Il terrorismo alimentare è sempre esistito ma, nel corso degli ultimi anni, ha raggiunto dimensioni che è certamente possibile ritenere preoccupanti. Nel corso del tempo si sono evolute non soltanto le modalità e la rapidità con le quali messaggi allarmistici vengono diffusi, ma anche le ragioni alla base di questo genere di messaggi. Nei secoli scorsi ad esempio il terrorismo alimentare si sposava perfino con il cattivo auspicio, la rottura di una bottiglia contenente olio era considerata male augurante e, probabilmente, questo timore di incorrere nella malasorte invitava a porre particolare attenzione nel maneggiarla, con l'indubbio vantaggio di preservare un bene (l'olio) il cui valore intrinseco era certamente elevato. Si trattava di una sorta di terrorismo "buono" o comunque a fin di bene, volto a evitare possibili sprechi in periodi in cui l'abbondanza alimentare non era certamente cosa comune.
Al giorno d'oggi il terrorismo alimentare ha connotati nuovi e radicati, che spingono spesso verso forme di fondamentalismo di tale misura che su alcuni soggetti particolarmente influenzabili possono sfociare nel patologico. Innanzitutto occorre considerare il terrorismo alimentare nelle due forme in cui si presenta. Quella più comune è volta a demonizzare un alimento, in genere si prediligono alimenti di uso comune, poichè proprio la grande diffusione permette di far attecchire meglio il messaggio allarmistico. Se l'alimento messo alla sbarra è di uso comune si può contare su un bacino di consumatori certamente elevato, e quindi anche una piccola percentuale di soggetti suggestionabili permette il radicarsi del timore in un numero di individui sufficientemente elevato in termini assoluti. Questo meccanismo non solo consente di fare rapidamente nuovi proseliti, ma ovviamente conta sul fatto che ogni nuova persona in cui si radica il timore verso un cibo o una bevanda, diverrà essa stessa portatrice del messaggio allarmistico. Viceversa scegliendo prodotti di nicchia, poco diffusi, le probabilità che il messaggio non venga considerato e muoia sul nascere sono maggiori. Innanzitutto perchè l'informazione sarà ignorata dalla gran parte delle persone, e poi perchè i pochi utilizzatori di prodotti di nicchia sono generalmente ben informati e difficilmente influenzabili. Prendere di mira prodotti a larga diffusione ha anche un altro vantaggio, permette infatti di sfruttare come una cassa di risonanza l'indignazione che si scatena, indignazione per un prodotto che si riteneva salubre o perfino raccomandato, per poi scoprire che invece è un alimento a rischio, dannoso per la salute.
Il terrorismo alimentare può agire anche al contrario, ossia considerando un alimento di uso comune come ricco di proprietà salutistiche, con virtù quasi miracolose, magari anche rispetto a patologie estremamente gravi come il cancro. In questo caso i messaggi lanciati tendono a prendere di mira le case farmaceutiche, colpevoli di non voler diffondere tali conoscenze per conservare il loro potere economico attraverso la dipendenza dai farmaci che producono.
Ma perchè questi messaggi terroristico-alimentari stanno cominciando a diffondersi con tanta rapidità, e perchè parliamo di "Terrorismo Alimentare SpA"? La ragione è molto semplice, se non ci si limita a cogliere l'aspetto shockante che ogni campagna cerca di generare, ma si guarda più dettagliatamente cosa ciascun messaggio comunica, ci si rende facilmente conto che praticamente sempre la demonizzazione di un alimento determina in maniera più o meno esplicita il suggerimento di un prodotto alternativo, magari meno diffuso, il quale si considera privo di ogni effetto collaterale. Ed è proprio su questo secondo aspetto che occorrerebbe soffermarsi, chiedendosi in primo luogo "cui prodest?", chi ci guadagna da un simile messaggio? Si ritiene infatti in maniera troppo disinvolta, semplicistica e, probabilmente ingenua, che gli interessi commerciali riguardino solo i prodotti "cattivi", associati frequentemente ad una lobby, quasi che chi vende prodotti alternativi, tra l'altro quasi sempre molto più costosi, lo faccia mosso esclusivamente dal desiderio di fare del bene all'umanità, e non certo per un vantaggio di natura economica.
In altri termini, a leggere bene i messaggi terroristico-alimentari, quello che comunicano è "attenzione l'alimento X è fortemente rischioso per la salute, meglio sarebbe l'uso del prodotto Y". La prima parte del messaggi viene "urlata" attraverso titoli ad hoc ed immagini che colpiscono, la seconda parte del messaggio, quello che è il "consiglio per l'acquisto alternativo" viene invece sussurrato, in modo da non innescare diffidenza.
