Considerazioni di coach Floris e conclusioni

Di Lorenzo Fambrini

Il progetto dovrà entrare nelle dinamiche della nostra Scuola di basket e far sì che i ragazzi autistici non appartengano come gruppo speciale ma come individui che sono in grado di partecipare alla vita della scuola.

Chi lavora in un settore fondamentale come quello dello sport e dell'insegnamento vive tutte le esperienze come occasione di crescita e di miglioramento. Ritengo doveroso pertanto apprezzare l'opportunità straordinaria concessami. Come sempre in questi casi voglio condividerequesta riflessione con il mio staff e in particolare con Gabriele Casoretti allenatore della scuola e responsabile del gruppo squadra di Canestroverso e partire proprio da una sua riflessione che ho stimolato attraverso una domanda precisa:

DOMANDA: "Oltre all'aspetto squisitamente tecnico del tuo operato, quanto conta in un'esperienza di questo tipo la passione e l'aspetto emotivo e come uno specialista della pallacanestro deve trovare equilibrio per ottimizzare il lavoro ?"

RISPOSTA: "Inizialmente non ho fatto troppe riflessioni; sono andato in campo con l'obiettivo di un qualsiasi allenatore: partecipare attivamente ed emotivamente ad ogni gioco e proposta nell'allenamento provando a mettere in campo le mie emozioni e le mie competenze. Ho subito scoperto che essere se stessi con passione e serenità, spesso con un sorriso e una parola di incoraggiamento è molto del lavoro dell'allenatore in un contesto simile, ma non tutto. L'esperienza di questi anni ha confermato che spesso è necessaria una riflessione ulteriore sul valore delle proposte didattiche; ingegnarsi in modo fantasioso, fare continue rivoluzioni e modifiche per ottimizzare un'esercitazione, non solo per il conseguimento di fini prettamente cestistici, ma soprattutto perché possa risultare funzionale e comprensibile per un utente tanto speciale. Le tempistiche di gioco, le logiche spazio-temporali e la ripetizione di atti motori volontari come, per esempio, un tiro o un passaggio, sono le chiavi di un equilibrio che lo staff tecnico deve costantemente ricercare.

E' un po' una "vocazione", qualcosa a cui credo devi essere naturalmente portato, ma che deve essere accompagnato da un costante aggiornamento e approfondimento sia degli aspetti tecnico-fisici che delle dinamiche di gruppo. In conclusione devo dirti che questa esperienza mi ha fatto rivalutare la mia stessa figura di allenatore anche in relazione alle mie squadre di ragazzi "normodotati", consegnandomi spunti e riflessioni che hanno arricchito il mio bagaglio di competenze. Sento, e forse qui ritorna preponderante l'aspetto emotivo (ma non solo), di avere ricevuto più che in tanti corsi di formazione (e non è retorica) strumenti che spero di poter utilizzare in tutte le occasioni della mia vita".

Questo vuole essere anche l'augurio per Lorenzo che con questo lavoro possa veramente intraprendere un cammino orientato verso questo campo dell'attività sportiva. Personalmente ritengo che quando riusciamo ad aprire le porte della nostra palestra e siamo in condizione di raccontare quel che succede senza paura, stiamo perseguendo un grande momento di integrazione. La riflessione condivisa di un'esperienza permette di guardare oltre le proprie abitudini e liberarsi di una sorta di auto – compiacimento per provare a spostare l'asticella degli obiettivi che riguardano i ragazzi autistici. Essere bravi significa vivere con grande umiltà una programmazione "in itinere" che ascolta, osserva e si muove all'interno di uno staff allargato che raccoglie l'esperienza e le testimonianze degli addetti ai lavori e dei partecipanti con grande attenzione.

