Ruolo dell'educatore nella formazione del giovane adulto

Di Fabrizio Leone

Il ruolo dell'educatore nella vita di un giovane è di assoluta preminenza. Il formatore deve essere autorevole, comprensivo, aiutare il giovane nel perseguimento dei propri sogni e delle proprie aspirazioni

Finora abbiamo parlato del mondo che caratterizza il giovane adulto, quali sono i suoi problemi, cosa sente di fare in questa fase della vita e a quali valori si riferisce per raggiungere tali obiettivi.

Ma una certa importanza, come già citato, riveste la visione del sogno personale, il quale è strettamente correlato con il senso di stabilità e che garantisce un senso di unità al giovane adulto.

Il sogno non è caratterizzato solo da cosa voglio fare da grande, ma soprattutto da cosa voglio essere. Il sogno è rappresentato come qualcosa di non chiaramente definibile, ovvero, si percepisce il contesto ed il tipo di attività che si vorrebbe praticare, ma il come e dunque i talenti che saranno coinvolti, così come i valori di riferimento, non sono chiari e mutano con il tempo tramite delle crisi ed i continui cambiamenti.

In ogni caso il giovane adulto si pone come obiettivo la definizione del sogno personale, altrimenti entrerebbe in una grave crisi, andando incontro a un forte malessere, senso di frustrazione, alienazione.

Chi dovrebbe seguire e aiutare il giovane adulto in questo, corrisponde alla figura dell'educatore. La funzione dell'educatore è quella di incrementare le capacità ed abilità, competenze, del giovane, aiutandolo con consigli, ma anche concretamente nell'ingresso nel mondo. Inoltre la figura dell'educatore, deve essere temporanea per evitare che nel giovane permanga un senso di immaturità.

Ma la figura dell'educatore, va oltre l'accompagnamento del giovane verso la realizzazione del sogno, esso deve avere anche un atteggiamento di ascolto del profondo sé del giovane, e deve aiutarlo a discernere problemi, aspirazioni, intenzioni, dialogando fiduciosamente nel rispetto della libertà personale. Deve cercare di essere autentico, non giudicando, ma piuttosto cercando di comprendere col giovane, mostrando nessi, stimolando prese di posizione, indicando piste percorribili di assunzioni di ruoli e di responsabilità.
Deve stimolare all'autoconoscenza delle proprie possibilità e dei propri limiti, conche all'autovalutazione e all'educazione del senso della realtà, deve riuscire a trovare il modo di far unire il mondo dell'astratto e del concreto nel giovane adulto attraverso la coniugazione del sogno e dell'operato, che si realizzano nella pratica e nel riconoscimento della libertà.
L'educatore ha anche il difficile ruolo di far prendere coscienza al giovane della propria vita emozionale, cercando di valorizzarla in modo da rendere "grande" la persona, e di indirizzarla di conseguenza, verso i propri riferimenti valoriali che si esprimono tramite la personalizzazione dei principi, delle norme e delle conoscenze.

Bisogna anche tener presente la formazione degli educatori che lavorano nel mondo del movimento il quale non sempre è sicuramente formativo. Lo diventa in un quadro di riferimento di valori e attraverso specifiche opere educative, per questo motivo è importante la formazione specificatamente pedagogica degli educatori/trici, che oltre a dedicarsi alla dimensione tecnico- professionale deve orientarsi alla formazione globale umana. La vera formazione è quella che si concentra interamente sulla persona e sulla sua energia interna,sulla sua voglia di esprimersi e di espandersi.

Ciò che l'educatore dovrà tenere in massima considerazione è la sua relazione educativa a mediazione corporea centrata sull'impatto della propria presenza corporeo - affettiva. Ciò comporterà un tipo di comunicazione assolutamente globale che terrà conto delle diverse dimensioni del verbale e del non verbale, degli affetti della corporeità, dell'energia che è testimone del proprio esistere tramite il modo di essere, di muoversi, di mettersi in gioco con l'altro.

L'educatore avrà un proprio stile di conduzione legato alle caratteristiche personali, al suo essersi differenziato anche nel movimento promuovendo i propri talenti, interessi, capacità e cultura in modo unico. Per fare ciò nel migliore dei modi, dovrà esprimere se stesso nella maniera più autentica così come lo indirizzano le proprie emozioni, e tutto questo soprattutto nel rapporto con gli educandi. Per arrivare a tale obiettivo dovrà allora accettarsi ed essere se stesso fino in fondo, dovrà avere coscienza dei propri pregi e difetti, dei propri limiti e desideri. L'educatore inoltre deve essere consapevole dei movimenti che mette in scena nel momento educativo, perché tali movimenti non saranno mai privi di significato ma al contrario avranno sempre una valenza educativa importantissima per gli educandi.

