I criteri standard, definiti dal manuale psichiatrico DSM IV-TR, per una diagnosi corretta di anoressia nervosa sono: "una magrezza estrema (non costituzionale ma volontaria), con rifiuto di mantenere il peso al di sopra di una soglia minima ritenuta normale (anoressico è un soggetto con peso sotto l'85% di quello previsto in base all'età ed alla altezza e/o l'indice di massa corporea, BMI, inferiore a 17,5); una forte paura di ingrassare anche in presenza di una condizione di evidente sottopeso; una preoccupazione estrema per il peso e l'aspetto fisico, che includa sia un'alterazione del vissuto corporeo, sia un'importanza eccessiva data al peso a scapito dell'autostima; o ancora il rifiuto di ammettere la gravità delle proprie condizioni fisiologiche; il non essere soddisfatti del proprio corpo (costituisce il fattore di rischio più elevato); nei pazienti di sesso femminile, un'amenorrea (sospensione del ciclo mestruale) da almeno tre cicli consecutivi dopo il menarca".
La sofferenza psicologica può associarsi anche ad ansia o depressione, ma in ogni caso chiama in causa legami e modelli culturali.
Attualmente diversi studi cercano di valutare l'influenza di tali disturbi sui familiari dei pazienti affetti da anoressia nervosa.
Altre manifestazioni che si riscontrano nelle persone affette da anoressia nervosa sono:
Date le loro caratteristiche, diventa impossibile quantificare percentualmente i sintomi psichiatrici riscontrati nelle persone affette dall'anoressia nervosa. In letteratura esistono molti studi, che elencano le varie possibili manifestazioni.
La depressione, a seconda dello studio, ha un'incidenza che varia dal 25% dei casi arrivando a sfiorare anche l'80%, e può anche perdurare dopo la guarigione dalla malattia. Alcuni autori, osservando che depressione e digiuno prolungato portano a identiche manifestazioni, suggeriscono che il solo calo ponderale e non la presenza dello stato depressivo possa esserne la causa.
L'ansia è un disturbo la cui presenza è difficile da interpretare; gli studi condotti dimostrano un elevato range (ovvero una differenza notevole fra il valore minimo e quello massimo), dal 20 al 65%, ma il dato è più elevato se si valuta la condizione pre-iniziale dello stato morboso (90%).
Nel caso dell'anoressia si riscontra un disturbo di personalità che riguarda il cluster C (comprende i disturbi di personalità evitante, dipendente e ossessivo compulsivo), rilevato soprattutto nella tipologia di alimentazione compulsiva.
Altri autori si discostano da tale osservazione includendo la forma compulsiva nel cluster B (che comprende i disturbi di personalità antisociale, borderline, istrionica e narcisistica).
Nell'anoressia nervosa, inoltre, si riscontra anche un disturbo ossessivo-compulsivo.
Una caratteristica che distingue l'anoressia nervosa dalla bulimia nervosa è proprio la mancanza dell'espressione della rabbia e dell'aggressività diretta verso gli altri.
I ricercatori, grazie ad una meta-analisi di tutti gli studi effettuati, hanno notato come i risultati siano eterogenei, portando nella maggioranza dei casi a cambiamenti nell'evolversi della malattia e spesso al peggioramento di essa.
È possibile distinguere due sottotipi di anoressia nervosa, in base alla presenza o meno di condotte di eliminazione (quali vomito autoindotto, uso esagerato di lassativi, diuretici, o clisteri): il sottotipo restrittivo, che non mostra queste condotte ed il sottotipo con alimentazione compulsiva/autoliberatoria che, invece, presenta tali atteggiamenti.
Da uno studio, durato ben 10 anni, effettuato per analizzare le differenze a livello socio-demografico tra i due tipi di anoressia, è emerso che le ragazze affette da anoressia di tipo restrittivo hanno relazioni migliori con la famiglia, specie con la madre; invece, le persone affette da anoressia compulsiva sono state vittime, con maggiore frequenza rispetto ai pazienti con forma restrittiva, di abuso fisico o sessuale spesso da parte del padre; in entrambe le forme si è riscontrata un'elevata percentuale di alcolismo da parte del padre; la forma compulsiva invece, ha evidenziato una maggiore tendenza al suicidio.
Altri risultati, emersi dallo stesso studio, relativi ai genitori dei ragazzi malati di anoressia, evidenziano una maggior frequenza di disturbi mentali della madre, soprattutto in famiglie con figli malati di anoressia restrittiva.
In letteratura viene descritta un'altra forma di anoressia nervosa, chiamata "anoressia cronica di Meyer", dal nome di Adolf-Ernst Meyer. La differenza sostanziale con le altre forme è che quest'ultima compare solo nell'infanzia e, comportando un ritardo nella crescita corporea, diviene una patologia cronica.
Per accertarsi che una persona sia affetta da anoressia nervosa non esistono esami specifici ma vengono redatti questionari ed utilizzati indici rivelatori, da compilarsi da parte del paziente: tra questi il questionario Eating Attitudes Test, (EAT-26) costituito da 26 domande, che evidenzia i disturbi dovuti alla dieta, specie alla preoccupazione del cibo; la scala Eating Disorder Symptom Severity Scale, (EDS3) che studia i sintomi di accompagnamento dell'anoressia, come la preoccupazione dell'immagine del proprio corpo, o meglio la paura di ingrassare; la scala Eating Disorders Symptom Impact Scale (EDSIS) riguarda il tipo di nutrizione, il comportamento della persona di fronte al cibo e l'isolamento sociale.
