Le prestazioni fisiche intense rappresentano uno degli stress maggiori a cui sia possibile sottoporre l'organismo. Per avere un metro di paragone, basti pensare che, una febbre talmente elevata da raggiungere quasi la soglia dei valori letali, richiede un incremento metabolico prossimo al 100%, durante una maratona tale valore è prossimo al 200%.
Grandi differenze sul piano fisiologico, e conseguentemente della prestazione, intercorrono fra uomini e donne. Una delle ragioni fondamentali di tale discrepanza è di natura ormonale. Il testosterone (ormone sessuale maschile) è un ormone anabolizzante in grado di favorire moltissimo la sintesi proteica generale e muscolare in particolar modo. Un uomo con buona secrezione di testosterone avrà, di norma, una buona e robusta muscolatura, superiore di oltre il 40% rispetto alla donna. Anche gli estrogeni concorrono a far avere una percentuale di grasso nelle donne di gran lunga maggiore rispetto agli uomini. Nelle donne si calcola che la percentuale adiposa corrisponda a circa il 27% contro il 15% degli uomini.
Gli elementi da mettere a fuoco per comprendere la misura del successo di una pratica sportiva sono la forza muscolare, la potenza che i muscoli sono in grado di esprimere, ed il tempo per il quale possono protrarre la prestazione.
La forza dipende prevalentemente dalla sezione trasversa di un muscolo, ed è pari a circa 3-4 Kg per cm2. In un sollevatore di pesi a livello mondiale, tale sezione può raggiungere, nel quadricipite, i 150 cm2 con un potenziale di forza di oltre 500Kg. Tale potenziale si riflette sul tendine rotuleo e sull'articolazione, mettendo in serio pericolo la struttura anatomica del ginocchio, che può andare incontro a fratture da compressione, dislocazioni cartilagineee e lesioni tendinee.
La forza sviluppata nella fase eccentrica di un movimento può essere maggiore del 40% rispetto alla forza concentrica (esempio nella fase di atterraggio al suolo dopo un salto). La forza citata prima diviene, nel caso di un salto, di oltre 700kg, aggravando ulteriormente i rischi per l'articolazione.
La potenza muscolare è data dalla forza espressa dal muscolo per l'ampiezza del movimento, tenendo conto del numero di contrazioni al minuto. Si misura in Kgm (kilogrammometri) al minuto. Il calcolo del lavoro compiuto (W) in maniera indipendente dal tempo (t) può essere ottenuto moltiplicando la forza esercitata (F) per lo spazio (S) quindi W=FxS. Nel caso di una trazione al mento con bilanciere da 50 Kg, spostato per 90 cm dal suolo avremo W=50x0,9 pari a 45Kgm (kilogrammometri). Considerando anche il fattore tempo metteremo il tutto in rapporto ad esso. La formula sarà quindi W = (FxS)/t. Nel caso di un atleta di 70 Kg che compie una trazione alla sbarra posta a 60 cm al di sopra del mento in 0,5 secondi, avremo 70x0,6/0,5 = 84Kgm/s.
La massima potenza muscolare esprimibile da un atleta tende ad essere costante per 8-10 secondi. Si dimezza poco dopo il primo minuto e diviene pari a meno di 1/5 dopo 30 minuti.
È evidente che un soggetto può esprimere la massima potenza solo per un breve tempo (es. corsa sui 100m).
Il terzo importante parametro è la resistenza, ovvero il tempo per il quale è possibile protrarre la prestazione, e dipende in massima parte dai substrati energetici utilizzabili ed in particolare dal glicogeno muscolare accumulato. Una dieta ricca di carboidrati consente un aumento del glicogeno accumulabile, ed un miglioramento della resistenza. Facendo un calcolo della durata di energia disponibile per un maratoneta con dieta a base di carboidrati, il tempo per il quale può disporne (e quindi può correre) è di 240 minuti, pari all'accumulo di 40g/kg muscolo di glicogeno; 120 minuti nel caso di dieta mista e 20g/kg di glicogeno; appena 85 per diete a base di grassi e 6g/kg di glicogeno.
Anche i sistemi mediante i quali viene garantita la produzione energetica nel muscolo sono rilevanti ai fini della prestazione.
Tali sistemi sono: