I processi attentivi: che cos’è l’attenzione

Di Oriana Ghinato

L'attenzione è un processo cognitivo complesso e il coaching prepara l’atleta e lo allena rendendolo consapevole delle proprie capacità

Quando si parla di attenzione facciamo riferimento ad un processo cognitivo complesso che regola e guida continuamente i nostri comportamenti. Attraverso l’attenzione siamo vigili e pronti ad agire, selezioniamo le informazioni in un momento preciso in un dato ambiente in relazione al nostro stato d’animo, siamo pronti al controllo del nostro operato per un determinato periodo di tempo.
Da qui si capisce subito quanto siano fondamentali i processi attentivi nelle attività quotidiane e come si può facilmente dedurre esistono molti sotto-processi che regolano il macro processo (ad esempio l’orientamento verso uno stimolo o il controllo di un’azione in corso).

Un esempio pratico: se non fossimo attenti per strada, camminando, potremmo sbattere contro un palo (attenzione spaziale). Leggiamo un libro senza capirne il significato (calo delle risorse attentive).

Veniamo all’ambito sportivo: molti sono gli studi che fanno riferimento a questa area.
Il motivo è semplice: spesso il risultato della performance dipende da quanto l’atleta sia in grado di concentrarsi sui suoi pensieri, stati d’animo e sulle sue azioni e da quanto riesca a rilevare gli stimoli utili eliminando i distrattori.

Il grado di attenzione varia in base alle diverse situazioni da affrontare, un bravo atleta (allenato anche da questo punto di vista - attraverso il coaching) è in grado di “modulare” i propri processi attentivi.

Attenzione e concentrazione fanno coppia! Solo quando viene individuato l’oggetto di attenzione entra in gioco la concentrazione e si deve anche tener conto del tipo di sport che si sta praticando: open skill vs closed skill.

La definizione open o closed poggia sulle caratteristiche delle abilità motorie che caratterizzano la disciplina.
Le abilità motorie sono aperte o chiuse in base ad attributi di stabilità e prevedibilità dell’ambiente.

Le prime sono utilizzate in attività complesse e dinamiche come gli sport di squadra dove l’ambiente è mutevole (ad esempio i giocatori ruotano e cambiano); è necessario adattarsi alle variazioni e alle nuove condizioni nel momento in cui si presentano.

Le abilità chiuse affrontano situazioni stabili dove i parametri di riferimento spaziali restano praticamente invariati.

Alcuni esempi dei processi attentivi:

CaratteristicheDisciplina open skill
Pallavolo
Disciplina closed skill
Ginnastica artistica
Orientamento dello sguardo (Attenzione spaziale)Focalizzarsi sulla palla in arrivoFocalizzarsi su una parte di un attrezzo
Selezione di uno stimolo o di una sua caratteristica (attenzione selettiva)Durante l’azione cercare lo sguardo dell’allenatore individuando il colore della magliaSelezione del punto in cui iniziare l’esercizio
Controllo di ciò che si sta facendo (risorse attentive)Concentrarsi sulla ricezioneConcentrarsi sulla verticale

L’attenzione è considerata un processo cognitivo con alto valore adattativo.
La mente processa una cosa alla volta e l’attenzione investe tutti gli altri processi cerebrali e stringe un legame molto forte con:

  • percezione
  • motivazione
  • emozione
  • apprendimento
  • azione

A livello anatomico dove “collochiamo” i processi attentivi?

Area motoria secondaria, corteccia parietale posteriore (aree neocorticali), il giro del cingolo (nella parte più mediale del lobo frontale – fa parte del sistema limbico), collicolo superiore (nel mesencefalo, importante centro di coordinazione occhio-testa), pulvinar (nucleo talamico che ha connessioni con le aree visive), formazione reticolare troncoencefalica (aggregati neuronali connessi tra loro e in modo diffuso con la corteccia cerebrale, il midollo spinale e il cervelletto.c
Molto importante è il locus coeruleus (neuroni con pigmento azzurrino) che ha connessioni con molte strutture del SNC tra cui il diencefalo, il cervelletto, l’ippocampo, il midollo spinale, e porzioni della neocorteccia. Il locus coeruleus è implicato in tutte le reazioni di allerta permettendo all’individuo di essere subito all’erta.

