La scoliosi viene studiata sin dall’antichità, e qualsiasi essere vivente che si muova nello spazio ne può essere colpito.
Il prestigioso dizionario Treccani definisce la scoliosi come:
“Scoliosi - s.f.[dal gr.tardo σκολιωσις «incurvamento», der.di σκολiος «curvo»] In medicina, deviazione laterale della colonna vertebrale (per lo più con rotazione sull’asse longitudinale delle vertebre) a carattere permanente (s. strutturale), non correggibile volontariamente”.
Per Perdriolle la scoliosi:
“...è una curva che si sviluppa nello spazio dovuta ad un movimento di torsione generalizzato di tutto il rachide”.
Stagnara nel 1985 la definisce:
“[…] una affezione tridimensionale deformante della colonna vertebrale che evolve in genere fino alla maturità ossea e che non ha una eziologia ben definita”.
La prestigiosa Scoliosis Research Society da come definizione
“una curva maggiore di 10° Cobb sul piano frontale”.
Le scoliosi ad eziologia nota sono circa il 25% del totale mentre il restante 75% spetta alle scoliosi idiopatiche caratterizzate da una insorgenza spontanea senza cause apparenti. Il 20% dei bambini viene colpito dalle scoliosi idiopatiche durante lo sviluppo e l’incidenza è maggiore nel sesso femminile che in quello maschile con un rapporto di circa 8 a 1.
Nell’analisi del paziente il medico deve valutare con attenzione se ci si trova in presenza di una scoliosi di tipo strutturale o solo di un atteggiamento scoliotico. Porre dei confini ben definiti è fondamentale per evitare alle famiglie e al paziente cure lunghe e spesso molto costose, poiché un atteggiamento scoliotico difficilmente evolverà in scoliosi di tipo strutturale.
Nell’atteggiamento scoliotico l’alterazione della curva si ha in alcune posizioni o atteggiamenti, come ad esempio nella stazione eretta, ma tende a ridursi o a scomparire del tutto in posizione distesa o equilibrando il bacino. Le cause di un simile atteggiamento possono essere di vario tipo: l’alterazione di un arto inferiore, una sintomatologia dolorosa dovuta ad una lesione vertebrale o endorachidea o anche un’alterazione di tipo posturale nel periodo della crescita.
Quando il rachide risulta deformato in modo permanente e non è volontariamente riducibile, si parla di scoliosi strutturale.
La scoliosi strutturale è caratterizzata da tre elementi ben precisi:
Le scoliosi strutturali insorgono durante il periodo dell’accrescimento, in prevalenza durante la pubertà fino alla maturità ossea, questo comporta degli aggravamenti durante l’età adulta. La ricerca è continuamente impegnata a trovare una risposta concreta per questa patologia, ma fino ad ora non si è giunti ad una conclusione soddisfacente.
Sicuramente è una patologia “multifattoriale” poiché i fattori che ne determinano l’insorgenza sono molteplici e di tipo diverso:
Per capire meglio la definizione di multifattorialità è opportuno analizzare i vari punti singolarmente.
Studi clinici incentrati sulla familiarità delle scoliosi hanno dimostrato che una possibile causa sia di natura genetica, anche se il meccanismo legato all’ereditarietà non è ancora chiarito. Tali studi supportano sia l’idea di un’ereditarietà autosomica dominante multifattoriale, sia un modello legato alla X per la scoliosi idiopatica familiare.
La teoria proposta dagli studiosi Wynne-Davis suggerisce un modello di ereditarietà legato sia ad un aspetto dominante che ad una interazione di molteplici geni. Cowell ed altri, invece, hanno proposto un modello di ereditarietà dominante prevalentemente legato al sesso.
Fino ad ora però non esistono prove certe che la scoliosi sia legata al solo fattore genetico.
È stato riscontrato che i pazienti con scoliosi idiopatica sono spesso più alti in statura dei loro coetanei, differenza che poi viene annullata alla fine del periodo di crescita. Ciò ha fatto supporre che un’anomalia nella secrezione ormonale possa essere una delle cause della scoliosi. In tal senso Wiliner e Niison hanno riscontrato livelli aumentati dell’ormone della crescita (la somatomedina) nelle ragazze con scoliosi rispetto a quelle sane. Misol e altri non hanno trovato tuttavia alcun aumento di tale ormone nel proprio gruppo di controllo con scoliosi.
Thiliard, precursore delle scoliosi sperimentali, dimostrò come un intervento di pineolectomia eseguita su polli subito dopo la nascita, inducesse una scoliosi con caratteristiche simili a quella delle scoliosi idiopatiche umane. L’asportazione della ghiandola pineale, sede di produzione della melatonina, e la comparsa della scoliosi, fecero ipotizzare che la carenza di melatonina fosse collegata a questa patologia. Per avvalorare questa tesi furono eseguite iniezioni intraperitoneali di melatonina nei polli che avevano subito l’ablazione pineale. Il risultato fu che questi soggetti, dopo il trattamento, non svilupparono scoliosi.
Anche Machida ha eseguito la stessa sperimentazione sia su topi quadrupedi che bipedi (topo Georba del deserto), perché essendo mammiferi hanno caratteristiche più vicine a quelle dell’uomo. Si riscontrò che l’ablazione pineale aveva provocato la scoliosi solo nei topi “bipedi”, da ciò la conferma che una carenza di melatonina potesse indurre a scoliosi.
