L'ignoranza (dopata) di giornalisti e mass media

Di Pierluigi De Pascalis

Come integratori di proteine e creatina divengono pericolose sostanze dopanti agli occhi dei mass media #vigoressia

Se c'é una persona che non ha mai fatto mistero della propria avversione nei confronti del doping, e di tutto quanto ruota intorno, è probabile che quella persona possa essere io. Non poche volte ho scritto le mie considerazioni in articoli, editoriali e perfino in un libro attirandomi spesso non solo delle critiche, ma anche una buona dose di antipatie!

Però quando si parla di doping occorre farlo in modo serio, perché se la si butta in caciara, se si grida "al lupo" solo per il gusto dello scoop, allora si fa proprio il gioco di chi vive di doping, spesso sulla pelle altrui.

È notizia di oggi quella di un padre condannato perché ossessionato per la performance del giovane figlio, nuotatore, spinto verso atteggiamenti esasperati nella ricerca spasmodica della vittoria, fino a indurlo all'uso di sostanze dopanti.

"Padre induce al doping il figlio" e il titolo di apertura dei TG e di molti quotidiani. Poi leggi meglio la notizia e si parla di integratori proteici, creatina e aminoacidi. Ma come... questo sarebbe il doping?! Il termine non regge neppure se usato per il suo significato etimologico!

Attenzione a non fraintendermi, il comportamento del padre è pedagogicamente da condannare, così come l'impiego di integratori mediante il fai da te, maggiormente grave se imposto ad un ragazzino inconsapevole e impossibilitato ad opporsi. Fin qui nulla quaestio. Ma perché tirare in ballo il doping li dove il doping non c'è? Perchè farlo se non per il desiderio di mistificare ed allarmare? Il tutto funzionale solo alla vendita di qualche copia in più, avere ulteriori ascoltatori, venendo però meno al principio dell'informazione, quella vera.

Questo atteggiamento non produce alcun effetto positivo, e si fa passare l'idea che tutto è doping, ma in questo modo nulla viene poi percepito realmente come tale, anche quando lo si sta usando realmente.

E dire che se avessero davvero voluto parlare di doping, affrontare il problema nella sua gravità, potevano approfondire quanto accaduto non più tardi di ieri, quando è venuto a mancare un altro giovane amante della disciplina del ferro. Infarto del miocardio la causa nota, un'altra vita che si spegne prima di aver raggiunto i 40 anni. Ho letto il referto autoptico per affermare con tanta sicurezza che la causa è stata il doping?
No, certo che no! Mi sono limitato a unire una serie di punti, di indizi, che lasciano supporre il forte sospetto che la morte sia connessa a questo. Se non si è ipocriti o, più spesso, se non si ha la coda di paglia, è facile individuare la causa più probabile, senza partire con la solita cantilena per la quale un infarto può venire a tutti. Ma sono cose che ho già affrontato, e non voglio ripetermi, chi vuole può leggerle qui.

Mentre un'altra vita si spegneva, da una parte i fanatici del doping hanno fatto partire il solito tam-tam, chiedendosi ansiosi se fosse morto per la "sua passione". Una sorta di codice d'onore per indicare l'abuso di sostanze come causa scatenante. Si ha talmente paura a dire "morto per doping" che si cercano espedienti linguistici più dignitosi, quasi che la passione giustifichi l'uso di anabolizzanti e che la morte conseguente non sia una matematica certezza, ma una fatalità, al pari di un incidente in pista per un pilota.

Dall'altra parte, con un'ignoranza anche maggiore, dopata oserei dire, la carta stampata spacciava per doping 4 integratori, perfino dalla dubbia efficacia, per la pigrizia, il malcostume o la malafede, di chiamare le cose con il loro nome, scrivendo semplicemente "padre idiota nega il diritto allo sport al proprio figlio"

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