L'educatore in alcuni momenti della lezione, può integrare quest'ultima facendo intervenire nella conduzione dell'educazione, un educando il quale a sua volta metterà in mostra il suo peculiare modo di muoversi ed esprimersi che andrà così ad enfatizzare quel processo educativo che si va via via costruendo.

Per fare in modo che tutto ciò si realizzi nel migliore dei modi bisogna tener presente alcune caratteristiche.

La prima riguarda la congruenza, che ha a che fare con l'autenticità e la realtà. Più l'educatore nei confronti dell'educando si comporta utilizzando la sua vera persona, mostra ciò che è puramente e non si nasconde dietro una facciata professionale, maggiori sono le probabilità che l'educando riesca a svilupparsi, cambiando in maniera costruttiva.

La seconda caratteristica è l'accettazione o considerazione positiva.

Infine il terzo aspetto è la comprensione empatica ovvero il saper percepire i sentimenti e i significati personali
sperimentati dall'educando.

Da sottolineare è l'importanza, parlando di verbalizzazione, l'accettazione positiva incondizionata, essere capaci di saper dare attenzione a tutti manifestando cordialità e rispettando le diversità di ciascun allievo. L'atteggiamento confermante si rivela utile nel mondo del movimento, soprattutto perché le emozioni sono messe in scena tramite l'uso del corpo, e l'anima viene messa in mostra in una performance il cui esito è incerto. Quindi va da sé che in un lavoro centrato sull'apprendimento motorio, bisogna dare più attenzione a promuovere chi non è spontaneamente dotato, chi è più timido, anche perché l'obiettivo non è competere ma crescere. Ma l'educatore deve stare anche attento a non essere iperempatico ed evitare di proiettare se stessi nell'altro, identificandosi, e perdendo così la possibilità del confronto autentico. Egli, oramai entrato in un contesto dialogico globale, deve sospendere giudizi nel valutare il movimento
dell'altro, ma deve semplicemente accoglierlo nella sua unicità della sua fase di crescita.

Un'altra caratteristica importante che deve possedere l'educatore è quella di partire da dove si trova l'altro. È un lavoro di ascolto, di pazienza e disponibilità il cui obiettivo è quello di aiutare a fare esperienza, discernere, nominare, canalizzare gli affetti, consentire di potenziare le proprie capacità personali, far acquisire un'immagine positiva di sé per elevare l'autostima. Da qui capiamo che la comprensione è una caratteristica peculiare dell'educatore, il quale nei confronti degli educandi dovrà mantenere un atteggiamento empatico per quanto concerne i disagi, i bisogni, i desideri. Dovrà essere capace di ascoltarne autenticamente i vissuti, senza dover pretendere di capire per forza e sempre tutto, ma fermandosi là dove inizia la libertà inviolabile dell'educando nel voler essere, capire, scegliere.

Una cosa che invece dovrebbe evitare di dire consapevolmente all'educando è ciò che non ha ancora realizzato. Altrimenti si rischierebbe di ritardare il processo in corso, di suscitare delle difese. Bisogna, invece, cercare di parlare di ciò che nei vissuti è presente o che in qualche modo è stato realizzato. Esortare gli allievi a fare qualcosa di cui non sono ancora capaci, ovveroesortare al cambiamento precoce, non fa che peggiorare la situazione.

Atteggiamento di accettazione e conferma non significa però permissivismo di qualsiasi tipo di comportamento, che potrebbe portare l'educando alla formazione di personalità egocentriche, insicure ed inclini alla disistima.

L'educatore deve quindi saper riorientare, invitare a riflettere, proporre alternative ed evitare di giudicare. Questo significa saper essere autorità, ovvero, mantenersi distanti sia dall'autoritarismo che dal permissivismo, e trovare un equilibrio tra libertà dell'educando e senso del limite e del divieto. Deve invece promuovere il senso di responsabilità e l'autonomia.

Educare significa sempre attivare processi di autonomia e di autoformazione. È un processo di "seduzione" e di dipendenza che l'educare porta con sé, e tale processo deve essere utilizzato come prezioso tramite verso l'auto sviluppo, l'autoaffermazione e l'indipendenza degli allievi. Per quanto riguarda l'autonomia dell'educando, vanno ad esempio enfatizzate le pratiche rivolte alla creazione di rituali di movimento personali, nei quali ci si può esercitare da soli, oppure il consegnare materiali prodotti in contemporanea al periodo di esercizi di movimento (disegni e realizzazioni pittoriche, o materiale artistico ecc.), affinché risultino essere motivo di ispirazione personale nell'intimità dei propri spazi.

