La promozione della partecipazione all'attività fisica durante tutto l'arco della vitaè uno degli obiettivi principali dell'educazione fisica scolastica (Fairclough, Stratton e Baldwin, 2002).
Lo scopo di uno studio di di Fairclough, Stratton e Baldwin è stato quello di verificare l'efficacia degli attuali programmi di educazione fisica scolastici ed extra-scolastici, che hanno (o dovrebbero avere) l'obiettivo principale di promuovere l'attività fisica tra i giovani, preparandoli, così, ad una partecipazione costante all'attività motoria durante tutto l'arco della loro vita. Lo studio ha preso in considerazione due tipi di attività fisica.
Le attività praticabili durante tutto l'arco della vita sono state definite come quelle che possono essere facilmente trasmesse e praticate fino all'età adulta, perché in genere hanno bisogno di una o due persone per essere praticate (Ross et al, 1985). Poiché richiedono anche strutture, attrezzature ed organizzazione minime, molte attività sportive si adattano a questa definizione; ad esempio, il ciclismo per il piacere intrinseco di pedalare, jogging per la salute, i corsi di ballo frequentati per allacciare rapporti sociali, o la partita a tennis in sana competizione tra amici.Inoltre, sono attività che hanno il potenziale per fornire miglioramenti per la salute e benefici per tutta la vita adulta. Recenti studi avvertono che i bambini attratti sin dall'infanzia da questo genere di attività, saranno più propensi a seguire stili di vita fisicamente attivi nell'età adulta.
Lo scopo del gioco di squadra, invece, è quello di totalizzare più punti rispetto alla squadra avversaria, e quindi, per definizione, vengono rilegati tra gli sport competitivi. Inoltre, gli sport di squadra in genere richiedono più di due giocatori per squadra e, nella maggior parte dei casi, i partecipanti sono “costretti" a sedute di allenamento frequenti durante la settimana, per migliorare la coesione, l'affiatamento e la prestazione della squadra, di conseguenza questo impegno settimanale costante, può fornire eccessive pressioni ai partecipanti. I giochi di squadra, inoltre, richiedono spesso una grande area di gioco specializzata (es.: campo da calcio), in più la natura competitiva dell'attività, necessita di un arbitro che regoli lo svolgimento della competizione. I giochi di squadra forniscono comunque benefici a vantaggio della salute (Stratton, 1996), ma in realtà tendono ad essere meno popolari tra la popolazione adulta, a causa di quanto appena descritto (Sports Council and Health Education Authority, 1992).
Sallis e Mc Kenzie (1991) hanno studiato che i ragazzi che partecipavano a giochi di gruppo tendevano a prendere parte ad attività fisiche più solitarie da adulti (cioè a quelle attività praticabili liberamente durante tutto l'arco della vita). Inoltre, i bambini che sono stati più attivi negli sport di squadra, da adulti erano più propensi a guardare lo sport in TV, anzichè partecipare effettivamente ad attività fisiche (Sallis et al., 1989).
Per dar vita allo studio 51 dirigenti di educazione fisica hanno completato i questionari incentrati sull'apporto di educazione fisica nella loro scuola. I ris ultati hanno mostrato che i giochi di squadra predominavano nettamente sulle attivitàfisiche praticabili durante tutto l'arco della vita (es.: jogging, camminare, ciclismo) (p .01), al contrario, queste ultime attività erano più importanti per i ragazzi durante il tempo extra scolastico (p .01).
Le ragazze hanno proposto maggiori quantità di attività fisica di vita quotidiana rispetto ai giochi di squadra, nei loro piani di studio (p .01) e nelle loro opportunità extra scolastiche. I maschi, invece, hanno proposto più opportunità per praticare i giochi di squadra (p .01).
