Approfondimenti sulla colonna vertebrale e sull'importanza della stabilità durante l'allenamento

Di Diego Campaci

L'articolo analizza la colonna vertebrale e l'importanza di mantenere le sue curve fisiologiche durante l'esercizio fisico per prevenire infortuni. Viene discusso l'uso della cintura in palestra, le funzioni dei muscoli addominali e l'efficacia di vari esercizi, sottolineando l'importanza della tecnica corretta.

Indice

La colonna vertebrale

di rilevante importanza, per un professionista del fitness, la conoscenza delle curve che compongono la colonna vertebrale: non è necessario saper valutare i gradi, o saper leggere una radiografia, ma essere consapevoli di come è strutturata sì, questo lo è. È un dovere per un semplice motivo: si mette a repentaglio l’incolumità altrui. Se le curve esistono ci sarà un motivo, e queste curve devono essere mantenute anche e soprattutto durante esercizi che prevedono sovraccarichi. In estrema sintesi le funzioni del rachide sono le seguenti:

  1. Sorreggere il corpo contro la gravità;
  2. Proteggere il midollo spinale;
  3. Consentire spostamenti e movimenti nello spazio;
  4. Ammortizzare le sollecitazioni che provengono dell’esterno e dall’interno del corpo.

Figura 1: Muscoli del corpo

  • C1-C7, tratto costituito dalle prime sette vertebre cervicali e fisiologicamente contraddistinto da una lordosi.
  • T1-T12, tratto costituito dalle dodici vertebre dorsali o toraciche e fisiologicamente contraddistinto da una cifosi.
  • L1-L5, tratto costituito dalle cinque vertebre lombari e fisiologicamente contraddistinto da una lordosi.
  • Tratto finale sacro-coccigeo, il quale è un’unica struttura saldamente incastrato fra le ali iliache.

Figura 2: la colonna vertebrale in visione frontale (davanti, ventrale) a sinistra, in visione frontale ma posteriore e infine in visione sagittale (lateralmente)

Figura 2: la colonna vertebrale in visione frontale (davanti, ventrale) a sinistra, in visione frontale ma posteriore e infine in visione sagittale (lateralmente). Come si può ben notare le curve sono ampiamente visibili lateralmente ed eventuali loro difformità (aumento o riduzione dell’ampiezza delle curve) sono rilevabili soprattutto in visione sagittale

Da una prospettiva sagittale la colonna vertebrale presenta quattro curve, simili a due a due. In alto abbiamo la lordosi cervicale costituita da sette vertebre, successivamente si trova la cifosi dorsale con 12 vertebre (tante quanto le coste da cui dipartono), a scendere la tanto martoriata lordosi lombare con le sue 5 vertebre e a chiudere la cifosi sacro-coccigea. Sul piano frontale il rachide, in condizioni fisiologiche, non presenta nessuna curvatura ma bensì appare dritto con un aumento delle dimensioni dei corpi vertebrali in senso caudale (verso il basso). La vertebra più larga in assoluto è l’ultima lombare, L5. La colonna andrebbe valutata non solo in maniera segmentaria ma anche e soprattutto nella sua totalità; è ben noto come un cambiamento della curva in uno dei suoi compartimenti avrà delle ripercussioni sulle altre, modificandone la morfologia generale. È altresì possibile identificare un rachide anteriore costituito dai corpi vertebrali il cui compito principale sarebbe quello di sostegno, ed un rachide posteriore a cui spetterebbe primariamente il compito di guida dei movimenti (articolazioni vertebrali posteriori o apofisarie).

Le vertebre

Le vertebre rappresentano l’unità funzionale spinale, separate da materiale molle interposto: quest’ultimo è costituito dall’anello fibroso e dal nucleo polposo, meglio conosciuto nella sua complessità come disco intervertebrale. Il nucleo polposo è costituito da una sostanza gelatinosa che per l’80% circa è acqua e spetta al nucleo il difficile e fondamentale compito di assorbire i carichi, sfruttando le sue doti di deformabilità: in relazione al carico cui il disco intervertebrale è sottoposto, il nucleo polposo si può spostare in avanti o verso dietro, aumentando in tal modo la pressione sull’anello fibroso che lo circonda.

Figura 3 Anatomia del Gray: si può apprezzare l’anatomia di due vertebre e del materiale molle interposto

Figura 3 Anatomia del Gray: si può apprezzare l’anatomia di due vertebre e del materiale molle interposto

Come si può osservare dalle figure 3 e 4, ogni vertebra presenta anteriormente un corpo (ad eccezione della prima vertebra, l’atlante) e posteriormente un arco: il midollo spinale è sito proprio fra le due citate strutture, scorre nel forame vertebrale. I nervi spinali, che per conoscenza ricordo essere sia motori che sensitivi, fuoriescono invece dal forame intervertebrale, il quale si viene a creare tra l’incisura superiore e inferiore di due vertebre contigue.

Figura 4: è apprezzabile il midollo spinale e i nervi che da esso, attraverso i forami intervertebrali, percorrono il corpo umano fino a raggiungere le rispettive zone di competenza

Figura 4: è apprezzabile il midollo spinale e i nervi che da esso, attraverso i forami intervertebrali, percorrono il corpo umano fino a raggiungere le rispettive zone di competenza

Figura 5: sezione trasversa di una vertebra, dove sono rappresentate le strutture che caratterizzano la maggior parte delle vertebre

Figura 5: sezione trasversa di una vertebra, dove sono rappresentate le strutture che caratterizzano la maggior parte delle vertebre

Figura 6: struttura vertebra atlante

Figura 6: struttura vertebra atlante. Sopra, visione anteriore. In mezzo, visione dall’alto (trasversale) e sotto con visione posteriore. Come si può notare dalla figura, la vertebra ha caratteristiche molto particolari rispetto alle altre che compongono la colonna vertebrale: in primis la mancanza del corpo vertebrale sostituito da un piccolo arco anteriore e la presenza di un ampio forame vertebrale, il più generoso di tutti in termini di ampiezza. Inoltre, l’atlante non presenta, a differenza delle altre vertebre cervicali-dorsali-lombari, il processo spinoso il quale è sostituito da un ampio arco posteriore

Figura 7: FSU (unità funzionale spinale) costituita dalle due facce dei corpi vertebrali, uno superiore e l’altro inferiore, in mezzo ai quali è presente il disco intervertebrale

Figura 7: FSU (unità funzionale spinale) costituita dalle due facce dei corpi vertebrali, uno superiore e l’altro inferiore, in mezzo ai quali è presente il disco intervertebrale. Questo, come si può ben notare, è costituito a sua volta dal nucleo polposo e intorno a questo l’anello fibroso. Il nucleo polposo è un composto gelatinoso composto per circa l’80-85% da acqua; al suo interno troviamo anche proteoglicani (i quali sono in grado di legare l’acqua) e fibre elastiche mentre l’anello fibroso è formato da fibre collagene di tipo II con un discreto contenuto di fibre elastiche, disposte obliquamente tra loro. Questa disposizione non verticale delle fibre risulta essere particolarmente importante soprattutto durante movimenti di scivolamento e rotazione di una vertebra sull’altra: se fossero disposte verticalmente questa caratteristica verrebbe meno. Al contrario, se le fibre dell’anello fibroso fossero parallele al corpo vertebrale, il disco resisterebbe bene alle torsioni ma non alle forze verticali.

In sostanza il collagene dell’anello fibroso intrappola all’interno il nucleo polposo. All'aumentare della forza di compressione incrementa parimenti la pressione idrostatica all’interno del nucleo polposo e ciò è funzionale all’assorbimento degli shock che possono derivare dall’esterno (sollevamento pesi, lavori fisici particolarmente gravosi ecc.).

Figura 8: sono rappresentati alcuni dei legamenti della colonna vertebrale

Figura 8: sono rappresentati alcuni dei legamenti della colonna vertebrale. Anteriormente ai corpi vertebrali è presente il legamento longitudinale anteriore (LLA), il quale tende a limitare i movimenti di estensione o eccessive lordosi nelle zone cervicali e lombari. Posteriormente ai corpi vertebrali è situato il legamento longitudinale posteriore (LLP) al quale spetta invece il compito di limitare la flessione. LLA origina dal tubercolo anteriore della prima vertebra cervicale e si inserisce sul sacro, è una larga fascia aderente alla faccia anteriore del corpo vertebrale; dall’alto in basso la sua fascia tende ad allargarsi. LLP, al contrario, restringe le sue dimensioni dall’alto verso il basso; origina dall’epistrofeo (seconda vertebra cervicale) e si inserisce all’interno del canale sacrale. Nota importante a livello funzionale, LLP è strettamente adeso al disco intervertebrale e la sua funzione principale è quella di limitare la flessione del tronco e rinforzare le fibre posteriore dell’anulus. I legamenti gialli (nome latino ligamenta flava, in foto) sono particolarmente ricchi di fibre elastiche (elastina) e si estendono tra due lamine vertebrali contigue: assolvono il compito di limitare la flessione e in virtù dell’alta concentrazione di elastina favoriscono l’estensione da una posizione di flessione. I legamenti interspinosi si estendono tra i processi spinosi adiacenti delle vertebre, da C7 al sacro e la loro funzione principale si esplica nel limitare la flessione.

