Dalla scienza anatomica all'anatomia funzionale

Di Roberto Tambolini

Noi non pensiamo realmente ai nostri muscoli, noi pensiamo al movimento e all'azione dei nostri muscoli a seconda delle nostre intenzioni e del sistema di sostegno automatico. Il ruolo dei muscoli cambia a seconda della posizione del corpo.

Non si può parlare di movimento funzionale senza tener conto dell'inseparabile interazione che c'è tra la struttura anatomica del nostro corpo e la funzione.

"Dobbiamo considerare che ogni segmento corporeo, grande o piccolo che sia, contribuisce in qualche modo ad ogni movimento che eseguiamo"16

L'anatomia funzionale di conseguenza non focalizza la sua attenzione sulla semplice struttura, bensì sulle proprietà della stessa. Il movimento funzionali, dunque, è il risultato di "Interconnessioni strutturali". Ogni articolazione trae benefici dal rapporto dei suoi muscoli di supporto e quelli che producono il movimento.
Il movimento, in effetti

"non è solo lo scatto di un insieme di leve, ma l'espressione della sua totalità"17.

Questo viene affermato dal fatto che

"i tessuti del corpo si sostengono a vicenda in una moltitudine di movimenti e posizioni […] Medici specializzati in dissezioni anatomiche apprezzano come la natura di una struttura è completamente dipendente da strutture di sostegno e opposte." 18 (Cook, 2011).

Studi sulla biomeccanica muscolare, scienza molto vicina all'approccio funzionale, hanno individuato due differenti classi di muscoli scheletrici:

I muscoli "shunt"

Comprimono o producono l'integrità strutturale all'articolazione, perché l'inserzione distale del muscolo è lontana dall'articolazione che produce movimento. (Esplica la sua attività principalmente nei movimenti rapidi e secondo l'asse maggiore del segmento che subisce lo spostamento, onde provvedere alla forza centripeta)

Shunt

I muscoli "spurt"

Hanno il vantaggio meccanico per produrre movimento dal momento che ha una parte di inserzione distale rispetto all'asse di rotazione. (Sono deputati a fornire l'accelerazione lungo la curva di movimento).19

Spurt

L'anatomia funzionale è sostanzialmente lo studio delle proprietà funzionali dei diversi tessuti, ma soprattutto dei tessuti neuro-muscolari. La differenza con la scienza anatomica sta nel fatto che questa va oltre lo studio della forma e della struttura degli organismi viventi.

L'anatomia funzionale, inoltre si discosta anche dalla Chinesiologia. La Chinesiologia (dal greco: kinesis=movimento, logos=studio, quindi "studio del movimento") è lo studio dei muscoli, dei loro punti di inserzione e dell'azione di base di ciascun muscolo. Questo rimane però uno studio superficiale. In questa prospettiva, il brachiale è considerato un muscolo spurt e il brachioradiale un muscolo shunt. Naturalmente, questo presuppone che il curl manubri dimostri il ruolo meccanico di ciascuno. Ma una prospettiva singolare non è rappresentativa della realtà. Se esaminiamo il chinup, ovvero le trazioni alla sbarra, la regola viene infranta e la situazione invertita.

"I muscoli cambiano ruoli rispondendo sia meccanicamente sia con adattamenti neuromuscolari durante l'attività, ignari delle classificazioni accademiche."20

Il risultato è quindi che i muscoli si completano a vicenda indipendentemente dall'azione. Strettamente correlato all'aspetto meccanico-muscolare, c'è l'aspetto nervoso. Il cervello cosciente non agisce da solo. Attraverso l'apprendimento e lo sviluppo motorio il cervello ha imparato a organizzare la sinergia muscolare e il contributo alle attività conosciute. Esso è supportato da sistema automatico di attività riflessa con adattamenti involontari che si verificano sullo sfondo di ogni movimento volontario. Questo è possibile perché il sistema sensoriale monitora costantemente in tempo reale il nostro movimento verso il modello di movimento previsto (volontario). Noi non pensiamo realmente ai nostri muscoli, noi pensiamo al movimento e all'azione dei nostri muscoli a seconda delle nostre intenzioni e del sistema di sostegno automatico. 21

Questo è il motivo principale che differenzia l'allenamento al movimento funzionale, rispetto alle altre metodologie. Esso, in effetti, non cerca volutamente di rivolgere l'attenzione dell'atleta, su un particolare distretto muscolare. Concentrandoci su un singolo gruppo muscolare, si dimostra che non viene evidenziata la matrice portante che si cela dietro l'azione di un muscolo superficiale. Come detto il ruolo dei muscoli cambia a seconda della posizione del corpo e dell'articolazione in azione. Nel nostro corpo, tutti i muscoli si muovono e si stabilizzano entro un certo grado. Sono presenti muscoli che passano o si estendono lungo una sola articolazione, dove appunto l'influenza di altre articolazioni ha poco o nessun effetto sulla funzione dei muscoli e muscoli che attraversano due o più articolazioni, dove l'influenza della posizione di un'articolazione influisce in modo significativo sulla funzione del muscolo e sull'altra articolazione. Da qui nasce il concetto di insufficienza passiva e attiva (Cook, 2011):

Insufficienza attiva

è l'incapacità di un muscolo bi-articolare o multi-articolare di esercitare una tensione adeguata per accorciarsi sufficientemente per completare per intero il ROM (range of motion) contemporaneamente in entrambe le articolazioni. (Nell'insufficienza attiva il muscolo è insufficiente perché ha raggiunto il suo massimo accorciamento).