Nell’uomo l’ipotalamo è uno dei principali siti di azione della melatonina pineale e delle azioni combinate di melatonina-serotonina, come la riduzione dell’ormone della crescita. Una disfunzione in tal senso potrebbe essere la causa di uno squilibrio asimmetrico della colonna vertebrale e dei muscoli paraspinali, in quanto la melatonina è in grado di modulare la calmodulina, la quale si lega al calcio che regola le proteine contrattili. Anche in questa direzione sono necessari ulteriori approfondimenti e studi che sono ancora in corso.
Sono dovute alla cuneizzazione della vertebra e del disco intervertebrale con il disco più deformato dei corpi vertebrali. Partendo dal presupposto che i dischi intervertebrali sono formati da collagene e proteoglicano, Pedrini e altri hanno riscontrato una diminuzione del livello di glicosamminoglicano nel nucleo polposo con un aumento di collagene. Questi cambiamenti potrebbero essere sintomi secondari rispetto allo stress anomalo applicato al disco dalla colonna vertebrale curvata.
Ulteriori studi intrapresi da Zoleske hanno concluso che queste modificazioni sono gli effetti della scoliosi e non la causa. La logica deduzione è che la scoliosi si sviluppi gradualmente in una deformità strutturale nel suo progredire. I piatti epifisari del lato concavo della curva subiscono pressioni molto alte che ne rallentano la crescita, mentre sul lato convesso, a causa di una pressione ridotta, la crescita è facilitata. La lordosi che ne scaturisce risulta con una pressione aumentata sulla metà posteriore del corpo vertebrale, mentre sarà diminuita sulla metà anteriore. L’asimmetria vertebrale è determinata in maniera significativa da questi due fattori meccanici.
Eneking e Harrington hanno concluso che la scoliosi ha una causa extra-ossea, in cui i cambiamenti dell’osso sono secondari rispetto alle deformità. Le influenze biomeccaniche non sembrano legate alla causa della condizione scoliotica ma possono avere un effetto secondario sulla possibilità di progressione della curva.
Si è riscontrato nei pazienti con scoliosi idiopatica un numero crescente di fibre di tipo I sulla convessità ed una perdita di fibre di tipo II sulla concavità della curva. Langenskiold e Michelsson, basandosi su questi dati, ipotizzarono che un’anomala crescita del muscolo paravertebrale potesse essere un fattore nella patogenesi della scoliosi idiopatica.
Altri studi evidenziarono che le anormalità del muscolo includono il fuso muscolare, la morfologia individuale delle fibre muscolari, l’istochimica, l’elettromiografia, le anormalità del sarcolemma alla giunzione con il tendine dei muscoli, le concentrazioni di calcio, rame, zinco e delle piastrine. La conclusione fu che la differenza del carico asimmetrico dei muscoli è più una risultante che non la possibile patogenesi della scoliosi idiopatica.
Studi eseguiti sugli animali hanno evidenziato delle patologie scoliotiche dovute a problemi inerenti al sistema nervoso centrale. Gli animali presi in esame, presentavano un danno al midollo spinale sul lato convesso, in particolare nel corno posteriore e nella materia grigia centrale posteriore, da ciò la deduzione che la debolezza dei muscoli paravertebrali potesse essere di derivazione propriocettiva.
Yamada e altri hanno ipotizzato che ogni lesione del sistema posturale riflesso può originare scoliosi, dimostrando una correlazione significativa fra il grado di disturbo dell’equilibrio e il grado di curvatura scoliotica. Questi disturbi neurologici indicano un coinvolgimento anatomico-funzionale della radice del cervello, la quale integra le informazioni afferenti da varie fonti, essenziali per l’equilibrio posturale. Gli studi in tal senso non sono ancora conclusi e necessitano di ulteriori approfondimenti.
La valutazione della scoliosi, intesa come diagnosi, è pertinenza del medico, il quale stabilirà, attraverso accertamenti mirati, l’entità della patologia. Non va sottovalutato però il ruolo importante che genitori, docenti scolastici e istruttori sportivi possono svolgere, se in grado di riconoscere questa anomalia strutturale, indirizzando il soggetto ad accertamenti più accurati. In questo contesto ricopre un ruolo sempre più importante il laureato in Scienze Motorie, il quale, attraverso un’attenta osservazione del soggetto, può cogliere degli atteggiamenti posturali che possano indicare l’insorgenza o la presenza di una scoliosi. Una prima valutazione consiste nella ricerca di tre segni caratteristici di una scoliosi idiopatica:
Il metodo di Cobb è un metodo geometrico, che consiste nel tracciare due linee passanti per il piatto superiore ed inferiore delle vertebre limitanti la curva, e a queste le rispettive perpendicolari. L’angolo che viene a formarsi è detto angolo di curvatura o angolo di Cobb.
Si parla di scoliosi quando l’angolo risultante supera i 5 gradi Cobb. Un altro metodo non invasivo e di più facile utilizzo è lo scoliosometro ideato dal Dr. W. Bunnell. Meno preciso del metodo precedente, permette di misurare con facilità e rapidità il grado di inclinazione assiale del tronco provocato da una deformità vertebrale.
