La capacità di equilibrio rientra nelle capacità coordinative speciali, Blume le sintetizza con la seguente tabella:
Per definizione, un corpo rigido si dice in equilibrio quando la risultante delle forze cade all’interno della base di appoggio (Newton). Il corpo umano, non essendo rigido, compie continui movimenti equilibratori specifici che consentono il mantenimento e il recupero di una determinata posizione statica o dinamica, assegnata o desiderata, funzionale per il soggetto nei confronti della forza di gravità ed adeguata al successo dell’azione. L’equilibrio non è rappresentato da una situazione di riferimento definita, ma deriva da un continuo adattamento tonico-posturale coordinato ed è una manifestazione individuale. Analizzando il concetto di equilibrio matematicamente, la somma di tutti i momenti deve essere uguale a zero e deve essere determinato una forza o un braccio sconosciuti, inoltre la somma delle forze deve essere uguale a zero.
Σ M = 0 (somma dei momenti)
Σ F = 0 (somma delle forze)
Devono risultare pari a zero anche le forze concorrenti:
dove X, Y e Z sono le componenti delle forze interessate. La componente Z è necessaria soltanto quando le forze e le risultanti da ricercare sono 2 o in più piani ed è richiesto un approccio tridimensionale.
L’equilibrio può essere passivo, attivo o dinamico. L’equilibrio passivo è sempre statico mentre l’equilibrio statico non è necessario che sia sempre passivo. Un corpo che mantiene una posizione è statico, ma l’equilibrio che viene mantenuto può essere passivo, come ad esempio nel caso in cui un individuo è sdraiato e completamente rilassato. Se la posizione viene mantenuta contro gravità o in piedi, in posizione di riposo, sarà necessaria una forza muscolare per mantenere i segmenti corporei in posizione. In questa condizione l’equilibrio è attivo dal momento che la tensione muscolare crea momenti di forza per equilibrare quelli generati dalla forza di gravità nel mantenimento della posizione o dell’appoggio.
L’equilibrio dinamico è quello mantenuto dall’individuo mentre esegue attivamente qualsiasi forma di movimento o di locomozione, in modo da mantenere il suo centro di gravità su una base di appoggio costantemente variabile. Analizzando l’equilibrio nella condizione di staticità avremo che la sua energia potenziale è al minimo e deve essere eseguito un lavoro su di esso per produrre una variazione di posizione.
Un corpo vivente è in equilibrio stabile solo quando poggia su una superficie orizzontale adeguata a sostenerlo, per cambiare la sua posizione dovrà esercitare una forza interna che sarà prodotta dalla muscolatura o subire una forza esterna. Quando un individuo mantiene una data postura il suo centro di gravità è mantenuto sulla sua base di appoggio e la sua linea di gravità cade all’interno di quella base. Nella posizione eretta il suo centro di gravità si troverà ad una certa distanza dalla sua base, più ampia sarà la sua base più grande sarà la forza occorrente per spostare la linea di gravità all’esterno della base. In questo caso si parla di equilibrio indifferente in quanto la sua energia potenziale rimane costante (poca o nessuna variazione nell’altezza del suo centro di gravità).
Si parla di equilibrio instabile quando la sua energia potenziale è al massimo e la sua base di appoggio è estremamente piccola, occorre usare una forza molto piccola per spostare la sua linea di gravità al di fuori della base. In base al controllo motorio di ogni individuo, questa situazione può cambiare molto rapidamente verso un equilibrio dinamico, di equilibrio indifferente o di equilibrio stabile.
Il bambino che impara una nuova abilità motoria o una nuova forma di locomozione, come andare in bicicletta, deve imparare a mantenere il più possibile un equilibrio quasi indifferente su una stretta base mobile. L’inerzia che deriva dal suo moto lineare contribuisce al suo equilibrio dinamico ed è mantenuto fino a che, il centro di gravità combinato del corpo e la bicicletta, continuano a viaggiare nella direzione voluta e la loro linea di gravità cade sulla linea tangente alle ruote anteriori e posteriori.
