L'esercizio fisico svolto con regolarità e a certi livelli, è in grado di diminuire l'incidenza di gravi patologie, riducendo la mortalità a esse legata. Per ottenere benefici sullo stato di salute non serve necessariamente iscriversi a corsi in palestre costose o effettuare grandi sforzi fisici, basterebbe semplicemente un'attività fisica di 30 minuti al giorno per 3-5 giorni alla settimana per ottenere un impatto positivo sulla salute.
Questo esercizio fisico giornaliero migliorerebbe la qualità del sonno, il dolore percepito e la capacità prestativa in anziani con patologie croniche; in sostanza, contribuirebbe a migliorare la qualità della vita anche nelle persone anziane affette da qualcuna delle numerose patologie croniche dominanti nella terza età.
Nell'adulto l'attività fisica può essere svolta sia in ambito lavorativo sia nel tempo libero. L'attività lavorativa è collegata ai lavori principali svolti nel corso della vita, inclusi quelli domestici, all'impegno fisico richiesto e alla continuità dell'attività; le attività motorie ludico/ricreative comprendono varie forme di attività, passando da quelle non impegnative a quelle di bassa intensità come camminare, ballare, fare la spesa senza macchina, ad attività d'intensità moderate come correre, nuotare, fare ginnastica, andare in bicicletta in salita.
Gli adulti valutano molto l'aspetto ricreativo, in quanto comunque ha una ricaduta sulla salute come benessere psicologico. Tra i vari obiettivi prefissati negli adulti, rientrano lo sviluppo e il mantenimento della forma fisica, la prevenzione primaria e secondaria di patologie, la promozione della salute e il controllo del peso corporeo. Vediamo adesso come l'attività fisica possa avere un'azione preventiva nei vari casi maggiormente correlabili con l'avanzare dell'età.
Per valutare gli effetti dell'attività fisica e le modificazioni delle prestazioni atletiche in relazione all'età e al tipo di attività sportiva, bisogna innanzitutto identificare una prima età adulta (creazione della famiglia e consolidamento professionale), una fase centrale e una successiva, nella quale, cresciuti i figli, la struttura familiare ritorna a essere una coppia, fino a una fase avanzata (fase del pensionamento). Naturalmente in ogni fase cambiano gli interessi principali, gli impegni e il tempo libero disponibile, oltre che le capacità fisiche e il livello medio di salute.
È risaputo che un allenamento regolare produce piccoli e grandi cambiamenti a livello della struttura e della funzione muscolare. I meccanismi sono gli stessi per tutte le età durante un allenamento specifico. L'aumento della massa muscolare dipende da un'ipertrofia delle miofibrille, stimolate maggiormente in un allenamento specifico rispetto ad uno aerobico generico. La tipologia delle fibre sembra non subire alterazioni, ma si verifica un incremento delle capacità ossidative delle fibre rapide. L'aumento della forza muscolare è definito in parte dall'aumento della massa e della resistenza muscolare; quest'ultima può essere definita come la capacità muscolare di prolungare lo sforzo nel tempo prima che l'accumulo di lattato o altri prodotti inibisca l'ossidazione e provochi la fatica muscolare.
Alcuni studi concernenti l'allenamento del potenziamento muscolare in soggetti anziani mostrano un aumento della massa, della forza e della resistenza muscolare alla fatica; d'altronde, qualsiasi adattamento all'esercizio che aumenti la forza e/o la velocità del movimento ha un effetto positivo sulla potenza muscolare. La potenza esplosiva misurata in anziani ciclisti, saltatori e sedentari ha evidenziato come i saltatori potevano generare il 66% di potenza assoluta in più rispetto ai sedentari e ai ciclisti; da ciò possiamo dedurre che solo le attività che producono una forza e una potenza elevata permettano il mantenimento della potenza esplosiva in età avanzata, al contrario delle attività di resistenza che non danno gli stessi risultati. La ridotta potenza muscolare è legata alla graduale difficoltà di svolgere attività motorie giornaliere in età avanzata; nonostante questo i migliori risultati per il recupero di potenza si ottengono affiancando l'allenamento dei gruppi muscolari interessati ad un allenamento specifico nella pratica delle singole attività.
Anche per un'elasticità tendinea e legamentosa, coloro che si conservano meglio sono gli atleti anziani invece degli anziani sedentari; la componente tendinea, capsulare e legamentosa, inoltre, sembrano dare blanda risposta a un allenamento svolto in età avanzata a differenza della componente muscolo fasciale che risponde in modo significativo. È noto che gli atleti hanno una densità ossea generalmente superiore ai soggetti sedentari.
Un'azione positiva sulla densità ossea nelle donne è resa evidente grazie a programmi di esercizio aerobico. Dalla IV decade, nella donna, il collo femorale di colei che cammina abitualmente ha una densità ossea equivalente a quella di una donna sedentaria più giovane di 4 anni. Una sollecitazione ossea è fatta anche attraverso esercizi di sollevamento pesi durante un allenamento alla forza. Naturalmente il vantaggio ottenuto sulla densità ossea con i programmi di attività fisica è reversibile se l'attività è interrotta o effettuata con minor frequenza. Allo stesso modo, un abuso di attività fisica provoca degli svantaggi producendo una riduzione della densità ossea, per motivi non ancora definiti.
