Bruner e lo sviluppo stadiale - seconda parte

Di Simonetta Zanzico

Bruner teorizza un ritorno all'ispirazione originaria della psicologia, che aveva portato all'affermarsi della rivoluzione cognitiva e che riconosceva, nella ricerca del significato, lo scopo principale della psicologia umana.

Dal 1939, data della sua prima pubblicazione, ad oggi, Jerome S. Bruner ha svolto studi e ricerche relativi a numerose e diverse aree psicologiche. Il suo lavoro è caratterizzato da una visione che potremmo definire globale, olistica, proprio perché l'autore presta attenzione alla totalità degli aspetti della personalità umana.

È soprattutto grazie al contributo di questo studioso che si sono create le basi epistemologiche della psicologia culturale, il cui principale oggetto di indagine è proprio la ricerca del significato di pensieri, emozioni, comportamenti umani, attraverso lo studio di come l'uomo interpreta il suo mondo, i suoi simili e gli eventi che vive, utilizzando un tipo di pensiero che Bruner chiama narrativo. Furono rilevanti per Bruner gli incontri con le teorie di Piaget e di Vygotskij al punto che, nella la sua riflessione teorica sullo sviluppo cognitivo e sull'educazione, cerca di integrare l'approccio di Piaget, basato sulle strutture cognitive che si sviluppano per stadi, con quella di Vygotskij che considera l'interazione sociale e la cultura di cruciale importanza nello sviluppo cognitivo.

Sotto l'influsso dell'opera di Piaget, Bruner potè avvicinarsi ad una posizione strutturalista, volta a caratterizzare la logica sottesa ai processi di conoscenza: "per Piaget la crescita è un evento naturale … il problema è quello di rispettare il naturale sviluppo del bambino, non di paragonare il suo stato attuale con quello che gli succederà o con quello che potrebbe succedergli grazie ad uno speciale trattamento curricolare … il motto di Piaget „imparare significa inventare' può contribuire a mutare per davvero l'idea che insegnare voglia dire semplicemente trasmettere conoscenze o riempire un vuoto (1). La lettura dei testi di Vygotskij produsse un'influenza di tipo funzionalista che lo portò ad esplorare il modo in cui la società umana fornisce gli strumenti che mettono in grado la mente di funzionare: "concordo con Vygotskij nel riconoscere che le varie forme di acquisizione di conoscenze hanno in comune l'esistenza di una zona di sviluppo prossimale e di procedimenti atti a favorire l'ingresso in tale zona e il suo progressivo attraversamento. A Vygotskij va riconosciuto il merito di un'intuizione geniale: aver colto l'importanza dell'acquisizione del linguaggio come modello di ogni apprendimento…perché il linguaggio e le sue forme di uso, dal racconto alla fiaba, all'algebra e al calcolo preposizionale, riflettono la nostra storia. Un altro merito della genialità di Vygotskij è stato quello di aver riconosciuto come questi possibili tragitti attraverso la zona di sviluppo prossimale si concretizzino in istituzioni storiche: scuola, lavoro nel collettivo meccanizzato, cinema, fiaba, narrativa e scienza (2). Le influenze dei due studiosi portarono Bruner alla formulazione della sua teoria sullo sviluppo cognitivo che si caratterizza come una continua opera di mediazione tra dati esterni della realtà e quelli soggettivi, tra pensiero e linguaggio, attraverso una crescita corrispondente alla progressiva capacità di padroneggiare tecniche e sistemi di rappresentazione insiti nella cultura: "lo sviluppo cognitivo in tutte le sue manifestazioni ha luogo in un processo che va tanto dall'esterno verso l'interno che dall'interno verso l'esterno. In gran parte esso consiste nel fatto che l'essere umano si lega ad amplificatori delle capacità motrici, sensitive e riflessive trasmesse da una cultura (3).