Figura 9: struttura di un corpo vertebrale, in visione laterale e trasversale con particolare riferimento alle faccette articolari (F)

Figura 9: struttura di un corpo vertebrale, in visione laterale e trasversale con particolare riferimento alle faccette articolari (F)

Descrizione
Tabella 1: struttura, descrizione riassuntiva e funzione primaria delle principali disposizioni della colonna vertebrale
Struttura
Funzione primaria
Corpo vertebraleMassa cilindrica di osso spugnosoPrimaria struttura portante della colonna vertebrale
Disco intervertebraleSpesso anello fibrocartilagineo interposto tra i corpi vertebrali da C2 in poiAmmortizzatore, serve anche a distanziare i corpi vertebrali lungo tutta la colonna
PeduncoloProiezione dorsale corta e spessa che parte dalla metà del corpo vertebraleConnette il corpo vertebrale alla parte posteriore della vertebra stessa
LaminaRegione ossea che collega i peduncoli al processo trasverso, ospita i legamenti gialliProtegge la parte posteriore del midollo spinale
Canale vertebraleCanale centrale situato posteriormente al corpo vertebrale, è circondato dai peduncoli e dalla laminaProtegge il midollo spinale
Forame intervertebraleApertura laterale adiacente le vertebrePassaggio per le radici nervose che entrano ed escono dal canale vertebrale
Processo trasversoProiezione orizzontale ossea che nasce dalla giunzione della lamina e del peduncoloSiti di aggancio per muscoli, legamenti e costole
Faccetta costale (del corpo)Ciascuna vertebra toracica presenta sul corpo due piccole rientranze (superiore e inferiore), poste al confine col disco intervertebrale. Non sono faccette complete ma emifaccette poiché accolgono la testa della costaSito di aggancio per la testa delle coste (articolazione costo-vertebrale, vedi figura sotto)
Faccetta costale (sul processo trasverso)Faccetta ovale situata sull’estremità anteriore di ciascun processo trasverso toracicoSito di aggancio per il tubercolo articolare della costa (articolazione costotrasversaria vedi sotto)
Processo spinosoProiezione dorsale dell’osso partendo dalle lamineSito di aggancio per muscoli e legamenti
Processi articolari superiori e inferiori, incluse le faccette articolariSono processi articolari accoppiati, con andamento tendenzialmente verticale. Originano dall’incontro tra lamina e peduncolo e, in generale, le faccette articolari superiori sono rivolte posteriormente mentre quelle inferiori anteriormenteLe faccette articolari superiori e inferiori formano l’articolazione apofisarie; questa articolazione sinoviali guidano la direzione è l’ampiezza dei movimenti intervertebrali

Figura 10 Anatomia del Gray: articolazioni costo-vertebrali

Figura 10 Anatomia del Gray: articolazioni costo-vertebrali. Queste articolazioni congiungono la testa delle coste ai corpi delle vertebre e sono costituite da:

  • Corpo della vertebra, superiore per numero d’ordine alla costa collegata;
  • Disco intervertebrale;
  • Testa della costa (cresta);
  • Corpo della vertebra con lo stesso numero d’ordine.

Figura 11: anatomia vertebra toracica con rappresentazione della faccetta costale sul processo trasverso (foto a destra, visione trasversale)

Figura 11: anatomia vertebra toracica con rappresentazione della faccetta costale sul processo trasverso (foto a destra, visione trasversale). L’articolazione costo-trasversaria è composta dal processo trasverso della vertebra con lo stesso numero d’ordine della costa e dal tubercolo della costa stessa.

Indice di Kapandij

Entriamo nel vivo della discussione e cerchiamo di capire insieme perché è così tanto importante il mantenimento delle fisiologiche curve del rachide.

Figura 12: indice di Kapandij con la relativa formula matematica

Figura 12: indice di Kapandij con la relativa formula matematica

Il rachide lotta ogni giorno ed ogni momento contro carichi esterni più o meno evidenti, contro forze di compressione e di taglio che potrebbero inficiarne struttura e salute. Da un punto di vista biomeccanico un rachide completamente dritto perde non solo in elasticità ma anche nella sua capacità di sostegno del tronco, due qualità a dir poco fondamentali per l’essere umano. Il mantenimento delle tre curve assicura stabilità e resistenza alle pressioni verticali subite quotidianamente e non solo in palestra. Da ciò è facile dedurre che sotto carico la nostra colonna vertebrale sarà tanto più protetta quanto più questo principio sarà assecondato e concretizzato. Questo vuol dire che non andrò mai incontro a nessun tipo di infortunio alla schiena? Assolutamente no, ma quantomeno ne riduco drasticamente le possibilità e rendo il gesto più armonico e performante. A dispetto di quanto si possa credere, il carico sulla colonna e in particolar modo sulla terza vertebra lombare è maggiore in posizione seduta rispetto a quella ortostatica, e la pressione aumenta ulteriormente se alla seduta abbino una cifosi lombare. Spesso in palestra le persone tendono a lavorare con i sovraccarichi in posizione seduta, pensando erroneamente che la schiena e soprattutto la parte lombare siano messe in maggior sicurezza. In posizione seduta si tende ad invertire la fisiologica lordosi lombare, fenomeno dimostrato dal contatto della stessa zona lombare allo schienale. Parimenti tutta la muscolatura del core si attiva meno non sfruttando a pieno la loro primaria funzione di stabilizzazione del corpo. Non sto asserendo che si dovrebbe lavorare sempre in posizione ortostatica, ma in linea generale questa posizione ha più pro che contro (a corpo libero):

  • Attivazione core stability;
  • Movimenti più funzionali;
  • Maggiore stimolazione recettoriale;
  • Miglioramento dello schema corporeo e dello schema motorio;
  • Controbilancia la consueta posizione seduta quotidiana.

L’ultimo punto richiede una riflessione ulteriore: passiamo la maggior parte del tempo seduti e con pessime posture, i lavori sono sempre più sedentari e il movimento ridotto ai minimi termini: un soggetto che si rivede in questa descrizione dovrebbe effettuare gli esercizi maggiormente in posizione ortostatica e non solo per una questione di sicurezza del rachide ma anche di funzionalità corporea. I movimenti del rachide si concretizzano nei tre piani dello spazio:

  • Sul piano frontale una inclinazione laterale;
  • Sul piano sagittale una flesso-estensione;
  • Sul piano trasverso una rotazione.

Le caratteristiche strutturali delle vertebre cervicali, ed in particolar modo l’andamento delle loro faccette articolari, consente in questo tratto ampi movimenti di flesso-estensione soprattutto nel tratto più basso, così come sono agevolati anche i movimenti di rotazione (massima nel tratto più alto) e inclinazione laterale. Non a caso è il segmento del rachide maggiormente mobile e talune limitazioni sono (in linea generale) il riflesso di pessime posture mantenute nel tempo così come di muscoli ipertonici, i quali originano o si inseriscono a livello delle vertebre cervicali. Fasci superiori del trapezio, muscoli scaleni, sternocleidomastoideo per citarne alcuni tra i più “famosi”. L’inclinazione laterale è invece il movimento prediletto dal tratto dorsale, più limitati i movimenti di flesso-estensione e di rotazione. Le faccette articolari del tratto lombare possiedono un’inclinazione tale per cui sono agevolati i movimenti di flesso-estensione a discapito delle rotazioni, discreti gradi per ciò che concerne l’inclinazione laterale.