Un concetto importante è la distinzione tra attenzione endogena e attenzione esogena: l’attenzione endogena dipende molto dalle nostre motivazioni – siamo noi che rileviamo e cerchiamo quello che vogliamo. Si tratta di un processo consapevole e volontario.
L’attenzione esogena è “automatica”, ci consente di rilevare un o stimolo quando questo si presenta in maniera molto brusca ancora prima di riconoscerlo. E’ un’attenzione definita “riflessa”. I processi che regolano questo tipo di attenzione operano a livello subcorticale e quindi non raggiungono la coscienza (si spiega anche perché in alcuni momenti con un forte rumore proviamo paura).

L’attenzione spaziale

Quando esploriamo un ambiente lo facciamo muovendo gli occhi e l’immagine cade sulla fovea (punto della retina dove l’acuità visiva è massima.
Il bersaglio su cui concentriamo l’attenzione è il fuoco o focus attentivo. Gli studi dimostrano che è possibile esplorare lo spazio che ci circonda spostando solo il fuoco dell’attenzione e mantenendo gli occhi immobili (quando guardiamo con la coda dell’occhio). Questa abilità è importante negli sport open skill dove è importante saper “fare finte”.

Esistono dimensione e direzione del focus attentivo correlati con i concetti di attenzione diffusa e focalizzata che poggiano sulle risorse attentive. Il sistema Oculomotore e i movimenti oculari che mantengono il bersaglio sulla fovea si occupano di questo complesso processo.

L’attenzione sarà diffusa quando ci concentriamo su ampie porzioni di campo visivo; se le porzioni sono ristrette sarà focalizzata. Ciò che crea la distinzione è la differenza dello stimolo. Più è piccolo il focus attentivo più è efficiente l’elaborazione dei dati che contiene.

Attenzione selettiva

Prima di elaborare uno stimolo dobbiamo sceglierlo (attenzione selettiva) attraverso l’attenzione spaziale orientandola nostra attenzione su di esso.
Lo stimolo che scegliamo si trova in mezzo molti altri e nonostante ciò siamo in gradi si selezionare proprio quello che vogliamo rilevare. Ad es. un giocatore di pallavolo riesce a rilevare la palla che sta arrivando selezionando lo spazio (solo lo spazio) in cui si aspetta che la palla cadrà.

Quando decidiamo di elaborare un aspetto che proviene dal nostro interno come ad esempio durante l’esecuzione di alcuni esercizi di ginnastica, durante l’esecuzione del movimento orientiamo l’attenzione su un punto preciso del nostro copro. Il resto delle informazioni che arrivano dall’esterno e dal nostro corpo viene comunque elaborato ma ad un livello più basso definito PREATTENTIVO che non raggiunge la coscienza ma che può disturbare l’elaborazione dello stimolo su cui siamo concentrati.

Non scordiamo inoltre che accanto a tutto ciò esiste anche il flusso di nostri pensieri ed emozioni, sentimenti e ricordi che continuano ad impattare su di noi. Se questi flussi non vengono incanalati nel modo corretto possono compromettere la performance.
Per il buon funzionamento dell’attenzione selettiva ci vuole un buon funzionamento e un buon orientamento dell’attenzione spaziale.

Per meglio intendere ci si avvale di un test basato su un gioco di parole ideato da uno psicologo USA, John Ridley Stroop.
Il gioco utilizza parole che indicano colori ma sono stampate con un colore diverso da quello proposto dal testo scritto.
Il soggetto può eseguire 2 istruzioni diverse:

  • leggere ad alta voce la parola
  • denominare il colore dell’inchiostro

Ovvio è che pronunciare la parola rosso se la scritta è in verde è più difficile, rispetto a pronunciare la parola rosso se la scritta è in rosso. Questa incongruenza che si riflette sui tempi di reazione e del numero degli errori si chiama EFFETTO STROOP.
Nella quotidianità l’effetto stroop si verifica in tutte quelle situazioni in cui c’è una forte incongruenza tra gli stimoli da selezionare. Esempio: stiamo scrivendo e in un’altra stanza sentiamo la tv ad alto volume e una notizia cattura la nostra attenzione distraendoci; siamo al telefono e la nostra mente vaga altrove.
Gli atleti esperti sono molto bravi a non “farsi disturbare” da stimoli irrilevanti ma anche a produrre stimoli irrilevanti in modo da disturbare l’avversario e peggiorare la sua risposta.

Ci dobbiamo anche porre la domanda: dove finiscono le informazioni irrilevanti? Non le consideriamo? Si perdono? Molti sono stati e sono gli studi su questo aspetto. Si ipotizza che l’attenzione selettiva operi come un filtro ma ad un livello non precoce di modo che la coscienza venga raggiunta solo da stimoli che hanno un alto valore significativo e adattativo. Questo spiega come mai nell’ascolto dicotico si possono riferire alcune parole presentate nell’orecchio al quale non si presta attenzione. L’informazione su un canale cui non prestiamo attenzione viene tendenzialmente persa in quanto nel momento in cui ci focalizziamo ormai è passata.

