Lo stacco è il momento più importante dell'intero salto, in quanto qui avviene la trasformazione della velocità orizzontale in velocità verticale. Di fondamentale importanza è la sua corretta preparazione negli ultimi due appoggi della rincorsa. Nel salto triplo la situazione è resa ancor più difficile dal fatto che si hanno tre stacchi. In questa fase un ruolo essenziale lo assume un efficace sfruttamento del ciclo stiramento-accorciamento.
L'energia meccanica totale espressa nel salto triplo (EM) è uguale alla somma di energia potenziale (EP), energia cinetica orizzontale (ECO) ed energia cinetica verticale (ECV). Partendo da questo assunto gli studi di Fukashiro et al. (1981) dimostrarono che durante la prima metà di ogni stacco (la fase d'atterraggio) c'è un notevole decremento dell'energia meccanica (EM), e un suo incremento invece nella seconda parte dell'appoggio (la fase di stacco). La diminuzione di EM è data dal lavoro negativo (eccentrico) compiuto dall'arto d'appoggio nella prima parte della fase d'appoggio dell'hop, l'aumento dal lavoro positivo (concentrico) compiuto nella seconda parte. Fukashiro notò altresì come il 4% dell'EM acquisita con la rincorsa veniva persa durante lo stacco dell'hop.
L'obiettivo di uno stacco efficace dovrebbe essere un compromesso tra la minima perdita di velocità orizzontale, ottenuta tramite un atterraggio attivo del piede, e un buon guadagno di velocità verticale (Koh & Hay 1990).
È stata ampiamente documentata in letteratura la necessità di un atterraggio attivo al momento di ogni stacco, tramite un'azione griffata del piede (Miller & Hay 1986, Koh & Hay 1990, Hay 1992, Matic et al.2012).
L'atterraggio attivo è definito come la differenza tra le velocità del CdG1 del piede di stacco e del CdG1 del corpo nell'attimo precedente lo stacco (Matic et al. 2012). Rappresenta il movimento con cui il saltatore porta verso il basso e verso dietro il piede di stacco prima del contatto col terreno, per rendere ottimale la posizione della gamba e ridurre la componente orizzontale delle forze di reazione al suolo, che frenano l'atleta allo stacco. La direzionalità del corpo risulta essere maggiormente efficiente ed intensa. Il terreno infatti, in reazione alle forze applicate ad esso, genera una forza uguale e opposta sul piede. La componente orizzontale di queste forze si oppone all'avanzamento dell'atleta, e per minimizzare l'effetto frenante si ricorre all'atterraggio attivo.
L'atterraggio attivo è risultato essere più pronunciato negli ultimi due appoggi della rincorsa, ed è maggiore negli atleti d'alto livello rispetto ai principianti. È più difficile da ottenere nello step e nel jump, rispetto all'hop, in quanto nelle ultime due fasi le forze esercitate sull'arto d'appoggio sono molto più elevate (Ramey & Williams 1985).
L'angolo di stacco β è quello determinato dall'incontro della linea orizzontale passante per il CdG1 e dalla traiettoria di proiezione del CdG1 in volo (Figura 1). Maggiore è il suo valore maggiore è la direzionalità verticale dell'impulso, e perciò la perdita di velocità orizzontale.
Se nel moto di un proiettile si può affermare che l'angolo di proiezione ideale è di 45° nei salti in estensione non è così (Linthorne 2006). Questo assunto infatti è valido solo se la velocità di stacco è uguale in tutti i segmenti dell'angolo, cosa che non avviene nei salti. Un angolo di stacco di 45°, infatti, richiede che la velocità orizzontale e verticale abbiano lo stesso valore. Nel salto triplo, però, si raggiungono valori massimi di velocità verticale di 3-4 ms-1, mentre un atleta può arrivare a raggiungere valori di velocità orizzontale che superano anche i 10 ms-1.
Per questo motivo un saltatore ottiene una prestazione maggiore producendo una velocità di stacco molto elevata piuttosto che saltando ad un'angolazione vicina ai 45°.
Nella Tabella 1 sono riportati i dati di diversi studi sugli angoli di stacco di triplisti d'alto livello.
I valori espressi non si discostano eccessivamente l'uno dall'altro. L'angolo di stacco all'hop raggiunge valori tra 12° e 19°, allo step tra 10° e 16°, al jump tra 16° e 27°.
Si nota sin da subito come gli angoli di stacco dell'hop e dello step siano notevolmente più bassi rispetto a quello del jump. Questo perché dopo le prime due fasi è necessario mantenere quanto più possibile la velocità orizzontale, perché la distanza totale del salto non ne risenta, e dirigere in maniera non eccessiva l'impulso in verticale. È altresì fondamentale tenere una posizione più eretta del corpo rispetto al salto in lungo, per essere in grado di affrontare gli altri stacchi. Nello step, inoltre, si hanno in media valori minori rispetto all'hop. Questo perché le forze di reazione al suolo nella seconda fase sono molto più elevate (Ramey & Williams 1985), e l'arto d'appoggio necessita di esplicare un maggior gradiente di forza per poter esprimere una parabola di volo efficace. Hay (1992) sottolinea come la transizione tra hop e step sia uno dei fattori cruciali per la riuscita del salto. Questo fattore si nota soprattutto negli studi effettuati su saltatrici (Tabella 3, studi e e f), che possono incontrare più difficoltà a dover fronteggiare forze così elevate, ed hanno perciò un angolo allo step minore degli uomini. A supporto di questa tesi anche le ricerche di Al-Kilani & Widule (1990) che, per atlete di livello collegiale (con un primato personale inferiore ai 12 m) hanno riscontrato un angolo di stacco allo step di 7,6°. Il minor livello di forza e/o di tecnica non consentono un efficace sfruttamento di questa fase.
Oltre a ciò le tripliste mostrano di avere degli angoli di stacco più ampi all'hop rispetto ai maschi. Questo denota probabilmente una minor abilità da parte loro nel mantenimento della velocità orizzontale durante le tre fasi, ed un maggior impulso verticale.
I valori riportati per il jump sono i più alti, e possono essere tranquillamente accostati a quelli normali per lo stacco nel salto in lungo, che oscillano solitamente tra i 20 e i 25° (Linthorne 2007). Le due fasi sono infatti molto simili.
L'angolo d'atterraggio è solitamente della stessa ampiezza di quello di stacco, soprattutto nell'hop e nello step, e la somma dei due determina l'entità della variazione di direzione del CdG. È stato dimostrato che, per la conservazione della velocità orizzontale, il saltatore necessiterebbe idealmente di un basso angolo di stacco e di un ampio angolo di atterraggio, ma questi due fattori sono incompatibili (Linthorne 2007).