Tabella 2: gradi di movimento indicativi dei vari tratti della colonna vertebrale
TrattoFlessioneEstensioneInclinazioneTorsione
Cervicale40°75°35°/45°45°/50°
Dorsale10°5°/10°20°35°
Lombare60°35°20°

Foto 1: torsioni col bastone in posizione ortostatica

Foto 2: torsioni col bastone in posizione seduta

Le torsioni col bastone, oltre che essere inutili, rischiano per i motivi sopraesposti di essere anche dannose, soprattutto a livello lombare. Se l’obiettivo del suddetto esercizio fosse quello di “snellire” la pancia ed il girovita, sappiate che non trova fondamento né da un punto di vista fisiologico né da un punto di vista biochimico. Il dimagrimento localizzato allo stato dell’arte non esiste ma ponendo anche il caso esistesse il dispendio energetico è talmente basso in un esercizio di questo tipo che l’ossidazione dei grassi a scopo energetico è assolutamente trascurabile; al massimo si ossidano i trigliceridi intramuscolari, ininfluenti sotto l’aspetto estetico. Il mantenimento della fisiologica curva lombare risulta quindi determinante durante gli esercizi sotto carico, soprattutto quelli contraddistinti da carichi medio-alti. Squat e stacchi, ad esempio, sono esercizi che richiedono particolare attenzione biomeccanica/posturale, e questo per diversi motivi:

  • I carichi potenzialmente utilizzabili sono alti;
  • Le forze di taglio e compressione che agiscono sulle vertebre lombari sono importanti;
  • Sono esercizi che comprendono il movimento di tre articolazioni (caviglia, ginocchio, anca) e quindi la creazione ed il successivo consolidamento di un ottimo schema motorio sono fondamentali.

Si dovrebbe immaginare il disco intervertebrale come una saponetta tenuta all’interno delle vostre mani, tra i due palmi; se questi ultimi restano ben allineati la saponetta si sposta di poco e tendenzialmente resta al centro, anche sotto carico e durante esercizio. Ricordo che il disco è costituito da anello fibroso e nucleo polposo al suo interno. Cosa succede se durante uno stacco si perde la fisiologica curva lombare o peggio si inverte? Ebbene, riprendendo l’esempio della saponetta, è come se voi chiudeste lo spazio anteriormente spingendo la saponetta verso dietro. A livello del rachide lombare, una flessione sotto carico può comportare uno spostamento posteriore del nucleo polposo, mettendo in tensione le fibre dell’anello fibroso il quale a sua volta spinge sul LLP.

Figura 13: rappresentazione semplificata della dinamica che può portare ad erniazione il nucleo polposo, con riduzione dello spazio anteriore tra i due corpi vertebrali e schiacciamento e spostamento del materiale interno verso lo spazio posteriore il quale, al contrario, subisce un aumento dello spazio

Figura 13: rappresentazione semplificata della dinamica che può portare ad erniazione il nucleo polposo, con riduzione dello spazio anteriore tra i due corpi vertebrali e schiacciamento e spostamento del materiale interno verso lo spazio posteriore il quale, al contrario, subisce un aumento dello spazio. Questo è quello che può capitare nei movimenti che comportano un’estensione del rachide lombare partendo da una posizione di flessione, senza prestare attenzione all’attivazione dei muscoli paraspinali, del core e della muscolatura degli arti inferiori

Figura 14: un movimento in flessione può comportare la riduzione dello spazio anteriore tra due vertebre e lo spostamento posteriore del nucleo polposo

Figura 14: un movimento in flessione può comportare la riduzione dello spazio anteriore tra due vertebre e lo spostamento posteriore del nucleo polposo. Se le fibre posteriore dell’anello fibroso non sono più performanti, il rischio concreto è quello di una fuoriuscita di parte del nucleo polposo dalla propria sede anatomica verso il canale spinale e compressione della radice nervosa corrispondente

I momenti maggiormente critici sono ad esempio nella fase iniziale di uno stacco da terra (ma in generale tutto il movimento richiede grande attenzione), oppure nel momento di spinta verso l’alto da posizione accovacciata dello squat. Ecco perché prima di tutto vige la necessità di lavorare sull’esecuzione e sulla tecnica del gesto motorio e solo secondariamente focalizzarsi sull’incremento dei carichi. Per eseguire bene questi movimenti sono richieste propriocezione e mobilità articolare, non solo del rachide ma anche del bacino ed ora vi spiego il motivo. Affinché si possa mantenere la lordosi lombare è necessario mantenere in antiversione il bacino, posizione che consente alle creste iliache e all’osso sacro di spostarsi in avanti, mentre le tuberosità ischiate si flettono indietro distanziandosi tra loro. Parimenti vengono messi in tensione i legamenti sacrotuberoso e sacrospinoso (vedi figura 17). L’attivazione dei muscoli paraspinali e contemporaneamente della muscolatura del core completa l’opera (per una descrizione più approfondita rimando agli esercizi per gli arti inferiori). La retroversione del bacino è esattamente il movimento opposto e quindi sortisce effetti che vanno in una direzione contraria con appiattimento della curva lombare, avvicinamento dei corpi vertebrali anteriormente e spostamento del nucleo polposo verso dietro.

Ecco perché prima di effettuare qualunque esercizio in palestra (in special modo i fondamentali con alti carichi) è bene valutare la postura del soggetto e la sua mobilità a livello pelvico; anche un’eventuale (e molto probabile soprattutto nel sesso maschile) retrazione dei muscoli ischiocrurali (bicipite femorale, semitendinoso e semimembranoso) può compromettere il mantenimento dell’antiversione del bacino e della fisiologica curva lombare. Tra gli esercizi propedeutici si possono inserire movimenti alternati di antiversione e retroversione del bacino, seguendo il seguente ordine (in progressione di difficoltà):

  1. Movimenti in posizione supina, con schiena ben aderente al pavimento. Indicato per chi ha scarsa o nulla propriocezione e mobilità. Si passa alternativamente dalla posizione di retroversione nella quale vi è un contatto totale tra rachide e superficie d’appoggio, per passare dolcemente all’antiversione caratterizzata da un arco più o meno ampio a livello lombare. Inizialmente i movimenti devono essere lenti e controllati, il soggetto deve percepire il passaggio da una all’altra posizione, sfruttando il feedback del suolo.
  2. Movimenti in posizione seduta su una fitball. In questo caso valgono le medesime indicazioni di cui sopra, il passaggio tra le due posizioni è caratterizzato da un cambiamento dell’appoggio: in antiversione maggiormente a livello delle tuberosità ischiatica, in retroversione più sul coccige.
  3. Movimenti in quadrupedia. In questo caso la difficoltà è maggiore, in quanto viene a mancare il feedback a livello della colonna. Per questo motivo l’operatore deve essere molto attento affinché il focus sia sul tratto lombare, evitando movimenti di compenso tipici di chi ha scarsa propriocezione/mobilità. Da preferire movimenti meno ampi ma più precisi, senza compensi a livello dorsale, scapolare o cervicale.
  4. Movimenti in posizione ortostatica. Focus sempre e solo sul tratto lombare, mani lungo le cosce o sulle creste iliache e ginocchia leggermente piegate. Evitare compensi, valgono le medesime indicazioni dei punti precedenti.

Ricordatevi che il muscolo è soltanto un mero esecutore del movimento e difficilmente in palestra può andare incontro a lesioni, anche con le peggiori esecuzioni: sono movimenti close skill (ad abilità chiusa), con poche variabili di disturbo esterne. Non sono presenti avversari, cambi di direzione, salti o atterraggi ad esempio. Le strutture che invece nel tempo potranno soffrire sono quelle passive, ossia tendini e legamenti ed in generale l’articolazione nella quale questi sono presenti.

Figura 15: dinamica dell’antiversione (sinistra) e retroversione (destra) del bacino, con i principali muscoli coinvolti

Nello specifico, oltre a quelli proposti, i muscoli che agevolano l’antiversione sono:

  • Adduttore lungo
  • Adduttore breve
  • Sartorio
  • Tensore della fascia lata
  • Quadrato dei lombi

Per ciò che concerne la retroversione e i muscoli che la agevolano, oltre a quelli proposti, troviamo:

  • Piriforme
  • Grande adduttore

Figura 16: rappresentazione delle articolazioni sacro-iliaca e coxo-femorale, in una visione d’insieme

Figura 16: rappresentazione delle articolazioni sacro-iliaca e coxo-femorale, in una visione d’insieme. Il cingolo pelvico è costituito, oltre dalle strutture poc’anzi citate, anche dalle articolazioni lombo-sacrale, sacro-coccigea e dalla sinfisi pubica

Foto 3: soggetto con bacino in antiversione

Foto 4: soggetto con bacino in retroversione

Il cingolo pelvico gioca un ruolo di primaria importanza all’interno di un contesto dalle molteplici funzioni, tra le quali il mantenimento della posizione eretta rappresenta solo una di queste. Funzioni meccaniche, propriocettive, di deambulazione sono a carico del cingolo pelvico, sia in condizioni statiche che dinamiche. Assolve un ruolo molto importante durante la corsa o i salti, ad esempio, e anche da ciò deriverebbe l’importante sviluppo muscolare del grande gluteo, uno dei muscoli più grossi e potenti dell’intero corpo umano (ecco perché andrebbe primariamente sollecitato con carichi medio-alti). Come si può vedere dalla figura 16, il bacino o cingolo pelvico o pelvi, è costituito lateralmente dalle due ossa dell’anca (ileo, ischio e pube), dal sacro interposto tra le due ossa iliache e inferiormente dal coccige. La sinfisi pubica, anteriormente, collega le due ossa dell’anca mentre l’osso sacro, posteriormente, assolve alla medesima funzione.

La faccetta auricolare del sacro si articola, su ambo i lati, alla faccetta auricolare dell’osso iliaco; è considerata un’anfiartrosi in quanto permette movimenti molto limitati ed è dotata di forti legamenti (fig. 17). I legamenti hanno lo scopo di rinforzare la capsula articolare e di tenere unito il sacro alle ali iliache riducendone già i modesti movimenti (Pirola, 2003). Si dividono in diretti e indiretti. I legamenti diretti sono:

  • I sacro-iliaci anteriori
  • I sacro-iliaci posteriori
  • I sacro-iliaci interossei

I legamenti indiretti sono:

  • L'ileo-lombare
  • Il sacro-tuberoso
  • Il sacro-spinoso

Figura 17: i legamenti del cingolo pelvico

Utilizzo della cintura

Altro nodo gordiano riguarda l’utilizzo della cintura. C’è chi sostiene sia fondamentale solo in alcuni esercizi, chi la usa da inizio a fine allenamento, chi ne fa a meno. Come spesso accade, la verità sta nel mezzo. Ma andiamo con ordine. Se viene utilizzata sempre durante allenamento penso di potermi sbilanciare asserendo che abbia poco senso (escludendo situazioni e casi particolari, tendenzialmente temporanei e circoscritti nel tempo). Anzi, potenzialmente potrebbe essere anche dannosa e ne spiego il motivo di seguito: con un supporto esterno le persone potrebbero sentirsi (a torto) più sicure e protette, e questa loro sicurezza potrebbe portarle ad incrementare i sovraccarichi esterni senza badare troppo alla postura. Uno degli obiettivi primari dell’allenamento dovrebbe essere quello di utilizzare il corpo per tutte le sue funzioni, compresa quella di stabilizzarsi in maniera autonoma e senza aiuti esterni. Il core ha proprio questo scopo funzionale, sia nel comparto anteriore che posteriore. La bellezza di alcuni esercizi come squat e stacchi, ad esempio, risiede anche nella possibilità e capacità di reclutare i muscoli stabilizzatori posteriori come gli erettori spinali.

Utilizzare la cintura tende, in maniera cosciente o meno, ad un minor reclutamento del core sia anteriore che posteriore la quale è la prima loro funzione. Il primo grosso errore concettuale è quindi valutare la cintura come un sostituto della muscolatura stabilizzatrice e non come un semplice supporto, quale questa in realtà dovrebbe essere. L’allenamento dovrebbe avere anche (e soprattutto) l’obiettivo di migliorare la funzionalità dell’intero organismo, inclusi quei gesti che si concretizzano nella vita quotidiana come alzarsi da una sedia o sollevare un carico da terra.

Come ben spiegato dal Professor Pierluigi De Pascalis nella maggior parte dei casi l’altezza posteriore della cintura arriva a circa 15 cm, il più delle volte anche meno. Se analizzassimo l’altezza del tratto lombare questa risulterebbe in un maschio adulto di circa 17 cm, quindi se l’obiettivo fosse la salvaguardia delle vertebre lombari appare chiaro che non tutte queste potranno essere “accolte” dalla cintura. Psicologicamente si è più sicuri, biomeccanicamente no come spesso accade. Tra l’altro sarebbe utopia pensare che la cintura, fosse anche di altezza consona, potesse limitare i movimenti della colonna lombare in flesso-estensione. Quando si effettuano esercizi con sovraccarichi medio-alti, è consigliato aumentare la pressione intra-addominale (IAP) attraverso quella che viene definita manovra di Valsalva, ossia una espirazione forzata a glottide chiusa. Perché? Il motivo risiede proprio nel tentativo di sollevare i dischi lombari dal carico su di esse gravante, o meglio, ridistribuirlo tra compartimento anteriore e posteriore.

Il meccanismo IAP al fine di stabilizzare la colonna lombare sembra preferibile in quelle attività che richiedono un momento estensorio del tronco, come il sollevamento e il salto (Cholewicki et al, 1999); questo meccanismo può aumentare la stabilità della colonna vertebrale, abbinata ovviamente ad una contrazione dei muscoli estensori del tronco.

L’aumento della IAP crea, in sostanza, una sorta di cuscinetto che serve a ridurre le forze di taglio sul rachide, nella porzione lombare, soprattutto in esercizi quali squat e stacco, dove i carichi, usualmente, possono essere anche molto importanti. La cintura potrebbe allora giovare in tal senso, ma con la sua parte più alta posizionata anteriormente e non posteriormente; l’incremento della IAP comporta un’espansione in avanti dell’addome e la cintura può opporsi a questo fenomeno. I muscoli del tronco posteriore possono essere suddivisi in superficiali, intermedi e profondi. Tra i superficiali troviamo ad esempio i muscoli che uniscono il cingolo scapolare al tronco come il trapezio, il muscolo elevatore della scapola, i muscoli romboidei, il gran dorsale e il dentato anteriore. I più superficiali sono il gran dorsale e il trapezio, al di sotto dei quali sono situati il piccolo e grande romboide e il muscolo elevatore della scapola; il dentato anteriore è posto più lateralmente. In linea generale, un’attivazione bilaterale dei muscoli superficiali estende la colonna vertebrale mentre un’attivazione unilaterale comporta una flessione laterale o inclinazione.

I muscoli inclusi nello strato intermedio sono posti al di sotto di quelli poc’anzi elencati, tra i quali troviamo ad esempio il dentato posteriore superiore ed il dentato posteriore inferiore allocati sotto i muscoli romboidei ed il gran dorsale. I due muscoli dentati hanno un ruolo prevalente durante la respirazione, in particolare il dentato posteriore superiore è un muscolo accessorio dell’inspirazione mentre il posteriore inferiore è un muscolo ausiliario dell’espirazione. I muscoli profondi della muscolatura posteriore del tronco occupano un ampio spazio anatomico e sono rappresentati da un folto numero di muscoli, situati ai lati della colonna vertebrale ed in alcuni casi posti in prossimità delle vertebre stesse, tra i processi spinosi e le lamine vertebrali. Nel loro complesso questi muscoli si estendono dal sacro alla regione cervicale, e possono essere ulteriormente suddivisi in un piano superficiale, intermedio e profondo.

Questi muscoli sono gli erettori spinali, conosciuti anche come muscoli paravertebrali: la loro funzione principale risiede nel nome che portano in dote, ossia estendere la colonna. Quando effettuate esercizi come squat, stacchi e similari, la loro attivazione simultanea risulta fondamentale nel mantenimento delle giuste curve della colonna e parimenti sgravano un po’ il carico subito dalle vertebre lombari. Se la muscolatura estensoria è ben attivata, il carico si distribuisce più equamente tra le strutture attive (muscoli) e passive ossia tendini, legamenti e disco intervertebrale in toto.

Figura 18: i muscoli erettori spinali

Tra gli erettori spinali che costituiscono lo strato superficiale troviamo il muscolo ileocostale, costituito dalla sua porzione lombare, toracica e cervicale. Come è possibile apprezzare dalla figura 19, questo muscolo occupa la parte più laterale tra tutti gli erettori spinali.

Figura 19 Anatomia del Gray: il muscolo ileocostale in tutto il suo decorso anatomico, dal sacro alla zona cervicale

Figura 19 Anatomia del Gray: il muscolo ileocostale in tutto il suo decorso anatomico, dal sacro alla zona cervicale

Altro muscolo dello strato superficiale è il lunghissimo, il quale ha un decorso più mediano rispetto al precedente e anch’esso è costituito anatomicamente da più parti (lunghissimo del dorso, del collo e del capo). Infine, troviamo il muscolo spinale in prossimità della colonna vertebrale suddiviso nella medesima maniera del lunghissimo (per approfondimenti su origini e inserzioni vedere tabella successiva).

Tabella 3: muscoli erettori spinali, strato superficiale
MuscoloOrigineInsersizione
IleocostaleSacro, labbro esterno della cresta iliaca, aponeurosi spinale (parte lombare), sei coste inferiori (parte dorsale), dalla terza alla sesta costa (parte cervicale)Processi costiformi delle vertebre lombari superiori e ultime nove coste (parte lombare), sei coste superiori (parte dorsale), processi trasversi della 4-5-6 vertebre cervicale (parte cervicale)
lunghissimoSacro, processi spinosi delle vertebre lombari, e delle 9-10-11-12 vertebra dorsale (lunghissimo del dorso), processi trasversi da D1 a D6 (l. del collo), processi trasversi da C5 a D3-D5 (l. del capo)Processi trasversi delle vertebre lombari, toraciche e coste dalla terza alla dodicesima (l. Del dorso), processi trasversi della 2-3-4-5 vertebra cervicale (l. Del collo), processo mastoide (l. Del capo)
SpinaleProcessi spinosi da L3 a D10 (spinale del dorso), processi spinosi da D2 a C6 (spinale del collo)Processi spinosi da D8 a D2 (spinale del dorso), processi spinosi da C4 a C2 (spinale del collo)
Tabella 4: muscoli erettori spinali, strato profondo
MuscoloOrigineInsersizione
SemispinaleProcessi trasversi di tutte le vertebre del dorso (muscolo spinale del dorso e del collo). Processi trasversi da D1 a D4-D7 e da C3 a C7Processi spinosi delle prime sei vertebre dorsali e delle ultime quattro cervicali (muscolo semispinale del dorso e del collo), tratto compreso tra la linea nucale superiore e inferiore dell’occipite
MultifidoSacro, fascia del muscolo lunghissimo, processi trasversi delle vertebre lombari, dorsali e cervicaliProcessi spinosi delle vertebre superiori

Figura 20: muscolo multifido

Addominali, tra mito e realtà

Il muscolo retto dell’addome è un muscolo nastriforme più largo e più sottile in alto che in basso, che si estende dal pube allo sterno e alle coste. Questo muscolo presenta delle iscrizioni o inserzioni tendinee i cui caratteri morfologici sono molto variabili (i famosi “quadratini” visibili dall’esterno) e in linea generale se ne contano tre o quattro.

Figura 1 Anatomia del Gray: visione generale della muscolatura addominale

Figura 1 Anatomia del Gray: visione generale della muscolatura addominale. Dall'esterno verso l’interno vediamo il retto dell’addome, l’obliquo esterno, l’obliquo interno e il muscolo trasverso. Il muscolo retto dell’addome presenta fibre che vanno dal basso verso l’alto, con un andamento tendenzialmente verticale a dispetto degli altri tre muscoli. Sono ben visibili, sempre a livello del retto addominale, le tre iscrizioni o intersezioni tendinee che vanno a confluire nella linea alba. Quest'ultima, anch’essa con una struttura nastriforme, è una lamina fibrosa che decorre seguendo l’andamento del retto addominale ed è sede di inserzione degli obliqui e del trasverso. Il muscolo retto dell’addome è contenuto in una guaina fibrosa molto resistente, la quale deriva dalle aponeurosi di inserzione degli altri tre muscoli addominali

Il muscolo retto dell’addome, se prende punto fisso sul pube, abbassa le coste e flette il busto in avanti: esplica quindi la sua duplice funzione di espiratore e flessore del torace. Al contrario, con punto fisso sulle coste, flette il bacino sul torace: movimento che contraddistingue il crunch inverso o il Leg raise. Il muscolo retto dell’addome è un retroversore del bacino, agevola quindi lo spostamento verso dietro dell’osso sacro e delle creste iliache, con le tuberosità ischiatiche che invece si flettono in avanti e si avvicinano. Il muscolo retto dell’addome subisce una differente innervazione, in relazione alla zona anatomica considerata: la porzione superiore e media è innervata dagli ultimi nervi intercostali, la porzione inferiore dal nervo ileoipogastrico e dall’ileoinguinale (Testut, 1972). All’interno della figura 2 è anche rappresentato una parte del gran pettorale, con le sue fibre sternali.

Figura 2 Anatomia del Gray: il muscolo obliquo esterno

Figura 2 Anatomia del Gray: il muscolo obliquo esterno. Il suo nome deriva, come si vede, dall’andamento anatomico delle sue fibre; è un muscolo largo, situato nella porzione antero-laterale dell’addome. Si può altresì valutare la sua vicinanza anatomica col muscolo gran dentato, tant’è vero che le fibre dell’obliquo esterno, nella parte superiore (origine C5-C8), si anastomizzano con quelle del gran dentato e inferiormente con quelle del gran dorsale (origine C9-C12)

Ha un andamento a ventaglio, con le fibre che dalle coste si estendono in basso, avanti e medialmente contemporaneamente. I fasci superiori hanno un andamento molto più orizzontale di quelli inferiori, questi ultimi contraddistinti da uno sviluppo più verticale. Ben visibili alcune inserzioni del muscolo obliquo esterno: labbro esterno della cresta iliaca, SIAS (spina iliaca antero superiore), tubercolo pubico. Tutti i fasci che non si inseriscono sulla zona pubica terminano a livello della linea alba passando davanti al retto dell’addome: come si può notare, sono quei fasci aponeurotici di colore bianco. Se prende (come generalmente accade) punto fisso sul bacino, le sue contrazioni: 1) abbassano le coste (muscolo espiratorio), 2) flettono il torace sul bacino stesso, 3) comprimono i visceri. Nel caso in cui prenda punto fisso sul torace, agisce sul bacino sollevandolo e flettendolo verso le coste.

Figura 3 Anatomia del Gray: rappresentazione anatomica del muscolo obliquo interno, posto subito al di sotto dell’obliquo esterno

Figura 3 Anatomia del Gray: rappresentazione anatomica del muscolo obliquo interno, posto subito al di sotto dell’obliquo esterno. Si nota subito la differente struttura anatomica delle sue fibre, le quali hanno un andamento opposto rispetto all’obliquo esterno. Come quest’ultimo è un muscolo appiattito e molto largo. Anche in questo caso è possibile apprezzarne origini ed inserzioni, con le prime che si trovano a livello del legamento inguinale, della SIAS, e della cresta iliaca. Inoltre, l’aponeurosi posteriore dell’obliquo interno si fonde con l’aponeurosi del gran dorsale (in figura fascia lombodorsale). Anche le inserzioni a livello costale (dalla 10 alla 12) e a livello del muscolo cremastere sono ben visibili, oltre ovviamente alla linea alba, la quale rappresenta uno dei punti comuni di inserzione degli obliqui e del trasverso

Le azioni, con i relativi punti fissi, sono le medesime descritte per l’obliquo esterno.

Figura 4 Anatomia del Gray: rappresentazione anatomica del muscolo trasverso dell’addome, il più profondo dei muscoli addominali

Figura 4 Anatomia del Gray: rappresentazione anatomica del muscolo trasverso dell’addome, il più profondo dei muscoli addominali; deve il suo nome all’andamento delle sue fibre, disposte trasversalmente rispetto alla verticalità del retto addominale. Anche il trasverso è un muscolo largo come gli obliqui e abbraccia i visceri addominali. Come si può osservare dalle tre zone di origine (costale, lombare ed iliaca) tutti i fasci del trasverso si portano dal dietro verso l’avanti per confluire verso il margine laterale del retto addominale, per poi terminare la loro corsa a livello della linea alba, esattamente come i due obliqui

L'ambizione di possedere un addome piatto e definito è senza dubbio uno dei motivi principali che spinge le persone ad iscriversi in palestra. Sessioni infinite di esercizi, di tutti i tipi, nella speranza di avere una parete addominale stile modello di Men’s health. Partiamo da un semplice presupposto fisiologico, in modo tale da mettere un po’ di ordine all’interno di questo contesto: fare gli “addominali” non porta a dimagrire, il consumo energetico/calorico è irrisorio e il substrato energetico prevalentemente utilizzato è il glicogeno muscolare, come del resto accade spesso durante esercizi con i sovraccarichi. Nell’eventualità dovesse essere utilizzato del grasso a scopo energetico questo sarebbe intramuscolare e di conseguenza non visibile esternamente. Se l’obiettivo fosse il dimagrimento molto meglio optare per esercizi multiarticolari come squat, affondi, stacco le cui esecuzioni (soprattutto se eseguite svincolati dalle macchine) richiamano in maniera importante tutto il torchio addominale. Da non dimenticare, in tal senso, anche esercizi in regime pliometrico come ad esempio squat jump o affondi balzati: tutto ciò non solo per il richiamo al core, ma anche per l’impatto metabolico/ organico che questi esercizi comportano, anche post allenamento (il famoso EPOC).

Per avere la famosa “tartaruga” bisogna essere perseveranti nell’allenamento e soprattutto avere una percentuale di grasso corporeo piuttosto bassa, in quanto tra le zone anatomiche prevalentemente occupate (tanto o poco che sia) dal grasso rientra la fascia addominale. Evito di entrare nel contesto delle creme che promettono un addome piatto, non esistono e sarebbe una perdita di tempo star qui a disquisire sul nulla. Il dimagrimento localizzato non esiste, motivo per cui anche le già viste torsioni col bastone sono inutili oltre che dannose. La maggior visibilità, in taluni soggetti, dei “quadratini” superiori rispetto a quelli inferiori ha posto le basi per l’erronea distinzione tra addome alto e basso; ripartizione figlia solamente dell’estetica e non dell’anatomia. Il retto dell’addome, come vedremo tra poco, presente delle fibre verticali che percorrono anteriormente l’addome.

