Sulla base dei bisogni e del ritardo di Giorgio, è stato possibile articolare delle attività riabilitative che hanno come obiettivo lo sviluppo della motricità fino-motoria e quindi anche della coordinazione oculo-manuale e della prensione.
Al mio primo incontro con Giorgio, lo stesso ha mostrato un atteggiamento diffidente e non proprio positivo nei miei confronti: sviava al mio sguardo, se gli parlavo volgeva la testa da un'altra parte e, in generale, appena mi vedeva nascondeva il viso. Così è stato per le prime due settimane. Alla terza settimana il suo atteggiamento è totalmente cambiato, nel senso che interagiva con me senza problemi e addirittura a volte per eseguire gli esercizi dava la mano a me anziché alla psicomotricista.
Il Piano Riabilitativo Individualizzato, stilato precedentemente al mio arrivo, prevedeva attività differenziate in tutte le aree di apprendimento. Tali attività hanno come obiettivo l'acquisizione o il potenziamento delle varie competenze e prevedono l'utilizzo di materiale specifico di recupero: giochi con le forme in 3D, puzzle, percorsi di filo di ferro su cui far scorrere delle palline infilate (tipo pallottoliere), palline di gomma di varia dimensione e superficie, cerchi di plastica, ostacoli, tappeto morbido.
Le prime attività sono state dedicate all'esplorazione dell'ambiente e degli oggetti; sono stati presentati stimoli sensoriali e giochi di ritmo con la musica; attività ludiche in palestra e denominazione delle varie parti del corpo allo specchio; ancora stimolazioni, motorie e propriocettive, sul tappetino; e spostamenti del proprio corpo, a destra, a sinistra, in avanti e indietro aiutando anche a sviluppare il concetto di lateralità e, nello specifico, la discriminazione tra parte destra e sinistra del corpo.
La terapia si è svolta nella palestra dell'associazione o nella stanza della psicomotricista.
Gli obiettivi specifici stabiliti sono stati quelli di:
Durante il mio tirocinio, per il raggiungimento di questi obiettivi sono stati effettuati esercizi di rinforzo muscolare e coordinazione, quali:
Per esercitare la motricità fine, sono state proposte attività per rinforzare la muscolatura e stimolare la coordinazione bimanuale:
Nell'atto di salire e scendere le scale (Fig. 10), Giorgio non presentava l'automatizzazione della flessione della gamba, ma si appoggiava con il capo alla psicomotricista e con la gamba tesa, esclusivamente la destra, saliva o scendeva i gradini.
L'unico gioco con la palla che prediligeva, era tirare calci "correndo" per il corridoio, con l'operatrice che lo sosteneva da dietro.
I percorsi ad ostacoli venivano effettuati tramite la pedana parallela (Fig. 11) con sbarre (ostacoli) di diversa altezza e anche in questa attività, Giorgio utilizzava esclusivamente la gamba destra e solo su richiesta la sinistra. In sostituzione, i percorsi erano caratterizzati da birilli alternati a cuscinetti riempiti di sabbia o tavolette con bolle (Fig. 12).
Tutte queste attività venivano, la maggior parte delle volte, effettuate da Giorgio in lacrime.
Tuttavia, va detto che il bambino utilizza calzature con forti rigidi posteriori e plantare fisiologico per dare stabilità all'articolazione tibio-tarsica e sostegno alla volta plantare.
Invece, le attività con chiodini, colori a dita, gli incastri in legno e le costruzioni (Figg. 13 – 14 – 15 - 16) venivano svolte con entusiasmo e sono stati utili anche a far sviluppare i concetti topologici di "dentro" e "fuori", "grande" e "piccolo" e la discriminazione cromatica; tuttavia non sono mancati i casi in cui il bambino rifiutava di svolgere anche queste attività.
Inoltre, la terapia riabilitativa si è servita delle palle sensoriali (Fig. 17) e del pallone di Bobath (Fig. 18).
La palla sensoriale è dotata di rilievi sulla superficie per la stimolazione attiva e passiva del corpo, al fine di favorire la sensibilità tattile. Giorgio era infastidito dal contatto con i rilievi, caratteristici di queste palle, e cercava di togliere la palla all'operatrice e buttarla lontano. Nell'ultimo periodo però ha mostrato un certo piacere, scaturito dai massaggi effettuati, dalla psicomotricista, con questi oggetti, ma per brevi minuti; se i massaggi si prolungavano per più di quattro o cinque minuti cominciava a singhiozzare.
Mentre, il pallone di Bobath viene utilizzato per migliorare equilibrio, propriocettività e posizione del corpo nelle tre dimensioni dello spazio. In questa "attività-gioco" il bambino ha mostrato, e tutt'oggi mostra, la sua paura e appena la vede scoppia in lacrime soprattutto nei movimenti circolatori o a "8" che la psicomotricista gli fa effettuare.
Ogni tanto sono stati effettuati anche esercizi con trampoli (Fig. 19): coppia di zoccoli in plastica colorata con guarnizioni in gomma antiscivolo e robusti "manici" in corda, che permettono al bambino di muoversi coordinando il movimento del braccio con quello della gamba.