La diagnosi differenziale va posta con altri disturbi alimentari collegati: innanzitutto l'ortoressia, o ortoressia nervosa, che alla domanda 26 del questionario (EAT26) sottolinea, nell'ortoressia, la ricerca di cibi più sani e semplici, spesso crudi. Altra diagnosi differenziale si pone con la anoressia riversa, chiamata anche bigoressia o dismorfia muscolare, caratterizzata da un disturbo dell'immagine del proprio corpo al fine di ottenere un aumento della massa muscolare. Ancora bisogna distinguere l'anoressia nervosa dalla Sindrome da alimentazione notturna (NES), nella quale l'anoressia (o meglio la riduzione dell'appetito) è soltanto una delle fasi della sindrome, che si conclude al mattino, seguita da iperfagia e insonnia. L'ipertiroidismo è una malattia nella quale l'individuo dimagrisce anche se mangia più del normale. Infine bisogna porre diagnosi differenziale con la schizofrenia, in cui si verifica la sitofobia (rifiuto patologico del cibo).
Nonostante siano entrambi disturbi dell'alimentazione, vi sono molte differenze tra l'anoressia nervosa e la bulimia nervosa.
Le principali differenze vengono riportate in tabella.
Differenza | Anoressia nervosa | Bulimia nervosa |
---|---|---|
Peso | Il peso rimane costantemente basso, sotto la media BMI | Il peso rimane sulla norma, non si notano differenze di rilievo |
Decade di incidenza maggiore (quando compare il disturbo) | Si presenta nella prima giovinezza della persona | Compare in età adulta |
Richiesta di aiuto | La persona malata non cerca quasi mai un aiuto | Molto frequentemente la persona chiede di essere aiutata |
Rapporto con il menarca (primo sanguinamento della donna durante la mestruazione) | A volte è correlata e causa l'anticipazione del sanguinamento | Non ha alcun rapporto con il sanguinamento |
Diffusione nei soggetti maschili | Anche se l'incidenza è notevolmente inferiore, la malattia colpisce anche i maschi | L'incidenza è quasi esclusivamente femminile |
Tipologia | Può essere acuta o cronica ma non cambia nel decorso | Risulta essere di tipo fluttuante |
Malattie precedenti | La malattia è di origine primitiva (non deriva da nessun'altra) | Inizia con un episodio di anoressia nervosa diventando una sua possibile evoluzione |
Disturbi mentali associati (entrambi mostrano uno stato depressivo) | Stato di ansia | Intenzione a farsi del male |
Prognosi | Positiva soltanto se gli interventi sono tempestivi | Buona in più della metà dei casi, risponde bene alla terapia |
differenze fra anoressia nervosa e bulimia nervosa
Anche se fra tutti i DCA è quello che mostra la più alta mortalità, raramente l'anoressia porta al decesso; i casi di morte, registrati anche per suicidio, arrivano ad una percentuale del 5%.
Dopo cinque anni di cure, quasi tutte le pazienti riescono a superare lo stato di cronicizzazione della malattia, arrivando poi al recupero totale. Una volta guarite, le persone hanno molte probabilità di riuscire a condurre una vita normale e superare altri disturbi psichiatrici.
Comunque, il reinserimento sociale non è semplice; a causa di pregiudizi, infatti si possono rischiare fenomeni di esclusione sociale. La prognosi, di conseguenza, cambia a seconda dell'età, e nelle persone più adulte risulta peggiore.
Relativamente alla cura dei disturbi più marcati della personalità (cluster C), gli studi effttuati a distanza di 6 anni dalla fine del trattamento, e arrivando anche a 10 anni, segnalano risultati positivi in circa il 40% relativamente al recupero del peso, ad altri disturbi fisici (come l'irsutismo) ed a diversi disturbi psichiatrico-psicologici.
Durante la fase di cura, il rischio più elevato è rappresentato dal rifiuto del paziente di collaborare o dalla interruzione volontaria del trattamento. Ciò suggerisce che sarebbe utile suddividere la cura in due momenti: il primo, volto al recupero del normale peso corporeo, il secondo teso ad evitare possibili ricadute. Al fine di ridurre il rischio di ricadere nell'anoressia sono state effettuate ricerche approfondite che hanno individuato particolari obiettivi da raggiungere; tra questi acquisire una motivazione intrinseca nel voler cambiare; percepire l'importanza dell'esperienza del trattamento; riuscire ad acquisire autostima.
Nei disturbi dell'alimentazione, prima di tutto nella bulimia nervosa seguita poi dall'anoressia, l'idea del suicidio, che rimanga tale o sia effettivamente tentato, è molto diffusa. I reali tentativi di suicidio sono però rari nelle anoressiche: ricerche su larga scala, fatte in passato, hanno mostrato che la percentuale supera di poco l'1% dei casi. Nell'evolversi dell'anoressia spesso si hanno pensieri di morte, immaginandola di frequente, in conseguenza della forte depressione che consegue al lungo decorso.
Sembra che, fra le due forme di anoressia, quella meno soggetta a tentativi di suicidio sia la forma restrittiva.
Altri studi dimostrano che quasi tutti, o tutti, i decessi, a seconda del numero di persone studiate, sono dovuti soprattutto all'interruzione della terapia.
Uno studio italiano di meta-analisi, condotto sull'incidenza dei suicidi per anoressia nervosa, conferma che l'incidenza, rispetto alla popolazione non affetta dalla malattia, è nettamente inferiore.