Per rispondere a questa domanda devo necessariamente raccontartiun pò della mia storia: fin da giovane ho frequentato diverse esperienzeallargate a persone con disabilità, sia in modo diretto (come tutor) oppurecome coordinatore di lavori di gruppo. Ricordo con grande emozione comefigure significative della mia vita alcuni ragazzi con disabilità particolari (unragazzo down è stato mio secondo assistente in una squadra di serie Cmaschile e curava come dimostratore, viste le sue caratteristiche peculiari dilassità articolare, la parte riguardante lo stretching); da sempre ho maturatol'idea che l'attività sportiva poteva essere un mezzo speciale per potergarantire a tutti opportunità ed occasioni di relazioni positive e una cura delproprio corpo efficace. Nel momento in cui ho potuto decidere e indirizzarela mission delle Società nelle quali ho operato, ho pensato bene di creareun'area speciale che permettesse praticamente anche ai disabili la pratica diun'attività sportiva.
La realtà modenese arriva al termine di una mia storia variegata perlivelli e caratteristiche avendo avuto la possibilità di operare dalla Serie Amaschile e femminile passando attraverso esperienze di formazione a tutti ilivelli per arrivare a lavorare a percorsi all'interno di enti promozionali e nonultimo di oratori. I principi che hanno caratterizzato il mio percorso vitae sisono sposati in modo naturale con l'anima della Scuola Basket ed è statosemplice riproporre anche in questa realtà questa parte di attività.
Il lavoro con i ragazzi autistici si affianca a quello con i disabili chegiocano in carrozzina e a quelli che mostrano particolari deficit dicoordinazione e movimento proprio perché la scelta della Società è stataquella della "pallacanestro per tutti". Basket e autismo poi perché nella mianatura, nonostante l'età, rimane il desiderio di sfidare le logiche che lanorma cerca di proiettare nelle normali relazioni quotidiane facendodiventare verità assolute anche quelle che non lo sono per comodità e pernon doversi prendere delle gatte da pelare. Quindi dopo un inizio emotivo epassionale, lo studio e la frequentazione del mondo "autistico" hanno fatto sìche la mia volontà si è orientata in toto verso questa sfida accattivante: fargiocare a pallacanestro dei bambini che tutto potrebbe far pensareimpossibilitati a farlo per caratteristiche e problematiche, sia loro, masoprattutto del gioco in oggetto Elemento fondamentale nella fase evolutivadi ogni essere umano (correre, nascondersi, imitare, calciare, salire le scale)tutti step irrinunciabili nella crescita sana e regolare dell'individuo.
Il gioco:
Quindi con il gioco:
Se l'autismo compromette:
Il gioco e il bambino autistico:
La cultura dell'autismo:
Ancora i giochi…:
Ci sono alcune tappe molto significative a tal proposito:
La prima è la presenza, in un gruppo dei nostri allievi normodotatialcuni anni fa, di un ragazzo autistico che a livello privato e per unaccordo tra un nostro allenatore (Gabriele Casoretti, che è diventatopoi referente del progetto "canestroverso" perché nella nostraorganizzazione ognuno ha un ruolo e delle responsabilità) e ilgenitore che si è preso la briga di accompagnarlo per un anno interoalla pratica sportiva.
La seconda si può identificare con la maturazione, all'interno dellanostra scuola di pallacanestro, dell'esigenza di realizzaredefinitivamente la nostra mission che voleva creare opportunità reali per chiunque di poter praticare il gioco della pallacanestro favorendoil superamento di qualsiasi tipo di barriera.
La terza può identificarsi con un'iniziativa che ho voluto in primapersona, ricoprendo anche il ruolo di responsabile tecnico di BasketBall Generation, il tramite che la Società Campione d'ItaliaMontepaschi Siena utilizza per promuovere la pallacanestro, che èun promo di presentazione di un evento straordinario vissuto aModena con la presenza di tutta la squadra dei campioni di Siena inuna 24 ore di pallacanestro.
Il promo, realizzato a Siena, voleva significare proprio l'essenzadella nostra mission: due squadre entravano in campo con le lorodivise pronte per giocare la "partita della vita".
I componenti dei due team erano speciali e variegati, alcuni giocatoridi Serie A, alcuni rappresentanti dei nostri centri minibasket, alcuniatleti del nostro team di basket in carrozzina e Fabio, il ragazzoautistico che faceva parte del nostro gruppo di normodotati.
L'esperienza è stata straordinaria, molto stimolante, e soprattutto è stataun'occasione per manifestare pubblicamente un desiderio e una volontà chehanno trovato un seguito quasi spontaneo e naturale.