Questo studio ha esaminato se le attuali disposizioni di educazione fisica contribuiscano in maniera soddisfacente all'obiettivo fondamentale di inculcare agli studenti gli ideali per una partecipazione all'attività fisica durante tutta la loro vita, trasformandoli cosi in individui fisicamente attivi. Lo studio ha rivelato che le attività praticabili durante tutto l'arco della vita erano svolte più significativamente come attività extra-scolastiche, rispetto a quelle previste all'interno dei programmi scolastici. Questo può sembrare incoraggiante in teoria, ma in pratica più opportunità non si traducono necessariamente in un aumento alla partecipazione attraverso il programma esteso. Questo problema può essere inoltre aggravato, perché gli studenti seguono un percorso formativo composto principalmente da giochi squadra, rivolto esclusivamente ai maschi (Fairclough e Stratton, 1997; Penney e Harris, 1997). Come risultato di tutto ciò molti studenti che non sono attratti dagli sport di squadra, o che non sono in grado di praticarli o non sono fiduciosi come i loro coetanei, potrebbero essere scoraggiati dalla partecipazione all'attività fisica, abbandonando, quindi, lo svolgimento della lezione. Una possibile ragione per cui le attività fisiche durente la giornata sono state meno predominanti durante le lezioni è che la quantità di tempo settimanale assegnato all'educazione fisica scolastica è limitata, e in molti casi è diminuita drasticamente rispetto alle altre aree disciplinari. La ricerca sin dalla fine del 1990 ha osservato che l'assegnazione di tempo all'educazione fisica deve essere rispettivamente 123 e 80,4 minuti a settimana al KS 3 e 4 (Fairclough e Stratton, 1997), ma recentemente Cale (2000) ha registrato una riduzione di questi stanziamenti valutabili in 117,8 minuti al KS 3 e 55,5 minuti al KS 4.
Anche se l'attuale NCPE (DfEE e QCA, 1999) suggerisce due ore di attività fisica settimanali sia come parte delle attività scolastiche che extra-scolastiche, questo dato è ancora ben al di sotto delle raccomandazioni Europee di Educazione Fisica, che suggeriscono tre ore di educazione fisica settimanali (EUPEA, 1993). C'è bisogno di una maggiore consapevolezza tra i decisori politici i quali devono capire che l'attività fisica ha il potenziale per fornire vantaggi per la salute a tutti gli studenti (Zeigler, 1999).
Al giorno d'oggi le scuole pongono un accento significativo sui giochi di squadra, spesso a scapito di altre attività, che potrebbero suscitare più interesse negli alunni. Il compito degli educatori fisici è quello di riconoscere quali siano le attività che hanno maggiori possibilità di diffusione nella vita futura dei ragazzi, e devono mirare a fornire maggiori opportunità a tutti gli studenti per consentire loro di sperimentare queste attività. Ciò potrebbe essere realizzato mediante il riesame dei programma scolastici, creando opportunità per il personale (compresi i non specializzati) per migliorare la loro conoscenza della materia in settori in cui sono meno esperti.
Anche Tristan & Buckworth (2004) sono d'accordo nel dire che l'educazione fisica a scuola può avere una forte influenza sulla promozione dell'attività fisica nei giovani.
Gli Autori di questo studio messo in risalto dalla rivista Quest, descrivono le correlazioni dell'attività fisica nei giovani, esaminando come questi fattori debbano essere considerati come interventi di base in educazione fisica, per promuovere l'attività fisica tra i giovani, avanzando anche proposte di tipo pedagogico. Gli Autori sostengono che bisogna partire dagli elementi importanti che sono stati costantemente associati all'attività fisica dei giovani, ovvero: godimento dell'attività fisica, motivazione, aiuto e sostegno diretto da parte dei genitori e l'opportunità di essere fisicamente attivi. Stando a questi presupposti, secondo gli esperti, l'introduzione dei programmi di educazione fisica basati sulla promozione dell'attività fisica tra i giovani, dovrebbe fondarsi su questi fattori, rendendoli il cardine attorno al quale ruoterà l'intera promozione; l'ultima cosa, ma non certo la meno importante da tenere a mente, è quella di non dimenticare l'utilizzo della pedagogia come strumento per promuovere la motivazione degli studenti.
