Corpo, mente e spirito nella pratica

Di Fabrizio Leone

I tre elementi fondamentali da tenere in considerazione sono il corpo, la mente e lo spirito. Analisi delle tre dimensioni da tenere in considerazione nell'allenamento al Kung Fu di Okinawa

Le pratiche del Kung Fu, come abbiamo avuto modo di affrontare in precedenza, sono permeate dalla filosofia taoista e mirano all'armonia degli opposti tramite il concetto di interdipendenza di yin e yang dentro di sé e tra sé e l'universo. Solitamente questo concetto viene applicato al combattimento sfruttando l'energia dell'avversario per difendersi anziché attaccare in maniera esplicita.

Nel Kung Fu di Okinawa, così come in tutte le arti marziali, i tre elementi fondamentali da tenere in considerazione sono il corpo, la mente e lo spirito. Ognuno di essi assume un significato pedagogico diverso e, nelle arti marziali, si arricchisce di valori caratteristici che lo rendono unico nella pratica della propria arte marziale.

Per capire meglio il rapporto tra questi tre elementi seguiamo le parole del Grand Master di Kung Fu di Okinawa in Italia, John Armstead:

La mente, superando la dimensione fisica, deve illuminare anche il corpo della propria energia vitale. Accingendosi a compiere un esercizio, bisogna credere di essere in grado di eseguirlo: senza questa sicurezza interiore non si può altro che diminuire notevolmente la propria potenza […]. Nel Kung Fu di Okinawa si ritiene che l'idea della singola azione aiuti il corpo a tradurla in atto. Tutta la forza del corpo nasce dallo spirito

Da queste parole e analizzando le ricerche che sono state eseguite da vari autori riguardo le arti marziali si giunge alla conclusione che quando corpo e mente si uniscono nella loro massima espressione fanno emergere il nostro spirito. Il corpo è l'espressione di tecnica, capacità condizionali e coordinative e della respirazione che avviene per mezzo del ki. Infine la mente nasce dall'unione di concentrazione, saggezza e meditazione che avviene attraverso la pratica Zazen.

>Ma da un punto di vista pedagogico ognuna di queste dimensioni assume una prospettiva che la caratterizza. Osserviamo in dettaglio le caratteristiche di ogni dimensione.

La dimensione del corpo

Nel Kung Fu vengono comunemente utilizzati due termini per definire in generale come dovrebbe esprimersi il corpo: gentilezza e fermezza.

La gentilezza da sola non riesce a neutralizzare una grande forza, né la sola forza può avere la meglio sull'avversario, per questo motivo si è soliti dire che in un combattimento è necessaria l'armoniosa fusione di gentilezza e fermezza come parti costituenti di un'unità; a volte prevale la prima, altre volte la seconda in successione dinamica (yin-yang). Solo in questo modo il movimento fluirà davvero, considerando che la vera fluidità dei movimenti risiede nella loro interscambiabilità. Gentilezza e fermezza unite creano la vera Via dell'arte marziale.

Spesso nella nostra cultura tutti i diversi pugni e calci rappresentano strumenti di distruzione e violenza, ma in realtà questa è una concezione limitata delle loro funzioni. Essi infatti esprimono tutto il loro valore quando sono diretti su di sé e distruggono l'avidità, la paura, la rabbia e la follia.

Come detto in precedenza, la tecnica risulta fondamentale nelle arti marziali, ma se in un giovane il corpo è l'elemento fondamentale su cui focalizzare l'allenamento, in una persona anziana predominano la tecnica e lo spirito. Questo serve per renderci conto che in realtà nei giovani viene spesso trascurato anche nelle arti marziali l'allenamento allo spirito che risulta essere decisivo come elemento a tutto vantaggio della forza fisica. La giusta sequenza di elementi su cui basare i propri allenamenti in realtà è spirito, tecnica e corpo. Infatti se una tecnica forte e un corpo forte si fronteggiano, sarà la tecnica a vincere. Se uno spirito forte combatte contro una tecnica forte, sarà lo spirito ad avere la meglio, in considerazione del fatto che saprà trovare il punto debole dell'avversario.