Quando parlavo dell'anima della nostra scuola mi riferivo anche a dellepiccole manifestazioni che testimoniano del nostro legame con il mondodella disabilità: a tutte le nostre iniziative partecipavano i rappresentanti diuna associazione modenese di genitori di bambini autistici (AUT – AUT)che in silenzio mettevano il loro tavolino per recuperare, attraverso lavendita di piccoli oggetti o gadget, delle somme da utilizzare per le loroattività.
Dimenticavo una chiave istituzionale che è quella del progetto "DISABILI E SPORT" promosso a Modena dal Centro di Medicina Sportiva che dasempre ci ha visto interlocutori privilegiati disponibili a dare il nostrocontributo per la buona riuscita di qualsivoglia iniziativa.
Tutti questi aspetti in modo quasi fortuito e per questo magico, guidati daqualche mano particolare, hanno fatto sì che alcune persone si sono sedutepiacevolmente attorno ad un tavolo per definire i connotati essenziali di unpossibile progetto. A questo punto entrano in gioco le diverse componentiche determinano obiettivi, priorità e possibile sviluppo di una bozza diprogetto che andrà definendosi nella pratica di cui hai avuto qualcheriferimento preciso nel convegno di Massa Carrara.
Chi come me vive nel mondo della pallacanestro ormai da quarant'anni, hada raccontare il variegato mondo delle figure dei genitori che di volta involta possono assumere un ruolo piuttosto che un altro nella vita sportivadei loro figli; tralasciando le esasperazioni volute anche da grandi allenatori(allenare squadre di orfani) o al contrario lasciare tutto in mano all'amoredei genitori (spesso fuorviante), mi soffermo a raccontare rispetto al temaspecifico alcune sensazioni molto immediate: in molte occasioni concludo imiei clinic o interventi in convegni di formazione con una slideparticolarissima dove riprendo una espressione di una mamma di unbambino autistico.
Ho voluto caratterizzarlo inserendo questa scritta:
“TI AMO DAL CUORE,HO MESSO LA TESTA AL SECONDO POSTO. E TENGO CHIUSE A CHIAVE LE MIE PAURE"
all'interno di un cuore rosso che pulsa; il cuore e la paura sono spessoelementi dominanti nei genitori dei bambini disabili che già in partenzahanno sopportato, come appunto raccontava quella mamma, lo sguardogiudicante di quelli che frequentava, il senso di colpa che spessoaccompagna e determina quasi la vergogna di presentare al mondo il propriofiglio (a Modena e in Provincia una ricerca ha confermato la presenza dioltre un migliaio di handicap nascosti).
Un'altra vivissima emozione è quella legata a un libro scritto da unagiovanissima Gaia Rayneri, "pulce non c'è", dove in modo molto brillante epiacevole si racconta la storia di una bambina autistica e della sua famigliacon riferimenti ricchissimi alle ansie, ai sensi di colpa e ai tentativi di dare aquesta bimba strumenti ed occasioni per una vita normalizzata. Tutto questoper dire che il ruolo non è semplice ed è ricco di sfumature checaratterizzano le diverse figure genitoriali.
Consapevoli di queste problematiche, in riferimento al progetto"canestroverso", siamo partiti con molta cautela provando a motivare unapartecipazione significativa che potesse superare il semplice ruolo diaccompagnatori come spesso succede per i ragazzi che fanno parte dei nostrigruppi di normodotati.
Il progetto parte in qualche modo voluto da un gruppo di genitori (AUT –AUT) molto variegato, diversamente attivato rispetto alle problematiche,sicuramente orientato a un interessamento profondo e completo neiconfronti di questo figlio particolare.
Lo staff ha ritenuto cosa indispensabile proporre ai genitori un questionarioche fosse di informazione e di chiarificazione rispetto alle competenze e alleautonomie dei bambini che dovevano far parte del progetto.
In seguito a scadenze mensili il gruppo dei genitori è stato coinvolto insedute valutative con dei riferimenti particolari al quotidiano casalingoanche perché gli obiettivi del progetto si riferivano principalmente adautonomie che dovevano toccare la vita dei ragazzi nella loro globalità e lecompetenze che venivano acquisite in palestra avevamo l'ambizione dipensare che dovevano in qualche modo riconoscersi anche all'interno dellealtre situazioni di vita.
I genitori hanno inoltre una presenza molto tranquilla di osservazione e inqualche modo di campanello d'allarme rispetto a situazioni particolari.Come poi vedremo nell'ulteriore approfondimento verranno riportate delleosservazioni e delle riflessioni di alcuni genitori rispetto all'esperienza.