Dal punto di vista fisiologico, i metodi di allenamento della resistenza possono essere suddivisi in tre distinti gruppi principali, che sono: il metodo del carico prolungato (conosciuto anche come metodo della durata), il metodo ad intervalli, il metodo della ripetizione. Andiamo ad analizzare in dettaglio ciascuno dei tre metodi.
Tuttavia questo tipo di allenamento non può essere l'unico svolto da chi vuole ottenere grandi risultati (anche per il fatto che i molti km hanno un'azione di usura sull'apparato locomotore). Bisogna quindi integrare questo allenamento con delle sedute di qualità, cioè allenamenti di minor durata, ma svolti ad una intensità maggiore. Ecco perché è utile prevedere anche delle sedute di tipo intensivo, indirizzate all'incremento della velocità di soglia che devono essere svolte a ritmi elevati, molto vicini o superiori alla soglia anaerobica, che si trova, come abbiamo visto, ad un tasso di lattato di circa 4 mmol/litro.
Secondo Gaisl (1979) "se con l'allenamento estensivo otteniamo un incremento della massima capacità di consumo di ossigeno (che può aumentare del 15 – 20 %), con l'allenamento intensivo miglioriamo la capacità di sfruttare questo ossigeno che entra nel circolo sanguigno (questa può aumentare fino al 45%)". Questo permetterà all'atleta di tenere una velocità maggiore per un tempo superiore. Un lavoro di tipo intensivo può avere una durata massima di 45 – 60 minuti e non deve essere svolto più di 2 – 3 volte a settimana, poiché bisogna permettere ai muscoli di recuperare e ricostruire le scorte di glicogeno. Il tempo necessario perché questo avvenga va dalle 24 alle 48 ore, dipendente dal tipo di attività svolte dal soggetto e dal tipo di dieta che segue in quel lasso di tempo.
Anche il metodo ad intervalli si distingue in estensivo ed intensivo sulla base della maggior o minor intensità (e quindi durata) utilizzata. Assume molta importanza in questa tipologia di allenamento la durata della pausa e, in modo particolare, la sua intensità. Per le prestazioni aerobiche quali sono le Skyrace o le maratone secondo Gigliotti (allenatore di spicco in ambito internazionale, ha guidato sia Gelindo Bordin che Stefano Baldini alla conquista dell'oro olimpico) la metodologia migliore è quella di fare il recupero ad una velocità il più possibile vicina a quella di gara (ad es.: faccio l'intervallo ad una velocità superiore a quella di gara del 5% e il recupero ad un ritmo inferiore del 5%). In questo modo l'adattamento al quale va incontro il nostro organismo è ottimale per la pratica di gare di lunga distanza.
L'allenamento ad intervalli svolge un'azione intensa sui cambiamenti dei parametri cardiaci da due punti di vista: nella fase del carico, grazie al lavoro prevalentemente pressorio del cuore, si produce una ipertrofia eccentrica del miocardio, e nella fase di recupero, prevalendo il lavoro di volume, avviene una dilatazione delle cavità cardiache.
Tutti questi adattamenti influenzano anche il massimo consumo di ossigeno (VO2max) che migliora sensibilmente, in particolare utilizzando il metodo intensivo ad intervalli. A livello sanguigno l'accumulo di lattato che si ottiene durante la fase veloce è un segnale per la produzione di nuovi globuli rossi. Il metodo ad intervalli inoltre provoca miglioramenti del metabolismo glucidico e della capacità aerobica e anaerobica dell'atleta.
Prevede delle prove ripetute su una distanza prescelta intervallate da un recupero completo (a differenza del metodo ad intervalli che richiede un recupero incompleto). L'elevata intensità richiesta in questa tipologia di allenamento non permette una grande quantità di lavoro. È una tipologia di allenamento "utile soprattutto per quelle discipline sportive nelle quali, oltre ad un'elevata capacità di prestazione di resistenza, occorre anche una notevole dose di velocità (ad esempio nelle gare di mezzofondo)". Per gli atleti di lunga durata questo metodo è utile perché provoca uno svuotamento completo dei depositi di glicogeno, inoltre migliora i meccanismi di regolazione e delle capacità del sistema cardiocircolatorio e respiratorio.