Muscoli, atrofia, sarcopenia - muscolo scheletrico - seconda parte

Di Alice Arizza

Il meccanismo energetico della contrazione muscolare, asse e fibre muscolari, attività di endurance.

Meccanismo energetico della contrazione muscolare

Quando un muscolo si contrae, viene compiuto un lavoro per il quale è richiesta una gran quantità di energia. Il lavoro viene svolto qualunque sia la funzione per cui il muscolo è predisposto a contrarsi: mantenimento della postura in posizione ortostatica, lavoro fine delle dita di un artigiano, spinta in alto di un saltatore etc. Durante il processo della contrazione una gran quantità di ATP viene idrolizzata a formare ADP; inoltre possiamo dire subito che maggiore è la quantità di lavoro richiesto, maggiore sarà la quantità di ATP idrolizzato, fenomeno che viene chiamato "effetto Fenn". Il meccanismo della contrazione avviene secondo una serie consecutiva di fasi che accadono in successione, in frangenti temporali pari a qualche millisecondo.

  • Prima che inizi la contrazione, le teste dei ponti trasversali legano l'ATP. L'attività ATPasica della testa della miosina immediatamente idrolizza l'ATP, ma i prodotti dell'idrolisi, cioè ADP + Pi (fosfato libero) rimangono legati alla testa. In questo stato, la testa si estende verso l'esterno del fascio, quindi perpendicolarmente ad esso, rendendosi visibile, verso il filamento di actina, ma non si lega ancora con esso.
  • Il legame degli ioni calcio al complesso Troponina-Tropomiosina (in particolar modo alla subunità C della Troponina) determina un cambiamento conformazionale del filamento sottile con conseguente esposizione dei siti attivi sul filamento di actina così che possa avvenire il legame tra teste miosiniche e siti di legame actinici.
  • Il legame tra sito attivo actinico e ponte trasversale miosinico induce un ulteriore cambiamento conformazionale, stavolta però nel filamento spesso, che flette le proprie teste verso il braccio del ponte trasversale. Questo meccanismo rappresenta il così detto "colpo di forza" necessario per tirare il filamento di actina. L'energia necessaria per il colpo di forza è quella che era stata prodotta come conseguenza della scissione dell'ATP in ADP + Pi e immagazzinata nelle teste della miosina, caricate come una molla.
  • Una volta che la testa del ponte trasversale si è flessa, trascinando verso l'interno del sarcomero il filamento sottile, l'ADP + Pi che erano ancora legati alla testa, vengono rilasciati e nel sito di legame si dispone immediatamente un nuovo ATP prodotto dai mitocondri del sarcoplasma. Questo legame tra ATP e sito di legame dell'actina provoca l'immediato rilascio del filamento sottile da parte delle teste della miosina, che rimane nella posizione in cui viene lasciato.
  • Dopo che la testa si è separata dal filamento sottile ottenendo un legame con un nuovo ATP, idrolizza grazie alla sua attività ATPasica quest'ultimo cosi da tornare nella posizione perpendicolare al fascio miosinico in cerca di nuovi siti di legame lasciati scoperti nell'actina, a cui legarsi. In questo modo può cominciare nuovamente il ciclo della contrazione facendo progredire ulteriormente il filamento sottile verso il centro del sarcomero ed aumentando cosi lo stato di contrazione del sarcomero stesso.

Considerando che questo processo viene svolto in ogni sarcomero di ogni miofibrilla di ogni fibra muscolare, e che ciascun muscolo possiede centinaia di fibre muscolari, è facile immaginare che l'accorciamento contemporaneo di tutti i sarcomeri appartenenti allo stesso muscolo, provoca come conseguenza diretta, l'accorciamento, e quindi la contrazione, del muscolo stesso.

In base all'espressione di specifiche isoforme delle catene pesanti della miosina (MyHC), le miofibre sono classificate in: tipo 1, tipo 2A, e tipo 2B.

