra alla complessità e alla globalità della persona #medicina

Nel vasto campo delle scienze mediche, riabilitative e rieducative, da qualche anno ha fatto prepotentemente ingresso la posturologia che sta modificando drasticamente l'approccio alla cura e alla visione del paziente.

Con il metodo posturale si passa da una concezione del corpo visto prettamente in ambito settoriale, per cui si cerca la causa laddove si manifesta il sintomo, ad una concezione globale laddove il sintomo rappresenta solo un imperfetto adattamento, uno squilibrio da ricercare in un più complesso sistema che è quello tonico posturale.

Da sempre si è stati abituati, con la complicità anche di molti medici e professionisti sanitari, a ricercare la cura facile ai dolori, quella del tutto e subito. Letteralmente si "combatte" contro il dolore, per cercare il farmaco, il massaggio, la terapia che il prima possibile lo faccia sparire. Se ho un dolore alla cervicale o alla spalla o lombare non c'è problema, prenderò un antinfiammatorio oppure andrò a farmi massaggiare, male che vada farò un'infiltrazione. Questo è il metodo che per anni ha segnato le cure di moltissimi pazienti che di questo approccio ormai hanno una vera e proprio cultura. A dolore segue immediata risposta, in un circolo vizioso continuo che il più delle volte esaspera il paziente e lo rende "schiavo" della sua cura. Il paziente è ormai talmente abituato a questa metodica che l'ha fatta sua, ne è diventato "padrone", per cui per curarsi non chiede più neanche al medico ma fa da solo, ritenendo ormai di conoscere perfettamente ciò di cui ha bisogno: non solo, è tenuto a pensare che questa sua "pseudo-conoscenza", la sua stessa cura sia ugualmente efficace anche per altri che manifestano i suoi stessi sintomi.

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Il paziente è diventato dunque onnisciente, si sostituisce al medico ritenendo di conoscere il proprio corpo e quindi di sapere, per una forma di abitudine, la migliore cura di cui ha bisogno al manifestarsi del sintomo, l'utilizzo della migliore "arma" per combattere il proprio dolore. L'unica conseguenza diretta di un approccio simile, della lotta continua al dolore, è la cronicizzazione dello stesso.

Se dunque la lotta diretta al dolore non porta a nulla di buono, il metodo posturale mira invece a "sentire" il dolore, comprenderlo, farselo in un certo senso buon amico. Perché che cos'è il dolore se non un segnale d'allarme, una manifestazione, un messaggio che il nostro stesso corpo ci invia e che mira ad avvertirci che qualcosa non va e ci invita a cercare le cause che l'hanno determinato? Ecco, applicare il metodo sintomo=cura che abbiamo precedentemente descritto significa fare carta straccia del messaggio inviatoci dal nostro corpo. E dire che il nostro corpo parla, comunica continuamente e non solo per mezzo della bocca ma molto spesso siamo troppo pigri per ascoltarlo. Imparare ad ascoltare il proprio corpo rappresenta il primo passo per interrompere il circolo vizioso che, se perdurerà, porterà alla deformazione, infiammazione del tessuto e cronicizzazione del dolore. È questo l'approccio che si propone in posturologia: una visione globale che mira alla ricerca delle cause che hanno portato al dolore o alla deformazione, per ottenere la migliore forma di adattamento posturale possibile del soggetto in rapporto all'ambiente.

Il dolore, la contrattura, l'alterazione della forma, rappresentano soltanto il prodotto finale, l'output che si manifesta a livello muscolare, articolare e scheletrico. La postura ha in sé un complesso sistema afferenziale-recettoriale di input (vedi anche I recettori del sistema tonico posturale dello stesso autore), che informa istante per istante il sistema nervoso centrale sulla posizione del corpo nello spazio e che è in grado di determinare e indurre una risposta posturale specifica che si manifesta nel "prodotto finale" delle catene muscolari e che di conseguenza determina anche l'equilibrio osteo-articolare. Quando si riscontra una condizione di squilibrio muscolare, dobbiamo sapere che questa può essere data da una risposta dell'organismo a un'informazione alterata in entrata. Cercare dunque di curare il "prodotto finale" senza passare dall'entrata, ossia dal possibile squilibrio recettoriale, non permetterà di ottenere risultati duraturi nel tempo. Si introduce il concetto di interrelazione recettoriale, nella consapevolezza che uno squilibrio di un determinato recettore posturale (occhio, piede, orecchio interno, ecc.) possa per via riflessa determinare un cattivo adattamento anche su un recettore lontano. È così che l'approccio posturale deve rivolgersi alla complessità e alla globalità della persona.

La posturologia è in questi termini "di tutti e di nessuno". Dall'ortopedico al medico sportivo, dal fisioterapista al podologo fino al dentista e al laureato in scienze motorie, tutte queste figure potrebbero, anzi dovrebbero, occuparsi di posturologia, consapevoli tuttavia dei propri limiti di intervento. Proprio perché in questo ambito l'intervento deve essere fortemente individualizzato sul paziente è necessario che ogni professionista acquisisca il concetto di lavoro in equipe e multidisciplinarietà. Il paziente posturale non deve essere a priori di nessuno, ma solo dopo un'attenta analisi e valutazione si può capire a chi indirizzarlo per il trattamento più opportuno, nel rispetto delle sue specifiche e peculiari individualità. Non è la posturologia a doversi adattare alla disciplina specifica quanto invece il sapere specifico aprirsi alla posturologia.

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