Bruner attribuisce un ruolo fondamentale e determinante alla cultura, la quale fornisce gli strumenti necessari per l'interpretazione e la conoscenza del mondo: "la società fornisce un'attrezzatura strumentale di concetti, di idee e teorie che consentono al soggetto di raggiungere livelli mentali più elevati: i nuovi e più elevati concetti, a loro volta, trasformano il significato di quelli meno elevati. L'adolescente che è pervenuto alla padronanza dei concetti algebrici ha raggiunto un punto avanzato dal quale vede i concetti aritmetici in una prospettiva più vasta. Essi gli forniscono un mezzo per tornare sui propri pensieri e vederli in una luce nuova…è la mente che riflette su se stessa (4).

L'attenzione al contesto e alla cultura rappresentano proprio l'elemento costituente la psicologia culturale che si è sviluppata negli anni Ottanta e di cui Bruner è un esponente di primo piano.

Bruner teorizza, nella sua psicologia culturale, un ritorno all'ispirazione originaria della psicologia, che aveva portato all'affermarsi della rivoluzione cognitiva e che riconosceva, nella ricerca del significato, lo scopo principale della psicologia umana.

Bruner ha maturato una concezione di tipo costruttivista nel senso che, non solo le persone costruiscono e costituiscono il mondo, ma anche il Sé è frutto di una costruzione intersoggettiva, ed è un prodotto dell'azione e della simbolizzazione umana. Il mondo in cui viviamo è creato dalla mente e il processo di costruzione del mondo comprende un insieme di attività diverse e complesse e implica un fare non con le mani, ma con la mente, o meglio con il linguaggio o con altri sistemi simbolici. L'interesse è, quindi, rivolto ad indagare come gli individui, sulla scorta di altri mondi, costruiti da varie persone, ne costituiscano di nuovi e come riescano a partecipare agli scambi di significati. Tali scambi avvengono attraverso la narrazione, cioè comunicando e condividendo con gli altri quei significati che sono filtrati dalla propria visione e interpretazione personale della realtà.

La cultura si costruisce, secondo Bruner, attraverso il raccontare e raccontarsi. Essa a sua volta condiziona l'attribuzione di senso che gli individui necessariamente devono attuare per ritrovarsi e riconoscersi membri di una società appartenenti a un dato sistema simbolico-culturale "il linguaggio, il modo di vivere, la religione e la scienza di un popolo, tutto ciò plasma il modo in cui un uomo ha esperienza degli eventi che formano la sua storia personale.

Bruner ha valorizzato molto gli studi di Piaget sullo sviluppo cognitivo, ma ritiene che lo psicologo ginevrino non abbia trattato ampiamente i processi dell'apprendimento.

Egli ha studiato come la mente potesse produrre nuove strutture rivolgendo la sua attenzione all'apprendimento. Alla base della formazione delle strutture c'è un processo di categorizzazione: "l'apprendimento e l'utilizzazione delle categorie rappresenta una delle forme più elementari e più generali di conoscenza, per mezzo delle quali l'uomo si adatta al suo ambiente … categorizzando come equivalenti eventi diversi e distinguibili, l'organismo riduce la complessità del suo ambiente … ciò comprende l'astrazione e l'uso delle proprietà definienti nel cui ambito gli aggruppamenti possono essere compiuti … categorizzare è il mezzo col quale gli oggetti del mondo intorno a noi sono identificati … la determinazione di una categoria basata su di una classe di attributi definienti riduce la necessità dell'apprendimento costante … noi non abbiamo bisogno che ad ogni incontro ci si insegni de novo che l'oggetto davanti a noi è o non è un albero… e ci permette di sapere in anticipo quali azioni sono appropriate e quali inappropriate rispetto a persone o oggetti (5). Le strutture sono le idee organizzatrici e direttive dell'esperienza, la sintesi che unifica la molteplicità e la semplifica.

L'apprendimento per Bruner può avvenire soltanto attraverso le strutture, per cui si può insegnare tutto ad ogni età in quanto ogni conoscenza è realizzabile con un tipo di comunicazione psicologicamente adeguata alle caratteristiche della fase evolutiva che il soggetto attraversa. In questa ottica, l'apprendimento per strutture rende possibile l'insegnamento di tutte le discipline a qualsiasi età.

