Stili di vita sedentari conducono ad un declino dei livelli di prestazione motoria.
Tomkinson et al. (2003) hanno esaminato le tendenze secolari dell'attività aerobica nei ragazzi australiani di età compresa tra 12 e 15 anni, negli anni 1995-2000, sulla base dei dati del programma Australian Sports Commission's Talent Search. Per la ricerca sono stati testati 18.631 ragazzi, utilizzando il test navetta sui 20m. Dai risultati sono emerse diminuzioni significative in tutte le fasce di età, equivalente circa ad uno 0,4-0,8 % dei valori medi per anno. Il tasso di declino, sostengono gli autori, è comunque in linea con diversi altri studi Australiani ed esteri, negli anni che vanno dal 1980 al 2000.
Il dato preoccupante è che, in relazione ai ragazzi della stessa età di altri paesi, quelli australiani hanno mostrato livelli medi inferiori di capacità aerobiche. Tale decadimento aerobico per gli autori è da attribuire ai ridotti LAF. Il riesame sottolinea un'indispensabile, quanto necessaria, revisione sistematica dei programmi di attività fisica scolastica ed extra-scolastica, per contrastare l'epidemia di sedentarietà giovanile, perché, concludono Tomkinson et al.(2003), dal declino dei LAF scaturisce anche il declino dei livelli di prestazione motoria.
Nilsson et al. (2007) hanno studiato i ragazzi di quattro Paesi europei, di etàcompresa tra 9 e 15 anni, per esaminare le differenze tra LAF, tempo trascorso inattività fisica di intensità da moderata a forte (MVPA) e tempo trascorso sedentariamente dai ragazzi.
Il livello di attività fisica è stato misurato nell'arco di 2 giorni feriali e 2 giorni del fine settimana, usando l'accelerometro. Sono stati calcolati, inoltre, il tempo medio trascorso, il tempo trascorso sedentariamente, il tempo trascorso e il MVPA percentuale dei ragazzi dopo aver accumulato 60 minuti di MVPA. Dopo essere stati elaborati, i dati sono stati confrontati tra giorni feriali e fine settimana, e tra il tempo trascorso a scuola e il tempo libero.
Il riesame sottolinea che, anche se non del tutto coerente nei vari Paesi, nel complesso l'AF, il tempo speso sedentariamente e la proporzione dei ragazzi che hanno accumulato 60 minuti di MVPA eranopiù elevati nei giorni feriali rispetto ai giorni del fine settimana.Le differenze globali di attività fisica tra il tempo trascorso a scuola e il tempo libero, infatti, erano altamente incoerenti tra i vari Paesi: solo il 31% dei ragazzi seguiti ha accumulato almeno 60 min di MVPA sia durante l'orario scolastico, che durante il tempo liberoQueste differenze sostanziali nei modelli di attività tra i giorni feriali e il fine settimana, secondo gli esperti, sono dovuti al poco tempo accumulato in MVPA durante il fine settimana.
Nilsson et al. (2007) sono arrivati alla conclusione che il weekend ed il tempo libero durante la settimana siano obiettivi adeguati per promuovere l'attività fisica, al fine di aumentare la percentuale di ragazzi per il raggiungimento delle attuali raccomandazioni sul miglioramento della salute, in seguito alla pratica di attività fisica. Sarebbe, quindi, una soluzione focalizzare l'attenzione sull'organizzazione del tempo libero dei giovani, cercando di impegnarli inattività fisiche.
In uno studio compiuto in Finlandia da Ridgway et al (2009), si è potuto confermare che l'efficienza fisica in età evolutiva è correlata positivamente con i livelli di attività fisica. In particolare sono state valutate le associazioni tra i periodi di sviluppo motorio infantile e la successiva partecipazione allo sport durante l'adolescenza, mediante uno studio prospettico osservazionale.
La popolazione consisteva di 9.009 individui, tutti nati nel 1966. Lo sviluppo motorio è stato valutato dalla relazione dei genitori all'età di 1 anno, con l'età in cui si è iniziato a camminare con il sostegno e l'età in cui si era in piedi senza aiuto. All'età di 14 anni sono stati raccolti dati sulla qualità dell'insegnamento dell'educazione fisica svolta a scuola. L'autovalutazione è stata utilizzata per raccogliere informazioni sulla frequenza della partecipazione sportiva e il numero di diversi sport segnalati. I risultati hanno evidenziato che l'inizio dello sviluppo motorio infantile è stato associato con una migliore qualità dell'educazione fisica scolastica, sia per gli individui sostenuti dalla tenera età (p 0,001), sia per quelli che sapevano stare in piedi senza aiuto (p = 0,001). L'inizio dello sviluppo motorio infantile nei soggetti sostenuti sin dalla tenera età, è stato associato positivamente con il numero di sport diversi praticati (p = 0,003) e con una maggiore frequenza alla partecipazione sportiva (p = 0,043). Queste associazioni erano indipendenti dall'età gestazionale e dal peso alla nascita, così come dalla classe sociale del padre e dal BMI a 14 anni.