Altro concetto importante da tenere presente nelle arti marziali è la nozione di sutemi ovvero "abbandonare il corpo". Con tale termine ci si riferisce al fatto di lasciare il proprio ego in modo da armonizzarsi con lo spirito cosmico. Ciò serve per evitare di avere paura di qualunque situazione ci si trovi a dover affrontare e concentrarsi sul "qui e ora". In caso contrario l'azione e il comportamento diventano lenti, esitanti. Lo spirito allora vacilla come una fiamma mossa dal vento.

Nelle arti marziali e nel Kung Fu di Okinawa la cultura del corpo passa prima attraverso la sua attivazione e solo dopo, tramite la percezione-comprensione dei vissuti, diventa esperienza psichica. Infatti durante l'allenamento scompaiono le teorie e si ascoltano i vissuti che emergono dal corpo. Solo in questo modo si può cominciare ad entrare nel contesto mentale. Infatti, ad esempio soprattutto nel Karate-do, si concepisce l'uomo come sistema integrato di corpo-mente considerati unità inscindibile.

Questa sua caratteristica è intuita e praticata quotidianamente anche se ancora oggi viene scarsamente compresa. Ad esempio nello stesso tempo in cui si muove il corpo si attiva la mente per percepire il senso delle tecniche, mentre se si attiva prima la mente l'intuizione guida il movimento nello stesso tempo in cui si attiva il corpo. Tale esperienza viene definita auto-attivazione circolare di corpo e mente.

La dimensione della mente

Nell'arte marziale il corpo è il fondamento biologico che nella pratica del movimento marziale diventa mente-pensante e successivamente sorgente dello spirito

Il modo di muoversi nel Kung Fu è strettamente legato al movimento della mente, infatti come abbiamo analizzato in precedenza la mente è abituata a dirigere il movimento del corpo. Per questo motivo il controllo della mente risulta essere importante, e ciò si realizza attraverso il wu shin (vuoto mentale). Infatti per eseguire la tecnica in modo corretto, nel Kung Fu alla scioltezza fisica si associa la scioltezza mentale e spirituale, di modo da rendere la mente non soltanto agile, ma anche libera. La mente del praticante di Kung Fu è concentrata ma non rimane fissa su un punto dell'avversario e questo concetto viene applicato alla vita di tutti i giorni. Infatti come sappiamo, il Kung Fu, mira all'autoconoscenza quindi al vero sé, il sé interiore e ciò implica che il praticante di Kung Fu vive senza dipendere dalle opinioni altrui, in questo modo egli è indipendente dal fissarsi su una o più considerazioni ma riesce a guardare la totalità delle sue esperienze dall'alto, riuscendo a mantenere la naturale felicità.

Un altro aspetto importante che il praticante di Kung Fu deve tenere presente è che la mente deve essere molto aperta per funzionare liberamente. Una mente limitata non è in grado di pensare liberamente, così come una mente concentrata. Solo una mente consapevole che non esclude mai niente è definibile libera.

Le arti marziali attraverso la pratica zen realizzano la concentrazione dell'energia tramite il concetto del qui e ora esternano tutta la pura energia del nostro corpo. Anche la concentrazione con la pratica Zazen è rilevante per fare in modo che le nostre energie si ricarichino.

Per mantenere la giusta concentrazione, la coscienza deve rimanere immobile e abbandonarsi a ciò che accade, il praticante deve seguire la respirazione e concentrarsi sull'espirazione, che deve essere lenta e lunga, scendere lungo l'addome, sino all'hara che si trova sotto l'ombelico.

Nelle arti marziali e soprattutto nel Kung Fu bisogna evitare due tipi di errori mentali che comunemente si commettono:

  • l'invenzione di un sé empirico che osserva se stesso
  • considerare il pensiero come un possedimento collocandolo in una parte di sé separata e isolata

Bisogna invece allenare la mente ad essere sciolta ovvero quando il pensiero non si fissa da nessuna parte e su niente. Secondo la filosofia del Kung Fu questa è la nostra vera radice e lo zen è uno strumento per liberare la mente dalla schiavitù di stati spirituali dannosi.

