Lo schema corporeo

Di Vanni Jeni

Il concetto di schema corporeo trova ampio spazio in letteratura scientifica già a partire dal 1935 con la definizione di Schilder: "lo schema corporeo è l'immagine tridimensionale che ciascuno ha di se stesso: possiamo anche definirlo immagine corporea16".

Diversi autori definiscono oggi lo schema corporeo nei diversi ambiti in cui attuano la loro ricerca scientifica, sia essa neurofisiologica che psicodinamica. Ciò che accomuna la maggior parte delle tesi sull'argomento è che tutti considerano una componente psico-emotiva e una componente corporea. Risulta evidente nel contesto moderno che i due punti di vista non possono essere visti come aspetti diversi di uno stesso processo psicofisiologico. I fattori neurofisiologici legati alle funzioni propriocettive, esterocettive, enterocettive e vestibolari, che regolano la posizione del nostro corpo e che ci danno la consapevolezza dello "stare" al mondo, concorrono a definire i fattori psico-emotivi.

Sannitu (1990) definisce lo schema corporeo come la rappresentazione mentale del nostro corpo in relazione con l'ambiente.

Scoppa (2001) lo definisce come la coscienza immediata del nostro corpo nella sua tridimensionalità, della sua posizione, del suo stato, sia in condizioni statiche che dinamiche e, usando le sue parole, "una sorta di immagine di sé che implica fattori di ordine neurofisiologico, psicodinamico, relazionale, e che consente all'individuo di entrare in relazione spaziale e temporale con il mondo circostante".

Ajuriaguerra (1971) asseriva che "lo schema corporeo è un dato gnostico costantemente presente, che permette la coscienza del nostro corpo come entità statica e dinamica".

A corollario, consideriamo le tappe evolutive che subisce lo schema corporeo nella costruzione della propria identità citando ancora Le Boulch che definisce lo stadio del "corpo subito" (dalla nascita ai tre mesi di vita), la tappa del "corpo vissuto" (fino ai tre anni), lo stadio del "corpo percepito", cioè la tappa della discriminazione percettiva che va dai tre ai sette anni, e infine lo stadio del "corpo rappresentato", cioè il periodo dai sette ai dodici anni della rappresentazione mentale del "corpo proprio" in movimento.

La costruzione dello schema corporeo nell'evoluzione psicomotoria dell'essere umano si evolve in maniera circolare. Abbiamo considerato fin qua la circolarità tra aspetti emotivi e aspetti motori, ma bisogna anche considerare la circolarità tra centro e periferia.

Ruggieri nel 1988 (e a tutt'oggi) definisce gli ambiti e le particolarità di questo processo attuando uno studio in ambito clinico su pazienti affette da anoressia mentale: l'autore notava che in queste pazienti era presente un'alterazione dell'immagine di sé che modulava in maniera dinamica e circolare il comportamento psichico. L'intensità della percezione cinestesica era bassa al punto tale da non garantire una rappresentazione dell'immagine di sé in relazione con la realtà. L'immagine di sé deficitaria, modula in maniera circolare i recettori periferici, che se non sono rappresentati vengono inibiti e non hanno la possibilità di raccogliere le informazioni sensoriali. Secondo l'autore le afferenze sensoriali periferiche concorrono a formare lo schema centrale, ma d'altronde lo schema centrale modula e regola l'attività periferica (Ruggieri 2001). Lo schema corporeo centrale è in grado di influenzare e modificare la periferia corporea e in particolare è in grado di modificare il tono posturale. A loro volta le re-afferentazioni di ritorno periferiche contribuiscono alla ristrutturazione e alla rielaborazione dello schema corporeo, secondo un processo circolare polifasico in continuo divenire di tipo bidirezionale (periferia - centro; centro - periferia; periferia -centro e così via)17.

Alla luce di quanto detto, definiremo di seguito gli aspetti neurofisiologici legati alla costituzione dello schema corporeo considerando a corollario gli aspetti psico-emotivi descritti, per definire la metodologia clinica come un intervento unico ed integrato.