Per la valutazione basta far flettere il soggetto in avanti, (posizione di “bending”), posare lo scoliosometro sul dorso con il segno 0 in corrispondenza delle spinose e leggere il grado di inclinazione. Generalmente un’inclinazione maggiore a 7° corrisponde a curve maggiori di 10° Cobb.
Le tecniche di rieducazione nel campo della scoliosi sono innumerevoli, ognuna con la propria valenza e specificità. In questo capitolo verranno affrontate le scoliosi strutturali con un angolo di Cobb inferiore ai 30°, cioè quelle patologie che non richiedono il trattamento ortopedico o chirurgico e che rappresentano la grande maggioranza delle scoliosi. Per questo tipo di scoliosi la ginnastica riveste un ruolo determinante poiché, anche se non sempre si riesce ad ottenere una riduzione della curva scoliotica, è l’unico modo per evitarne il peggioramento.
Come affermò il Prof. Raimondi dell’Università de L’Aquila
“[…] la riabilitazione non può impedire il terremoto del terreno scoliotico, né il crollo, ma può costituire un «puntello» antisismico”
Partendo da questo presupposto possiamo individuare lo scopo principale della ginnastica, intesa come rieducazione vertebrale, al fine di raggiungere un miglioramento generale dello stato del soggetto scoliotico. In questo contesto sono molto importanti le indicazioni e raccomandazioni elencate “Nelle linee Guida Italiane: trattamento riabilitativo del paziente in età evolutiva affetto da deformità del rachide”
Questo elenco di raccomandazioni ci permette di avere una panoramica sulla metodologia/protocollo di lavoro da eseguire su un soggetto scoliotico. Da queste indicazioni si comprende come la ginnastica avrà il compito di rallentare o fermare il peggioramento della scoliosi, di puntellare il terreno scoliotico dando così una maggiore stabilità. Naturalmente l’apprendimento delle corrette tecniche di ginnastica inducono il soggetto scoliotico a migliorare le funzioni neuromotorie, a sviluppare le qualità fisiche utili e ad insegnare i corretti comportamenti motori.
Se partiamo dal presupposto che una delle possibili cause dell’insorgere della scoliosi sia l’alterazione delle attività percettive, dell’equilibrio, o comunque l’alterazione delle funzioni del Sistema Nervoso, possiamo già intravedere l’importanza fondamentale della ginnastica nel soggetto scoliotico. Il miglioramento delle attività percettivo-motorie, (capacità di costruire immagini mentali, autocorrezione, ecc.) determina un aumento dell’intelligenza motoria, intesa come presa di coscienza del proprio corpo con il fine di produrre degli atteggiamenti corretti anche al di fuori dell’ambito della palestra/studio.
Durante le esercitazioni si cercherà di migliorare la funzione respiratoria, che è deficitaria nei soggetti scoliotici, di migliorare la funzionalità dei muscoli del tronco, adottando una postura riducente la curva e di sviluppare la muscolatura in questa posizione. Si lavorerà per migliorare la mobilità della colonna per ridurre la rigidità muscolare e alcune retrazioni tendinee.
Quando il soggetto avrà imparato a controllare la propria postura, dovrà essere messo in condizione di mantenerla in posizione di equilibrio, per abbassare il livello di partenza dello stimolo motorio con esercizi di ginnastica propriocettiva.
L’aspetto psicologico dell’adolescente non va trascurato, anzi riveste un ruolo principale. L’adolescente che si trova in questa situazione vede la ginnastica come una sorta di punizione, e avverte un certo disagio psicologico nel sentirsi “diverso” rispetto ai suoi coetanei.
È importante cercare di creare un ambiente sereno e soprattutto coinvolgerlo nella lezione, per ottenere il massimo risultato possibile durante tutto il periodo di trattamento. Sempre il professor Raimondi definisce così la rieducazione della scoliosi:
“Facile a parole. Difficile nella interpretazione e nell’applicazione delle tecniche. Complicata nell’applicazione delle metodiche. Incerta nei risultati”.
Nella scoliosi bisogna tenere presente che la muscolatura del lato convesso è più allungata rispetto a quella di una colonna rettilinea e quella del lato concavo è più accorciata. Di conseguenza il lavoro dovrà mirare all’allungamento del lato concavo per ricreare il corretto equilibrio muscolare.
Nell’immagine sottostante si vedono con maggiore chiarezza le forze muscolari che interagiscono nella deviazione del rachide.
Nelle figure che verranno presentate in seguito noteremo come le forze lavorino sulla muscolatura lombare inducendola ad un atteggiamento scoliotico. La legenda riportata delinea le linee di forza risultanti sulla regione lombare.
Nel caso specifico di una curva lombare sinistro convessa, l’intervento da eseguire sarà:
Considerando il muscolo psoas iliaco e le alterazioni che provoca sul piano sagittale e frontale, risulta evidente come la sua azione possa alterare l’equilibrio del rachide lombare e di conseguenza il tratto sovrastante. Provocando la risalita del bacino dal lato convesso si ridurrà meccanicamente il valore della curva.
Le forze che determinano questa deviazione doppia scaturiscono da un accorciamento della muscolatura spinale toracica nella concavità ed un allungamento della muscolatura spinale nella convessità, per cui il lavoro sarà svolto allungando la muscolatura spinale nella concavità e tonificando la muscolatura nella convessità. Si eseguirà anche un lavoro di rinforzo dello psoas meno tonico.
