Una spinta consistente da parte di organismi sportivi, professionisti, allenatori e genitori è probabilmente legata all'ipotesi che la specializzazione precoce sia il più efficace mezzo per lo sviluppo di abilità, e che da un approccio multilaterale in età giovanile si ottengono scarsi risultati. È stato invece riscontrato che, durante le prime fasi di crescita e di maturazione, un approccio multilaterale possa stimolare adattamenti fisiologici e cognitivi generali, che costituiscono le basi per capacità fisiche e cognitive specializzate necessarie per la successiva competenza (Baker & Côté, 2006). Durante l'infanzia, un approccio alternativo multilaterale, si realizza con una varietà di attività sportive ludiche di divertimento che non hanno i costi fisici e psicosociali, tipici della specializzazione precoce. L'approccio multilaterale è pensato per raggiungere la competenza sportiva attraverso la motivazione intrinseca che deriva dal divertimento, dal piacere. Le competenze e i condizionamenti fisiologici sviluppati attraverso il coinvolgimento multilaterale infantile si possono trasferire poi alla specializzazione sportiva degli atleti (Baker, 2003). Tuttavia, la multilateralità da sola non è in grado di formare gli atleti d'elite a lungo termine. Bisogna aspettare il momento migliore e attraverso una formazione specializzata affiancata ad un approccio multilaterale, si raggiungeranno le prestazioni richieste nello sport in questione.
Al centro di questo approccio multilaterale c'è l'idea che la precoce partecipazione, anche per un breve periodo di tempo, è utile e non svantaggiosa per lo sviluppo di abilità. Tuttavia, sembra che la multilateralità precoce sia più vantaggiosa quando i bambini iniziano il loro coinvolgimento in sport organizzati e stanno imparando nuove competenze. Una volta effettuati questi adattamenti generali, gli adattamenti di formazione diventano molto più specifici in maniera naturale e più difficili da raggiungere. A questo punto, la formazione deve diventare più specifica; Tuttavia, fino allora, ci può essere un uguale beneficio dal sottoporre entrambi i tipi di formazione.
La ricerca su atleti d'elite ha messo in luce come la specializzazione precoce non sia una componente essenziale per lo sviluppo dell'atleta d'elite. Gli atleti d'elite, infatti, hanno partecipato ad una vasta gamma di attività prima di investire in uno o due sport durante l'adolescenza. Queste attività spesso includevano giochi spontanei, anche collegati agli sport, ma non organizzati all'interno di società e in apposite strutture, con allenatori specializzati, bensì attività ludiche giocate spontaneamente nei cortili e nelle strade. Tali attività sono risultate determinanti per stimolare l'interesse e la motivazione intrinseca che favoriscono una sensazione di piacere e di divertimento nell'atleta. Gli atleti d'elite sono stati quindi coinvolti in una gamma di sport diversi prima della specializzazione. In uno studio sugli atleti australiani della squadra nazionale, Baker e collaboratori (2003) hanno riscontrato che il numero di ore di allenamento indispensabile per raggiungere lo status nazionale era inversamente proporzionale all'ampiezza dell'esperienza sportiva iniziale. L'approccio multilaterale favorisce, quindi, la sperimentazione delle proprie capacità in contesti variati: diverse situazioni di gioco consentono ai ragazzi la libertà di provare movimenti e tattiche diverse, apprendere azioni e strategie attraverso la scoperta personale, perfezionare gesti già appresi. Questi aspetti di flessibilità e creatività sono importanti nello sviluppo degli atleti.
Un approccio globale per la competenza sportiva dovrebbe prendere in considerazione l'intera situazione della persona, l'attività, l'ambiente, e il complesso di interazione di questi componenti. Di conseguenza, il "Modello di partecipazione sportiva legato allo sviluppo" (Developmental Model of Sport Participation: DMSP; Côté, Baker, &Abernethy, 2007) fornisce un quadro globale che delinea modalità di lavoro e differenti percorsi di coinvolgimento nello sport per le diverse fasce di età. Per comprendere correttamente questo modello è necessario chiarire bene il significato di alcuni termini che vengono in esso utilizzati, con riferimento a due diverse modalità di allenamento possibili per i giovani sportivi: la pratica deliberata e il gioco deliberato. Queste due modalità di lavoro possono essere utilizzate nel tempo in percentuali diverse, dando così forma a due percorsi differenti che possono portare entrambi a raggiungere elevati livelli di prestazione sportiva.
Lo sport è un'attività che richiede l'integrazione di diverse abilità e processi umani. I processi fisici coinvolti nello sport comprendono l'apprendimento delle competenze di movimento fondamentali come correre, lanciare, calciare, e la cattura, così come più complesse abilità sportive quali il servizio nel tennis e il tiro nel basket. Tutte le attività sportive richiedono anche un elevato grado di capacità cognitive - percettive, come la capacità di percepire vari stimoli e prendere decisioni appropriate. Inoltre, le capacità affettive, come essere motivati e saper gestire le emozioni, sono necessarie per svolgere con successo le attività sportive. Infine, tutte le attività sportive si svolgono in un ambiente sociale e impongono, tra le altre cose, la capacità di interagire efficacemente con allenatori, genitori e coetanei.