Per liberare talenti e risorse, a chi educa viene richiesta fantasia come capacità di vedere il possibile, e coraggio, come capacità di accettare il rischio e l'imprevisto. Per quanto riguarda la fantasia potrebbe essere realisticamente immaginato ciò che l'educando può essere e può offrire per quanto riguarda la sua umanizzazione, ciò che può divenire e conquistare, inoltre potrebbe essere costruito un ponte tra presente e futuro, tra essere e dover essere. In questa prospettiva chi lavora con il movimento risulta essere facilitato perché può osservare l'educando in un comportamento globale, in cui esso riesce ad esprimere la sua natura profonda.

Quindi altre caratteristiche fondamentali dell'educatore saranno l'intuizione e l'immaginazione, per quanto riguarda l'elaborazione didattica nello stimolare capacità simili negli educandi, ma anche per fantasticare sul loro dover essere e contribuire così a nutrire la loro stessa fantasia sul futuro possibile. Basarsi su classi, categorie o voti non fa che limitare la percezione dell'unicità dell'altro, anche se è giusto dover valutare la prestazione dell'educando, bisogna sempre farlo utilizzando anche intuizione e immaginazione le quali possono vedere oltre la realtà massificante.

L'educatore deve saper fare da testimone attivo nel saper essere responsabile nei confronti degli educandi, non utilizzando griglie valutative che prendono in considerazione solo alcuni aspetti della persona, ma disponendosi ad un ascolto e ad una visione globali.

Importante è anche la vita emozionale di chi educa, oltre di chi viene educato, quindi è importante il pensiero sentimentale e passionale dell'educatore, soprattutto per quanto concerne l'empatia. Non vi è crescita dove non c'è comprensione dell'altro.

L'autenticità da parte dell'educatore, l'accettazione verso l'educando intesa come riconoscimento nelle sue peculiarità, nonché la comprensione empatica, sono fondamentali.

Esse richiedono un particolare tipo di relazione in cui ci si immedesima nell'altro per aiutarlo a comprendersi, con tutto ciò che questo comporta, ma stando sempre attenti al proprio ruolo. Quindi con i giovani adulti bisogna cercare di essere autorevoli e fermi, non rigidi, sarà necessario essere in grado di far capire l'importanza dei valori dell'età di cui fa parte l'educatore, e di conseguenza evitare atteggiamenti giovanili che altrimenti causerebbero confusione, sfiducia e insicurezza.

Da ciò si comprende l'importanza della formazione affettiva soprattutto oggi, epoca in cui l'emotività invece che essere propriamente educata è condizionata dalla pervasività contraddittorietà e, sovente, negatività, delle immagini mass-mediali. Tali condizionamenti portano il giovane adulto verso una direzione caratterizzata da una mancanza di affetti e di legami, potenziati dalla convinzione che la vera vita sia la libertà intesa come mancanza di un senso di appartenenza e di legami, dove prevale l'indifferenza verso il prossimo, dove si vuole ottenere tutto e subito e dove vengono riconosciuti solo i propri bisogni e desideri.

Tutto questo viene considerevolmente promosso da una cultura sociale omologante, che manca di emozioni positive ma che punta tutto sul consumo e sull'utilitarismo, sulle tecnologie che mortificano l'universo immaginale, emotivo e passionale dell'essere umano, il quale non riuscirà a trovare nella sua intimità alcun valore di riferimento.

Da qui, come è stato esposto in precedenza, nasce la contraddizione tra piacere e felicità, l'essere umano, in mancanza di valori riguardanti l'intimità, si dedica alla ricerca del piacere e non è consapevole della felicità.

Possiamo comprendere, la necessità di educare il giovane adulto verso la coltivazione, la manifestazione e la comunicazione del personale mondo affettivo, tenendo conto alle influenze culturali negative che agiscono sui processi di espressione della propria personalità.

È di fondamentale importanza anche il far riconoscere le proprie emozioni negative per rendere consapevoli che anche i lati oscuri celano importanti indicazioni sulla personalità.
Ciò si traduce anche nella riscoperta di se stessi attraverso la valorizzazione delle emozioni "calme", ovvero le emozioni riflessive, che permettono il ritrovamento del sentimento perduto e di conseguenza la soddisfazione di godere il mondo.

È chiaro, quindi, che per raggiungere tali scopi l'educatore deve riuscire a far concentrare le energie del giovane adulto, verso l'equilibrio rappresentato dalla consapevolezza di sé da un lato e dalla forza all'espansione dall'altro.

Inoltre risulta fondamentale far capire all'educando, l'importanza dei propri sentimenti, siano essi negativi o positivi, e il grave errore di renderli pubblici, ad esempio tramite le chat e i social network, per evitare di renderli banali e disperderli, piuttosto che rifletterci sopra, studiarli, comprenderli per comprendersi. Lo spazio interiore, rappresentato dall'intimità, deve essere preservato, curato, scoperto e riconosciuto, perché è in esso che ci si incontra con sé stessi e in cui si è veramente liberi di esprimere la propria sincerità.

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