Fisiologicamente l’equilibrio è garantito dalla coordinazione del sistema anatomico funzionale che ingloba l’area associativa sensibile, l’area sensitiva, l’area motoria, il sistema talamo ottico, il ponte, il bulbo, la formazione reticolare, il cervelletto (come regolatore del tono muscolare nell’attività spazio-temporale nei movimenti volontari), il midollo spinale, la formazione vestibolare (otricolo, ampolle, vestibolo e sacculo), i recettori visivi, la propriocezione (capsule articolari, muscoli del collo, del tronco e degli arti) e gli esterocettori del tatto e della pressione.
Il peso del corpo è distribuito sull’appoggio podalico, gli archi plantari sostengono gli aggiustamenti dinamici della struttura muscolo scheletrica che mantiene l’equilibrio. La verticalità del corpo è determinata dalla posizione del capo, del tronco, delle gambe, dei piedi e dei collegamenti con la colonna vertebrale con il bacino e le caviglie formando un pool antigravitario. Il cervello umano permette gli aggiustamenti posturali più appropriati nel mantenimento dell’equilibrio, questa azione avviene per tutti i tipi di movimento. Il controllo dell’equilibrio avviene attraverso la forza di gravità.
Questa forza può essere rappresentata come un filo a piombo che attraversa verticalmente il corpo. Il cervello, elaborando e definendo gli aggiustamenti posturali per il mantenimento dell’equilibrio, crea un’immagine corporea che possiede un asse egocentrico che corre attraverso la colonna vertebrale, dall’appoggio plantare sino al capo, in allineamento con la verticale gravitazionale. Si viene a creare uno schema corporeo costituito da immagini tridimensionali del proprio corpo che accompagna l’attività motoria fornendo informazioni indispensabili nella conduzione automatica del movimento, determinando aggiustamenti diversi a situazioni mutevoli, creando una relazione fra il mondo interno e quello esterno definito aggiustamento posturale.
L’aggiustamento posturale viene definito come un continuo adattamento del tono di postura, integrato da elementi esterni del soggetto come la forza di gravità e l’azione periodica di altre forze, e da elementi propri del soggetto come l’affettività, la vigilanza e l’intenzionalità. Possiamo dividerlo in tre momenti: il tono di riposo, il tono di attitudine e il tono di sostegno. Il tono di riposo viene rappresentato come una leggera tensione muscolare riscontrabile durante il sonno profondo. Il tono di attitudine è una contrazione che fissa i capi ossei in posizioni determinate che permettono al corpo un’attitudine d’insieme, il tono di sostegno permette il sostegno tonico dell’azione.
La funzione di regolazione dell’equilibrio e la percezione spaziale hanno nella corteccia cerebrale i reciproci rapporti tra postura e spazialità, differenziandosi dagli animali dove il controllo dell’equilibrio-orientamento è il risultato di una azione riflessa istintiva, nell’uomo invece è cosciente. Questo controllo motorio si realizza attraverso il circuito riflesso (riflesso miotatico), il circuito automatico (controllo dei movimenti automatici della deambulazione) e il circuito cosciente che il soggetto utilizza per l’adattamento di azioni motorie a situazioni contingenti. Attraverso il circuito cosciente si determinano automatismi come piegare le gambe, aprire le braccia e saltellare sui piedi. La capacità di equilibrio si identifica con l’adattamento all’ambiente, all’aggiustamento tonico, a movimenti volontari adattabili e allo schema corporeo cosciente.
Il test della cicogna misura la capacità dell'atleta di mantenere l'equilibrio in una posizione statica, una variante del test si ottiene introducendo il vincolo degli occhi chiusi, naturalmente la difficoltà aumenterà notevolmente. Occorrente:
Metodica esecutiva: L’atleta si trova in posizione eretta con le mani ai fianchi. Sollevando lentamente una gamba posiziona le dita del piede contro il ginocchio dell’altra gamba. Spingendo sulla punta del piede, l’atleta solleva il tallone raggiungendo la posizione della cicogna, nella progressione chiude gli occhi e cerca di mantenere questa posizione per più tempo possibile. Affinché il test sia valido l’atleta non deve appoggiare il tallone a terra e aprire gli occhi. Si registra per quanto tempo viene mantenuta la posizione e in base a ciò si effettua una valutazione.
Gli studi sulla propriocezione hanno origine nella seconda metà dell’800 per merito del neurologo francese Duchenne di Boulogne (1806-1875), il quale con una metodologia del tutto empirica, scoprì l’esistenza delle sensazioni propriocettive dei muscoli e delle articolazioni. Solo con Sherrington (1857-1952), premio Nobel per la medicina, si arrivò a capire meglio la funzione dei motoneuroni e si gettarono le basi della moderna neurofisiologia. Da qui in poi gli studi si sono moltiplicati in ogni parte dell’emisfero, in cerca di una risposta al perché dei riflessi midollari e dei meccanismi automatici sottocorticali legati alla propriocezione.
Ma in cosa consiste la propriocettività? La propriocezione rappresenta la capacità del SNC di percepire la posizione del corpo e delle sue parti, di controllare la contrazione muscolare e del movimento nello spazio dei diversi distretti corporei definita cinestesia, anche senza l’apporto della vista. Tale sensibilità insorge all’interno di un organo della fascia connettivale, delle articolazioni, dei tendini, dei muscoli, delle capsule articolari, della cute, dei visceri, ecc., attraverso la stimolazione di specifici recettori sensoriali: gli esterocettori cutanei, i propriocettori, gli esterocettori e i recettori vestibolari.
La propriocezione assume quindi un’importanza fondamentale nel complesso sistema dell’equilibrio e del movimento, ad esempio l’atassia rappresenta l’alterazione della propriocezione determinante la progressiva perdita della coordinazione muscolare e quindi motoria. I recettori estero-propriocettivi permettono la nascita delle rappresentazioni mentali che consentono di generare abilità motorie complesse. Le azioni e i movimenti hanno un ruolo centrale nei processi di rappresentazione mentale a partire dalla fase embrionale, in quanto l’uomo è innanzitutto un organismo motorio. Dalla fase embrionale, poi fetale e in quella della prima infanzia, l’azione precede la sensazione, vengono quindi compiuti dei movimenti riflessi e in seguito se ne avrà la percezione a livello cerebrale. I recettori avvertono la variazione di posizione delle articolazioni, come lo stiramento e la tensione muscolare inviando una serie di informazioni al SNC il quale risponderà con le due modalità a sua disposizione. Se la contrazione muscolare è la risposta appropriata, il SNC attiverà i motoneuroni diretti alle fibre muscolari, se invece la risposta appropriata richiede che i muscoli si rilascino, verranno attivati gli interneuroni inibitori del SNC che inibiranno i neuroni motori che controllano il muscolo.
Da sottolineare è la funzione dei motoneuroni intersomatici che sono sempre eccitatori del muscolo scheletrico, mentre non esistono motoneuroni somatici inibitori, quindi il rilasciamento muscolare viene ottenuto con l’assenza di eccitazione da parte del neurone motorio somatico.
I riflessi muscolari sono costituiti dai seguenti elementi:
I fusi neuromuscolari sono i recettori dello stiramento in quanto inviano al midollo spinale e all’encefalo le informazioni relative alla lunghezza del muscolo. Sono piccoli e di forma allungata e si trovano sparsi tra le fibre extrafusali del muscolo disposti in parallelo ad esse.
