Il concetto comune e genericamente condiviso di abilità(1) è una rappresentazione mentale di significato e contenuto molto ampio e complesso e, per certi versi, anche ambiguo.
In esso, infatti, includiamo tra le altre, le nostre competenze e perizie manuali, intellettive, sociali, comunicative, istintive, sensomotorie, artistiche, psicologiche, ecc. In altre parole, si assume, all'interno del concetto originario di abilità, la giustificazione ampia di una disponibilità potenziale che va dal saper fare (implicito), al saper pensare, dal concreto all'astratto, dall'istintivo al ragionato.
Etimologicamente i dizionari riportano il termine latino "HABĬLITAS"(2) per significare "attitudine", "idoneità", e anche "capacità", non rilevando, però, che quest'ultimo termine ha un significato ben diverso da quello comunemente attribuito al "sinonimo" abilità, perlomeno in ambiente psicomotorio (la stessa cosa accade anche nella "lingua parlata").
Quante volte, infatti, c'è capitato di sentir dire di qualcuno: "possiede grandi capacità", nella musica, nel disegno o nel pattinaggio, allorché il riferimento è al prodotto, musicale, artistico o motorio, che quel soggetto sta fornendo in quel momento? Sicuramente tante.
In realtà, però, chi si esprime riferendosi a quei "prodotti", sta parlando di abilità o meglio, di atti, azioni, comportamenti o altro, che sono stati nel tempo e nello spazio descritti e ridescritti tante volte fino a che quell'azione, quella musica o quel disegno sono diventati quasi atti automatici e fuori dal "controllo" volontario e la cui esecuzione comporta un minimo dispendio energetico. In altre parole, si attribuisce impropriamente un termine, che possiede un suo specifico significato, ad un concetto diverso.
Per meglio comprendere ci rifacciamo a Schmidt e Wrisberg(3) che giustificano questa diversità di contenuti utilizzando per analogia i termini hardware, per rappresentare le "capacità" e software, per le "abilità". In altre parole, è come se avessimo, secondo questi autori, delle macchine informatiche, dei computer che, all'origine, sono più o meno potenti, con più o meno memoria o altro, ma che il loro funzionamento sarà, a livello di prestazione, molto differente dipendentemente dall'operatore che avrà a sua disposizione programmi e abilità diverse e più o meno sviluppate.
Essi affermano, testualmente: Altre analogie per le capacità potrebbero essere l'hardware di un computer o le carte che sono capitate ad una persona mentre gioca a bridge.
Più l'hardware del computer è sofisticato, o migliore è la mano di carte, maggiore sarà la probabilità di successo nella prestazione.
In ogni modo, anche il computer più artefatto del mondo è privo d'utilità senza programmi di software in grado di massimizzare le sue prestazioni.
Allo stesso modo, avere buone carte non garantisce il successo, a meno che l'individuo non sappia giocarle opportunamente.
Le abilità, allora, riflettono la bravura della persona nell'eseguire un particolare compito, come giocare una mano di bridge o giocare nel ruolo di quarterback nel football americano.
In maniera molto schematica possiamo, a questo punto, differenziare le capacità dalle abilità, rilevando che le prime sono il prodotto di tratti ereditari ben specifici, mentre le seconde sono il risultato di un esercizio continuo.
Inoltre, che le capacità sono stabili e durature laddove le abilità, risultano sensibilmente modificabili con l'esercizio.
Le prime sono poco numerose rispetto alle seconde che, per contro, possono essere numerosissime, anche se a diversi livelli di qualità. Le capacità, infine, sottendono l'esecuzione di molte abilità che a loro volta dipendono da diversi sottogruppi di capacità.