Altro concetto importante a cui il Kung Fu educa, è rappresentato dal ritrovamento della purezza originaria, che avviene spingendosi oltre le proprie capacità fisiche e mentali. Ma proprio la mente risulta determinante in questo processo, bisogna liberarsi di tutto ciò che si è appreso in modo che essa diventi inconsapevole del suo stesso operare.

Non avere alcuna tecnica significa avere tutte le tecniche. Ogni tecnica anche se di valore e desiderabile, diventa una malattia se la mente ne è ossessionata

Infatti la mente può diventare nostra nemica quando ne rimaniamo attaccati e generare una o più delle sei "malattie" che nella pratica del Kung Fu non dovrebbero esistere e che sono rappresentate da:

  • il desiderio di vittoria
  • il desiderio di ricorrere all'astuzia tecnica
  • il desiderio di manifestare tutto quanto si è appreso
  • il desiderio di intimidire il nemico
  • il desiderio di assumere un ruolo passivo
  • il desiderio di liberarsi da una qualsiasi di queste malattie

Infatti il desiderio stesso è un attaccamento così come il desiderare di non desiderare. Per sentirsi veramente liberi allora bisogna liberarsi dal provare attaccamento. Questo ci porta al concetto di assenza di pensiero, cioè la mente diviene libera dalle influenze del mondo esterno per poter prendere la sua via senza ostacoli e l'unico modo per portarla a questo è la sua emancipazione dalle vecchie abitudini, pregiudizi e processi di pensiero limitanti, ma soprattutto dal pensiero ordinario.

Quando una delle sei "malattie" precedentemente descritte colpisce il praticante, avviene il cosiddetto "blocco psichico". Il praticante si trova in un contesto con il suo avversario in cui la sua mente si attacca ai pensieri, è incapace di fluire da un oggetto all'altro senza bloccarsi. In questo modo l'artista marziale smette di essere padrone di sé e di conseguenza non riesce più ad esprimere se stesso, la sua essenza. Lo spirito è bloccato, assente per via dello scopo che è diventato parte del praticante.

Quando prevale, invece, l'assenza di scopo, ovvero uno stato di vuoto mentale, lo spirito non dà rifugio a niente e non è diretto da nessuna parte; va oltre il soggetto e l'oggetto, risponde ai cambiamenti dell'ambiente senza lasciare traccia.

Tutto questo porta ad un meccanismo mentale di cura del sé interiore, infatti si diventa capaci di proteggere se stessi non solo fisicamente ma anche mentalmente mediante una personalità equilibrata, dinamica espressione dell'integrazione fisica, emozionale e cognitiva. Questo bisogno di protezione-conservazione di sé fa parte della natura dell'organismo vivente e nell'uomo per essere soddisfatto richiede la realizzazione della maturazione fisiologica e della formazione educativa.

La dimensione dello spirito

Il Kung Fu di Okinawa come la maggior parte di tutti gli stili del Kung Fu è così straordinario per la sua naturale semplicità e rispecchia ciò che ognuno di noi sente dentro espresso attraverso l'uso del corpo con il minor dispendio energetico possibile. Ogni momento che si vive praticando questo stile è autentico e si vive nel profondo, evitando l'artificiosità con cui tendiamo a complicare le cose.

Più si è vicini alla vera Via del Kung Fu, meno ci si disperde nell'esprimersi

Il Kung Fu dà un senso speciale ad ogni momento ordinario della nostra vita, e il suo concetto chiave non è quello di aumentare sempre più ma bensì di diminuire sempre più, ovvero essere capaci di rimuovere ogni giorno attraverso la pratica tutto ciò che non serve alla nostra anima in modo da purificarci e renderci il più semplici possibile.