Ancora più efficaci sono le strategie terroristiche dove il vantaggio per chi lancia l'allarme è di tipo indiretto. In questo caso la gran parte delle persone non farà minimamente caso agli interessi economici che realmente muovono queste campagne. Ad esempio inondare di messaggi allarmistici rispetto ad un alimento X segnalando che la spiegazione sul perché faccia male è contenuta in un libro Y può segnare il successo editoriale del libro in questione. Altre volte, soprattutto quando i messaggi vengono diffusi attraverso internet o per tramite dei social network l'obiettivo è quello di creare grandi quantità di traffico verso un dato sito internet per poi guadagnarci attraverso la pubblicità. Non è un caso che esistano siti internet monotematici dalle cui campagne alimentari non sfugge nessun alimento, che sia il latte, il caffè, i cereali, lo zucchero, la farina. Ogni prodotto viene descritto come un veleno. Non vendendo direttamente altri prodotti, ma facendo profitto proprio attraverso il clamore che si genera, e quindi gli accessi generati, la maggior parte dei visitatori finisce con l'abboccare all'amo, diffondendo a sua volta quanto ha letto presso i propri amici, divenendo veri e propri testimonial gratuiti per questo genere di iniziative. Nessuno che si fermi a considerare che se davvero ogni singolo prodotto etichettato come pericoloso lo fosse veramente, il numero di persone con problemi cronici di salute sarebbe esponenzialmente maggiore, invece (e per fortuna) la vita media si allunga di continuo.
Il punto di forza del terrorismo alimentare però è anche un altro. Qualsiasi affermazione, qualsiasi ricerca, sia essa una conferma delle teorie promulgate, sia essa una smentita, può facilmente essere utilizzata a proprio vantaggio. Ad esempio sebbene la vita media delle persone si sia allungata di diversi decenni rispetto a secoli fa, anche grazie all'alimentazione (oltre che grazie alle temutissime case farmaceutiche), l'invecchiamento fisiologico ha portato alla nascita di malattie tipiche della fase senile. Alcune forme tumorali, come il cancro alla prostata o il cancro al colon, sono tipicamente correlate all'avanzare degli anni. Quando la vita media era al di sotto dei 40 anni difficilmente ci si poteva ammalare di cancro alla prostata e morire a causa di questa forma tumorale. Le nuove aspettative di vita determino una probabilità di contrarre queste forme tumorali molto più alta, proprio perchè legate all'invecchiamento. Chi vive grazie al business del terrorismo alimentare ha saputo sfruttare a suo vantaggio questa situazione affermando che un "un tempo" alcune malattie non esistevano, se oggi esistono e sono diffuse, la causa è da ricercare negli alimenti di largo consumo. Ribaltando di fatto la verità a proprio favore. Inulte contestare con dati scientifici perchè anche in questo caso i fautori del terrorismo alimentare hanno trovato il modo di capovolgere a proprio vantaggio ogni cosa semplicemente etichettando chiunque esprima un parere differente come un complottista facente parte ora delle lobby farmaceutiche, ora di qualche altra cosa, sfruttando l'idea secondo cui l'intera comunità scientifica desidera creare intere popolazioni malate, al solo scopo di fare profitto dalla vendita di farmaci.
È evidente che giocando a rigirare le cose sempre a favore delle teorie terroristiche che si vogliono veicolare, non c'è verso di dimostrare quanto fragili siano i punti su cui si basano. Se non si è in accordo con loro allora si fa parte del complotto. Qualunque medico, ricercatore, biologo affermi che ci sono errori clamorosi viene etichettato come "venduto" e facente parte di un sistema. Si è perfettamente capaci di essere non solo dei moderni untori di terrore, ma si pretende anche di apparire come martiri e vittime del complotto. Se non fosse una condizione tragica quella che scatenano, occorrerebbe certamente dare atto della profonda capacità imprenditoriale.
Il giro d'affari che viene annualmente mosso dal terrorismo alimentare può apparire banale, in realtà si parla di decine di milioni di euro che vengono fatturati dall'intero indotto. Non solo attraverso la vendita di prodotti alternativi, ma anche grazie alla vendita di libri, alla partecipazione a meeting formativi, alla vendita di spazi pubblicitari ecc.
Il vero successo è poi determinato quando questi messaggi incontrano persone più facilmente suggestionabili, spesso prive di competenze specifiche nè desiderose di acquisirle, poichè la semplicità dei messaggi terroristici in ogni caso per loro è rassicurante. Si ritengono depositari di un sapere e di una conoscenza superiore che la massa delle altre persone non possiede. Così il fondamentalismo alimentare diviene analogo al fondamentalismo religioso, e mangiare quello che si ritiene "giusto" è uno strumento per proseguire nella giusta strada, restando puri, mentre gli altri (sciocchi che sono) continuano a perseverare in quel "peccato" alimentare che li porterà alla catastrofe.