Le fibre di Tipo 1 sono chiamate anche fibre rosse, fibre lente, slow twicht (ST) o ad ossidazione lenta. Esse sono caratterizzate da un metabolismo prevalentemente ossidativo, da un'alta resistenza alla fatica e da una lenta velocità di contrazione; inoltre da un elevato contenuto in mitocondri, maggiori nel numero e nelle dimensioni rispetto a quelli presenti negli altri tipi di miofibrille. Questi organuli sono collocati alla periferia della cellula (o della fibra muscolare che dir si voglia) per garantire un alto apporto di ossigeno e nutrienti dai capillari sanguigni. Il caratteristico colore rosso è dovuto all'alta presenza di mioglobina, una proteina incaricata di legare l'ossigeno e il ferro. Queste fibre sono quindi dotate di una maggiore irrorazione capillare. Tali cellule sono meglio adatte al metabolismo ossidativo del glucosio e traggono energia dal processo di fosforilazione ossidativa utilizzando allo stesso modo substrati glucidici (glucosio) e lipidici (trigliceridi/acidi grassi). Le fibre rosse contengono meno enzimi adenosin-trifosfatasi (ATPasi), pertanto idrolizzano l'ATP più lentamente. Il loro diametro è generalmente inferiore rispetto alle fibre rapide, e sono raggruppate in maggior numero all'interno di un'unità motoria, rispetto alle bianche. Tali fibre sono collegate ai motoneuroni alfa (cellule nervose deputate all'invio degli impulsi nervosi verso le fibre muscolari) di tipo tonico, quindi a livello di prestazioni fisiche, hanno una risposta dello stimolo nervoso lenta e a bassa frequenza (5-25 hertz), in grado di trasmettere impulsi nervosi più sostenuti nel tempo ma a bassi picchi di tensione, favorendo contrazioni più durature e di bassa intensità. Le fibre rosse sono dunque adatte al lavoro lento e di durata, mostrano una grande tolleranza alla fatica, una capacità di rimanere a lungo in contrazione, ed intervengono nell'attività di endurance, e nel caso di sforzi intensi e protratti nel tempo. La loro distribuzione è maggiore nei muscoli deputati al mantenimento della postura eretta (i muscoli posturali, che devono rimanere contratti per ore per il mantenimento della postura stessa), o in muscoli che eseguono per natura movimenti lenti e ripetitivi. La fibra rossa è maggiormente presente e sviluppata negli atleti di endurance come corridori, maratoneti, ciclisti su strada, o altri atleti impegnati in discipline sportive di durata.

Le catene pesanti della miosina (MHC), così come le catene leggere (MLC) essenziali e regolatorie, sono codificate da una famiglia di multigeni e comprendono pertanto diverse isoforme. Varie combinazioni di queste subunità danno luogo ad un ampio numero di isomiosine. Il segreto della straordinaria capacità della miosina di rispondere a richieste funzionali molto diverse tra loro risiede proprio nell'esistenza di isoforme multiple di MHC ed MLC. Sebbene sia possibile la co-espressione di due o più geni MHC e sia anche frequente durante lo sviluppo o i cambiamenti nei pattern di attività, secondo la regola generale ciascuna cellula esprime solo un gene MHC associato a due geni MLC. Ciò crea una popolazione eterogenea di fibre muscolari, ciascuna contenente una specifica combinazione di isoforme MHC ed MLC Tuttavia l'esistenza di fibre ibride contenenti differenti isoforme proteiche miofibrillari è abbastanza frequente e potrebbe invece rappresentare la regola piuttosto che l'eccezione: multiple isoforme delle MHC sono regolarmente coespresse durante lo sviluppo, durante le trasformazioni indotte da stimolazioni elettriche, e durante cambiamenti nello stato ormonale e nell'attività fisica.

La co-espressione di differenti isoforme MHC di tipo fast rappresenta una condizione stabile nel muscolo maturo umano, come determinato da analisi a livello proteico e di mRNA. Anche la coesistenza di isoforme slow e fast può essere osservata nei normali muscoli, e la proporzione relativa delle MHC fast verso le slow potrebbe variare indipendentemente dalle variazioni delle isoforme MLC. Poiché la diversità di isoforme è associata ad una diversità funzionale, il continuum del fenotipo molecolare potrebbe dar luogo ad un continuum delle proprietà funzionali. Queste condizioni offrono la possibilità di studiare gli aspetti della trasduzione chimico-meccanica di diverse isoforme semplicemente analizzando il comportamento di singole fibre muscolari. Nelle fibre del muscolo scheletrico, la proporzione delle diverse isoforme della miosina è il principale determinante della prestazione contrattile e da essa dipendono parametri come la velocità massima di contrazione (Vo o Vmax) che indica la velocità alla quale la fibra si accorcia quando non viene applicato nessun carico, la forza isometrica (Po) determinata, secondo la teoria del cross-bridges, dal numero (per unità di cross-sectional area) di ponti actino-miosinici presenti ad un dato tempo moltiplicati per la forza sviluppata da un singolo cross-bridge (Schiaffino and Reggiani, 1996), la potenza massima (Wmax), la spesa energetica in termini di consumo di ATP durante la contrazione. Per questa ragione la correlazione fra l'espressione delle diverse isoforme della miosina e le prestazioni contrattili della fibra muscolare è stata oggetto di diversi studi data la sua rilevanza nelle neuroscienze, in gerontologia o nella medicina e fisiologia dello sport (Bottinelli e Reggiani 2000).

