Il salto è l'elemento tecnico più appariscente e affascinante di tutti i tipi di danza in quanto cerca di vincere la forza di gravità. Lo studio del salto può essere scomposto sotto vari aspetti: tecnica, postura e metodologia, studio quantitativo e qualitativo dell'altezza del salto, dispendio energetico, fattori ambientali (come i fattori di rischio per l'esecuzione), studio delle patologie correlate… Un bel salto dal punto di vista artistico sarà sicuramente anche un salto tecnicamente corretto. Il salto, nel balletto, è caratterizzato da un complesso insieme di regole che fanno di questo virtuosismo un passo molto difficile. È indispensabile un ferreo controllo della postura del corpo sia in attitudine di volo che durante l'arrivo e la partenza di ogni salto, si deve prestare attenzione al mantenimento dell'en dehors degli arti inferiori in tutte e tre le fasi ed è obbligatorio stendere bene i piedi e far si che il salto prenda l'impulso proprio da questi; il tutto a ritmo e in comune accordo con espressività e interpretazione della musica. Far conciliare la naturale attitudine al salto di un bambino e la disciplina dettata dalla tecnica non è facile e spesso si rischia di compromettere l'una a scapito dell'altra.
Per saltare è necessario sollevare quanto più possibile il baricentro da terra mantenendo il corretto allineamento di tutti i segmenti del corpo nelle fasi di stacco, volo e atterraggio, coordinare la respirazione ai movimenti e attivare la muscolatura nella giusta sequenza: rilassare certi distretti muscolari per attivarne altri in un lavoro del tutto sinergico.
Allungamento e accorciamento del muscolo e del tendine devono esserealternati e coordinati. Decisive sono la preparazione e la partenza dai qualidipende l'esecuzione del salto. Non vi devono essere tensioni eccessive nellafase di caricamento: i glutei si devono rilassare al contrario del tonicopavimento pelvico, in modo da poter piegare quanto più possibile le gambe.Se si contraggono i glutei durante il plié, non è possibile piegare le gambe. Ilplié deve fungere da "molla". L'indicazione è quella di immaginare diallontanare gli ischi mentre si scende e di avvicinarli mentre si sale (questonon significa perdere il controllo della zona lombare del rachide). Propri dellatecnica maschile, i salti possono essere eseguiti partendo in appoggio su uno odue arti e atterrando a sua volta su due o su di un piede. Quest'ultimo,interamente poggiato sul pavimento, deve funzionare come una molla eammortizzare attraverso la rullata della pianta, partenze e atterraggi.L'appoggio del piede a terra è determinante per la buona riuscita di un salto.
Ogni salto nasce da un plié e atterra in un plié su uno o due arti. I talloni devono sempre poggiare a terra anche se i salti si ripetono in serie. Va da sé che l'atterraggio a tutta pianta, allungando i tempi di contatto a terra del piede con il suolo, limita la risposta elastico-reattiva della contrazione pliometrica del salto.
In ogni modo, i professionisti, nelle sequenze di salti dei piccoli allegri e nelle preparazioni ai grandi salti, cercano comunque di esaltare una risposta muscolare pliometrica. Il fatto stesso che al cicloergometro, nel test di Wingate, i ballerini facciano risultati mediocri, è una dimostrazione indiretta dell'uso (sebbene ridotto) delle componenti elastiche e miotatiche in alcuni gesti.
Durante la fase in cui il muscolo compie un lavoro negativo, vale a dire una contrazione eccentrica, avviene un accumulo di energia potenziale di deformazione elastica, la quale, dopo il passaggio da regime di cedimento a quello di superamento, durante una brevissima contrazione isometrica, può trasformarsi in energia cinetica. Così, un muscolo sviluppa la forza in modo differente se viene direttamente accorciato dalla contrazione o viene preventivamente stirato da un lavoro negativo.
"Stai dritto verso il basso" vuol dire stare su entrambi i piedi con stabilità e rilassamento. Il corpo umano realizza questa condizione allineando le sue tremasse principali: testa, torso e fianchi, lungo un immaginario asse di gravitàche scorre verticalmente attraverso tutto lo scheletro partendo dalla testa ecadendo al centro del poligono di appoggio all'altezza degli archi plantari. Ilpeso è dunque scaricato a terra e il corpo è libero di muoversi. Questo è unaltro metodo per affrontare l'insegnamento del salto invece di sviluppare gliesercizi attorno al concetto di corpo leggero e sollevato.
L'allineamento dei segmenti del corpo permette di esprimere la massima efficienza. Massima efficienza significa lavorare "con il minimo dispendio di energia per raggiungere l'obiettivo desiderato". Si pensa che il baricentro, con la muscolatura disposta attorno ad esso (quella della core stability), funzioni come una palla che rimbalza nel pavimento o come una molla che più è caricata (più profondo è il plié) più salta (maggiore sarà l'elevazione).
L'elasticità ideale dell'unità muscolo-tendinea, durante un movimento che preveda una fase di stiramento-accorciamento, implica una compliance tale da permettere un ottimale accumulo di energia elastica durante la fase eccentrica del movimento ed una stiffness che consenta un'efficace e rapida riconversione di quest'ultima in lavoro meccanico durante la fase concentrica, minimizzando l'effetto di termodispersione.