Pate et al. (2006) sostengono che il ruolo della scuola sia fondamentale nella promozione delle attività fisiche e nella prevenzione delle patologie cardiovascolari e metaboliche, per queste ragioni hanno condotto uno studio ,evidenziando tale problematica e cercando di formulare delle raccomandazioni da attuare per aumentare l'efficacia dei numerosi studi rivolti alla promozione dell'attività fisica giovanile. Gli autori consigliano che:
Pate et al (2006) credono che tutte queste indicazioni siano percorribili, ma necessitano di uno sforzo organizzativo sinergico tra famiglia, scuola, sistema socio-sanitario e organizzazioni ricreativo/sportive. È probabilmente tempo, concludono gli autori, di agire anche a livello di ogni singola comunità, con l'obiettivo di sensibilizzare al massimo l'opinione pubblica.
Anche Fairclough & Stratton (2006) affermano che l'educazione fisica scolastica è disponibile per la maggioranza dei giovani, fornendo loro una base fondamentale per la partecipazione all'attività fisica, ma nonostante ciò ci sono ancora elevate percentuali di scarsi LAF tra i ragazzi.
È ormai risaputo che una regolare attività fisica durante l'infanzia può conferirebenefici acuti e a lungo termine per la salute durante tutta la vita, perciò uno degliobiettivi dell'educazione fisica scolastica sarà quello di istruire gli studenti apartecipare in quantità adeguata all'attività fisica durante il tempo dellelezioni.
Da un punto di vista della salute, invece, lo scopo è quello di incrementarne la funzione cardiorespiratoria, migliorando i LAF durante le lezioni di ginnastica. Attraverso piccoli accorgimenti è possibile, infatti, manipolare i contesti della lezione, i comportamenti degli insegnanti e raggiungere ciò che ci si è prefissati, senza naturalmente compromettere gli altri obiettivi previsti dalla lezione.
Ridgers, Stratton e Fairclough (2006) sono convinti che la scuola costituisca un ambiente adatto per i programmi di intervento volti a promuovere l'attività fisica a beneficio della salute. Durante la giornata scolastica, infatti, l'educazione fisica e la ricreazione offrono ai ragazzi regolari opportunità di muoversi ed impegnarsi in attività fisiche. Gli studiosi affermano, tuttavia, che vi è la crescente preoccupazione che, a livello internazionale, il tempo dedicato all'educazione fisica non rispetti le linee guida raccomandate.
L'efficacia del cortile della ricreazione, per esempio, è stato considerato come un ambiente complementare all'educazione fisica scolastica, per promuovere l'attività fisica. Le attuali linee guida internazionali di attività fisica stabiliscono che i ragazzi dovrebbero impegnarsi in almeno 1 ora di attività fisica di intensità moderata al giorno.
Attualmente, però, non esistono linee guida empiricamente testate per i livelli di attività fisica durante la ricreazione. Tuttavia gli studi citati in questo articolo indicano che la ricreazione può contribuire tra il 5-40% dei livelli di attività fisica quotidiana raccomandati, anche non utilizzando alcun intervento. Le indagini riportate in letteratura riferite alla scuola, suggeriscono che i ragazzi si impegnano con maggiore frequenza nell'attività fisica durante la ricreazione, rispetto alle coetanee donne.
Gli studi che hanno attuato strategie di intervento al fine di promuovere i livelli di attività fisica, indicano che la ricreazione può contribuire quotidianamente alle linee guida dettate per un'ottimale livello di attività fisica. A seguito dell'attuazione di interventi basati sulla ricreazione, infatti, le spese energetiche ed i livelli di attività fisica degli studenti sono aumentati durante l'intervallo.