L'attività fisica, quindi, interferisce sulle alterazioni della funzione dell'apparato locomotore legate all'invecchiamento attraverso:
Le patologie articolari sono molto comuni e interessano quasi il 30% della popolazione di entrambi i sessi e di tutte le età, anche se sono più frequenti negli anziani. Le forme più comuni sono quelle degenerative e infiammatorie come l'artrosi e l'artrite reumatoide. Queste patologie provocano disturbi a carico dell'apparato locomotore e dei tessuti connettivi dell'organismo.
Dopo i 75 anni, le patologie articolari interessano maggiormente le donne rispetto agli uomini con un rapporto di 1:41. Sono al secondo posto nelle patologie croniche dopo le malattie cardiovascolari e sono caratterizzate da dolori articolari e limitazioni del movimento che influiscono su una completa autonomia e sulla qualità di vita; l'invecchiamento fisiologico, invece, comporta una certa perdita di flessibilità articolare tale da non compromettere le attività quotidiane.
Fino a pochi anni fa era sconsigliata qualsiasi forma di attività sportiva e spesso anche un'attività fisica lieve in quanto si pensava che le articolazioni affette da queste patologie degenerative o infiammatorie dovessero rimanere a riposo per limitarne il deterioramento. In realtà tutto ciò provoca un incremento della riduzione della massa ossea e di quella muscolare, una rapida diminuzione di forza, di flessibilità e di equilibrio. L'esercizio fisico regolare e giustamente condotto, invece, rafforza le articolazioni, diminuisce la perdita di osso e può essere utile alla sintomatologia dolorosa. Oggi ai soggetti con patologia non acuta si consiglia di praticare attività fisica; nelle prime fasi della malattia è possibile svolgere anche un'attività sportiva regolare, con eventuali modifiche; nelle fasi acute l'attività deve essere interrotta. Nelle varie fasi è consigliata un'attività aerobica, apportando delle modifiche per ridurre il rischio di trauma come evitare il contatto fisico, le attività basate sulla velocità e sulla potenza, movimenti bruschi e contrazioni eccentriche.
Tutte le malattie reumatiche infiammatorie possono esordire nell'infanzia o più tardi, anche in età avanzata. Nell'artrite reumatoide, infiammazione reumatica che esordisce in età avanzata, oltre alle piccole articolazioni delle mani e dei piedi, frequente è l'interessamento delle grandi articolazioni delle spalle, ginocchia e colonna vertebrale. I sintomi prevedono rigidità mattutina, iperestesia (dolori che nascono nelle articolazioni colpite quando si muovono), rigonfiamenti articolari, presenza di noduli sottocutanei, specifici test di laboratorio positivi. Movimenti quotidiani come camminare, salire le scale o usare gli utensili di cucina possono diventare difficoltosi; la forza dei muscoli appartenente alle articolazioni colpite diminuisce, come anche la capacità aerobica.
L'artrite reumatoide, quindi, è causa di un incremento di disabilità e secondo l'America Rheumatoid Association si può classificare in 4 classi:
L'esercizio fisico e quello mirato rappresentano un aspetto molto importante nel trattamento del paziente di qualsiasi età e in ogni fase. In età avanzata per di più il rischio degli effetti collaterali da farmaci incrementa e quindi aumenta la necessità d'intervento non farmacologico sul dolore e sulla perdita di funzione. I pazienti appartenenti alla classe I possono eseguire la maggior parte degli esercizi tenendo conto che alcune attività pesanti come correre e saltare, poiché espongono le articolazioni a pesanti sollecitazioni, vanno escluse per non aggravare le lesioni reumatiche. I pazienti della classe II e III devono limitare l'attività al semplice camminare, mentre quelli della classe IV possono svolgere esercizi fisici individualizzati come l'idroterapia che risulta molto utile. Per quanto riguarda le malattie degenerative ricordiamo l'osteoartrite, l'artrosi, l'osteoporosi.
L'osteoartrite è la malattia osteoarticolare degenerativa più diffusa nel mondo. L'osteoartrite interessa in particolare le articolazioni delle anche e delle ginocchia che sostengono il peso corporeo. È rappresentata da una degenerazione progressiva delle cartilagini articolari, da un ispessimento delle estremità ossee subcondriali e da neoformazione ossea ai margini articolari. È una malattia che si verifica nei pazienti con 75 anni d'età e grazie all'attività fisica si possono notare benefici sostanziali anche in quei pazienti che hanno una o più protesi.
Si possono compiere diverse attività utili nell'osteoartrite; gli effetti prevedono una riduzione del dolore, delle rigidità articolari e della complessiva disabilità ai movimenti, migliorando la deambulazione, lo svolgimento delle attività quotidiane, la forza muscolare e la capacità aerobica.