La coordinazione in un salto verticale è biomeccanicamente importante quando si studia una qualsiasi reazione che il corpo ha con il suolo. Alla stiffness articolare, in particolare a quella della caviglia, sono state attribuite le discrepanze della forza di reazione del suolo che intercorrono tra i soggetti stessi e la tecnica di esecuzione del salto. La stiffness è rappresentata dalla rigidità della caviglia volta a proteggere l'integrità dell'articolazione durante atterraggi stressanti.
Lo studio che andremo a riportare, descrive e confronta le forze di reazione del suolo misurate da una pedana, durante due tipi di salti verticali eseguiti dalle ballerine: il salto con atterraggio in punta e il salto atterrato su tutta pianta. Il fine è quello di determinare la biomeccanica degli atterraggi dei salti.106 Hanno partecipato alla ricerca sette studentesse, della classe "Ballet 4290", del dipartimento di balletto dell'università di Utah, approssimativamente della stessa altezza e dello stesso peso. Prima dei salti iniziali, è stato constatato che l'altezza dei salti di una singola danzatrice non differiva molto dalla media del gruppo, dunque i raffronti sono stati eseguiti nel complesso.
Per il primo studio, ogni ballerina ha eseguito un sautes in prima posizione (salto verticale partito e atterrato su due gambe), all'80% della sua altezza massimale di salto, atterrando attraverso la rullata del piede a terra (in questo modo il salto iniziava e finiva su tutta pianta). L'80% è stato calcolato registrando l'altezza di 10 salti preliminari eseguiti alla massima elevazione, facendo una media degli stessi e calcolandone poi l'80%. Ogni soggetto ha eseguito tre salti consecutivi, in quattro secondi per due volte, per un totale di sei salti per ognuna e quarantadue salti complessivi.
Per il secondo studio (eseguendo lo stesso procedimento del primo), ogni ballerina, indossando le scarpe da punta, ha eseguito un salto verticale su due gambe partendo e atterrando in punta, eliminando così l'articolarità del piede al suolo.
La gamba sinistra di ogni danzatrice è stata posizionata sulla pedana (NMFL Force Plate 9281C) per registrare la forza di reazione del pavimento nelle fasi di spinta e di atterraggio del salto. A seguito della racconta dei dati, con il software Bioware 3.0, è stato applicato un procedimento inverso ai dati, per trovare le comuni forze di reazione della caviglia nella fase di atterraggio dal salto. Per determinare la media e la deviazione standard dei risultati è stata utilizzata un'analisi statistica senza considerare la massa del soggetto, in quanto il gruppo risultava omogeneo sia per altezza che per peso. La media massima della forza di reazione del suolo, per i quarantadue salti eseguiti atterrando attraverso la rullata della pianta del piede, è stata 735.93 N, con una deviazione standard di 95.79; quella per i salti eseguiti partendo e atterrando sulla punta è stata di 531.14 N, con una deviazione standard di 82.28.
L'atterraggio del salto verticale partito e concluso su tutta la pianta del piede è stato scomposto in 3 fasi:
Nell'atterraggio del salto verticale iniziato e concluso sulle punte sono state discriminate due fasi:
Il fatto che la massima forza di reazione del suolo per i salti atterrati in punta equivale al 72,17% della massima forza di reazione del suolo dei salti atterrati attraverso la rullata del piede, può essere spiegata in vari modi.
Il primo è che le ballerine, saltando dalla e sulla punta, diminuiscono il loro potenziale di elevazione, dal momento che vengono persi sia il fulcro del piede che la potenza della caviglia. Quest'ultima, mantenuta in una posizione relativamente rigida al fine di sostenere il peso del corpo, non può provvedere al massimo ROM per ottimizzare la spinta, quindi l'altezza del salto risulterà minore. Questa stiffness della caviglia, si verifica in molte attività specifiche di vari sport, specialmente nella danza, dal momento che si tende a proteggere l'articolazione dalle posizione precarie durante l'esecuzione dei passi.
La seconda spiegazione è che le ballerine non hanno molta famigliarità con i salti in punta e quindi la loro coordinazione nel salto non è così sviluppata come quella usata nei salti a tutta pianta. Infatti, le danzatrici, non introducono l'uso delle punte se non in un momento secondario del loro processo di allenamento e non eseguono salti su di esse, finché il loro livello di competenza della tecnica di punte non è molto elevato.
La terza possibile ragione può essere quella che, coscientemente omeno, le ballerine sanno che atterrando sulla punta, il livello di rischio diinfortunio sale vertiginosamente, dal momento che il piano di appoggio dellascarpetta è molto ridotto rispetto a quello dell'intera pianta del piede.
Un'osservazione interessante da fare è quella che riguarda la durata totale dell'atterraggio quando si rulla il piede sul pavimento comparata con la durata dell'atterraggio sulla punta.
La prima dura 0,110 secondi contro 0,053 secondi della seconda.
Pertanto, nell'atterraggio, la forza di reazione del suolo è assorbita dalle estremità inferiori, due volte di più nel salto a tutta pianta rispetto a quello sulle punte. Questo è importante perché, anche se la media massima della forza di reazione del suolo è simile tra i singoli salti, prendendo in considerazione la misura dell'elevazione, il totale di energia assorbita dal corpo è molto differente. Di conseguenza, se la forza di massimo impatto è stata la stessa per entrambi gli atterraggi, quello en pointe avrebbe un maggior rischio di infortunio a causa dell'incapacità dei tessuti di elasticizzare e assorbire la forza in metà tempo rispetto ai salti eseguiti su tutto il piede.