Ogni fuso è costituito da una capsula di tessuto connettivo che avvolge un gruppo di piccole fibre muscolari chiamate fibre intrafusali, sono fibre muscolari modificate, per cui le loro estremità sono contrattili mentre la parte centrale è priva di miofibrille, le estremità sono innervate da motoneuroni gamma. La porzione centrale delle fibre intrafusali è avvolta da terminazioni di neuroni sensoriali sensibili allo stiramento, questi proiettano al midollo spinale il segnale attivando i motoneuroni alfa che innervano lo stesso muscolo da cui avviene l’afferenza. Quando il muscolo è a riposo, la porzione centrale del fuso è sempre stimolata da una leggera tensione, così da mantenere attive le fibre sensoriali le quali inviano costantemente dei potenziali d’azione al SNC. A causa di questa attività tonica, anche un muscolo a riposo mantiene sempre un certo livello di tensione chiamata tono muscolare.
Essendo i fusi neuromuscolari disposti in parallelo rispetto alle fibre muscolari extrafusali, ogni movimento che aumenti la lunghezza muscolare stira anche i fusi causando un aumento della frequenza di scarica delle loro fibre sensoriali. Questo innesca la contrazione riflessa del muscolo, così da mantenere la lunghezza del muscolo costante evitando il danno determinato da un eccessivo allungamento, si avrà così il riflesso da stiramento o riflesso miotatico.
Il ruolo dei motoneuroni gamma è di attivare il fuso affinché il SNC venga continuamente informato del grado di contrazione dei muscoli, cosicché possa realizzare un movimento ottimale e coordinato. I motoneuroni gamma possono essere di due tipi: quelli dinamici hanno la caratteristica di inviare informazioni continue delle variazioni della contrazione del muscolo anche di minima intensità; quelli di tipo statico inviano informazioni quando si assumono posizioni di immobilità o durante l’esecuzione di movimenti molto lenti.
Gli organi tendinei del Golgi si trovano sul tendine e sono disposti in serie rispetto alle fibre muscolari striate. Quando si verifica l’accorciamento delle fibre vengono attivati. Gli organi tendinei del Golgi rispondono principalmente alla tensione sviluppata dal muscolo durante la contrazione isometrica e causano un riflesso di rilasciamento detto anche riflesso miotatico inverso. Al contrario dei fusi, gli organi tendinei del Golgi sono poco sensibili allo stiramento. Sono costituiti da terminazioni nervose libere, intrecciate tra fibre di collagene all’interno di una capsula di tessuto connettivo, la contrazione sottopone a una trazione le fibre di collagene nell’organo del Golgi, determinando una pressione sulle terminazioni sensoriali dei neuroni afferenti causando la loro attivazione. L’attivazione determina l’eccitazione degli interneuroni inibitori del midollo spinale che a loro volta inibiscono i motoneuroni alfa che innervano il muscolo diminuendone la contrazione. I recettori articolari sono disposti a livello della capsula articolare e sono collegati con le fibre nervose che originano dalla capsula articolare stessa, come i recettori articolari del ginocchio che vengono attivati quando il ginocchio è flesso o iperesteso.
Altri recettori si trovano nelle articolazioni più prossimali, come ad esempio i recettori dell’anca, questi recettori sono in grado di dare informazioni sulle posizioni intermedie in cui si trova l’articolazione. I recettori articolari presentano il fenomeno dell’isteresi, in particolare, in seguito ad uno spostamento, hanno un’attivazione che corrisponde ad un certo grado di attività, quando in seguito moviamo nuovamente l’arto e lo rimettiamo nella stessa posizione, l’attivazione di questi recettori non sarà mai uguale alla precedente. Per questo motivo i recettori articolari non sono considerati precisi nell’invio delle informazioni.
I neuro recettori sensoriali sono importanti dal punto di vista posturale essendo sensibili agli stimoli provenienti dall’esterno, possono dare origini a diversi tipi di sensazioni: caldo, freddo, variazione della compressione e dolore. Tali recettori sono responsabili della propriocezione e della cinestesia, fornendo al sistema di equilibrio informazioni sull’ambiente che consente al sistema posturale di conoscere la posizione nello spazio. I recettori interstiziali sono terminazioni nervose libere sparse nella cute, nei tessuti connettivi e negli interstizi muscolari, sono i recettori maggiormente presenti nell’organismo. L’innervazione muscolare dell’uomo è rappresentata solo per il 25% dai recettori del Golgi, di Ruffini, di Pacini e i Paciniformi, 52 fibre di tipo I e II, mentre la restante innervazione ha origine dai recettori interstiziali, fibre di tipo III e IV. Circa il 90% dei recettori interstiziali sono demienilizzati (tipo IV) mentre i restanti posseggono solo una sottile guaina mielinica (tipo III), ciò comporta un’azione più lenta rispetto ai recettori di tipo I e II tanto da essere considerati nel passato come nocicettori, termo e chemiocettori. In realtà molti di loro risultano multimodali e in maggioranza meccanocettori, suddivisi in due gruppi di uguale numero circa, in base alla loro soglia di attivazione attraverso gli stimoli pressori.
Questi flussi di dati sensoriali, oltre ad avere una funzione di rilevamento afferente del posizionamento del movimento dei segmenti corporei, influenza, per mezzo di connessioni, il sistema nervoso autonomo riguardo funzioni quali la pressione sanguigna, il battito cardiaco e la respirazione, sincronizzandole in modo molto preciso alle esigenze tissutali locali. I recettori dei follicoli piliferi sono esterocettori cutanei costituiti da fibre nervose sensitive non capsulate, avvolte a spirale attorno alla radice del pelo cutaneo, sono particolarmente sensibili al movimento attraverso un rapido adattamento.
Le cellule o dischi di Merkel sono esterocettori cutanei formati da grosse cellule a terminazione espansa non capsulata connessa da una fibra nervosa mielinica di grande diametro (tipo A beta - tipo II), a lento adattamento e a bassa soglia di attivazione. Sono situate in corrispondenza delle creste epidermiche, al di sotto dello strato basale, raggruppate a formare un recettore a cupola. Le cellule di Merkel, insieme ai corpuscoli di Meissner sono importanti nel determinare le caratteristiche spaziali delle sensazioni tattili. Le cellule di Merkel trasmettono i segnali tramite una singola fibra nervosa, solo l’eccitazione contemporanea di più cellule adiacenti viene trasmessa come segnale al midollo spinale.
I corpuscoli di Meissner sono esterocettori cutanei tattili di estrema sensibilità, sono situati fra l’epidermide e il derma e sono costituiti da una terminazione nervosa capsulata e allungata in rapporto con una tortuosa fibra nervosa mielinica di grande diametro (tipo A beta - tipo II). Tali corpuscoli non reagiscono più ad una pressione persistente e costante, ma solo alle sue variazioni, tanto più varierà la pressione tanto più intensa sarà la scarica diretta alla fibra nervosa. Sono molto diffusi nelle regioni cutanee glabre, ossia nei polpastrelli, nelle labbra, nei piedi, ecc. e vengono usati per afferrare con precisione oggetti di piccole dimensioni.
I corpuscoli ramificati di Ruffini sono costituiti da terminazioni nervose capsulate e pluri ramificate, dove termina una fibra nervosa mielinica di grande diametro. Sono presenti negli strati tissutali profondi, nelle capsule articolari, nei legamenti, pertanto i corpuscoli di Ruffini sono sia esterocettori che propriocettori. Essi reagiscono maggiormente agli stimoli veloci e presentano un lento adattamento statico, quindi sono importanti nel segnalare stimoli tattili e pressori prolungati e intensi, risultando particolarmente sensibili alle forze tangenziali. In qualità di recettori articolari segnalano direzione e velocità di movimento nonché la posizione dell’articolazione insieme ai meccanorecettori a rapido adattamento, sensibili all’accelerazione.
