Finalmente è arrivata a staggione, come si usa chiamarla nel dialetto partenopeo, e in quanto a capacità di sintesi il popolo napoletano è secondo a nessuno.
A staggione ovviamente è l'estate, stagione per antonomasia, quasi che le altre abbiano un po' meno diritto di essere annoverate come tali.
Questa interpretazione accomuna anche buona parte del popolo del fitness, impegnato tutto l'anno tra allenamenti, corretta alimentazione, controlli incessanti della propria forma fisica, mesi e mesi di lavoro e sacrificio per poi avere finalmente il riscatto estivo quando, rigorosamente in riva al mare, si potrà dare sfoggio della propria perfezione fisica, mentre con lo sguardo si potranno fulminare tutti i pigri e viziosi sedentari che a suon di "si vive solo una volta" si sono lasciati andare ai piaceri della tavola ed ora non possono che ammirare (con supposta invidia) i fisici scultorei e abbronzati degli altri. Perché, non bastasse la perfezione muscolare, il popolo del fitness già da maggio sfrutta ogni raggio di sole per abbronzarsi o, nel peggiore dei casi, abbonda in lampade tra una ceretta e l'altra.
Cosa c'è di male in tutto questo? Assolutamente nulla, o meglio... assolutamente nulla fin tanto la ragione della propria esistenza non diventa esclusivamente l’aspetto fisico, l’ipertrofia, la definizione, e tutto il resto passa in secondo piano. La perfezione fisica, che in quanto soggettiva non esiste per davvero, diviene non solo l'unica ragione che muove ogni azione compiuta o evitata, ma anche l'unico metro di misura e valutazione degli altri. E non basta più che siano semplicemente "non grassi" o "non sedentari", devono essere assolutamente conformi alla propria visione e al proprio sport che è l'unico degno di nota, e l'unico a regalare il "giusto" aspetto fisico.
Iniziano tutti con l'obiettivo dichiarato di "stare un po' meglio" ma in molti finiscono col perdere la linea di confine che separa la regolare pratica sportiva e la corretta alimentazione, dall'esasperazione dell'una e dell'altra, sottoponendosi ad ogni tipo di tortura per guadagnare un cm di volume in più o un punto percentuale di massa grassa in meno. Quando sarete giunti a questo livello avverrà la metamorfosi che da sportivi vi trasformerà in banane (e ve lo spiegherò meglio qualche riga più in fondo).
Quando, decidendo di devolvere tutto in favore di un bicipite sempre più grosso, ogni attività giornaliera verrà regolata e divisa tra quelle IN che eventualmente migliorano l'aspetto e quelle OUT che potenzialmente lo peggiorano. Non c'è altro. Non c'è piacere della tavola, non c'è condivisione di uno sport diverso, perché si commetterebbe un peccato punito con un catabolismo immediato. Ecco che si diventa sempre più un semplice involucro, apparentemente perfetto, ma incapace di fare 2 piani di scale di corsa senza arrivare in cima con l'aspetto di un enfisematoso, spompato né più e né meno di un obeso.
Così devoti al proprio bicipite da non concedersi mai una nuotata, una partita a beach volley o una pizza a ferragosto, perché a fronte di un fisico imponente si cela una enorme insicurezza, la maledetta paura di compromettere all'istante il proprio aspetto, la propria prestanza che è stata costruita solo per essere esibita. Fino a diventare un'ossessione per la quale si è disposti a tutto, anche perché la misura del proprio bicipite diventa il mezzo moderno per diventare il capobranco della propria tribù, sia essa rappresentata dal gruppo di altri ossessionati che fanno parte della propria cerchia, o sia essa un mezzo per diventarlo presso un gruppo di ammiratori e seguaci virtuali attraverso il web. Ambienti questi in cui la misura del bicipite diventa anche il paradigma della propria preparazione e competenza. Forse è vero, più è grosso il bicipite e più uno è competente, a patto che non sia troppo grossa anche la sua mandibola, perché in questo secondo caso, a parte gli ipocriti e gli ingenui, non è difficile intuire come entrambi si siano accresciuti. La mandibola, gli ubriachi e i bambini non mentono mai! E mentre i bambini crescono e gli ubriachi smaltiscono la sbronza, la mandibola non smetterà di essere tale.
Essere uno sportivo, essere un amante del fitness ha un significato radicalmente differente, poichè il miglioramento estetico dovrebbe essere la naturale e corretta conseguenza di uno stile di vita sano e attivo, che ha al primo posto il piacere e la serenità per quello che si sta svolgendo, senza ansie, senza regole troppo rigide e con qualche piacevole "sgarro" già che, si condivida o meno, non è poi falso che si vive una volta sola. Ma soprattutto con un atteggiamento che possa accompagnare ad un fisico che appare perfetto anche una perfezione di tipo funzionale, perché è evidente a tutti che tra una Ferrari col motore di una Vespa, e una 500 al top... è certamente meglio la seconda.
Pazienza se non si è pienamente perfetti, si è certamente più in forma (in senso reale ed esteso al suo significato organico) anche con qualche piccola imperfezione estetica. È evidente che il messaggio che voglio lanciare non è un inno alla sedentarietà e alle abbuffate, ci mancherebbe altro! Ma ad un approccio realmente salutistico nei confronti del fitness. Da qui il titolo di questo editoriale, Elogio dell'imperfezione, per il quale mi sono impunemente e indegnamente permesso di utilizzare il titolo dell'autobiografia di Rita Levi Montalcini.
Resta da sciogliere l'ultima delle questioni, perché divido gli amanti del fitness in "sportivi" e "banane", io purtroppo non godo della sintesi cui facevo cenno all'inizio dell'editoriale, ma sono sicuro che la visione del filmato che appare qui sotto, relativo ad uno spot pubblicitario di qualche anno fa, saprà fare di meglio.
Buona "staggione" a tutti!
P.S. Messaggio per chi non ha ben capito la propria categoria di appartenenza: essere una banana non dipende dal grado di perfezione o di volume ma dal proprio atteggiamento.