Il sistema nervoso si basa su un principio, definito del “tutto o nulla”. Senza entrare nello specifico di argomentazioni che esulano gli obiettivi del testo, il suo significato è il seguente: se una fibra muscolare viene adeguatamente stimolata attraverso un potenziale d’azione, essa si contrae per tutta la sua lunghezza. Quindi, distillando ulteriormente il concetto, o si attiva per l’intera sua lunghezza o non si attiva. Per trasposizione, o le fibre del retto dell’addome si attivano per tutto il percorso anatomico o non ci sarà contrazione. Al dimagrimento localizzato si associa un altro fattore, ossia la sensazione di contrazione in parti differenti dell’addome con alcuni esercizi come ad esempio nel crunch inverso. Ma in sala pesi le sensazioni sono spesso fuorvianti, basti pensare che ancora si pensa a lavorare il petto “esterno” così come il bicipite “basso”. Tutto ciò non ha nulla a che fare con la biomeccanica, ma è solo un esempio di come le sensazioni possano essere assolutamente fuorvianti.

Ulteriore parametro di natura anatomo/strutturale per cui la parte superiore all’ombelico potrebbe risultare maggiormente visibile rispetto alla parte sottostante: l’aponeurosi dei muscoli addominali. Per aponeurosi s’intende la sottile fascia fibrosa che avvolge un muscolo, di colore bianco lucido, fascia che assicura al muscolo stesso l’inserzione a livello tendineo. Da un punto di vista cellulare, l’aponeurosi è molto simile al tendine e queste fasce sono presenti per l’appunto a livello della muscolatura addominale ma non solo: si rinvengono anche nella regione palmare, plantare, dorsale e lombare. In altri termini, l’aponeurosi altro non è che l’estensione fibrosa dello strato muscolare stesso (nelle figure sopra è ben visibile la presenza dell’aponeurosi, di colore bianco).

I muscoli larghi della parete addominale, che ne occupano sia la parte anteriore che laterale, si sovrappongono dall’esterno all’interno e sono in parte carnosi ed in parte aponeurotici. Questi muscoli, appiattiti e molto larghi sono i muscoli obliquo esterno, obliquo interno e muscolo trasverso, dal più superficiale al più profondo. Tutti i fasci di inserzione dell’aponeurosi dell’obliquo esterno passano davanti al retto dell’addome per poi terminare nella linea alba: quindi il “foglietto” che avvolge il muscolo obliquo esterno anatomicamente segue un percorso che lo porta, in ultima analisi, innanzi al retto. Analizzando invece il percorso anatomico dell’aponeurosi del muscolo obliquo interno, posto subito al di sotto dell’obliquo esterno, notiamo una cosa interessante: in questo caso l’aponeurosi passa sì davanti al retto dell’addome, ma al di sotto dell’ombelico a differenza di quanto visto in precedenza. Anche in questo caso la funzione è quella di connettere l’aponeurosi alla linea alba. Questa caratteristica anatomica la ritroviamo anche per il muscolo trasverso.

In sostanza: il muscolo retto dell’addome è racchiuso all’interno di una guaina di tessuto connettivo, formata dall’incontro delle aponeurosi degli strati dei tre muscoli della parete anterolaterale addominale. La parte superiore della guaina del muscolo retto (al di sopra dell’ombelico), è costituita dall’aponeurosi dell’obliquo esterno e da metà di quella dell’obliquo interno. La parte inferiore (ossia al di sotto dell’ombelico) vede invece il passaggio di tutte e tre le aponeurosi dei muscoli addominali, le quali poi vanno a terminare il loro percorso in prossimità della linea alba. Cosa significa tutto ciò? Che avere addominali ben visibili non è cosa semplice, soprattutto per l’intero tragitto anatomico compiuto dal retto dell’addome. A tutto ciò bisogna anche aggiungere che i muscoli addominali sono paragonabili a dei foglietti spessi pochi millimetri, inevitabile che la loro ipertrofia più di tanti non possa essere accentuata in una regione anatomica che è già fisiologicamente portata ad accumulare tessuto adiposo.

Anche all’esame elettromiografico non è parsa nessuna differenza degna di nota tra porzione superiore e inferiore degli addominali in relazione ai differenti esercizi svolti (Piering et al, 1993), quindi allo stato dell’arte possiamo concludere che la suddetta distinzione è figlia primariamente delle sensazioni avvertite durante i vari tipi di crunch, ma nulla più. È il medesimo erroneo concetto che sta alla base delle croci per il “petto esterno” o del Larry scott per la parte inferiore del bicipite brachiale (attenzione che in quest’ultimo caso si rischia anche di farsi male, come verrà descritto nel capitolo inerente).

Vista la vicinanza anatomica fra i muscoli addominali e i flessori dell’anca, in primo luogo il potente ileo-psoas, una scorretta esecuzione del crunch inverso tenderà a stimolare maggiormente i flessori dell’anca rispetto ai muscoli addominali (Andersson et al, 1993): questi ultimi lavoreranno tendenzialmente come stabilizzatori mentre i protagonisti del movimento saranno i flessori dell’anca, come il già citato muscolo ileo-psoas così come anche il retto del femore (muscolo biarticolare, agente anche sull’articolazione dell’anca come flessore). Per la corretta esecuzione dei movimenti vi rimando alle prossime pagine ma sappiate che isolare gli addominali dai flessori dell’anca non è possibile, per quanto l’esecuzione possa essere consona questi ultimi non possono essere “disinnescati” dal sistema nervoso centrale.

Sebbene si pensi che le ginocchia piegate possano ridurre in maniera consistente l’intervento dello psoas allo stato dell’arte non appare così (Axler et al, 1997), anche se la stessa posizione, portando lo psoas in pre-accorciamento, potrebbe modularne il suo intervento nel movimento (diagramma tensione-lunghezza). Nei sit-up (vedi di seguito) così come negli esercizi che coinvolgono maggiormente gli arti inferiori (tipo leg raise) è probabile che l’intervento dello psoas risulti maggiore rispetto al crunch oppure al side plank.

Proprio per questo motivo risulta importante, durante qualsivoglia esercizio per gli addominali, mantenere la retroversione del bacino col rachide lombare in appoggio (qualora possibile) al suolo. Nell’esecuzione del crunch inverso, ad esempio, la schiena appoggiata al suolo è uno dei fattori più importanti da considerare; soprattutto durante la fase di discesa degli arti inferiori, la zona lombare deve rimanere adesa alla superficie d’appoggio. Il crunch inverso, in altri termini, non deve diventare un esercizio di slancio degli arti inferiori perché in questo caso tra i motori principali del movimento ci sarà l’ileo-psoas e il retto del femore. La discesa dev’essere controllata e il suo percorso termina allorquando si avverte che la zona tende a staccarsi dalla superficie d’appoggio. Il crunch inverso è così definito perché altro non è che un crunch ma al contrario, col punto fisso sol torace ed il bacino che a questo si avvicina. Ma il più delle volte tutto pare fuorché un crunch inverso. Medesimo discorso per il Leg raise eseguito alle dip, anche in questo caso la schiena e soprattutto la zona lombare richiedono il mantenimento della retroversione con le vertebre lombari adese al supporto retrostante.

Stimolare la muscolatura degli addominali in toto attraverso esercizi dove questa è fortemente chiamata in causa è la modalità più fisiologica e funzionale possibile, nel momento in cui si optasse anche per esercizi più mirati nulla vieta di utilizzare dei sovraccarichi, ovviamente in relazione alle proprie o altrui capacità. Le fibre muscolari del retto addominali sono costituite sia da fibre rosse che bianche, e non unicamente da una sola tipologia. Da qui se ne può dedurre che, al fine di stimolare anche le fibre bianche, poche ripetizioni con sovraccarico potrebbero essere una scelta ponderata e razionale, da alternare a contrazioni più lente o eseguite in isometria come il plank. Una rotazionalità nella scelta della tipologia di contrazione darebbe stimoli sempre diversi agli addominali, così come nell’alternare i vari esercizi durante la settimana. Questo è un aspetto che può avere una valenza soprattutto nei soggetti fortemente condizionati e che non hanno tra i loro obiettivi principali quello del dimagrimento, per i motivi in precedenza esposti.