La pratica deliberata potrebbe essere intesa, come l'allenamento tecnico specifico per l'acquisizione di abilità finalizzate al raggiungimento del migliore risultato possibile. Secondo tale approccio, infatti, ciò che differenzia soggetti di diverso livelli di abilità è proprio il numero di ore effettuate di pratica deliberata. In quest'ottica si ritiene inoltre che siano necessari almeno 10 anni di allenamento specifico e con un inizio in età precoce. Il quadro della pratica deliberata si concentra, quindi, sui meccanismi di apprendimento cognitivo, sottovalutando ampiamente gli aspetti affettivi, personali e sociali associati a questo tipo di pratica, soprattutto nei primi anni di coinvolgimento di un atleta. Il percorso di specializzazione precoce è associato ad un elevato volume di pratica deliberata e ad una bassa quantità di gioco deliberato e si concentra sulle prestazioni già all'età di sei o sette anni.
Diversi studi identificano la specializzazione precoce come un percorso adatto per prestazioni di alto livello. Ericsson e colleghi (1993) hanno definito la pratica deliberata come una qualsiasi attività di formazione intrapresa con lo scopo di aumentare specifici risultati (ad esempio, non per motivo di godimento o di ricompense esterne, che richiede sforzo cognitivo e / o fisico e porta allo sviluppo di abilità positive. Anche se gli studi nello sport possono sostenere il fatto che l'attività pratica deliberata può piacere o divertire, questa si concentra sui risultati piuttosto che sui processi, e ha regole piuttosto rigide. Il quadro della pratica deliberata è quindi in linea con un percorso di specializzazione precoce riguardanti prestazioni di alto livello.
Nello sport, considerando il fatto che molti ragazzi si avvicinano alle esperienze sportive per fare attività motoria, ma pure per giocare e divertirsi, assieme al concetto di pratica deliberata è stato proposto anche il concetto di gioco deliberato. Côté (1999) definisce in questo modo un insieme iniziale di attività sportive che sono motivanti, forniscono gratificazione immediata e sono finalizzate soprattutto al divertimento. Tali attività, che utilizzano gestualità che si rifanno a quelle tipiche di uno sport, vengono effettuate con regole adattate, rispetto a quelle standard di una certa disciplina, e possono essere gestite sia direttamente dai ragazzi, sia da un adulto che organizzi le attività. Sono comunque attività motorie diverse dal gioco spontaneo della prima infanzia, e differiscono anche dalle attività strutturate tipiche dello sport organizzato e dalla pratica deliberata. Le molteplici abilità acquisite attraverso il coinvolgimento in vari sport durante l'infanzia fornirà ai bambini qualità fisiche personali e mentali necessarie per specializzarsi in uno sport nel corso dell'adolescenza. I bambini in genere modificano le regole di uno sport per trovare un punto in cui il loro gioco assomigli il più possibile allo sport reale, ma permettendo ancora di giocare al loro livello.
L'informalità del gioco deliberato permette ai bambini di impegnarsi in sport utilizzando un'attrezzatura minima, in qualsiasi tipo di spazio, con qualsiasi numero di giocatori, e con giocatori di diverse età e dimensioni. Questo tipo di ambiente è facilmente creato e non richiede necessariamente caratteristiche di sport organizzato formale e pratica strutturata, come la supervisione degli adulti, allenatori, funzionari, attrezzature specializzate, limiti di tempo, o uniforme.
Côté, Baker e Abernethy (2007) considerano due diversi modi di affrontare l'attività giovanile che possono potenzialmente portare un atleta all'alta prestazione: l'approccio multilaterale o l'approccio della specializzazione. La scelta di uno dei due percorsi determina attività, processi e risultati che condizionano in modo diversi i primi anni di pratica sportiva, ed hanno ricadute diverse sulla carriera dell'atleta. La decisione di scegliere la multilateralità o la specializzazione precoce coinvolge parecchi compromessi. Pertanto, prima di intraprendere un tipo specifico di attività e di formazione, gli atleti, i genitori e gli allenatori dovrebbero pesare il potenziale psicologico, sociologico, i benefici e i rischi associati. L'Associazione internazionale di psicologia dello sport (International Society for Sports Psychology: ISSP) ha proposto sette postulati riguardo il ruolo che l'approccio multilaterale o diversificato, al contrario della specializzazione, può avere durante l'infanzia per la promozione di una partecipazione continua e per il raggiungimento di prestazioni di alto livello. Questi postulati, fondati sul Modello di partecipazione sportiva legato allo sviluppo, hanno trovato sostegno nella ricerca, e vengono di seguito presentati.