Egli individua come basilari per lo sviluppo dell'intelligenza tre diversi sistemi di rappresentazione, che corrisponderebbero ad altrettante modalità di pensiero e di apprendimento della nostra mente:

  • „il sistema attivo di rappresentazione', in cui il soggetto apprende in base all'esperienza diretta sulle cose e sulla realtà; si tratta, attraverso l'azione, di tradurre l'esperienza in un modello mentale, si impara facendo _ „il sistema iconico di rappresentazione', in cui la conoscenza è legata alla percezione uditiva e visiva, si apprende „vedendo fare', osservando, imitando l'azione che un'altra persona compie
  • „il sistema simbolico di rappresentazione', in cui la conoscenza è mediata da simboli (scrittura, formule matematiche, note musicali). Il bambino, ad esempio, attraverso l'uso del linguaggio usa il concetto, per cui non ha più bisogno di vedere l'oggetto per parlarne perché l'ha già elaborato nella sua mente. Lo sa riconoscere e denominare.

In un certo senso i sistemi di rappresentazione possono essere ricondotti alle classiche fasi di sviluppo indicate da Piaget, ma ciò che differenzia le due posizioni è, in primo luogo, la concezione del ruolo esercitato dal linguaggio nello sviluppo dell'intelligenza. Infatti, secondo Bruner, il pensiero non potrebbe evolversi senza il necessario supporto di quei linguaggi o sistemi rappresentativi simbolici (come la lingua, la matematica, la musica) che sono alla base della nostra cultura. Da qui nasce l'importanza che questo studioso, in accordo con Vygotskij, assegna all'ambiente, come variabile irrinunciabile nel processo di sviluppo, e alla cultura, che facilita l'interiorizzazione dei modi di agire, di immaginare e di usare i simboli.

Infine, a differenza di Piaget, egli non ripropone una relazione gerarchica tra i tre tipi di rappresentazione, in cui la più complessa ingloba e supera la precedente, che viene così abbandonata; egli ipotizza che tali forme possano essere compresenti nei diversi momenti della vita del bambino e dell'adulto si può imparare qualcosa provando e riprovando a farla, osservando un esperto o leggendo un libro che spiega come fare.

Queste tre forme di rappresentazione della realtà coesistono, per cui ogni disciplina deve essere proposta avvalendosi dell'operatività, delle immagini e del linguaggio simbolico, tenendo presente che al "bambino si può insegnare qualsiasi cosa, a qualsiasi età e in forma corretta (6).

L'applicazione in campo educativo-motorio della teoria di Bruner consente di guardare alla didattica del movimento come un sistema di simboli e strumenti che aiutano l'individuo ad amplificare le proprie capacità cognitive attraverso l'esperienza corporeo-chinestesica. In questa prospettiva la scuola può assumere il compito di insegnare a costruire la conoscenza attraverso l'acquisizione di linguaggi alternativi per leggere la realtà, compreso quello non verbale a carattere motorio. L'esperienza del fare, dell'agire e del comunicare corporeamente fornisce, in questo orizzonte teorico, gli strumenti per agire sulla realtà, aiutando a costruire concetti ed idee che ne costituiscono il nucleo centrale che se presentati ed esemplificati secondo adeguate modalità risultano abbastanza semplici da poter essere appresi anche dagli studenti più giovani. In questo senso le attività motorie nella scuola possono rappresentare un valido supporto metodologico trasversale per il raggiungimento di obiettivi e di finalità in chiave interdisciplinare.

L'insegnante che contestualizza in ambito motorio la riflessione bruneriana parte quindi dal presupposto che di ogni compito dinamico esiste un personale repertorio che può essere interpretato già nel periodo dell'infanzia in una versione iniziale e preparatoria. Sono quindi fondamentali i vincoli legati allo sviluppo morfologico, funzionale, auxologico, cognitivo, sociale e relazionale che consentono di utilizzare, in ogni periodo della crescita, modalità di rappresentazione della conoscenza adeguate (attiva, iconica, simbolica) e congeniali in quanto "alle attività di insegnamento fanno riscontro le attività di apprendimento che consistono in tutte le operazioni che gli alunni effettuano per acquisire le conoscenze…si tratta di attività effettuate dagli alunni ai vari livelli della rappresentazione: dalle operazioni concrete, cioè effettuate con oggetti reali, alle operazioni iconiche, cioè effettuate con disegni, illustrazioni, immagini fisiche, alle operazioni simboliche, effettuate utilizzando segni aventi valore di simboli (7).

La didattica del movimento dunque non è intesa solo come sviluppo di abilità e capacità motorie, ma richiede il passaggio dalla mera "educazione del corpo" alla possibile "educazione attraverso il corpo", aiutando lo studente a pensare per proprio conto attraverso le categorie dell'ambito motorio e ludico-sportivo in quanto "l'educazione deve essere improntata allo spirito del forum, della negoziazione e della ricostruzione del significato (8). L'attività didattica in questo senso non è solo incentrata sulle conoscenze disciplinari, ma soprattutto sulle procedure che permettono all'area motoria di produrre conoscenze e competenze potenzialmente trasferibili: "la trasferibilità dei contenuti disciplinari attraverso l'esperienza motorio–laboratoriale, apre l'accesso ad un sapere plurimo, capace di ancorarsi simultaneamente ai diversi canali conoscitivi e sensopercettivi. Il corpo diventa soggetto interagente per la soluzione di problemi, per la rielaborazione di strategie complementari o alternative della conoscenza, un vero motore di supporto alla didattica (9).

Nella sua più recente teorizzazione Bruner introduce quattro criteri per costruire ambienti di apprendimento che, se trasferiti in ambito motorio, possono generare esperienze didattiche significative

  • la capacità di azione (agency), che implica come principio che durante lo svolgimento di una determinata attività motoria sia possibile il controllo della propria attività mentale;
  • la possibile riflessione, attraverso la contestualizzazione degli apprendimenti motori e l'attribuzione ad essi di un significato personale, reale e fenomenologico;
  • la collaborazione e la condivisione delle risorse corporeo-chinestesiche nell'ambito del percorso conoscitivo fra tutti i membri impegnati nel processo di insegnamento/apprendimento, che consente di favorire la meta cognizione attraverso l'interazione tra persone centrata sull'esperienza del movimento.
  • la cultura, quando la conoscenza viene costruita attraverso l'esperienza motoria è negoziata e sistematizzata in un prodotto comune, uno stile di vita e di pensiero che diviene condiviso (la cultura) (10).

Diventa di cruciale importanza, quindi, un approccio ai problemi, che guidi lo studente, attraverso l'adozione di procedure specifiche, verso la „costruzione della conoscenza' che sappia attingere efficacemente e naturalmente alla dimensione corporeo-chinestesica.

  • 1 Bruner, J. (1998). La mente a più dimensioni. Bari: Laterza.
  • 2 ivi.
  • 3 Bruner, J., Olver, R. & Greenfield, P. (1968). Studi sullo sviluppo cognitivo. Roma: Armando.
  • 4 Bruner, J. (1998). La mente a più dimensioni. Roma: Armando.
  • 5 ivi.
  • 6 Bruner, J. (1964). Dopo Dewey. Il processo di apprendimento nelle due culture. Roma: Armando (citato da Bruner, J. (1998). La mente a più dimensioni. Roma: Armando.
  • 7 Tenuta, U. (1989). L'attività educativa e didattica nella scuola elementare: come organizzare l'ambiente educativo e di apprendimento secondo i Nuovi Programmi. Brescia: La Scuola.
  • 8 Bruner, J. (1998). La mente a più dimensioni. Roma: Armando.
  • 9 Sibilio, M. (2007). Il laboratorio motorio e ludico-sportivo tra corpo, azione, emozione e cognizione. Roma: Aracne.
  • 10 cfr., Cacciamani, S. (2002).