Nella scoliosi toracica il lavoro da eseguire sarà un allungamento della muscolatura spinale del lato convesso e una tonificazione del lato concavo. Un rinforzo della muscolatura trasversale, sede della convessità e un relativo scarico della muscolatura sede della concavità. Solo all’occorrenza si cercherà di derotare, per evitare un’eccessiva mobilizzazione del tratto lombare già di per sé debole.
Nelle scoliosi a curva unica, alta, bassa o totale, la tecnica di intervento è simile. Si tratta di allungare la muscolatura spinale concava e di tonificare il lato convesso, di rinforzare la muscolatura trasversale convessa e allungare quella concava.
Nel prendere in esame il problema della scoliosi, bisogna affrontare le varie metodologie per la riduzione/contenimento ad oggi conosciute. Una prima distinzione è di seguito elencata:
Il trattamento cinesiterapico è il protocollo più usato in tutte le parti del mondo, grazie alla scuola francese la quale lo ha adottato per prima, specialmente nel trattamento delle scoliosi idiopatiche.
La chinesioterapia viene utilizzata nelle diverse fasi dell’evoluzione della scoliosi come di seguito riportato:
Lo schema precedente può essere completato prendendo in esame i valori angolari delle curve scoliotiche:
Di seguito verranno elencate le principali scuole e metodi di rieducazione della scoliosi che si sono succeduti negli ultimi cento anni.
Il primo vero metodo di rieducazione delle scoliosi nasce nei primi del ‘900 ad opera del medico ortopedico Rudolf Klapp.
Egli introduce il movimento come effetto trofizzante e mobilizzante, a differenza del passato in cui veniva prediletto un trattamento passivo. Tutti movimenti correttivi partono dalla quadrupedia, considerata come posizione ideale in quanto elimina l’effetto della forza di gravità sulla colonna vertebrale e consente di mobilizzarla con maggiore facilità.
Per il dott. Klapp vi è un rapporto costante nella flessione laterale tra l’apice della curva scoliotica e l’inclinazione del busto rispetto al suolo.
Le inclinazioni previste sono 6 per il rachide in lordosi e 5 per il rachide in cifosi. Esiste una mobilità nei diversi segmenti rachidei che varia a seconda delle differenti inclinazioni del rachide sul piano sagittale, sia in lordosi che in cifosi. Da ciò si evidenzia che in posizione quadrupedica lordosizzata, quanto più il busto sarà al di sopra dell’orizzonte, tanto più mobile sarà il tratto in basso (lombare) della colonna e viceversa, quanto più il busto sarà al di sotto dell’orizzonte tanto più mobile sarà il tratto in alto (dorsale).
Nella posizione quadrupedica cifotizzata i principi sono pressoché uguali, si invertono solo i rapporti, in quanto più il busto sarà al di sopra dell’orizzonte più mobile risulterà il tratto alto e viceversa. Il metodo consente di localizzare l’azione correttiva al segmento rachideo dov’è presente la vertebra apicale, questo avviene tramite la flessione del busto verso la convessità.
I movimenti di flessione laterale dalle diverse posizioni inclinate del busto in lordosi favorirebbero la correzione della scoliosi sul piano frontale, mentre i movimenti di flessione laterale in cifosi permetterebbero il miglioramento della torsione-rotazione. Gli esercizi si dividono in andature e in movimenti sul posto e possono essere simmetrici o asimmetrici, le andature sono mobilizzanti mentre gli esercizi sul posto sono trofizzanti.
Medico tedesco, ha svolto la sua attività a Berlino insieme a sua moglie, fisioterapista, che ha rivolto il metodo, perfezionandolo, soprattutto alla cura delle scoliosi poliomielitiche. Il metodo Niederhöffer suggerisce di tonificare la muscolatura dal lato della concavità della curva con esercizi isometrici effettuati nelle varie posizioni di decubito laterale o prono, cosicché la correzione della curva della scoliosi sarebbe raggiunta procedendo sulla direzione del raggio di curvatura. I muscoli interessati della regione trasversale della concavità sono il trapezio, il gran dorsale, i romboidei, il trasverso dell’addome, il quadrato dei lombi, lo psoas-iliaco.
Non si agisce sulla muscolatura lunga paravertebrale (ileo costale, lunghissimo spinale, trasversario-spinoso) della convessità. La sollecitazione isometrica dei muscoli indeboliti della concavità fa avvicinare le vertebre alla linea mediana, correggendo la curva scoliotica. Ogni movimento correttivo si svolge attraverso quattro fasi:
Questi esercizi possono essere eseguiti in posizione seduta e nei diversi decubiti e vanno ripetuti poche volte.
Nasce negli anni ’50 per opera del prof. S. Pivetta, insegnate di educazione fisica che modifica e perfeziona il metodo Klapp.
Il metodo IOP è un’evoluzione di quello di Klapp, si basa sul presupposto che il controllo della posizione a carponi che appoggia solo su una mano e un ginocchio non consente una buona esecuzione degli esercizi. Il ragazzo deve poter appoggiare entrambe le mani e le ginocchia, se si estende la gamba deve tenere il piede a terra e non sollevato.
È possibile alzare un braccio o entrambi tenendosi alla spalliera. La flessione dell’anca o di un solo arto inferiore permette di spostare la correzione dal rachide dorsale alto a quello lombare inferiore. Il sollevamento di una spalla o un’anca rispetto all’altra annulla la rotazione delle vertebre causata dalla scoliosi.