Insufficienza passiva

è l'incapacità di un muscolo bi-articolare o multi-articolare di allungarsi sufficientemente per completare l'intero ROM simultaneamente in entrambe le articolazioni 22.

Oltre ai muscoli agonisti (prime mover), che eseguono una funzione specifica (esempio: in flessione del gomito, il primo motore è il muscolo bicipite brachiale), di estrema importanza saranno i cosiddetti muscoli "dedicati" (dedicated muscle) che riguardano gli strati profondi. Essi sono vicini all'osso, vicini all'articolazione e di conseguenza possiamo dedurre il loro contributo stabilizzante. (23) Nell'allenamento funzionale questa categoria di muscoli assume un'estrema importanza. Come detto in precedenza, il corpo, nel suo complesso, deve operare nel modo in cui è stato progettato, ed è proprio per questo motivo è importantissima la cosiddetta "stabilità funzionale", descritta da Panjabi 24, il quale propose un modello concettuale in grado di rappresentare l'interazione tra le componenti che contribuiscono alla stabilità.

PanjabiModello concettuale di Panjabi

In questo modello concettuale, Panjabi descrive tre sistemi:

  • Sistema Passivo: che riguarda le strutture osteoartrolegamentose;
  • Sistema Attivo: che riguarda le strutture miofasciali;
  • Sistema di Controllo: che coordina le azioni.

La stabilità funzionale serve a trasferire il carico attraverso le articolazioni in modo efficace limitando l'ampiezza della zona neutra biomeccanica, per non originare stress eccessivi. Egli definì la zona neutra come

"un movimento di piccola ampiezza, nell'intorno della posizione neutra dell'articolazione, dove viene opposta la resistenza minima da parte delle strutture osteolegamentose." 25

Detto ciò possiamo aggiungere, inoltre, che il corpo con ogni strato sia legato insieme attraversando molteplici articolazioni.

"Il sistema di stratificazione fornisce sostegno e movimento in più modelli e scopi." (26)

Qui nasce l'errore della maggior parte dei programmi di fitness, ovvero quello di concentrarsi sullo sviluppo dei muscoli superficiali allenati come motori primari supponendo che questi muscoli svolgano un ruolo più importante in termini di prestazioni rispetto ai muscoli di sostegno stabilizzanti.
Sappiamo che il sistema muscolare supporta e muove il sistema scheletrico, il quale è sorretto contro gravità, attraverso il lavoro costante e coordinato dagli stabilizzatori del movimento.

Come afferma Gray Cook (2011), quindi:


Questi muscoli più piccoli, più profondi migliorano l'efficienza e la potenza dei motori primari creando resistenza, stabilità e supporto del movimento in un segmento mobile e consentendo libertà di movimento ad un altro segmento. Questa interazione avviene in millesimi di secondo e si verifica senza un controllo cosciente.27

Nel caso dei muscoli della coscia per esempio, quadricipite e hamstring lavorano in opposizione l'uno all'altro. Il muscolo quadricipite femorale si compone di 4 capi, ma solo uno (retto femorale) è bi-articolare (supera cioè le articolazioni coxo-femorale e del ginocchio), infatti si origina a livello della spina iliaca antero-inferiore e si inserisce sulla protuberanza anteriore della tibia28.

Quindi a differenza del vasto mediale, vasto intermedio e vasto laterale, che si originano a livello della linea aspra del femore, solo il retto anteriore passa dall'anca al ginocchio. Tra gli ischio-crurali, invece, sono tre su quattro i muscoli che attraversano entrambe le articolazioni.

In effetti, il muscolo semitendinoso, il muscolo semimembranoso e il capo lungo del bicipite femorale originano a livello della tuberosità ischiatica e si inseriscono a livello della tuberosità mediale, i primi due, mentre il terzo a livello dell'apofisi stiloide del perone29.

Si può dedurre quindi che tre muscoli del gruppo del quadricipite sono dedicati esclusivamente al ginocchio e solo uno tra gli ischio-crurali sarà dedicato solo al ginocchio. Questa situazione anatomica dà origine al cosiddetto "Paradosso di Lombard". Che cosa succede quando ci si alza da seduti? Durante questa azione il quadricipite e gli ischio-crurali si attivano contemporaneamente, anche se il retto femorale e tre tra i muscoli posteriori della coscia sono completamente antagonisti. Il retto femorale flette l'anca ed estende il ginocchio.