I corpuscoli lamellari di Vater-Pacini e Paciniformi sono corpuscoli di grandi dimensioni, fino a 4 mm di lunghezza, la cui capsula presenta fino a 60 strati di cellule appiattite circondate da una fibra nervosa mielinica di grande diametro. I corpuscoli di Pacini si trovano immediatamente al di sotto della cute, nel tessuto adiposo ipodermico, nei tessuti connettivali profondi, nelle capsule articolari, nei legamenti spinali e nelle giunzioni muscolo-tendinee. Sono ad adattamento molto rapido e segnalano solo variazioni meccaniche molto veloci, in particolare le vibrazioni.
L’insieme dei muscoli e del tessuto connettivo forma il sistema miofasciale e rappresenta il più vasto organo sensorio del nostro corpo, da esso il SNC riceve in massima parte i segnali in entrata per determinare la posizione nello spazio. Di notevole importanza per la postura sono gli esterocettori e i propriocettori della pianta del piede, che svolgono senz’altro un ruolo da protagonisti come recettori tattili. La pianta del piede è ricca di esterocettori e meccanocettori sensibili alla pressione chiamati baropressori. La loro sensibilità è molto alta e forniscono informazioni sulle oscillazioni corporee. Sono recettori particolarmente sensibili alla trazione della cute, che informano sulla direzione e sulla velocità del movimento corporeo. Le informazioni dei recettori podalici sono le uniche a derivare direttamente da un riferimento fisso quale è il suolo, consentendo di posizionare il corpo rispetto all’ambiente circostante.
Il riflesso plantare, legato alle stimolazioni cutanee della pianta del piede è in grado di attivare e modulare riflessi spinali molto complessi con funzioni posturali di notevole importanza, come viene evidenziato nella rappresentazione dell’homunculus, dove l’area cortico-cerebrale corrispondente al piede come organo di senso, è maggiore di quella del piede come organo di movimento.
Nella postura eretta viene quindi attivata una estesa catena propriocettiva formata da esterocettori e propriocettori plantari, propriocettori rachidei ed enterocettori e attraverso un sistema specifico di trasmissione collega i recettori cefalici, occhi e apparato vestibolare, così da consentire una precisa e costante codificazione della posizione, definendola controllo automatico della postura. Il controllo automatico della postura prevede vari livelli come il controllo spinale, il controllo vestibolare e il controllo visivo. Il controllo spinale è determinato da due riflessi, il riflesso da stiramento e dai riflessi tonici del collo.
Il riflesso da stiramento è un sistema che permette al nostro corpo di mantenere una posizione statica nello spazio. Un test per verificare la veridicità di tale affermazione consiste nello stringere i muscoli al di sopra del ginocchio con un manicotto. In questo modo si bloccano le fibre afferenti provenienti dai fusi neuromuscolari che controllano la posizione della caviglia aumentandone le oscillazioni, ciò indica un deficit nel mantenimento della posizione nello spazio e mette in risalto l’importanza dei fusi neuromuscolari. I riflessi tonici del collo dipendono dall’alterazione delle informazioni dei fusi neuromuscolari paravertebrali del collo con le informazioni provenienti dall’apparato vestibolare. Il movimento della testa comporta una serie di reazioni a livello degli arti che conseguono all’attivazione dei recettori da stiramento, determinando le reazioni positive e negative di sostegno e il riflesso estensorio crociato.