Si basa sulle affermazioni che la scoliosi idiopatica sia caratterizzata oltre che da una rotazione vertebrale anche dalla tendenza alla inversione delle curve fisiologiche sagittali in particolare della curva dorsale. Questa tesi è stata confermata alla fine degli anni ’80 dagli studi condotti da Pedriolle.
Chinesiologi stranieri e italiani hanno ideato e adattato alcune metodiche a questi dati, proponendo dei programmi rieducativi che mirino alla riduzione dell’appiattimento dorsale e alla ricostruzione di una cifosi fisiologica, attraverso l’esecuzione di movimenti in cifosi.
Viene ipotizzato il seguente lavoro muscolare: i muscoli lunghi della convessità lavorano eccentricamente per sostenere il carico, mentre i muscoli della concavità tendono ad accorciarsi e a contrarsi. I muscoli larghi della concavità lavorano concentricamente per aiutare i muscoli spinali profondi della convessità a sostenere il rachide o la curva scoliotica.
Ideato da Michele negli anni '60 per la rieducazione delle scoliosi lombari e dorso-lombari basse, sia di tipo posturale che di tipo strutturale, il metodo si basa sulla convinzione che queste possano migliorare con la contrazione isometrica dello psoas della concavità, allungandolo in tensione asimmetrica rispetto al contro laterale. Altri propongono la stimolazione dello psoas dal lato convesso.
Françoise Mézières si diplomò in Francia nel 1937 come Terapista della Riabilitazione. Insegnò per molti anni Anatomia, Fisiologia e Ginnastica Medica alla scuola di Ortopedia e Massaggio di Parigi. Questa conoscenza dell’apparato scheletrico e muscolare fu la struttura portante del metodo che aveva elaborato partendo da un'osservazione chiamata “osservazione principale”, l’intuizione gli venne da una seduta di terapia praticata su di una donna con dorso curvo e periartrite alle spalle.
La paziente era stata trattata fino a quel momento con un corsetto rigido, con il solo risultato di comparsa di piaghe nei punti di appoggio. Mézières la fece distendere sulla schiena praticando una piccola pressione sulle spalle molto anteposte per portarle più indietro; questa lieve pressione provocò una lordosi lombare che cercò di correggere facendo flettere le ginocchia, ma ciò causò, come ulteriore compensazione, un’accentuazione della lordosi cervicale.
La conclusione fu che i muscoli della schiena della paziente si comportavano come un solo muscolo, troppo forte e troppo corto. Fu chiaro che tutte le azioni localizzate, tanto in allungamento che in accorciamento, si ripercuotevano su tutto l’insieme della muscolatura. Il metodo Mézières nasce come metodologia, mediante la quale si impara a considerare il corpo nel suo insieme. Agendo localmente per allungare un muscolo o un gruppo muscolare, si producono delle retrazioni muscolari a monte o a valle della zona interessata non riuscendo a modificare la lunghezza totale della muscolatura.
Secondo il metodo Mézières, agendo su un muscolo si agisce in realtà sull’insieme dei muscoli corporei; i muscoli della schiena si comportano come un solo muscolo, essi formano cioè una catena. Per poter allungare un muscolo bisogna impedire che si accorci nella fase di contrazione, ottenendo così un muscolo più forte e più elastico.
La contrattura e la successiva retrazione muscolare, determina la modificazione della simmetria corporea. Per Mézières è questa la causa della gran parte delle patologie ortopediche ad eccezione di quelle di origine congenita o traumatica. La tensione delle catene può determinare la deviazione del rachide come ad esempio la scoliosi o l’iperlordosi e in generale tutti i problemi posturali.
Da queste considerazioni si deduce che è la muscolatura che influenza e modifica i normali rapporti scheletrici innescando le patologie derivanti, risolvibili o migliorabili ridando la giusta lunghezza alla muscolatura. I trattamenti non si avvalgono di mobilizzazioni; in quanto inutili e dannose. Le catene muscolari si comportano come se fossero degli elastici di grandi dimensioni che deformano le articolazioni, tensioni eccessive potrebbero essere causa di artrosi, ernie del disco e scoliosi. Le contratture formatesi nel corso degli anni creano uno squilibrio fra i muscoli delle catene. Alcuni diventano sempre più forti, corti e rigidi, altri si indeboliscono, come accade spesso agli addominali.
Il metodo Mézières cerca di rendere le catene muscolari più elastiche e più lunghe per riportarle verso una simmetria armoniosa. È una terapia115 che si rivolge a pazienti di ogni fascia di età, con problemi ortopedici come le scoliosi e le discopatie neurologiche. Il metodo Mézières trova molte applicazioni nell’ambito della medicina preventiva; rivolgendosi a tutti coloro che pur non manifestando una patologia ortopedica, desiderano raggiungere e mantenere uno stato di benessere.
Il Metodo Souchard deriva dal metodo Mézières, poiché egli fu il primo allievo e collaboratore della posturologa francese.
Il metodo si fonda sulla distinzione di comportamento e ruolo dei muscoli della statica e dei muscoli della dinamica. Tale metodologia prevede principalmente che i muscoli statici siano esercitati in modo eccentrico e quelli dinamici in modo concentrico. Questo avviene quando un accorciamento, e quindi una contrazione concentrica dei muscoli della statica, porta gli stessi ad una retrazione e ad una eccessiva resistenza all’allungamento. Al contrario, la muscolatura dinamica può essere accorciata liberamente e anzi favorita in questo da un pre-allungamento.