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Nel genoma umano come in quello di tutti i mammiferi sono stati individuati nove geni che codificano per le MHC sarcomeriche di classe II. I geni MHC sono distribuiti in due clusters principali: il primo contiene i geni MHC-ß/slow ed MHC-a ed è localizzato nell'uomo sul cromosoma 14; il secondo cluster comprende i geni MHC-emb, MHC-neo, MHC-eo e geni 11 delle tre MHC fast adulte ed è localizzato sul cromosoma 17. Queste isoforme sono state caratterizzate sia a livello proteico che di mRNA. Quattro geni codificano per le isoforme MHC 1 o ß-slow, MHC 2A, MHC 2X e MHC 2B, predominanti nel muscolo scheletrico adulto in differenti specie di mammiferi, ed espresse nelle fibre muscolari degli arti e del tronco. Tra queste MHC 1 o ß-slow è anche espressa a livello del miocardio ventricolare. Le proporzioni relative con le quali si presentano queste isoforme variano da muscolo a muscolo, sulla base della funzione e della posizione dello stesso (per esempio negli arti inferiori è maggiormente espressa l'isoforma MHC 1 seguita dall'MHC 2A mentre sono rare le fibre MHC 2X; negli arti superiori le isoforme 2A e 2X sono relativamente più espresse). L'isoforma MHC 2B generalmente non è espressa nei muscoli scheletrici umani. Altri due geni codificano per le isoforme MHC-emb e MHC-neo che sono espresse solamente durante lo sviluppo, nella vita adulta soltanto durante la rigenerazione e, in alcune specie, nei muscoli masticatori. Le restanti tre isoforme presentano una distribuzione tissutale limitata: MHC-a è espressa nel cuore e in alcune specie nei muscoli mandibolari; MHC-eo nei muscoli extraoculari e della laringe ed infine l'isoforma MHC-m nei muscoli mandibolari dei carnivori e primati non umani (Reggiani and Mascarello, 2004). Le sequenze amminoacidiche delle catene pesanti delle miosine sarcomeriche presentano una elevata omologia, tuttavia contengono delle regioni, quali il COOH-terminale e la sequenza ad a-elica nella regione del neck, le cui sequenze divergono significativamente.

A livello della testa della miosina ci sono due loops di superficie localizzati in prossimità del sito di legame con l'ATP e con l'actina che sono scarsamente conservati in lunghezza e in sequenza amminoacidica e ciò potrebbe essere rilevante per la determinazione dell'attività ATPasica e della velocità di accorciamento della molecola di miosina. Durante la vita embrionale e neonatale o durante i processi rigenerativi le fibre esprimono MyHC di tipo embrionale neonatale, che vengono sostituite poi da quelle di tipo adulto. Oltre alla isoforma delle MyHC le fibre muscolari possono esprimere diverse isoforme di proteine miofibrillari, come le catene leggere della miosina, la troponina C, troponina T, la troponina I e la tropomiosina. Tra i fattori che influenzano l'espressione genica delle fibre e quindi la prestazione contrattile, il più importante e più noto è rappresentato dalla frequenza e dalla durata della stimolazione elettrica del motoneurone. L'attività, infatti, prolungata e a bassa frequenza (10-20 Hz) promuove un fenotipo lento, mentre scariche di breve durata ad alta frequenza (100-150 Hz) favoriscono un fenotipo rapido. La diversa composizione in fibre permette ai diversi muscoli di fornire prestazioni motorie differenti, in termini di forza, velocità e durata. Le proprietà delle fibre muscolari non sono tuttavia stabili, ma possono essere modificate attraverso un processo che viene definito "plasticità muscolare".

Il muscolo scheletrico infatti risponde, ad esempio all'esercizio o al disuso, rimodellando lo stato biochimico, morfologico, e fisiologico delle singole miofibrille adattandosi, quindi alle nuove esigenze dell'organismo. Le risposte adattative implicano l'attivazione di vie di segnale intracellulari e una conseguente ri-programmazione genetica, che porta ad alterazioni delle proprietà contrattili, dello stato metabolico e della massa muscolare.

