Nel loro insieme i risultati mostrano che all'interno della formazione ippocampale l'esercizio fisico colpisce il giro dentato con selettività regionale. Inoltre, i risultati identificano che nei topi il CBV del giro dentato è un imaging correlato di neurogenesi indotta dall'esercizio fisico. Cotman e collaboratori90, Dishman e collaboratori91 mostrano che a causa dei suoi effetti pleiotropici sul cervello la selettività subregionale che l'esercizio fisico è risultato avere nella formazione dell'ippocampo è stata una scoperta inaspettata.
Questa osservazione è particolarmente interessante alla luce di studi che suggeriscono che il giro dentato è una sub regione dell'ippocampo differenzialmente vulnerabile al processo di invecchiamento, come mostrato negli esseri umani da West e collaboratori92, Small e collaboratori83, nei primati non umani da Small e collaboratori83, Gazzaley e collaboratori93, e nei roditori da Small e collaboratori83, Shetty e collaboratori94. Disfunzioni del giro dentato contribuiscono all'invecchiamento cognitivo. Numerosi studi hanno stabilito che l'esercizio fisico migliora il declino cognitivo legato all'età, come mostrato ad esempio da van Praag e collaboratori95, Kramer e collaboratori96, Chan e collaboratori97, Weuve e collaboratori98.
Così, l'effetto che l'esercizio fisico ha sul giro dentato contribuisce probabilmente ai segnalati vantaggi cognitivi sull'invecchiamento del cervello. Poiché la neurogenesi è strettamente collegata all'angiogenesi, come mostrato da Palmer e collaboratori69, Louissaint e collaboratori70 e l'angiogenesi, a sua volta, è strettamente collegata al CBV, come mostrato da Dennie e collaboratori99,Jiang e collaboratori100, è stato ipotizzato che le misure di CBV potrebbero fornire in vivo correlati di neurogenesi. Questa ipotesi si basa sul risultato che l'esercizio fisico aumenta sia la neurogenesi che l'angiogenesi nei giovani adulti di roditori, van Praag e collaboratori95.
I risultati hanno dimostrando che il CBV del giro dentato si correla selettivamente con la sottostante neurogenesi nei topi. Bloccando l'effetto dell'esercizio sul CBV con irradiazione a raggi x, si sopprime anche la neurogenesi, a conferma inoltre che la neurogenesi è alla base degli aumenti osservati in CBV. Tuttavia, in mancanza di misurazioni dirette, non è stato possibile confermare che l'angiogenesi sia il fattore intermedio che incide su questo rapporto.
Meccanicisticamente, ci sono molte molecole che possono essere di mediazione all'accoppiamento indotto dall'esercizio tra neurogenesi ed angiogenesi, come mostrato da Emanueli e collaboratori101, tra cui la neurotrofina VEGF: vascular endothelial growth factor (fattore di crescita dell'endotelio vascolare), come mostrato da Louissaint e collaboratori70 o variazioni indotte dall'esercizio sul BDNF brain-derived neurotrophic factor, neurotrofina che può ridurre la morte cellulare naturale in alcune popolazioni di neuroni, come mostrato da Neeper e collaboratori102.
Le somiglianze notevoli tra l'aumento del CBV indotto dall'esercizio nella formazione dell'ippocampo dei topi e nell'uomo suggeriscono che l'effetto è mediato da meccanismi analoghi. Naturalmente, non è possibile confermare direttamente se i cambiamenti del CBV nel giro dentato osservati negli esseri umani sono un riflesso di neurogenesi. Tuttavia, precedenti studi sui roditori hanno dimostrato che i livelli di neurogenesi sono accoppiati con differenze individuali nel grado di esercizio fisico, come mostrato da van Praag e collaboratori95.
Pertanto, insieme alle analogie tra specie sul CBV dell'ippocampo, l'osservazione che i cambiamenti del CBV nel giro dentato indotti dall'esercizio siano in correlazione con il VO2max supporta l'ipotesi che l'effetto sugli umani sia mediato, almeno in parte, dalla neurogenesi. In ogni caso, questi risultati mostrano che l'imaging in vivo è in grado di predire i livelli di neurogenesi nei topi viventi. Inoltre, come dimostrato, le tecnologie MRI utilizzate in questi studi sono in grado di misurare cambiamenti significativi nel CBV del giro dentato nel tempo sia negli esseri umani che nei topi.
Fornendo prove a sostegno della neurogenesi indotta dall'esercizio fisico e introducendo gli strumenti necessari per raggiungere questo obiettivo, questo studio dimostra che è possibile isolare il profilo specifico dei cambiamenti cognitivi che sono neurogenesidipendenti. I risultati del suddetto studio mostrano che svolgere attività motoria aerobica quotidianamente è utile sia a livello fisico che cerebrale, favorendone alcune specifiche capacità.
Le attività a metabolismo aerobico hanno dimostrato avere profondi effetti sul cervello, nei topi e negli uomini migliorando apprendimento e memoria, e a ciò sono risultati legati cambiamenti strutturali e fisiologici dell'ippocampo. È mostrato un aumento anche nella produzione di fattori neurotrofici, un aumento della vascolarizzazione cerebrale, della plasticità neurale.
Il lavoro aerobico ha in sé anche altri effetti prodigiosi, infatti mette in circolo sostanze simili a principi psicoattivi che agiscono sul cervello dando sensazione di euforia che è il risultato di un meccanismo messo in atto dal corpo per proteggersi dal dolore e per sopportare meglio lo sforzo muscolare durante l'attività. Infatti correndo il corpo produce alti livelli di endorfine che superano facilmente la barriera ematoencefalica.
Gli adulti che fanno attività fisica riescono a superare meglio i test di abilità spaziale, a ciò è associata la neurogenesi. L'attività fisica è quindi un modo semplice e poco costoso di allenare non solo il corpo ma anche la mente. Scott Small intende ripetere questi esperimenti in soggetti di età avanzata, nell'ambito di un programma di studio degli effetti dell'esercizio fisico sul decadimento mnemonico dell'età involutiva. Negli ultimi anni, con l'individuazione di un numero in costante crescita di fattori in grado di promuovere o inibire la neurogenesi nell'encefalo adulto, si sta componendo un quadro sempre più complesso che rende ardua la comprensione dei principi che regolano il processo anche nelle due circostanze più studiate, ossia la formazione di nuove memorie e la reintegrazione dei neuroni perduti.
Lo spettro di agenti potenzialmente neurogenetici è divenuto così vasto da richiedere la definizione di criteri che consentano, ad esempio, di determinare la quota di cellule neoprodotte necessaria ad un prefigurabile scopo funzionale, e ancora le condizioni in cui realmente un organismo animale impiega i neuroni neonati per fare fronte ad una definita esigenza. Infatti, da alcuni anni e con una frequenza crescente, la ricerca ci propone lavori che dimostrano le potenzialità neurogenetiche di svariati fattori e un accresciuto livello di prestazione dei roditori con un maggior numero di neuroni nell'ippocampo e nella corteccia cerebrale, senza che si abbia la possibilità di riportare i risultati a riferimenti quantitativi e qualitativi generali che consentirebbero stime comparative e in valore assoluto dell'entità del fenomeno studiato. In altre parole, sarebbero necessari degli studi volti al fine di stabilire dei termini di significatività fisiologica dei processi neurogenetici nel sistema nervoso degli animali adulti.