Figura 5 Anatomia del Gray: sezione trasversa dei muscoli addominali

Figura 5 Anatomia del Gray: sezione trasversa dei muscoli addominali. Si possono apprezzare le aponeurosi dei muscoli obliqui che passano innanzi al muscolo retto, mentre quella del trasverso passa dietro. Al di sotto dell’ombelico, invece, tutte e tre queste aponeurosi passano davanti al retto addominale

In sintesi, le funzioni fisiologiche dei muscoli addominali possono essere così riassunte (Neumann, 2002):

  • Supporto e protezione nei confronti dei visceri
  • Aumenta la pressione intra addominale attraverso un’espirazione forzata (azione che si esplica anche durante il vomito, la defecazione, la minzione e il parto)
  • Aumento della pressione intra toracica attraverso un’espirazione forzata dai polmoni

Da un punto di vista invece biomeccanico, le funzioni dei muscoli addominali in toto sono le seguenti (Neumann, 2002):

  • Mobilità e stabilizzazione del tronco
  • Supporto della colonna lombare e dell’articolazione sacroiliaca durante esercitazioni di forza con carichi pesanti
Tabella 1: origine, inserzione e azioni prevalenti dei muscoli addominali
MuscoloOrigineInserzioneAzioni prevalenti
Retto addominaleProcesso xifoideo e faccia esterna delle cartilagini costali 5-6-7Cresta del pubeFlette il busto in avanti. Nel bacino, a origini invertite, agevola la retroversione
Obliquo esternoFaccia esterna delle coste dalla 5 alla 12Labbro laterale della cresta iliaca, legamento inguinale, aponeurosi dei muscoli obliqui, SIASSe si contrae unilateralmente inclina il busto di lato e lo ruota controlateralmente. Le fibre di un lato neutralizzano l’azione rotatoria di quelle controlaterali. La rotazione avviene in sinergia con le fibre muscolari dell’obliquo interno controlaterale. Assieme al muscolo controlaterale flette il busto in avanti.
Obliquo internoFascia toraco-lombare, cresta iliaca superiormente, SIAS, legamento inguinaleMargine inferiore della 10-11-12 costa medialmente, aponeurosi dei muscoli obliqui e, inferiormente, muscolo cremastereSe si contrae unilateralmente inclina e ruota il busto dallo stesso lato. La rotazione si realizza in sinergia con il muscolo obliquo esterno controlaterale. Assieme al m. controlaterale flette il busto in avanti.
TraversoLegamento inguinale, labbro interno della cresta iliaca, ultime sei coste, fascia toraco-lombareLinea albaè quella di abbassare le coste durante l’espirazione, insieme ai muscoli obliquo esterno e interno aumenta la pressione addominale favorendo lo svuotamento dei visceri addominali e pelvici.

Esercizi: dai classici alle varianti

Foto 1a: posizione di partenza del crunch con braccia conserte al petto

Foto 1a: posizione di partenza del crunch con braccia conserte al petto

Foto 1b: posizione di partenza del crunch con mani dietro la nuca

Foto 1b: posizione di partenza del crunch con mani dietro la nuca

Per ciò che concerne la posizione iniziale dell’esercizio denominato crunch le alternative sono quelle proposte in foto 1a e 1b, col soggetto supino e mani dietro la zona cervicale oppure conserte sul petto. Prestare particolare attenzione alla zona cervicale e ai muscoli qui presenti, questi ultimi particolarmente chiamati in causa dai soggetti decondizionati. Se le mani sono dietro la nuca, queste non devono assolutamente spingere durante il movimento ma solo “accogliere” la testa, nulla di più. Non è necessario sollevarsi molto, indicativamente e soprattutto all’inizio può andare bene staccare le spalle e le scapole dalla superficie d’appoggio. Per evitare flessioni eccessive nel tratto cervicale, consigliare di guardare un punto fisso in alto perpendicolare agli occhi, e mantenerlo per tutta la durata dell’esercitazione. Le ginocchia sono flesse a circa 90 gradi, ma nei soggetti più allenati è possibile distendere gli arti inferiori; questa variante risulta più complessa, in quanto più i piedi si distanziano dal bacino più sarà difficile mantenere la retroversione del bacino. Il consiglio è di provare, distendendo progressivamente gli arti inferiore. È altresì possibile eseguire il crunch con le braccia distese verso l’avanti-alto, anche in questo caso prestare attenzione alla zona cervicale. Ricordarsi che è una flessione del busto, la tendenza soprattutto nei soggetti non allenati e con scarsa propriocezione sarà quella di attivare (anche) i muscoli flessori del capo.

Foto 2: Posizione finale crunch

Foto 2: Posizione finale crunch

Foto 3a: Posizione finale con eccessiva flessione cervicale

Foto 3a: Posizione finale con eccessiva flessione cervicale

Foto 3b: posizione finale con eccessiva flessione cervicale

Foto 3b: posizione finale con eccessiva flessione cervicale

Foto 4: crunch con arti superiori distesi in avanti/alto

Foto 4: crunch con arti superiori distesi in avanti/alto

Foto 5a: posizione iniziale di un crunch o sit-up con arti inferiori completamente estesi, variante per i più esperti

Foto 5a: posizione iniziale di un crunch o sit-up con arti inferiori completamente estesi, variante per i più esperti

Foto 5b: posizione finale del sit-up con arti inferiori estesi

Foto 5b: posizione finale del sit-up con arti inferiori estesi

Foto 6: fase intermedia di un sit-up con arti inferiori completamente estesi

Foto 6: fase intermedia di un sit-up con arti inferiori completamente estesi

Foto 7: fase finale di un sit-up con mani dietro la testa

Foto 7: fase finale di un sit-up con mani dietro la testa

Foto 8a: posizione inziale del crunch su fitball

Foto 8a: posizione inziale del crunch su fitball

Foto 8b: posizione finale del crunch su fitball

Foto 8b: posizione finale del crunch su fitball

Nella foto 5b possiamo osservare la fase finale dell’esercizio sit-up, il quale differisce dal crunch classico per un movimento molto più ampio: alla flessione del busto qui si abbina anche una flessione dell’anca, la quale aiuta a terminare il movimento rendendolo in sostanza completo. Restano le medesime accortezze sopra esposte per il crunch ed è un esercizio più indicato per quei soggetti già condizionati, che sanno mantenere la retroversione del bacino lungo tutto il ROM e soprattutto evitano inutili ed esteticamente poco gradevoli “rimbalzi”, figli di una muscolatura ancora non del tutto pronta per questo esercizio. È probabile che in questo caso vi sia un’attivazione maggiore dello psoas rispetto al classico crunch. Sia quest’ultimo che esercizio che il sit-up, per soggetti ovviamente avanzati, è possibile eseguirlo con un sovraccarico mantenuto tra le mani (ad esempio un kettlebell o un disco).

Allo stato dell’arte la lettura ci dice che il crunch attiva il retto dell’addome con la medesima efficacia del sit-up (Axler et al, 1997; Guimaraes et, al 1991; Juker et al, 1998), il quale tende invece a chiamare maggiormente in causa la muscolatura flessoria dell’anca. Nei soggetti neofiti, proprio per questo motivo, quantomeno all’inizio di una fase di condizionamento neuromuscolare sarebbe opportuno optare per il crunch classico. Il sit-up può essere una valida alternativa per i soggetti avanzati e con un ottimo grado di propriocezione.

Foto 9: variante crunch con arti sollevati, ginocchia e anca flesse a circa 90 gradi

Foto 9: variante crunch con arti sollevati, ginocchia e anca flesse a circa 90 gradi. Valgono le medesime accortezze descritte per gli altri esercizi sopra esposti, in questo caso la posizione degli arti può ulteriormente agevolare il mantenimento della retroversione del bacino anche se la tensione avvertita a livello dei flessori dell’anca (soprattutto nei soggetti poco condizionati) può inficiarne la corretta esecuzione; in tal caso, porre sotto le gambe un supporto il ché sgraverebbe i flessori dell’anca dal lavoro isometrico (foto 10)

Foto 10: crunch con arti inferiori sollevati e appoggiati ad una panca

Foto 10: crunch con arti inferiori sollevati e appoggiati ad una panca

Foto 11a: posizione iniziale del crunch ai cavi

Foto 11a: posizione iniziale del crunch ai cavi

Foto 11b: in questo esercizio è possibile utilizzare dei sovraccarichi

Foto 11b: in questo esercizio è possibile utilizzare dei sovraccarichi ma ciò non deve andare a discapito della corretta biomeccanica che richiede il bacino in retroversione con il tronco che si sposta verso il bacino stesso.

Foto 12: crunch laterale o obliquo

Foto 12: crunch laterale o obliquo

Il famoso crunch laterale o obliquo viene spesso eseguito per stimolare maggiormente i muscoli obliqui dell’addome. Ma è proprio così? Anche in questo caso la letteratura può aiutare a dirimere questo dubbio. Dalla lettura di alcuni studi si apprende come questo esercizio, in realtà, non differisca di molto dal crunch classico (Juker et al, 1998; Escamilla, 2006). Se proprio lo volete inserire per dare uno stimolo diverso ai vostri addominali, sappiate che non è assolutamente necessario terminare il movimento col gomito che incontra il ginocchio controlaterale. Il più delle volte, proprio per questo motivo, è il ginocchio a venire incontro al gomito; i gradi di flessione del busto, indicativamente, sono gli stessi per il crunch e la traiettoria del gomito dovrebbe essere diretta verso l’anca controlaterale.