Il Metodo Souchard pone grande attenzione alla cupola diaframmatica, muscolo respiratorio per eccellenza, e al nervo fibroso che lo sostiene, per la sua azione sinergica con i muscoli della catena posteriore e con il muscolo ileo-psoas. Souchard individua due grandi catene muscolari, l’anteriore dinamica e la posteriore statica. La valutazione permette di individuare due quadri morfologici, il primo, definito anteriore, presenta caratteristiche quali l’anteposizione del capo, l’ipercifosi, l’iperlordosi, l’antiversione del bacino, il femore intrarotato e le ginocchia valghe con valgia del calcagno e del piede. Il secondo, o posteriore, presenta caratteristiche quali dorso piatto, verticalizzazione lombare, problemi diaframmatici, bacino retroverso, ginocchia vare, calcagno e piede varo.
Il metodo Feldenkrais è un metodo di auto-educazione motoria che prende il nome dal suo ideatore. Esso si basa sulla presa di coscienza dei propri movimenti e dei propri schemi motori e sul divenire consapevoli di sé nello spazio attraverso il movimento . Propone movimenti semplici che coinvolgono ogni parte del corpo, con l’obiettivo di rendere la persona capace di guidare il proprio apprendimento. È accessibile a tutte le persone, di qualsiasi età e condizione fisica.
Citando Feldenkrais:
“[…]Credo che conoscere se stesso sia la cosa più importante che un essere umano possa fare per sé[…]”.
Il contatto manuale, che avviene con l’allievo disteso su un apposito lettino basso, è rispettoso e gentile, mai orientato a forzare ma a creare un ambiente favorevole all’apprendimento.
Ideato da S. Giuliano, insegnante di educazione fisica e chinesiologo, è un metodo derivante dall’IOP che consiste nell’utilizzo di rullini piroettanti. Gli esercizi con i rullini vengono eseguiti in quadrupedia e in decubito supino, permettendo così un movimento più ampio ed efficace dal punto di vista correttivo. I rullini utilizzati sono quattro, due per gli arti superiori e due per gli arti inferiori, così da permettere delle efficaci derotazioni e il sollevamento della cintura scapolare e pelvica dal lato della concavità scoliotica.
Il metodo si basa
“[…] su esercizi di trazione asimmetrica in grado di determinare l’avvicinamento delle vertebre deviate in scoliosi all’asse mediano del corpo. Obiettivo è la ricerca della normalizzazione tonica tra i muscoli e i legamenti del lato concavo e di quello convesso” (S.Giuliano).
Nasce a Lione, dove risiede il centro ortopedico e chirurgico sulle scoliosi tra i più famosi del mondo, in Italia è stato diffuso dal prof. A. Negrini, diplomato Isef.
È un metodo globale, non rifiuta gli approcci scientifici delle altre scuole e da notevole importanza all’approccio psico-motorio e funzionale. Data la multifattorietà delle cause della scoliosi, la scuola lionese valuta la rieducazione motoria su più fronti, di seguito verranno elencati i punti salienti del metodo:
“Prende le mosse dagli studi negli anni ’70 di alcuni ricercatori giapponesi (Yamamoto, Yamada, Fukuda) su pazienti con scoliosi idiopatica ai quali riscontrarono in alta percentuale disfunzioni a carico dei centri dell’equilibrio”.
Negli anni ’80 e ’90 anche dei ricercatori italiani del calibro di Sibilla, Cesaroni e Alpini hanno svolto ricerche sulle relazioni tra sistema di equilibrio e scoliosi, mettendo a punto un modo nuovo per diagnosticare queste forme patologiche. Da questi studi nasce un metodo di rieducazione basato sulle tecniche di equilibrio. Negli anni ’80, M.A. Cristofanilli, diplomata Isef, ha sviluppato la teoria vestibolare di Yamamoto, ideando un protocollo di lavoro incentrato sul gioco dell’equilibrio e degli squilibri per migliorare il controllo posturale. Esiste una correlazione tra migliore assetto posturale ed equilibrio che favorisce la correzione della parte lesa o disturbata.
Secondo Cristofanilli al problema della postura e dell’equilibrio, tra l’altro strettamente collegati, va incluso, dal punto di vista chinesioterapico, il problema della coordinazione. Coordinazione, equilibrio, postura non sono che le facce di uno stesso problema.
La prima fase, detta di “socializzazione”, ha la durata di circa 5 minuti durante i quali i ragazzi si rilassano parlando tra loro senza che l’insegnante sia presente nella sala. In questa fase, l’insegnante osserva non visto le modalità di approccio messe in atto dai ragazzi. Si è potuto osservare che inizialmente i ragazzi rimanevano isolati gli uni dagli altri percependo la sala come un luogo ostile. In un’intervista dichiaravano di essere “impazienti” che la lezione iniziasse per poter andare via il prima possibile. Con il passare del tempo, aumentando il livello di confidenza, gli atteggiamenti dei ragazzi apparivano più sicuri e rilassati. La sala non era più un luogo di “punizione” ma un momento di “condivisione”. Iniziarono a venire in anticipo alle lezioni per dedicare più tempo alla socializzazione.