Il controllo vestibolare è composto dai riflessi vestibolari, dai riflessi posturali e dall’interazione tra riflesso vestibolare e riflessi tonici del collo. I riflessi vestibolari sono originati dalle macule del sacculo e dell’otricolo, mentre i riflessi posturali sono originati dai canali semicircolari. L’interazione tra il riflesso vestibolare e i riflessi tonici del collo determina che il movimento della testa induce una variazione del tono dei muscoli flessori ed estensori del corpo al fine di consentire una posizione di equilibrio. Il controllo visivo è determinato dalle reazioni visivo-posturali, chiudendo gli occhi le capacità di mantenimento dell’equilibro sono sensibilmente ridotte, in quanto viene a mancare l’effetto “orizzonte” che indica la posizione nello spazio del corpo. L’interazione tra controllo spinale, vestibolare e visivo è la capacità del nostro corpo di mantenere la postura o di muoversi nello spazio senza cadere e di concentrarsi solo nell’esecuzione dei movimenti. Le tre strutture, attraverso la loro interazione, danno origine ai riflessi posturali è perciò di primaria importanza stimolarli ed allenarli per ottenere il massimo rendimento.
L’allenamento per la stimolazione delle capacità propriocettive viene usato in tutti gli sport per il recupero e la prevenzione degli infortuni. Gli attrezzi utilizzati per la stimolazione della propriocezione sono le tavolette instabili, le palle di grandi dimensioni e i cilindri Pilates con supporto di sicurezza al centro.
L’utilizzo delle pedane instabili per l’allenamento propriocettivo prevede la stazione in doppio appoggio e in appoggio monopodalico, ad occhi aperti e ad occhi chiusi, sia statico che dinamico.
Esercizio consigliato ai principianti e agli atleti in fase di recupero o di riabilitazione. Le braccia possono essere libere lungo i fianchi e quindi di aiuto nel recupero dell’equilibrio oppure incrociate al petto.
Varianti delle posizioni delle braccia:
Varianti della posizione della seconda gamba:
Gli esercizi ad occhi aperti in modalità dinamica prevedono alcune varianti che riguardano la presa di equilibrio sulla tavoletta oppure il suo mantenimento.
Eliminando l’analizzatore ottico, a cui spettano il 70% delle informazioni fornite al SNC sulla posizione nello spazio, affidiamo ai sensori articolari e muscolari il compito di assecondare i mutamenti gravitari, è un allenamento propriocettivo avanzato e di difficile espletazione.
Molto difficile nell’esecuzione corretta ma è quello con maggiore capacità di stimolazione propriocettiva. Alcune varianti di esecuzione:
Questo articolo è tratto dal libro A scuola di Posturale, pratico manuale di oltre 500 pagine interamente dedicato alla Ginnastica Posturale.
L'equilibrio è la capacità del corpo di mantenere una posizione statica o dinamica, contrastando la forza di gravità. Non è una condizione fissa, ma un continuo adattamento tonico-posturale che coinvolge vari sistemi fisiologici.
L'equilibrio può essere passivo (statico, come quando si è sdraiati), attivo (statico con intervento muscolare, come quando si sta in piedi) o dinamico (durante il movimento, come quando si cammina o si va in bicicletta).
L'equilibrio è mantenuto grazie a un sistema complesso che coinvolge il cervello, il cervelletto, l'apparato vestibolare, la vista e i propriocettori (recettori sensoriali nei muscoli, tendini e articolazioni).
I propriocettori sono recettori sensoriali che informano il sistema nervoso centrale sulla posizione e il movimento del corpo nello spazio. Sono fondamentali per il controllo motorio, l'equilibrio e la coordinazione.
La propriocezione si allena con esercizi che stimolano i propriocettori, come quelli su superfici instabili (tavolette, palle, cilindri) ad occhi aperti o chiusi, in modo statico o dinamico.
L'equilibrio è la capacità del corpo di mantenere una posizione, statica o dinamica, grazie a un continuo adattamento posturale. Il controllo dell'equilibrio coinvolge sistemi fisiologici come cervello, cervelletto, sistema vestibolare, vista e propriocettori. La propriocezione permette al sistema nervoso di percepire la posizione del corpo nello spazio, fondamentale per l'equilibrio e la coordinazione motoria. L'allenamento propriocettivo utilizza esercizi su superfici instabili, con o senza visione, per migliorare il controllo motorio.