Il bicipite femorale (capo lungo), semitendinoso e semimembranoso estendono l'anca e flettono il ginocchio. C'è una co-attivazione, quindi, di due muscoli agonosti. Questo fenomeno appunto è detto "Paradosso di Lombard", in altre parole analizzando l'azione dei muscoli delle cosce che agiscono su due articolazioni ci troviamo dinnanzi ad un paradosso: pur contraendo i posteriori della coscia per estendere l'anca, abbiamo un'estensione della gamba, dovuta all'azione dei quadricipiti, anziché una flessione. Studi hanno quindi evidenziato che l'azione dei momenti (ovvero delle forze applicate alle leve o bracci costituiti dalle ossa, facendo perno sull'articolazione) che agiscono su queste articolazioni hanno come risultante un'estensione della gamba e delle anche, anziché una flessione delle medesime articolazioni (Rasch & Burke, 1978). Possiamo dedurre che quindi, il retto femorale, e gli ischio-crurali che attraversano sia l'articolazione del ginocchio sia quella dell'anca possono avere una doppia azione, ovvero estendere il ginocchio e flettere l'anca nel caso del retto del femore, flettere la gamba ed estendere l'anca nel caso del bicipite femorale. Come afferma G. Cook (2011), sia il retto femorale sia i tre muscoli posteriori della coscia sono attivi, e nessuno dei due cambia la lunghezza durante il passaggio da seduti alla posizione eretta. Nessuna variazione netta di lunghezza si nota per entrambi tra la posizione iniziale e quella finale. Due antagonisti attivi, dunque, esprimono tensione muscolare, ma non c'è nessun cambiamento di lunghezza per un grande movimento che si verifica30.

Questi muscoli si annullano a vicenda, il che può sembrare inefficace, ma il corpo è troppo saggio per sprecare energia. Questa prova di forza muscolare crea sostegno a livello articolare e compressione a livello del tessuto e serve come stabilizzatore globale e propriocettivo. Questi muscoli, però, possono assumere ruoli completamente diversi durante altre attività che coinvolgono diversi schemi del movimento. Questo semplice esempio dimostra che i muscoli possono avere vari ruoli specifici dal punto di vista funzionale e non specifici da punto di vista anatomico. Questa condizione determina che non esiste una classificazione anatomica assoluta, ma all'interno di ogni schema del movimento i muscoli rivestono particolari ruoli.

  • 16 Cfr. G. Cook (2011), Movement: Functional Movement Systems: Screening, Assessment, Corrective Strategies. Lotus Pub. (September 1, 2011)
  • 17 F. Tribastone (2001), Compendio di educazione motoria preventiva e compensativa. Società Stampa Sportiva, Roma (2001)
  • 18 Cfr. G. Cook (2011), Movement: Functional Movement Systems: Screening, Assessment, Corrective Strategies. Lotus Pub. (September 1, 2011)
  • 19 Cfr. F. Perrotta (2002), Pianeta scienze motorie. Il corpo, il movimento, l'azione motoria. ELLISSI Ed., Napoli (2002)
  • 20 Cfr. G. Cook (2011), Movement: Functional Movement Systems: Screening, Assessment, Corrective Strategies. Lotus Pub. (September 1, 2011)
  • 21 Cfr. G. Cook (2011), Movement: Functional Movement Systems: Screening, Assessment, Corrective Strategies. Lotus Pub. (September 1, 2011)
  • 22 Cfr. G. Cook (2011), Movement: Functional Movement Systems: Screening, Assessment, Corrective Strategies. Lotus Pub. (September 1, 2011)
  • 23 Cfr. G. Cook (2011), Movement: Functional Movement Systems: Screening, Assessment, Corrective Strategies. Lotus Pub. (September 1, 2011)
  • 24 The stabilizing system of the spine. Part I. Function dysfunction, adaptation and enhancement. J Spinal Disorders, 1992.
  • 25 The stabilizing system of the spine. Part I. Function dysfunction, adaptation and enhancement. J Spinal Disorders, 1992.
  • 26 Cfr. G. Cook (2011), Movement: Functional Movement Systems: Screening, Assessment, Corrective Strategies. Lotus Pub. (September 1, 2011)
  • 27 Cfr. G. Cook (2011), Movement: Functional Movement Systems: Screening, Assessment, Corrective Strategies. Lotus Pub. (September 1, 2011)
  • 28 Cfr. J. Fleischmann – R. Linc (1981), Anatomia umana applicata all'educazione fisica e allo sport. Volume Primo. Società Stampa Sportiva, Roma (1981)
  • 29 Cfr. J. Fleischmann – R. Linc (1981), Anatomia umana applicata all'educazione fisica e allo sport. Volume Primo. Società Stampa Sportiva, Roma (1981)
  • 30 Cfr. G. Cook (2011), Movement: Functional Movement Systems: Screening, Assessment, Corrective Strategies. Lotus Pub. (September 1, 2011)

Voci glossario

Forza Forza muscolare