È importante mettere in evidenza che i ragazzi durante le prime lezioni assumevano degli atteggiamenti di chiusura: spalle chiuse, testa china, volti seriosi. In seguito, i loro atteggiamenti posturali ebbero un decisivo miglioramento, il portamento delle spalle era più aperto, la testa alta e i volti molto più sereni. Altro aspetto da sottolineare riguarda il loro comportamento nell’entrare in sala. Mentre nel primo periodo si sedevano aspettando che la lezione iniziasse, successivamente, in maniera del tutto autonoma e senza suggerimento da parte di alcuno, erano loro stessi a preparare la sala con gli attrezzi, anche per i ragazzi che erano in ritardo.
La “fase centrale” ha due momenti fondamentali, il primo è quello del “controllo” o della responsabilizzazione, il secondo è quello dell’esecuzione degli esercizi. La fase di “controllo”, che veniva eseguita una volta alla settimana, richiedeva il coinvolgimento dei i ragazzi nell’esame posturale, e consisteva nello spiegare loro cosa fosse la scoliosi e come valutarla. Dopo un iniziale scetticismo cominciarono a mostrarsi interessati, a sentirsi parte attiva della lezione e si iniziarono a notare dei cambiamenti posturali La fase centrale, fulcro di tutta l’attività, inizia con esercitazioni su un cilindro Pilates. Per familiarizzare con l’attrezzo, i soggetti dovranno eseguire delle piccole oscillazioni sul cilindro, per ridurre le tensioni accumulate durante l’arco della giornata.
Le oscillazioni permetteranno un lavoro di micro-mobilizzazione della muscolatura del rachide, in special modo nella regione dorso-lombare, dove le tensioni muscolari provocate dalla scoliosi sono maggiori. La sensazione piacevole che il dondolio provocava, venne descritta dai ragazzi come simile a quella che si prova ad essere “cullati”. Tale sensazione aiuta a decontrarre la muscolatura della colonna vertebrale agevolando così il lavoro di adattamento.
Dopo alcuni minuti, con la colonna vertebrale in una situazione di allineamento imposta dal cilindro, si riscontrava una lieve tensione sul lato del gibbo.
I^ progressione: stimolazione della muscolatura del cingolo scapolare con dei movimenti delle braccia. L’equilibrio viene messo alla prova a causa del mancato appoggio degli arti superiori con il terreno. La visualizzazione che verrà presentata sarà di immaginare di compiere una nuotata tipo dorso.
II^ progressione: percezione dell’equilibrio. Alzare una gamba, rimanendo in appoggio su un solo piede. Nella tecnica Pilates questo esercizio viene chiamato “Hundred”. Esercizio di rafforzamento degli addominali (muscolo trasverso), di attivazione della respirazione e di controllo del rachide.
III^ progressione: sollevare il braccio contro-laterale alla gamba, nella posizione “a tavolino” inducendo il soggetto ad un incremento dell’equilibrio precario sul cilindro. L’esercizio così eseguito permette la stimolazione del muscolo psoas meno tonico a causa della convessità della curva scoliotica. L’introduzione del braccio contro-laterale, invece, permette una derotazione delle vertebre dorsali grazie all’interazione della muscolatura dorsale e della spalla. Per incrementare la fase di precarietà di equilibrio, si effettuerà uno scarico completo dello psoas dal lato più tonico (lato concavo della curva scoliotica).
La stimolazione del muscolo psoas si esegue sollevando la gamba tesa, fino all’altezza del bacino, sempre in unione con il movimento del braccio controlaterale.
IV^ progressione: stimolazione dei muscoli della cuffia dei rotatori e del dorso. La persona sul cilindro impugnerà due palle da tennis, eseguendo un movimento alternato.
Come si nota dalla foto, il lato interessato dalla concavità (lato dx) è quello meno tonico a causa delle tensioni sul lato opposto. Mantenendo la posizione di equilibrio, il soggetto dovrà eseguire un movimento di apertura del braccio/scapola dx per la stimolazione del muscolo sovraspinato, sottospinato e piccolo rotondo. Tale movimento porterà ad un equilibrio muscolare della regione dorsale. In alternativa al cilindro, si può scegliere una fitball, dove la persona starà in posizione seduta. La scelta della palla di piccole dimensioni è stata dettata dalla maggiore precarietà nel mantenimento della postura durante l’esecuzione dell’esercizio. Volendo, si può anche utilizzare una fitball dal diametro maggiore: da 90 cm. Il lavoro è molto stancante per i ragazzi di conseguenza si procederà ad uno scarico della muscolatura da eseguire sempre sulla palla. Si posizionerà il sacro al centro della palla con la colonna poggiata a terra, le gambe raccolte al torace ed eseguiranno piccoli movimenti oscillatori laterali.
V^ progressione: utilizzo della pedana propriocettiva nella stazione quadrupedica. Esercizio del metodo “Pilates”, chiamato swimming base. L’allievo si posizionerà con entrambe le mani sul bordo della pedana, mantenendo la schiena in posizione allineata, staccando una gamba alla volta dal pavimento.
Dalla posizione quadrupedica si passerà alla stazione eretta, in equilibrio sulla pedana. Dalla foto si può osservare come SIAS (le spine iliache anteriori superiori) siano diversi, a causa della curva scoliotica.