La ricerca sull'utilizzo della ricreazione ed il contributo delle linee guida internazionali sull'attività fisica, hanno garantito ai ragazzi l'opportunità di essere fisicamente attivi durante tutti i giorni della ricreazione. Ecco perché Ridgers et al. (2006) ritengono l'intervallo un momento di massima espressione dell'attività fisica per gli studenti, che non bisogna assolutamente eliminare dalle scuole.
I giovani che praticano attività fisica, non solo si mantengono in forma e in salute, ma sono anche più bravi a scuola (Castelli ed at. 2007). Secondo uno studio pubblicato su Journal of Sport and Exercise Psychology, infatti, l'allenamento costante stimolerebbe il rilascio di un fattore neurotrofico in grado di migliorare la capacità delle cellule nervose di creare nuove connessioni cerebrali, migliorando le prestazioni intellettive. L'indagine ha riguardato 259 studenti tra gli 8 e gli 11 anni, i quali hanno riferito informazioni relative alla tipologia ed alla frequenza dell'attività fisica svolta e alle proprie performance scolastiche.
Dall'analisi dei dati è emerso che i giovani che si allenavano di più ottenevano risultati scolastici migliori rispetto ai coetanei più sedentari. In particolare, sembrerebbe che la pratica costante di attività aerobiche sia associata a migliori abilità matematiche e di lettura, mentre altri sport, più legati alla forza e alla flessibilità, non influenzerebbero il rendimento scolastico. Come ricordato anche dagli autori, i risultati dello studio ribadiscono una volta di più l'importanza dello sport nella formazione dei giovani, non solo perché sviluppa la capacità di stare in gruppo, il valore dell'allenamento e della costanza per ottenere dei risultati, ma anche perché aiuta il cervello ad essere più plastico e reattivo.
Recenti studi condotti da Fox et al. (2010), hanno dimostrato che alti livelli di attività fisica sono associati ad un maggiore successo scolastico tra gli studenti. Tuttavia non è chiaro se le associazioni siano dovute alla pratica dell'attività fisica stessa o alla partecipazione a sport di squadra, che per esempio possono coinvolgere i requisiti per il mantenimento di determinati livelli.
Lo scopo di questo studio pubblicato su Journal Science Health, è di esaminare l'associazione tra la partecipazione agli sport di squadra, l'attività fisica e i risultati scolastici negli studenti delle scuole medie e superiori.
I dati sono stati elaborati dal Progetto EAT (cibo tra gli adolescenti), un sondaggio effettuato tra 4.746 studenti delle scuole medie e superiori, che hanno auto riferito le loro ore settimanali di attività fisica, la partecipazione a sport di squadra ed i loro livelli di rendimento scolastico. Per l'elaborazione sono stati presi in considerazione due modelli statistici: (1) due analisi di regressione separate con risultato la media dei voti (GPA) e altre partecipazioni a sport di squadra o attività fisica come predittore, (2) una singola regressione con risultato GPA e sia la partecipazione a sport di squadra, sia l'attività fisica come predittori simultanei.
I risultati dello studio di Claudia K. Fox et al. (2010) hanno evidenziato che per le ragazze delle scuole superiori, sia l'attività fisica sia la partecipazione agli sport di squadra sono state indipendentemente associate ad una maggiore media dei voti. Per i ragazzi delle scuole superiori, invece, soltanto la partecipazione a sport di squadra è stata associata in modo indipendente con una media voti più alta. Per gli studenti della scuola media, l'associazione positiva tra attività fisica e media voti non poteva essere separata dal rapporto tra la partecipazione a sport di squadra e un più alto rendimento scolastico.
A prescindere dal fatto che il successo scolastico è stato associato positivamente sia alla pratica di attività fisica sia alla partecipazione a sport di squadra, i risultati hanno indicato associazioni positive tra il coinvolgimento in attività fisica ed il rendimento scolastico tra gli studenti.