Infine, uno strumento molto utilizzato dalla psicomotricista era la piscina di palline (Fig. 20). La massa delle palline, tutte colorate, si presenta come un miscuglio che risulta costituito dalle palline e dall'aria che occupa gli spazi vuoti tra le stesse. In definitiva, si tratta di un "mezzo" discontinuo e relativamente poco compatto, le cui componenti principali, le palline, sono in uno stato di relativa "instabilità gravitazionale", nel senso che possono facilmente mobilizzarsi scivolando le une sulle altre. Inoltre, il miscuglio risulta opaco, cioè non consente alla luce di attraversarlo. Le suddette caratteristiche determinano, in ampia misura, la specificità della "immersione" che vi si può realizzare. La discontinuità del miscuglio fa sì che la stimolazione sia puntuale e discontinua, nel senso che si avrà stimolazione solo nei punti della superficie corporea che verranno in contatto con le palline. È evidente la differenza con l'immersione nell'aria e nell'acqua, mezzi omogenei e più compatti nei quali l'immersione comporta una stimolazione omogenea e continua della superficie corporea immersa.
La variabilità delle localizzazioni e delle intensità delle stimolazioni sono poi amplificate a dismisura dalla varietà delle posture possibili e dai movimenti che il soggetto compie nella piscina. Tutto ciò fa sì che la semplice immersione diventi una ottima opportunità per avviare un lavoro educativo centrato, in termini di obiettivi, sulla consapevolezza e sulla conoscenza del corpo, proprio in quanto fornisce un flusso di dati sensoriali tali da sostenere processi percettivi adeguati allo scopo. È noto, infatti, che quanto più il dato sensoriale tende alla omogeneità e alla costanza, tanto più esso si troverà collocato, nel processo di elaborazione dei dati sensoriali, come elemento di sfondo. Ci pare che tale possibilità offerta da questo strumento riabilitativo sia da valorizzare nel caso di Giorgio, dove la mancanza della consapevolezza dell'esistenza di alcune parti del corpo è fortemente supportata dalla monotonia del dato sensoriale.
Un'altra importante peculiarità della piscina di palline riguarda le condizioni che al suo interno si determinano per l'assunzione, il mantenimento e il cambiamento di posture. Il miscuglio di aria e palline, a differenza dei fluidi, offre un sostegno, sia pure parziale, che facilita l'assunzione e, a certe condizioni, il mantenimento di diverse posture. Ciò vale soprattutto per i soggetti senza rilevanti deficit motori e, in particolare, anche per i soggetti con limitazioni motorie di varia entità.
L'opacità di questo strumento riabilitativo, infine, consente di dar vita ad una serie di attività e giochi che ruotano attorno alla scomparsa/ricomparsa di parti del proprio corpo, del corpo dell'altro, di oggetti: semplici giochi di imitazione o di esecuzione su invito verbale comportanti l'immersione e/o l'emersione di una qualche parte del corpo, il riconoscimento e poi la ricerca, su base tattile, di una parte del corpo (propria o altrui) immersa, il riconoscimento e la ricerca di oggetti introdotti nella piscina e immersi tra le palline.
Dal punto di vista motivazionale e relazionale, l'assetto che generalmente si realizza nella piscina è dei migliori: il movimento si inserisce come elemento spontaneo in un tessuto relazionale improntato alla dimensione ludica e perciò di per sé molto stimolante.
Le palline offrono una resistenza maggiore dell'aria e dell'acqua. Ciò implica un maggiore impegno muscolare per mobilizzare un segmento corporeo immerso o per spostare il corpo in immersione: tale aspetto dell'attività motoria svolta nella piscina può risultare utile ogniqualvolta sia necessario contrastare una tendenza all'ipotonia.
La rumorosità delle palline, invece, introduce, in stretto collegamento con il movimento, un elemento sonoro che costituisce un effetto positivo: si vengono a creare così le condizioni per un vero e proprio feedback uditivo utilizzabile, tra l'altro, come spunto per giochi corporei e attività di rilassamento incentrati sulla opposizione movimento/immobilità e su quella rumore/silenzio ad essa correlata.
Non è da sottovalutare, tuttavia, il ruolo giocato dalle palline in quanto oggetto ludico immediato. La pallina è un giocattolo presente ben presto nell'esperienza dei bambini. Le dimensioni delle palline e le caratteristiche legate alla materia utilizzata, la plastica, ne fanno un oggetto privilegiato per un'intensa e spontanea attività manipolatoria: la pallina può essere afferrata con una sola mano (anche dai più piccoli), compressa entro un certo limite, la si può lasciar cadere e poi riprendere, la si può lanciare. La superficie liscia rende piacevole la manipolazione ma anche altre modalità di approccio e di esplorazione: spesso i più piccoli portano alla bocca e ciucciano le palline, oppure le battono sul capo o su altre parti del corpo.
Un'utilizzazione abbastanza immediata è costituita da giochi che implicano il lanciare, dallo scambio a diverse forme di tiro al bersaglio, che Giorgio effettuava ben volentieri al contrario della piscina che una volta dentro scoppiava in lacrime costringendo, ad un certo punto, l'operatrice a tirarlo fuori e tenerlo in braccio per farlo calmare.
La varietà dei colori, invece, consente all'operatore di strutturare giochi (o di introdurre varianti in quelli già in corso) implicanti il riconoscimento di uno o più colori o una vera e propria attività classificatoria in funzione del colore.