Equilibrare la muscolatura della zona posteriore della colonna allungando il braccio dal lato della concavità posteriore per aumentare la derotazione delle vertebre interessate dalla curva scoliotica dorso lombare. Il braccio contro/laterale fascerà il costato esercitando una lieve pressione sul costato maggiormente esposto.
In alternativa alle pedane propriocettive si può usare un cilindro.
A completamento degli esercizi della parte centrale sono state eseguite tecniche di respirazione diaframmatica e di Bioenergetica.
La respirazione nei primi mesi è stata eseguita in posizione supina su di un roller, lo scopo di questo esercizio è insegnare ai ragazzi una corretta respirazione stimolando la cupola diaframmatica. Nei precedenti capitoli è stato descritto come i muscoli siano strettamente correlati con le funzioni respiratorie. Sul piano anatomico i muscoli della statica producono forti tensioni e piccoli spostamenti perché sono formati da fibre più corte e disposte obliquamente rispetto all’asse longitudinale del muscolo. La postura, in generale, si modifica anche per stati ansiogeni derivanti da situazioni difficili come il periodo adolescenziale. Pertanto, il diaframma tende a perdere la sua normale funzionalità. Souchard cita: “Ogni aggressione di carattere neuro-psichico o somatico aumenta il tono neuro-muscolare”, continua: “…ogni messaggio nocicettivo tenderà ad aumentare l’accorciamento e la rigidità dei muscoli della statica e, tra questi, quella dei muscoli inspiratori”. La progressione del lavoro si è concretizzata in una respirazione diaframmatica a terra senza cilindro, con una palla tra le ginocchia per mantenere l’asse corretto.
a posizione supina provoca, nel tratto di colonna interessato dalla curva scoliotica principale, un innalzamento delle costole fluttuanti controlaterali al gibbo, con conseguente difficoltà nell’esecuzione corretta della respirazione. Dopo circa un mese i ragazzi erano padroni della respirazione diaframmatica a terra, per dare uno stimolo maggiore alla muscolatura respiratoria sono stati introdotti gli esercizi di derivazione Bioenergetica. Suochard cita: “[…] Essendo quindi la respirazione una funzione egemonica, beneficia di un netto rinforzo muscolare; l’inspirazione, pertanto, si ricollega alla sopravvivenza, mentre l’espirazione alla vita, come, d’altronde, hanno sempre tramandato le tradizioni orientali […]”, da qui la scelta di utilizzare tecniche di derivazione Bioenergetica. Il primo esercizio è stato la posizione “Grounding” consistente nel radicare il corpo come se fosse un albero. I piedi sono paralleli, pari alla larghezza delle spalle, le gambe leggermente flesse per facilitare la retroversione del bacino. La schiena è diritta con le spalle rilassate, la sommità del capo tende verso l’alto.
Il secondo esercizio è una mobilizzazione in antero e retroversione del bacino.
La fase ludica prevede delle minipartite di pallavolo. Per aumentare la difficoltà, ma principalmente per stimolare al massimo la percezione dell’equilibrio, la partita viene svolta utilizzando le pedane propriocettive.
Questo articolo è tratto dal libro A scuola di Posturale, pratico manuale di oltre 500 pagine interamente dedicato alla Ginnastica Posturale.
La scoliosi è una deviazione laterale della colonna vertebrale, spesso accompagnata da rotazione delle vertebre, che causa una deformità permanente. Può essere strutturale o non strutturale (atteggiamento scoliotico).
Le cause della scoliosi sono multifattoriali e possono includere fattori genetici, metabolici, muscolo-meccanici e neurofisiologici. La maggior parte delle scoliosi sono idiopatiche, ovvero senza una causa apparente.
La scoliosi viene valutata attraverso l'osservazione posturale, test di flessione anteriore (test di Adams) e radiografie per misurare l'angolo di Cobb. Lo scoliosometro può essere utilizzato per una valutazione rapida.
Il trattamento dipende dalla gravità della curva. Per scoliosi lievi, la ginnastica correttiva è fondamentale. Per scoliosi moderate, può essere necessario un trattamento ortopedico con corsetto. Per scoliosi gravi, può essere necessario un intervento chirurgico.
Esistono diversi metodi di rieducazione, tra cui Klapp, Von Niederhöffer, IOP, Mézières, Souchard, Feldenkrais, Gymnasium, Lionese e il metodo degli equilibri. Ogni metodo ha un approccio specifico per affrontare la scoliosi.
Scoliosi: una condizione caratterizzata da una curvatura laterale della colonna vertebrale, che può causare dolore e alterazioni posturali. Le cause della scoliosi possono essere congenite, neuromuscolari o idiopatiche. È fondamentale riconoscere i principali sintomi, come asimmetrie nelle spalle o fianchi, per una diagnosi precoce.
Le tecniche di rieducazione vertebrale mirano a migliorare la postura e ridurre il dolore attraverso esercizi mirati e fisioterapia. La scelta del trattamento per la scoliosi dipende dalla gravità e dall'età del paziente. Nei casi più gravi, potrebbe essere necessario l'uso di un tutore o l'intervento chirurgico.
Per approfondire le cause, i sintomi e le soluzioni per la scoliosi, consulta questo articolo e scopri come la rieducazione vertebrale può aiutare a migliorare la qualità della vita.
Questo articolo è tratto dal libro A scuola di Posturale, pratico manuale di oltre 500 pagine interamente dedicato alla Ginnastica Posturale.