Esprimere se stessi significa comunicare attraverso il proprio spirito. Lo spirito per sua natura è senza forma e nessun oggetto può rimanerci incastrato, ma i pensieri si. Quando questo accade l'energia psichica perde il suo equilibrio e con essa il flusso dello spirito. La conseguenza di questo processo porta al non saper affrontare le situazioni sempre mutevoli della vita che a loro volta genereranno un circolo vizioso di ansia e stress.

Nel budo si usa spesso il termine sutemi ovvero abbandonare il corpo, e si riferisce alle arti marziali in generale. Abbandonare è inteso come lasciare cadere l'ego e armonizzarsi con lo spirito cosmico, così da evitare la paura e l'ansia e concentrarsi sul "qui e ora".

Nel Kung Fu in genere per arrivare a comprendere lo spirito bisogna passare attraverso tre fasi:

  • Fase primitiva: definita anche lo stadio dell'ignoranza originaria in cui una persona non sa nulla riguardo l'arte del combattimento e usa parate e colpi come meglio può concentrandosi sugli attacchi dell'avversario piuttosto che su se stesso
  • Fase dell'arte: questa fase comincia nel periodo in cui gli allenamenti divengono assidui e al praticante vengono insegnati i diversi modi di parare i colpi e di colpire e diverse tecniche su come sferrare calci, muoversi, respirare ecc. In questa fase il praticante non si fissa più sull'avversario ma si chiede se ha imparato a tirare bene le sue tecniche, per questo motivo perde ancora una volta il sui sé originale e il suo senso di libertà
  • Fase dell'innocenza: dopo anni di assidua pratica l'allievo capisce che il significato del Kung Fu, cioè che esso non è niente di speciale e per questo motivo nel combattimento riesce fluire insieme all'avversario proprio come il simbolo del Tao. Capisce che non c'è niente che bisogna provare a fare, a parte mantenersi senza forma e senza intenzione facendo prevalere il vuoto e rendendolo senza limiti

L'importanza dello spirito nel combattimento è decisiva, è esso infatti che guida dal profondo i movimenti del corpo. Il fine dell'allenamento spirituale dovrebbe essere quello di non porsi limiti che subentrano attraverso le preferenze su determinate azioni.

L'allenamento spirituale, dopo anni di pratica, porta alla comunicazione spirituale ovvero si riesce a comprendere e comunicare in modo chiaro con lo spirito di chi si ha di fronte. In questo senz'altro la mente gioca un ruolo importante se si pensa che vi deve essere uno stato di consapevolezza assoluta in cui non vi è alcun senso di confronto con l'altro.

Il Kung Fu è un'arte e come tale deve essere concepito, l'arte vive dove c'è assoluta libertà che è la generatrice di creatività. Questa libertà deve essere intesa in questo caso come libertà dalle limitazioni della mente soprattutto dall'ego. Esso si pone in modo rigido contro le cose che provengono dall'esterno e ciò rende impossibile l'accettazione di quello con cui ci confrontiamo.

L'azione incessante dell'ego interferisce con l'espressione di se stessi e per questo bisogna sbarazzarsene. Il combattimento non è fatto per avere la meglio sull'altro ma per far comunicare il proprio spirito con quello dell'avversario, mantenendo quindi una sorta di neutralità da entrambe
le parti, ovvero l'equilibrio.

Quando si raggiunge questa condizione abbiamo acquisito il cosiddetto "spirito immobile".

In sintesi il Kung Fu di Okinawa è un'arte marziale e come tale è espressione dell'essere umano, una sua creazione. Essendo creati dall'uomo, gli stili non sono mai più importanti di esso, se l'uomo si estinguerebbe lo stile lo seguirebbe. Lo stile si evolve perché l'uomo si evolve, ma ancora più importante e forse più preciso sarebbe dire che lo stile si evolve perché l'uomo esprime la sua anima e questo lo rende un'artista. Possiamo quindi affermare che essere un artista marziale significa essere un artista della vita dal momento che la vita è un processo mutevole, l'artista marziale fluisce in questo processo scoprendo come attualizzare ed espandere se stessi.

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