Basso grado di imprenditorialità, redditività operativa negativa, prospettive di stagnazione della domanda da parte degli utenti. È quanto emerge da una recente ricerca di Databank, pubblicata su "Il Sole 24 Ore Sport", relativa al mondo del fitness.
Questi i dati: sono 12 mila circa le palestre sparse in tutto il territorio nazionale, di cui, però, la metà offre strutture embrionali, quand'anche non semplicemente amatoriali. 28 mila gli addetti, con una media di 4 per centro. La superficie totale delle palestre è di 30 milioni di metri quadrati, con una media di 4.615 per ogni singola realtà. Il valore del giro di affari si assesta attorno a 1,8 milioni di euro; una palestra fattura, quindi, mediamente, 250-270 mila euro all'anno. Buono il numero dei soci attivi, circa 5 milioni. La crescita economica rispetto al quadriennio 1999/2003 è stata del 2,3 %. Non male, ma ampiamente al di sotto delle previsioni degli esperti. Il valore aggiunto complessivo è stato di 446,4 milioni di euro, quello per addetto di 15,9 milioni. Da notare che le prime 4 imprese operanti in Italia detengono una quota di mercato pari al 7% del settore. Pochissimo, almeno rispetto alle realtà d'oltrefrontiera, a conferma dell'elevatissima frammentazione del segmento e dell'atomizzazione dei centri.
La tendenza di medio periodo, secondo Databank, è quella della stabilità. Previsione confermata dall'analisi dei dati relativi alle più importanti catene di fitness attive sul territorio. American Contourella, con 700 centri, Lifenergy, con 19, Tonic (13), Fitness First (12) e Sportsman Club (9) nel 2004 hanno mantenuto il medesimo numero di palestre rispetto all'anno precedente. Dabliù è addirittura passata da 13 a 11. Le big del mercato, in buona sostanza, non sembrano, allo stato, in grado di raggiungere una massa critica adeguata per definirsi vere e proprie imprese del settore.
Ulteriore fattore da tenere in considerazione, gli investimenti posti in essere nel recente periodo, soprattutto a livello di infrastrutture e personale, dai numerosi competitors, vengono spesso sostenuti mediante debito finanziario con le banche che, atteso il modesto peso economico dei centri, è quasi sempre a breve termine. Si prevede, pertanto, nel breve periodo, il grave rischio di impasse per numerose realtà, soprattutto le più piccole.
Ancora una volta, per i piccoli centri, la strada da seguire è quella della personalizzazione dei servizi, nonchè dello sviluppo del senso di community e di appartenenza, che meglio attechisce nel clima familiare della palestra di fiducia.
Da questo punto di vista, anzi, occorre segnalare, che la stessa industria del fitness, particolarmente sensibile alle tendenze del mercato, si orienta verso strumenti tecnici in grado di favorire la comunicazione interpersonale. È il caso, ad esempio, di "You&Me", la macchina presentata da Technogym al Festival del Fitness di Rimini. Si tratta di un attrezzo da utilizzare esclusivamente in coppia e che, almeno sulla carta, dovrebbe contribuire alla socializzazione tra i fruitori, rendendo l'allenamento più coinvolgente e meno monotono.
Come sottolineato da Databank, quindi, solo se il livello del debito riuscirà a sostenere lo sviluppo dell'attività, piuttosto che altre operazioni correnti, nei prossimi anni sarà possibile osservare un miglioramento dei margini di guadagno. Debito da una parte, attività dall'altra, questi i fattori caratterizzanti l'attuale periodo.
Ancora una volta, sembra essere il marketing la soluzione ai problemi. Questo perchè l'investimento da porre in essere per lo sviluppo di adeguate politiche in questo senso, non prevede mai investimenti consistenti. Tuttavia, trattandosi di un insieme di procedure tese al raggiungimento degli obiettivi aziendali in un tempo che, dati alla mano, è sempre medio-lungo, in alcuni casi l'intervento potrebbe essere già fuori tempo massimo.
Lo starter ha già esploso il colpo del Via, verrebbe da dire, il rischio è quello di non rimanere troppo in attesa sulla linea di partenza.