Risorse attentive

L’intensità dell’attenzione, l’energia che mettiamo nello svolgimento di un compito, l’impegno. Si tratta di un’intensa comunicazione neuronale in specifiche strutture e aree cerebrali che sono state ben investigate.
Sapersi concentrare è fondamentale per tutti. L’atleta deve svolgere un compito di alta qualità per un determinato periodo di tempo e questo richiede una notevole quantità di risorse attentive. Si parla quindi di attivazione fisiologica che prende il nome di attenzione sostenuta.
Una capacità fondamentale è la resistenza ad elementi dell’ambiente che potrebbero fungere da distrattori. Diventa importante qui la distinzione tra attività che svolgiamo in modo automatico e attività che svolgiamo in modo controllato.

Ad esempio camminare è un’attività che svolgiamo in modo automatico: atleti ben prearati sono in grado di dirottare le risorse attentive su altri aspetti. Stanno ad esempio eseguendo dei gesti automatici reclutando le risorse attentive - come il palleggio nella pallacanestro – questo dà modo di dirottare le risorse su aspetti tattici.
L’automatizzazione del gesto motorio permette di guadagnare un vantaggio concreto nella prestazione. Tale abilità si raggiunge solo con l’allenamento specifico, l’esercizio e il coaching.
Gli allenatori dovrebbero tener conto di questo aspetto: se il gesto non è automatizzato l’attenzione dell’atleta verterà su gesti di cui è consapevole o ad esempio la posizione dei compagni in campo (focus ampio). L’esperienza, creare consapevolezza e responsabilità favorisce la messa in atto di più compiti contemporaneamente e di modulare le esigenze del focus attentivo. La conversazione di coaching e l’allenamento mentale portano sicurezza all’atleta che migliora la propria capacità.

Lo stile attentivo

L’atleta esperto sa gestire la situazione in ogni momento, ma ogni situazione può presentare diverse “facce” pertanto diversi sono modi in cui la situazione può essere gestita. Spesso ci sono più modi idonei per gestire e quindi bisogna compiere una scelta e la scelta dipende dalla persona, dal carattere e dal proprio STILE.
Robert Nideffer (fine anni settanta) iniziò a parlare di stile cognitivo come la modalità di elaborazione delle informazioni proprie di ogni individuo. Ognuno è dotato di strategie cognitive che consentono l’adattamento all’ambiente. Siamo tutti progettati per apprendere, agire, emozionarci ecc. ma tutto avviene in modo soggettivo e per motivi diversi. Tutto quanto sopra ci rende esclusivi!
L’atleta dunque va considerato unico e caratterizzato da un proprio stile cognitivo e uno stile attentivo che caratterizzerà la prestazione sportiva.

Focus attentivo ampio esterno
Situazioni in cui si devono integrare molti stimolo ambientali (es. partita di calcio)
Focus attentivo ristretto esterno
Arciere che si concentra su bersaglio da colpire
Focus attentivo ampio interno
Calciatore che rivede nella mente un goal
Focus attentivo ristretto interno
Atleta che si concentra sulla contrazione di un muscolo

Nideffer, sulla base delle dimensioni attentive, ideò il test di stile attentivo e interpersonale (TAIS), che ha come obiettivo la valutazione dello stile attentivo e la flessibilità attentiva di un atleta e allo stesso tempo rileva gli elementi disturbatori della prestazione.

Situation Awareness

Concetto fondamentale nel coaching e in questo contesto è la Situation Awareness e cioè la CONSAPEVOLEZZA DELLA SITUAZIONE.

  • Cosa è accaduto?
  • Cosa sta accadendo?
  • Cosa potrà accadere a breve termine?

Per tenere sotto controllo la situazione è fondamentale percepire gli elementi presenti nell’ambiente; comprenderli, prestare attenzione a essi essere in grado di fare predizioni a brevissimo su base delle informazioni che abbiamo. Dobbiamo quindi essere in grado quindi di raccogliere dati, analizzare, elaborare e dare una risultanza.
Questo modello ci rende più forti e migliori nei processi decisionali.
Per un atleta è fondamentale avere “le idee chiare in brevissimo tempo” – essere consapevole della situazione ora e subito, di cosa sta accadendo attorno a lui per riuscire a prevedere e dunque anticipare.

Consapevolezza, quindi, ancora una volta risulta essere la parola chiave del coaching!