Prevenzione cardiovascolare

Di Antonietta Cuccurullo

Livelli della prevenzione cardiovascolare: primaria, secondaria e terziaria. La primaria prevede l'attuazione di comportamenti che evitino l'evento cardiovascolare, mentre la secondaria e terziaria sono previste dopo l'insorgenza dell'evento

Il termine "prevenzione" si riferisce a qualsiasi atto finalizzato a ridurre la possibilità che un evento, generalmente indesiderato, si verifichi. In ambito cardiovascolare, esso identifica una serie di azioni coordinate, a livello pubblico e individuale, volte a debellare, eliminare o ridurre al minimo l'impatto delle malattie cardiovascolari (MCV) e delle relative disabilità. È possibile classificare la prevenzione in tre livelli:

  • Prevenzione primaria: si basa sull'attuazione di comportamenti ed interventi che mirano ad evitare o ridurre l'insorgenza e lo sviluppo di una malattia o di un evento sfavorevole. Di frequente, essa intraprende progetti di educazione sanitaria ed interventi psicologici e psico-pedagogici al fine di modificare comportamenti e/o stili di vita. I programmi di "prevenzione primordiale", cioè quelli indirizzati in particolare alla popolazione più giovane, sono finalizzati ad evitare l'insorgenza di fattori di rischio attraverso campagne per la promozione di stili di vita sani ed interventi legislativi per regolamentare alcune situazioni che possono avere effetti nocivi sulla salute (ad esempio, le campagne antifumo). Lo stile di vita da "sponsorizzare" è volto all'abolizione del fumo, al calo ponderale, alla pratica di un'opportuna attività fisica, ad un corretto regime alimentare che prenda in considerazione anche i valori della colesterolemia (che dovrebbero attenersi intorno ai 190 mg/dL per il colesterolo LDL (LDL-C), nei soggetti senza altri fattori di rischio; nei pazienti con più fattori di rischio invece il valore target dell'LDL-C è inferiore ai 130 mg/dL)
  • Prevenzione secondaria: si basa sulla diagnosi precoce di una patologia, e rende quindi possibile un intervento anticipato sulle manifestazioni della stessa, migliorandone la progressione e riducendone le complicanze. I pazienti che hanno una storia di patologia cardiovascolare sono di per sé ad alto rischio e devono attuare cambiamenti radicali sullo stile di vita. Fondamentali sono l'astensione dal fumo (attivo e passivo), l'attività fisica secondo un protocollo personalizzato, il calo ponderale e il controllo dei fattori di rischio "classici" quali ipertensione arteriosa ed alterazioni del metabolismo glucidico e lipidico. Questi ultimi sono aggredibili grazie all'utilizzo di farmaci specifici, quali antidiabetici, anti-ipertensivi, statine, antiaggreganti, beta bloccanti
  • Prevenzione terziaria: indica un progetto di prevenzione mirata alle complicanze della patologia a carico di un individuo, ovvero le disabilità funzionali secondarie alla patologia e le probabilità di recidiva di evento acuto o di exitus

Si possono distinguere, quindi, tre tipi di prevenzione: primaria, secondaria e terziaria.

Prevenzione primaria

La prevenzione primaria mira ad evitare che la malattia insorga e riguarda soggetti che non hanno avuto eventi cardiovascolari, il cui livello di rischio dipende dalla combinazione dei vari fattori di rischio.

Prevenzione secondaria

La prevenzione secondaria riguarda coloro che sono stati già colpiti da un evento cardiovascolare. Essa consiste nell'esecuzione di controlli clinici ed esami diagnostico-strumentali mirati a prevenire una nuova insorgenza di patologie cardiovascolari potenzialmente letali o altamente invalidanti per la qualità di vita futura per il paziente.

Prevenzione terziaria

La prevenzione terziaria identifica un progetto focalizzato sulla corretta gestione di una malattia già esistente, di solito cronica, al fine di prevenire un'ulteriore perdita funzionale. I programmi di prevenzione sono sotto la responsabilità dei professionisti della salute e richiedono conoscenze specialistiche e un ampio spettro di abilità professionali per organizzare e fornire efficaci interventi basati sull'evidenza.

È tuttavia necessario distinguere tra i protocolli di prevenzione e i protocolli di riabilitazione. Le misure preventive hanno come obiettivo non solo la prevenzione degli eventi acuti nella popolazione esposta a rischio, ma anche la riduzione delle eventuali complicanze, il rallentamento del processo di cronicizzazione e il miglioramento della capacità funzionale del cardiopatico.

La cardiologia riabilitativa, invece, rappresenta un processo multifattoriale, attivo e dinamico, che ha come fine quello di favorire la stabilità clinica del paziente, riducendo le disabilità conseguenti alla malattia e supportando il mantenimento e la ripresa di un ruolo attivo dello stesso nella società. Essa è riconosciuta come il modello standard per il trattamento globale del paziente cardiopatico in fase post acuta o cronica e, in particolare, costituisce il modello più efficace per la realizzazione di una prevenzione secondaria strutturata e a lungo termine.

La prevenzione secondaria non rappresenta infatti un concetto astratto, ma una reale opportunità di migliorare la nostra qualità di vita. L'American Heart Association (AHA) e l'American Association of Cardiovascular and Pulmonary Rehabilitation (AACVPR) riconoscono che tutti i programmi di prevenzione secondaria cardiovascolare dovrebbero contenere specifici protocolli mirati alla riduzione del rischio cardiovascolare, alla prevenzione e al trattamento delle condizioni di disabilità conseguenti ad eventi acuti e alla promozione di corretti stili di vita a favore dei pazienti colpiti da malattie cardiovascolari.

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