Le conclusioni tratte da Ridgway et al (2009) evidenziano che prima dello sviluppo motorio infantile è necessario fornire maggiori livelli di attività fisica, come indicato dalla scuola di grado superiore di educazione fisica, in quanto determina l'aumento della partecipazione ad una maggiore varietà di discipline sportive e l'aumento della frequenza alla partecipazione sportiva. L'identificazione precoce dei bambini con sviluppo motorio più lento, può consentire interventi mirati a migliorare le capacità motorie e di conseguenza aumentarne l'attività fisica nelle età successive.
Garcinuno, Garcia, Alonso e Lopez (2011) nel loro The OPACA Study affermano con certezza che l'attività fisica è un fattore chiave per la salute umana. Questo recentissimo studio del 2011 cerca di misurare il livello di attività fisica nei ragazzi per scoprire quali sono i determinanti.
L'indagine è stata condotta su un campione di 179 ragazzi di età compresa tra 11 e 14 anni. La loro attività fisica è stata misurata utilizzando un diario personale di tre giorni, in cui venivano annotate tutte le attività fisiche praticate (sportive e non) nell'arco di tempo dello studio; inoltre sono state raccolti dati antropometrici e socio-economici dei ragazzi partecipanti. Lo studio ha focalizzato l'attenzione su 3 variabili in maniera particolare: la massa magra in base ad un adeguato dispendio energetico (AEE / FFM), il livello di attività fisica (LAF) e la categoria di attività fisica (individuo attivo/non attivo).
I risultati hanno evidenziato che sui 179 ragazzi esaminati, solo il 71,5% era attivo o molto attivo, i maschi sono stati più attivi delle femmine, e l'attività fisica è stata maggiore soprattutto in estate. Il livello di attività fisica è diminuito significativamente tra gli 11 ed i 14 anni, e l'attività fisica è stata più bassa durante il fine settimana che nei giorni lavorativi: non sono state evidenziate differenze correlate all'obesità, al sovrappeso o alla percentuale di grasso corporeo.
Da un punto di vista dei benefici per la salute, lo studio ha determinato effetti positivi sulla pressione sanguigna, infatti, più i ragazzi erano attivi e più la loro pressione sanguigna era bassa. Il LAF era direttamente proporzionale al numero di ore settimanali impegnate in attività sportive, e inversamente proporzionale al tempo trascorso in maniera sedentaria.
Garcinuno et al.(2010) hanno rilevato che il livello di attività fisica nella popolazione esaminata è accettabile, anche se ci sono differenze di sesso e vi è una tendenza al calo durante l'adolescenza.
Sollecitati dai recenti risultati della ricerca, i mass media stanno divulgando informazioni sulla crisi di sovrappeso ed obesità in cui versano le attuali generazioni di bambini e ragazzi adolescenti. Donna Thompson (2005) in un suo articolo pubblicato da Hunam Kinetics, ha provato a chiedersi quali possano essere i motivi di questa epidemia che minaccia il pianeta:
Questi fattori incidono notevolmente sui livelli di attività motoria giovanili, perchè i ragazzi hanno sostanzialmente meno possibilità di essere fisicamente attivi a scuola e a casa; inoltre, i modelli di adulti che i ragazzi tendono ad emulare sono più intellettuali che fisici, ma soprattutto c'è meno controllo da parte dei genitori su come i loro figli passino il loro tempo libero, con conseguente aumento della visione televisiva e di giochi virtuali, che contrastano col fatto di essere fisicamente attivi. Purtroppo, aggiunge l'autrice, queste non sono le uniche questioni che interessano il sano sviluppo fisico dei ragazzi: vi è anche una maggiore attenzione nelle scuole per aumentare gli studi che includano l'uso di test standardizzati. Sarebbe opportuno, invece, qualche sacrificio scolastico, che non incida ovviamente sul livello culturale dei ragazzi, soggetto a rimuovere qualche ora di lezione in classe a favore di più tempo dedicato allo sport per i ragazzi.
In conclusione è, quindi, indispensabile che gli educatori fisici comunichino i benefici sociali, fisici ed intellettuali dell'educazione fisica e del gioco, ai ragazzi, ai loro genitori ed ai dirigenti scolastici, in modo da sviluppare una mentalità che metta l'attività fisica ed i suoi benefici al centro dello sviluppo della persona (Stili d'insegnamento).
I programmi globali di attività fisica nelle scuole si basano sull'educazionefisica e su altre opportunità di attività fisica, tra cui la ricreazione e le altre leinterruzioni di svago interne, sport interscolastici e scampagnate e giri in bicipromossi dalla scuola.
Sarah M. Lee et al. (2007) in un lavoro pubblicato su Journal of Science and Sport, descrive le caratteristiche dell'educazione fisica scolastica, dei programmi e delle politiche di attività fisica negli Stati Uniti al livello di stato, quartiere, scuola e livelli di classe. I Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie controllano le politiche sanitarie e i programmi scolastici ogni 6 anni. Nel 2006 il personale dell'agenzia di educazione statale ha somministrato una serie di interviste fatte attraverso computer e/o telefono e questionari inviati via mail, in tutti i 50 stati della Columbia ad un campione rappresentativo delle regioni a livello nazionale (n = 453). Le interviste sono state condotte su un campione rappresentativo a livello nazionale di scuole elementari, medie e superiori (n = 988) e su un campione rappresentativo a livello nazionale di insegnanti di educazione fisica in varie classi e corsi (n = 1194).