L'artrosi è una patologia che interessa le superfici articolari ed è caratterizzata dalla rapida perdita delle cartilagini articolari con successiva limitazione funzionale e dolore. Prima l'artrosi era considerata una conseguenza dell'invecchiamento, una modificazione negativa dei processi di rimodellamento a carico tessuti articolari. Oggi quest'affermazione è inefficace in quanto sì l'invecchiamento comporta processi di deterioramento, però è anche vero che questi processi non portano inevitabilmente alla comparsa dell'artrosi, per cui possiamo solo affermare che con gli anni si ha un aumento di patologie che possono stimolare fenomeni artrosici.
Non sempre il limite funzionale e il dolore sono presenti allo stesso modo. Ci possono essere situazioni in cui la funzione articolare è ancora ben conservata e il dolore è significativo, oppure non avere dolore o averne in modesta entità e avere gravi limitazioni funzionali. Nell'artrosi distinguiamo una forma primaria (dove le articolazioni interessate sono la colonna vertebrale, l'anca, il ginocchio e le mani) e una forma secondaria (evidente quando fattori esterni alla cartilagine possono essere indicati come causa di patologia) in rapporto ad attività lavorative o sportive che gravano su un determinato distretto articolare oppure in seguito a patologia.
L'attività sportiva ad alta intensità che prevede un sovraccarico articolare, può predisporre ad artrosi localizzata (traumi, fratture), mentre l'attività fisica regolare a intensità bassa o moderata diminuisce il rischio di obesità e previene l'artrosi: il movimento delle articolazioni, infatti, ne favorisce il trofismo. Gli esercizi a impatto moderato provocano un rischio minimo di danno articolare e comportano benefici sul dolore e sulla disabilità del paziente che presenta questa patologia.
L'osteoporosi è una riduzione della massa ossea, trabecolare e corticale, diffusa o localizzata, che deriva da uno squilibrio tra l'attività osteoclastica (processi di riassorbimento) e l'attività osteoblastica (processi di costruzione di nuovo tessuto osseo). È molto diffusa nelle donne e può insorgere come condizione patologica primitiva (post-menopausale e senile) o come manifestazione secondaria di altre patologie.
I fattori di rischio più noti sono l'età, il genere femminile, la menopausa precoce e la magrezza, tutti legati alle modificazioni dei livelli ormonali; anche il fumo e il consumo di alcool rappresentano un fattore di rischio per l'osteoporosi. Un altro importante fattore di rischio è la sedentarietà, perché assente la sollecitazione dell'osso per scarso movimento e, indirettamente, per le alterazioni ormonali dovute alla sarcopenia (perdita progressiva della forza e della massa muscolare - per approfondimenti vedi anche Protocollo operativo per combattere la sarcopenia). È risaputo anche che l'attività sportiva a elevata intensità provoca un maggior rischio di osteoporosi, così come numerosi studi documentano che il riposo a letto prolungato determina una scomparsa uniforme di calcio e di minerali delle ossa durante il periodo d'immobilità.
Per quanto riguarda l'aspetto preventivo nell'osteoporosi bisogna parlare di prevenzione a "lungo termine" in quanto esistono evidenze scientifiche che provano come l'attività sportiva praticata in età pre - puberale, abbia un valore significativo nel conseguimento di una maggiore densità ossea, a condizione che l'attività praticata preveda l'impatto al suolo. Tuttavia, l'aumento della densità ossea risulta evidente solo a livello dei distretti scheletrici coinvolti nell'attività sportiva svolta. L'attività fisica in generale, e in particolare quella sportiva, non solo possono e devono inevitabilmente rappresentare una parte fondamentale di una strategia che affronti il problema osteoporotico una volta noto ma, se praticate intensamente in età giovanile, possono costituire una vera strategia preventiva.
Un'attività che aumenti il lavoro meccanico sullo scheletro ha un'azione preventiva e ritardataria sulla progressione della perdita di massa ossea anche in età avanzata. Alcuni dati consigliano anche che il miglioramento dell'equilibrio e l'aumento della massa muscolare tramite un esercizio specifico rappresentano ulteriori fattori di protezione riguardo al rischio di fratture patologiche a seguito di cadute. È dimostrato che gli effetti positivi dell'attività fisica permangono solo se questa rimane costante nel tempo: per questo un programma specifico di esercizi non è adeguato se non si unisce alla rieducazione funzionale globale e a un cambiamento permanente dello stile di vita del soggetto.
Inoltre, è comprovato che l'attività fisica ha un effetto benefico sulle funzioni neuromuscolari e questo contribuisce a migliorare la forza, l'equilibrio e il coordinamento dei movimenti con successiva diminuzione del rischio di cadute e fratture.
L'attività fisica si pone due obiettivi fondamentali nell'osteoporosi:
È opportuno ricordare che un qualsiasi programma di attività fisica deve essere strutturato sulla base di questionari informativi riguardanti la preparazione individuale in entrata e deve prevedere attività di monitoraggio in itinere e in uscita attraverso degli indicatori prestabiliti (vedi anche De Pascalis La valutazione dello stato di forma del cliente.