Il ruolo di chi "allena l'insieme" deve svilupparsi e arricchirsi per poter rispondere in modo esaustivo alle aspettative del team. Dopo quattro anni di esperienza, messi da parte riconoscimenti e gratificazioni con annessi complimenti che fanno logicamente piacere, nella consapevolezza che abbiamo sì fatto un discreto lavoro ma che dobbiamo fare molto di più, pensiamo di dover aggiornare e riavviare una nuova programmazione arricchita sia nella chiarificazione di obiettivi sia nelle strategie operative che potranno permetterne il perseguimento. La struttura del progetto dovrà ulteriormente entrare totalmente nelle dinamiche della nostra Scuola di basket e far sì che i ragazzi autistici non appartengano all'insieme come gruppo speciale ma semplicemente come individui che pur con delle problematicità sono in grado di partecipare alla vita della Scuola in modo dinamico e positivo.

Probabilmente un obiettivo così radicale comporterà tempi e strategie lunghe e complesse perché bisognerà sviluppare un percorso di formazione allargato per tutti; lo staff non dovrà relazionarsi solamente con gli operatori del settore, ma con un insieme totale per far sì che la pratica della pallacanestro possa essere per tutti metafora straordinaria della vita e anche chi soffre di deficit legati allo spettro autistico possa attraverso l'esperienza del basket acquisire autonomie e competenze verificabili e riutilizzabili nel quotidiano della vita privata e pubblica. Potrebbe sembrare molto ambizioso, forse lo è, ma ritengo che la realtà abbia bisogno di iniziative coraggiose che superino gli aspetti esclusivamente emotivi e passionali riutilizzando questi elementi in un ottica più pragmatica e perché no scientifica. Il canestro, farlo insieme eleva lo sguardo di tutti. Passarsi la palla favorisce un percorso che potrà evolversi in scambio e predisposizione a vivere insieme in contesti meno protetti di una palestra.

Conclusioni

Solitamente, la terapia Riabilitativa e Rieducativa viene organizzata totalmente dal terapista e viene di fatto "subita" passivamente dal disabile.

La Pallacanestro riesce ad arrivare a risultati analoghi senza dare sensazione di passività a chi la pratica, infatti richiede un'influenza meno diretta del terapeuta, sfruttando le sensazioni positive che il gioco genera nel bambino / ragazzo; questa è una delle ragioni che permette al bambino di raggiungere il massimo del suo potenziale.

I bambini vogliono praticare la pallacanestro perché permette di ricercare una dimensione ludica, di gruppo, sociale e del rispetto degli altri; inoltre permette di giocare insieme per raggiungere l'obiettivo canestro, perché ognuno ha il suo ruolo in campo, perché la vittoria arriva solo grazie alla collaborazione di tutti e quando l'avversario è più forte si impara ad accettare meglio la sconfitta.

E' un gioco di squadra che richiede una forte integrazione tra i suoi membri, è un gioco di movimento dove tutti devono essere attivi ed è un gioco fatto di gesti coordinati, calibrati, tempestivi e sincroni, eseguiti da tutti i componenti.

L'opportunità di vedere come lavora Mario Floris con il Team di Canestroverso, toccando con mano i progressi fatti dai ragazzi, mi ha fatto capire quanto grande e preziosa sia questa interazione, ma soprattutto, quanto margine di miglioramento ci sia ancora; allo stesso tempo, la lettura del testo di Marco Calamai, mi ha permesso di scoprire gli altri utilizzi terapeutici della pallacanestro verso altre tipologie di disabilità. Sicuramente dovrò attraversare un processo di formazione e di continuo aggiornamento, ma spero che questa esperienza sia solo il punto di partenza per una futura collaborazione con l'Associazione Autismo Apuania che mi permetterebbe di mettere in pratica tutto quello che ho qui riportato a livello teorico.

Questa tesi vuole dimostrare come la pallacanestro sia da considerare una valida tecnica rieducativa perché sviluppa nei soggetti disabili tutte le potenzialità che sono presenti in essi; l'obiettivo non è quello di creare dei super giocatori, ma di ricercare semplicemente il miglioramento e il cambiamento dello stato fisico e mentale del soggetto per arrivare ad una diminuzione della disabilità.

pallacanestro
Figura 1. Gli animali vanno a canestro.
percorso di pallacanestro
Figura 2. Percorso a tempo.