I risultati sono stati sorprendenti: la maggior parte degli Stati e delle regioni aveva adottato una politica, affermando che le scuole avrebbero insegnato l'educazione fisica, ma, in realtà, poche scuole fornivano effettivamente lezioni quotidiane di educazione fisica agli studenti. Inoltre molti Stati, regioni e scuole permettevano agli studenti di essere esonerati dalla partecipazione alle lezioni di educazione fisica. In pratica la ricerca ha rilevato l'inefficienza dell'educazione fisica scolastica americana, perché la maggior parte delle scuole forniva poche opportunità agli studenti per essere fisicamente attivi, anche al di fuori delle lezioni di educazione fisica. Gli Stati e le regioni, inoltre, pur offrendo al personale docente di educazione fisica corsi di aggiornamento per consentirne lo sviluppo ed il miglioramento, non hanno ottenuto i risultati sperati perchè gli insegnanti in genere hanno dimostrato di non aver ricevuto le conoscenze fondamentali per affrontare e gestire una varietà di argomenti importanti, come il binomio educazione fisica-salute.
In conclusione per migliorare l'educazione fisica e l'attività fisica nelle scuole, è necessario, secondo gli autori, un approccio globale a livello di Stato, regione, scuola e classi. Necessitano nuove politiche, norme e miglioramento generale degli insegnanti a livello di stato e regione, che consentirebbero alle scuole di migliorare le opportunità per gli studenti di diventare adulti fisicamente attivi (Lee et al., 2007).
Secondo Lee et al (2008), l'insegnamento dell'educazione fisica nelle scuole pubbliche è una pratica educativa che risale alla metà del 1800. Stando a quanto affermato da Trost (2008), gli obiettivi dell'educazione fisica scolastica vanno oltre la semplice promozione dell'attività fisica, ma includono anche lo sviluppo delle conoscenze cognitive e delle capacità fisiche, sociali ed emotive necessarie per la partecipazione ad una vita lunga e fisicamente attiva.
Nonostante le buone premesse e le innumerevoli evidenze scientifiche in merito, però, Trost (2008) è convinto che le necessità di bilancio che incidono sui sistemi scolastici e l'attenzione rivolta a migliorare i punteggi dei test universitari, inducano insegnanti e dirigenti a mettere sempre più in discussione il contributo dell'educazione fisica e di altri programmi di attività fisica sulla salute degli scolari, dando più importanza alla missione centrale delle scuole. Tutto ciò ha portato ad una sostanziale riduzione del tempo disponibile per l'insegnamento dell'attività fisica durante l'orario scolastico e, in alcuni casi, i programmi di attività fisica nelle scuole sono stati completamente eliminati.
Secondo i dati di uno studio americano (Lee, Burgeson, Fulton e Spain, 2007), nel 2006 solo il 3,8% delle scuole elementari, il 7,9% di scuole medie e il 2,1% delle scuole di alta formazione hanno provveduto quotidianamente a fornire un'adeguata attività fisica ai propri studenti (o al suo equivalente) per l'intero anno scolastico in tutte le classi della scuola Al centro di questo studio condotto dalla Oregon State University vi è l'obiettivo di bloccare la decisione di ridimensionare o eliminare del tutto i programmi di educazione fisica o attività fisiche di altro tipo nelle scuole, per aumentare il tempo di insegnamento in classe. Una revisione della precedente letteratura scientifica compiuta dall'Autore su questo argomento ha dimostrato che l'aumento del tempo dedicato all'educazione fisica scolastica non incide negativamente sulle prestazioni scolasticheanzi, ci sono abbastanza prove scientifiche utili a dimostrare che i benefici sanitari derivanti dall'educazione fisica scolastica, da maggiori livelli di attività fisica e di forma fisica sono positivamente associati con migliori performance scolastiche in gioventù.
La ricerca di Trost (2008) ha esaminato, inoltre, la relazione tra attività fisica ed il rendimento scolastico in gioventù, dimostrando chiaramente che l'educazione fisica ed i programmi di attività fisica di altre scuole non influiscono negativamente sulle prestazioni scolastiche dei ragazzi. Inoltre, i benefici per la salute connessi con l'educazione fisica scolastica, come la regolare partecipazione ad attività fisica e livelli di capacità aerobica più elevati, sono correlati ad un migliore rendimento scolastico. Pertanto sulla base di questa evidenza, Trost (2008) conclude dicendo che la credenza che i programmi di attività fisica nelle scuole dovrebbero essere eliminati o notevolmente ridotti per fornire più tempo alla didattica in aula, non può essere giustificata. Non c'è bisogno di sacrificare la salute degli studenti, per raggiungere gli obiettivi accademici.
Una revisione della letteratura compiuta da Ortega et al. (2008) e pubblicata suInternational Journal of Obesity dimostra, inoltre, che l'efficienza fisica è unimportante indicatore di salute per i bambini ed i giovani, poiché: