Ma cos’è il GIOCO? I pedagogisti moderni lo definiscono come un’attività non semplicemente infantile, ma uno dei bisogni fisiologici dell’uomo anche da adulti; indica qualsiasi attività prodotta per puro piacere, senza scopi. Il gioco rappresenta un’esigenza vitale ed insostituibile, fonte di gratificazione, di socializzazione, di apprendimento, di acquisizione culturale. Catherine Garvey sottolinea come la nozione di gioco sia “aliena da definizioni precise: infatti il gioco assume forme diverse”.
Sostiene che:
Tutti i vari tipi di gioco sono fonte di vari tipi di apprendimenti, occasioni di esercizio di intelligenza, inventiva, creatività e fantasia.1
Si parla di gioco facendo riferimento all’attività ludica o, più in generale, qualcosa di lieve o piacevole. Nel gioco si riflettono molte situazioni ed atteggiamenti umani, come se il gioco fosse una metafora del mondo.
Si esprimono spesso indirettamente preoccupazioni e paure; il gioco assume così una visione di catarsi con cui si gestiscono le situazioni difficili. Le attività ludiche nascono dal bisogno di divertirsi, di stare con gli altri, di sperimentare le possibilità del proprio corpo; rappresenta così uno degli elementi fondamentali per il soggetto per la conoscenza del mondo e della realtà esterna. Infatti le attività ludiche richiedono un impegno costante e totale da parte del giocatore, si sviluppano completamente nella vita del bambino, non richiedono una prosecuzione dopo la fine e sono trasformabili in attività progressivamente sempre più complesse.
Quindi il gioco tende a recuperare tutte le potenzialità ricreative, cognitive e formative del gioco, ossia MOTIVAZIONE ALL’APPRENDIMENTO (principio dell’imparare giocando)
Inoltre il gioco è utile per stabilire rapporti di amicizia che riducono e annullano le distanze sociali; ad esempio nei giochi collettivi i rapporti con gli altri partecipanti non sono altro che quelli che caratterizzano la vita sociale, però bisogna fare una netta distinzione tra il gioco per gli adulti e il gioco per i bambini: per l’adulto il gioco ha una funzione compensatrice, di evasione dalla vita quotidiana, di riposo dall’attività lavorativa; per il bambino, invece, il gioco è un’esigenza vitale, rappresenta la sua piena occupazione e il suo lavoro: non può fare a meno di giocare in quanto attraverso il gioco soddisfa le sue esigenze e i suoi bisogni.3 Ma l’adulto nei confronti del gioco può manifestare quattro atteggiamenti:
Quindi, riassumendo, il gioco è:
Il gioco inoltre attiva in vario modo i processi cognitivi il relazione anche all’età dei bambini. Infatti il gioco svolge inoltre un importante ruolo nell’apprendimento del bambino. Ma innanzitutto bisogna comprendere cosa sia l’apprendimento. Le definizioni di apprendimento elaborate sino a questo momento sono tutte complesse, diverse e articolate. L’apprendimento è un processo che coinvolge la cognitività, la dimensione affettiva, relazionale, mentale di un soggetto ed è continuo per tutto il corso della vita. Produce cambiamenti permanenti nel soggetto che non dipendono dalla maturazione o dalle condizioni dell’organismo, ma scaturiscono a seguito delle esperienze del soggetto. A realizzare il complesso processo di apprendimento sono due tipi di fattori: FATTORI INTERNI (legati alla personalità del soggetto) e FATTORI ESTERNI (relativi all’ambiente socio culturale). Quando si parla di apprendimento si fa riferimento al concetto di conoscenza in particolar modo a ruolo che la conoscenza ha nei processi cognitivi. Infatti al concetto di apprendimento sono strettamente collegati quelli di metaconoscenza e metapprendimento: la metaconoscenza è la conoscenza del conoscere se stesso; il metapprendimento, invece, consiste nell’imparare ad apprendere. Questi due concetti sono diversi fra di loro, ma sono interconnessi ed entrambi “aiutano gli studenti a capire com’essi apprendono”.6
Il processo di apprendimento è un fenomeno multifattoriale che implica più elementi che vanno oltre a quelli principali: l’allievo e il docente. Nel caso della scuola l’apprendimento avviene in un contesto educativo dove l’obiettivo principale è l’acquisizione da parte dello studente al termine dei cicli d’istruzione di molte competenze e quindi dell’autonomia. Il docente, invece, funge da mediatore e da facilitatore nell’apprendimento creando le condizioni adeguate affinché ciò avvenga nei migliori dei modi. In ambito motorio “l’apprendimento è la capacità di imparare a produrre azioni adeguate allo scopo”.7
Inoltre comprende la capacità di saper scegliere, seguire e controllare i movimenti già sperimentati; infatti l’apprendimento motorio non consiste solo nell’acquisizione e nella ripetizione di un movimento che diviene automatizzato, ma anche nell’apprendimento di movimenti generatori di specifiche azioni motorie. Nel dettaglio, l’apprendimento motorio è un cambiamento dei processi interni che determinano la capacità della persona di eseguire un movimento per un determinato scopo; migliora con la ripetizione e con l’esercizio ed è spesso valutato osservando la stabilità dei livelli di prestazione motoria, e quindi osservandone l’esecuzione.
Affinché l’apprendimento possa realizzarsi è necessario che si presentino determinate condizioni: IDONEITÀ AD APPRENDERE (è necessario un sufficiente grado di maturazione neurofisiologica e cognitiva), DISPONIBILITÀ AD APPRENDERE (quindi attivare la motivazione, l’interesse e l’attenzione dell’allievo) e l’OPPORTUNITÀ AD APPRENDERE (offrire al soggetto un ambiente socio culturale positivo, favorendone la crescita globale).
L’apprendimento motorio, secondo K. Meinel e G. Schnabel è influenzato da due tipologie di condizioni: CONDIZIONI ESTERNE (ambiente sociale, linguaggio, informazioni di ritorno relative all’esecuzione del movimento) e CONDIZIONI INTERNE (capacità condizionali, capacità coordinative, capacità intellettive, abilità preesistenti, motivazione, volontà del soggetto, funzioni comportamentali, comprensione del compito). Inoltre, il processo di apprendimento motorio avviene attraverso in tre stadi principali:
All’interno della pratica ludica, esistono attività che permettono l’apprendimento di abilità motorie fondamentali e delle capacità di base, infatti il gioco viene utilizzato dagli insegnanti proprio per permettere al bambino di avvicinarsi allo sport e al movimento nel modo più semplice e divertente. Il primo passo è quello di potenziare gli schemi motori di base attraverso l’attivazione delle capacità senso-percettive. Ogni schema motorio deve essere sperimentato in tutte le forme possibili e devono essere riproducibili in tutte le varianti: prendere coscienza del proprio corpo e di quello degli altri, conoscere lo spazio e il tempo, valutarne la qualità e la quantità di forza necessaria a svolgere un compito. Allenare le capacità attraverso il gioco vuol dire ricercare dal bambino il massimo dell’impegno attraverso una situazione stimolante e divertente.
L’attività ludica è il metodo più praticabile ai fini dell’apprendimento motorio del bambino in quanto non si avvale di tecniche specifiche, non necessita di attrezzature pericolose, non prevede spiegazioni dettagliate per i bambini né tantomeno il raggiungimento di abilità raffinate: una volta impostato, sviluppa l’autonomia operativa degli alunni sfruttando la loro stessa competenza. L’attività ludico-motoria inoltre, se ben organizzata e strutturata, può assumere un carattere ricreativo e divertente anche per i docenti perché questo tipo di attività permette di comprendere la capacità di organizzazione autonoma dei bambini ma soprattutto di valutare soggettivamente il comportamento degli alunni. In ogni gioco, inoltre, possiamo trovare molti elementi utili allo sviluppo delle capacità condizionali: il rischio che l’attività ludica sia insufficiente è inesistente poiché nel gioco i bimbi danno sempre il massimo delle loro energie, anche eccessivo.
Però questo aspetto preoccupa molto gli insegnanti perché apparato cardio-circolatorio, muscolo scheletrico e meccanismi di secrezione ormonale dei bambini non ancora sono completamente maturi e per questo bisogna prestare la massima attenzione e la massima prudenza. I bambini non devono essere forzati al gioco e quando sono stanchi bisogna lasciarli riposare, anche se il gioco non è finito; recuperando, essi rientrano autonomamente in attività. Se necessario andranno solo frenati gli eccessi dei più vivaci e sollecitare i bambini più pigri. Questo non vuol dire che il bambino deve essere considerato fragile e delicato: durante il gioco, infatti, manifesta prestazioni eccezionali e una notevole resistenza allo sforzo. Infine il gioco, all’interno del processo di apprendimento motorio, è un ottimo strumento per l’avviamento alla pratica sportiva: per strutturare e migliorare le abilità di base delle discipline sportive, ai bambini devono essere dapprima insegnati gli elementi tecnici fondamentali (tiro, ricezione, guida della palla, rotolamenti, salti, ritmo, coordinazione spazio-temporale) per poi proporre e inventare giochi che si avvicinino gradualmente alle discipline sportive.9
Ma il gioco va al di là della sua utilizzazione nella sfera corporea: Infatti l’attività ludico-motoria permette al soggetto di definire l’immagine del proprio corpo e delle potenzialità; aiuta ad affrontare i problemi fondamentali della persona, favorisce l’equilibrio psico-fisico e la socializzazione. Così diventa un fattore fondamentale per lo sviluppo, la consapevolezza e la relazione della persona con il proprio corpo. Per questo l’attività ludico-motoria è di vitale importanza in età evolutiva perché permette di acquisire più coscienza della propria immagine corporea.
Infatti solo grazie alla dimensione ludica si avrà un corretto utilizzo del gioco e, successivamente, dello sport come strumento che permette la conoscenza e il rispetto di sé e degli altri, favorendo la socializzazione.10 Inoltre tramite le attività ludiche il bambino comprende, modifica, determina regole di comportamento civile per la salvaguardia dei diritti propri e altrui; ha profondo valore emozionale e risulta fondamentale per la formazione del carattere e della personalità.