Le fibre muscolari notoriamente sono larghe cellule multinucleate. Ogni mionucleo controlla un certo volume di citoplasma conosciuto come nuclear domain ed a lungo è stato sostenuto che cambiamenti nell'ampiezza delle fibre dovrebbero verificarsi con un proporzionale cambiamento nel numero dei mionuclei in modo da mantenere il nuclear domain costante (Hall ZW and Ralston E. 1989). Studi precedenti, principalmente su roditori, basati sulla istologia convenzionale di sezioni di muscolo osservati al miscoscopio, hanno rilevato che con l'ipertrofia muscolare il numero di mionuclei aumenta attraverso la donazione di nuclei dalle cellule satelliti mentre il numero di mionuclei diminuisce durante l'apoptosi (Gundersen K and Bruusgaard JC. 2008).

A stretto contatto con le fibre muscolari ci sono le cellule satelliti, ovvero cellule staminali in grado di generare nuovo tessuto muscolare qualora avvenga una lesione muscolare. Questo processo di rigenerazione del muscolo è caratterizzato dalla comparsa di mionuclei centrali anziché in posizione periferica. In caso di danno muscolare s'instaurano fenomeni di degenerazione e rigenerazione, visibili sotto forma di alterazioni istologiche caratteristiche, come agglomerati di fibre necrotiche, aree con infiltrazione di macrofagi, notevoli variazione del diametro delle fibre e dei nuclei centrali (Kasper et al., 1990). Infine, le lamine basali del muscolo scheletrico assumono struttura e funzioni molto specializzate in corrispondenza delle giunzioni miotendinee e delle sinapsi neuromuscolari, concorrendo attivamente a determinare la funzionalità di queste strutture.

La massa muscolare, come quella di altri tessuti, dipende dal turnover (degradazione e rigenerazione) delle proteine e delle cellule. Negli adulti, la massa e la performance muscolare, si adattano a condizioni fisiopatologiche attraverso l'attivazione di vie di segnalazione intracellulari multipli che regolano tale turnover (Sartorelli e Fulco, 2004). In termini di rigenerazione muscolare, un ruolo importante hanno le cellule satellite, una popolazione indifferenziata di cellule miogene, localizzate tra la lamina basale e la membrana plasmatica delle fibre muscolari. Benché queste cellule abbiano un ruolo maggiore nella crescita postnatale dei muscoli, studi recenti hanno proposto l'idea che le cellule satelliti siano richieste anche per il mantenimento della massa muscolare e per l'ipertrofia nell'età adulta (McCarthy et al.,2011; Sartori et al., 2009). I muscoli, inoltre, sono le riserve di proteine più estese del corpo e sono una fonte di aminoacidi che possono essere usati, da parte di vari organi (inclusi il cuore, il fegato e il cervello), per la produzione di energia sia nei periodi catabolici che nel corso di alcune patologie. In disordini sistemici quali, cancro, diabete, sepsi e scompenso cardiaco, ma anche nell' AIDS e nelle ustioni gravi, i muscoli rappresentano una fonte di "nutrimento" importante, e una perdita eccessiva della massa muscolare può peggiorare il decorso di tali patologie.

Un'eccessiva degradazione delle proteine nel muscolo scheletrico, con conseguente perdita muscolare (cachessia), è altamente deleteria per l'economia del corpo umano e aumenta la morbilità e la mortalità. Una perdita della massa muscolare si verifica anche durante l'invecchiamento (sarcopenia). La salute dei muscoli, quindi, è cruciale per prevenire i disordini metabolici, per garantire un invecchiamento in salute e per fornire energia agli organi vitali durante condizioni di stress. In molte condizioni patologiche, comprese le miopatie e distrofie muscolari, una perdita eccessiva della massa muscolare è indicatore di una cattiva prognosi e può compromettere l'efficacia di molti trattamenti terapeutici.

La riduzione, in condizioni sia fisiologiche che patologiche, del volume di tessuti o di organi a seguito della diminuzione del volume delle singole cellule o della sostanza intercellulare è definita: atrofia.

Voci glossario

Aminoacidi ATP Cellula Fibre Fibre rosse Forza Fosforilazione ossidativa Glucosio Metabolismo Miofibrille Mitocondri Ossidazione Ossigeno