Foto 13: variante più complessa del crunch inverso adatta ad un soggetto già ben condizionato

Foto 13: variante più complessa del crunch inverso adatta ad un soggetto già ben condizionato

Foto 14a: il plank

Foto 14a: il plank

Uno degli esercizi tornati in auge negli ultimi anni è il plank. Anche in questo caso la prerogativa è il mantenimento, per tutta la durata dell’esercizio, della retroversione con la zona lombare rettificata. Una buona esecuzione, infatti, vorrebbe spalle (abdotte), tronco e bacino sulla stessa linea evitando che la zona lombare crei una sorta di conca visibile a occhio nudo dall’esterno. Attenzione ai soggetti che avvertono dolore a livello della spalla, in quanto (per quanto venga eseguito bene) un minimo di sovraccarico è presente soprattutto nei soggetti neofiti. È un ottimo esercizio che stimola tutta la muscolatura del core, così come il side plank o plank laterale, ottimo per stimolare la muscolatura degli obliqui (in particolar modo l’esterno) e degli abduttori dell’anca. Il side plank può essere eseguito sia in contrazione isometrica sia attraverso contrazioni dinamiche, un’alternanza tra le due modalità può essere un’idea interessante. Gli addominali rispondono anch’essi ai principi della metodologia dell’allenamento, non fanno certo eccezione.

Foto 14b: plank con enfatizzazione della retroversione del bacino

Foto 14b: plank con enfatizzazione della retroversione del bacino

Foto 15: plank laterale

Foto 15: plank laterale

Foto 16: il plank al TRX

Foto 16: il plank al TRX

Nell’esecuzione del crunch classico probabilmente il muscolo meno chiamato in causa è proprio l’obliquo esterno (Escamilla, 2006), motivo per cui inserire esercizi maggiormente mirati per questo muscolo come il plank laterale, il leg raise o l’AB wheel sono opzioni da considerare con gli ultimi due indicati particolarmente anche per l’obliquo interno. Anche le varianti all’AB Wheel classico sono molto interessanti per l’attivazione dei muscoli obliqui, in particolar modo il Power Wheel pike e il Power Wheel knee-up.

Foto 17a: posizione inziale dell’esercizio denominato AB Wheel

Foto 17a: posizione inziale dell’esercizio denominato AB Wheel

Foto 17b: posizione finale dell’esercizio AB Wheel

Foto 17b: posizione finale dell’esercizio AB Wheel

Foto 17c: posizione finale errata dell’esercizio, con perdita della retroversione del bacino e chiaro aumento della lordosi lombare

Foto 17c: posizione finale errata dell’esercizio, con perdita della retroversione del bacino e chiaro aumento della lordosi lombare

Foto 18: posizione iniziale dell’esercizio denominato power wheel knee-up con l’ausilio di una fitball in sostituzione della classica rotella

Foto 18: posizione iniziale dell’esercizio denominato power wheel knee-up con l’ausilio di una fitball in sostituzione della classica rotella

Foto 19: posizione finale del power whell knee-up, con ginocchia verso il tronco e zona lombare neutra

Foto 19: posizione finale del power whell knee-up, con ginocchia verso il tronco e zona lombare neutra

Foto 20a: posizione iniziale dell’esercizio Leg raise con ginocchia flesse a circa 90 gradi e zona lombare aderente al supporto retrostante

Foto 20a: posizione iniziale dell’esercizio Leg raise con ginocchia flesse a circa 90 gradi e zona lombare aderente al supporto retrostante

Foto 20b: posizione finale del Leg raise, col bacino che si sposte verso il tronco e mantenimento della retroversione del bacino

Foto 20b: posizione finale del Leg raise, col bacino che si sposte verso il tronco e mantenimento della retroversione del bacino

Foto 20c: leg raise con arti inferiori completamente estesi, variante più complessa della precedente e adatta ad un soggetto ben condizionato

Foto 20c: leg raise con arti inferiori completamente estesi, variante più complessa della precedente e adatta ad un soggetto ben condizionato

Foto 21a: il crunch inverso con flessione delle anche e bacino in retroversione

Foto 21a: il crunch inverso con flessione delle anche e bacino in retroversione

Chiamato in causa già più di una volta, questo esercizio altro non è che il contrario (appunto) del classico crunch. Come si può osservare dalla foto in questo esercizio è il bacino che si sposta verso il torace, invertendo il punto fisso rispetto al crunch e mantenendo sempre la retroversione del bacino. Abbiamo già visto come questo esercizio non vada a stimolare in maniera settoriale la porzione bassa dell’addome, e se ben effettuato è un buon esercizio. Accompagnare gli arti verso il basso fintantoché non si stacca la zona lombare. È un ottimo esercizio in regime eccentrico per l’attivazione degli addominali, e il grado di discesa dev’essere correlato alle proprie capacità (maggiore sarà l’ampiezza della discesa, maggiore sarà il carico al quale dovranno far fronte gli addominali); massima accortezza nel non effettuare movimenti di slancio che agevolano senza dubbio il movimento ma lo rendono molto meno efficace. Il movimento di discesa potrebbe aumentare la compressione tra L4-L5, e quando questa situazione si associa ad una muscolatura addominale debole il rischio di patologie a livello lombare aumenta (Ralston, 1990). Il reverse crunch su panca inclinata di 30 gradi può essere un esercizio molto interessante soprattutto per quanto riguarda il muscolo obliquo interno (Escamilla, 2006).

Abbiamo ormai capito che durante qualunque esercizio per gli addominali i flessori dell’anca intervengono (psoas e retto femorale in primis), ma la percentuale del lavoro da loro effettuato è in relazione alla buona o cattiva esecuzione. Soprattutto per esercizi similari a quello proposto in foto l’accortezza deve essere maggiore in quanto il movimento stesso degli arti potrebbe comportare un intervento maggiore dei flessori dell’anca, in special modo per i soggetti non abituati a tali movimenti e meno “propriocettivi). Ancora una volta il focus è la retroversione del bacino, cartina tornasole della bontà esecutiva dell’esercizio.

Foto 21b: corretta esecuzione di un crunch inverso

Foto 21b: corretta esecuzione di un crunch inverso

Questo articolo è tratto dal libro Manuale di biomeccanica degli esercizi fisici.

A quali domande risponde questo articolo?

Qual è l'importanza della colonna vertebrale per un professionista del fitness?

È fondamentale che i professionisti del fitness conoscano la struttura della colonna vertebrale e le sue curve fisiologiche per proteggere l'incolumità dei clienti durante gli esercizi, soprattutto con sovraccarichi.

Come è strutturata la colonna vertebrale e quali sono le sue funzioni principali?

La colonna vertebrale è composta da 33 vertebre suddivise in 5 regioni (cervicale, dorsale, lombare, sacrale e coccigea) con 4 curve fisiologiche (lordosi cervicale, cifosi dorsale, lordosi lombare, cifosi sacro-coccigea). Sostiene il corpo, protegge il midollo spinale, consente il movimento e ammortizza le sollecitazioni.

Perché è importante mantenere le curve fisiologiche della colonna vertebrale durante l'esercizio fisico?

Mantenere le curve fisiologiche durante l'esercizio, in particolare la lordosi lombare, garantisce la stabilità e la resistenza della colonna vertebrale, riducendo il rischio di infortuni e migliorando l'efficacia del gesto motorio.

Qual è il ruolo del bacino nel mantenimento della postura corretta e come influisce sulla colonna vertebrale?

Il bacino, con la sua posizione in antiversione, contribuisce a mantenere la lordosi lombare e la corretta postura della colonna vertebrale, soprattutto durante esercizi con sovraccarichi. La retroversione del bacino, invece, può compromettere la postura e aumentare il rischio di infortuni.

Quali sono i muscoli addominali e qual è la loro funzione? Esistono esercizi specifici per l' "addome alto" e l' "addome basso"?

I muscoli addominali principali sono il retto dell'addome, gli obliqui esterni e interni e il trasverso dell'addome. La loro funzione è di supportare e proteggere i visceri, aumentare la pressione intra-addominale, flettere e stabilizzare il tronco. La distinzione tra "addome alto" e "addome basso" è errata, poiché il retto dell'addome si contrae in modo uniforme. Esercizi come crunch, sit-up, plank e leg raise stimolano tutta la muscolatura addominale.

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