Sport in Basilicata: cronache per una storia

Di Jordano Nardiello

Della Basilicata si dice che abbia subito passivamente il passaggio di questa epoca ma è la storia dello sport della Regione a smentire categoricamente tali insinuazioni.

Con il presente studio si vuole focalizzare l'attenzione sullo sviluppo e sui progressi effettuati in ambito sportivo nel contesto regionale Basilicata. I risultati raggiunti nel corso del tempo si pongono quale momento di emancipazione ed evoluzione di tutta la Regione, attraverso un iter storico, dai primordi dell'Unità d'Italia fino a giungere ai giorni nostri. Punto di partenza dell'analisi è stato il contesto sportivo di una regione del nostro Mezzogiorno che ha saputo crescere anche grazie alla storia dello sport, confermando la capacità di attrattiva e di potenziale di un territorio che, pur nascendo arretrato, è cresciuto sino a diventare competitivo a livello internazionale.

Nella prima parte della tesi si è scelto di evidenziare il profondo legame esistente tra il diffondersi del processo di scolarizzazione che mostrò con evidente chiarezza il divario tra un Nord più avanzato e un Sud sicuramente profondo e arretrato e la diffusione delle diverse discipline sportive, quali la caccia, la scherma e la ginnastica. Tali discipline erano del tutto sconosciute a popolazioni che ancora vivevano nella povertà e nella miseria, intrappolate negli antichi dettami dell'Ancien Régime. Percorrendo le tappe di questo difficile excursus, carente di fonti certe, emergono le contraddizioni di una neonata Italia che viaggia a due velocità: quella del Settentrione, pronto ad entrare a vele spiegate nel processo di industrializzazione e mondializzazione e quella di un Meridione sempre più emarginato e povero. È in un tale contesto che si inseriscono storie di redenzione per una Lucania relegata in una condizione di ristrettezza: è il caso della famiglia Farenga e, in particolare di Juan Antonio, figlio di Muro Lucano, costretto a vivere lontano dalla propria patria ma in grado di portare avanti il sogno di emergere contribuendo alla creazione di una delle squadre di calcio più titolate al mondo: il Boca Juniors di Buenos Aires; è il caso di un parroco e di un monaco, Padre Giovanni Minozzi e Padre Semeria, i quali seguendo l'esempio di Don Giovanni Bosco, hanno teso la mano ad una regione messa in ginocchio dalla Grande Guerra, spingendola a rialzarsi e combattere con fierezza per uscire da quella infausta situazione. È frutto del loro operato, ad esempio, la costruzione del complesso del Principe di Piemonte di Potenza che, come una madre generosa accoglieva i figli bisognosi d'aiuto. Solo dopo aver scongiurato la paura della Grande Guerra l'Italia si riscoprì più unita e al processo di crescita partecipò attivamente anche la Basilicata. Si iniziano ad intravederei primi segnali di svolta con l'istituzione, ad esempio, della sede del Comitato Olimpico Nazionale Italiano.

Nella seconda parte dell'elaborato si evidenzia come questi segnali hanno iniziato a farsi concreti durante il Regime Fascista che tanto ha dato per la diffusione dello sport nel Belpaese. Sono gli anni delle celebrazioni degli antichi miti classici, le folle festanti onorano i campioni reduci dai successi ottenuti nelle grandi manifestazioni sportive come le Olimpiadi di Los Angeles del 1932 e i Mondiali di calcio del 1934 e del 1938, celebrati sulla miriade di neonate testate giornalistiche sportive. La simpatia suscitata dai nostri sportivi sembrava quasi poter oscurare gli intenti "diabolici" dei leader tirannici che, purtroppo, indussero una nazione intera al tragico epilogo della Seconda Guerra Mondiale. Della Basilicata si dice che abbia subito passivamente il passaggio di questa epoca ma è la storia dello sport della Regione a smentire categoricamente tali insinuazioni. È in questi anni, infatti, che, di pari passo con le altre regioni, vedono la luce le prime forme di associazionismo sportivo, nate con l'intento di dar libero sfogo ai volenterosi e orgogliosi giovani fascisti; un ulteriore motivo di scontro tra il Regime e la visione della Chiesa che avvertiva la pratica dello sport come un pericolo alla decenza in quanto esponeva oltremodo il corpo delle fanciulle.

Nella terza ed ultima parte della tesi si cerca di dimostrare come la Chiesa riuscì ad avere rivalsa sugli ideali fascisti solo dopo la fine del Secondo Conflitto Bellico, quando lo sport entrò a far parte dello spettro politico dell'Italia repubblicana e democristiana. È il Centro Sportivo Italiano a dare organizzazione a tutte le attività sportive della nazione. Un tale movimento di rinascita raggiunge l'apice nel 1960 con l'indizione dei XVII Giochi Olimpici di Roma. Per molti paesi del Meridione l'Olimpiade è stata un solo e unico momento: il passaggio di un corridore che stringeva tra le mani la fiaccola. Sono gli anni del famoso boom economico, un benessere che però sembra solo sfiorare le ancora bisognose genti lucane. Eppure sono proprio i momenti difficili a forgiare il carattere forte di queste persone, è dalle difficoltà che si realizzano i sogni. È il caso della favola del Potenza Sport Club, divenuta la squadra di calcio "fidanzata d'Italia" nei bellissimi cinque anni trascorsi sul palcoscenico della Serie B; è il caso di Donato Sabia che velocemente ha lasciato la sua regione ma che ancora più velocemente l'ha glorificata sugli 800 metri della pista d'atletica delle Olimpiadi Los Angeles del 1984; è il caso del "pugile buono" Rocco Mazzola che esule a Varese ha portato la Basilicata sul tetto d'Europa.

Di sicuro al giorno d'oggi sarebbe impensabile raggiungere così eccelsi risultati con la carenza di strutture sportive e mezzi economici che sempre angustia profondamente la nostra regione ma la volontà dei suoi figli supera di gran lunga tutte queste difficoltà e la Basilicata non può più essere considerata il fanalino di coda dello sport italiano.